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DECRIPTAZIONE BIBBIA...

 
COSA NASCONDE IL RACCONTO DI NOÈ E DEL DILUVIO?

di Alessandro Conti Puorger
 
 

Idee dalla decriptazione della Bibbia.

INTRODUZIONE
Prima d’entrare nel tema del diluvio, detto "universale", indico la particolare angolatura con cui tratto l’argomento.
Il mio intento è di sondare le parole originarie del racconto biblico che lo descrivono, senza farmi tentare di allargare il tema ai tanti aspetti collaterali fisico geologici storici, e sviare così dagli scopi del racconto che ha destato nei secoli gran curiosità e su cui già tanto è stato scritto e discusso nei vari campi.

Nell’ambito biblico la narrazione dell’evento è riportata nel libro del Genesi e si sviluppa nei Capitoli 6, 7 e 8, dopo il racconto della creazione (1 e 2), della caduta dell’uomo (3), del primo omicidio (4) - Caino uccide il fratello Abele - e dell’elenco dei patriarchi (5).

La prima volta che si trova la parola DILUVIO è nel versetto Gen 6,17: "Ecco io manderò il DILUVIO, cioè le acque, sulla terra, per distruggere sotto il cielo ogni carne, in cui è alito di vita; quanto è sulla terra perirà."
Nel Pentateuco o Torah questa parola, che in ebraico si legge "mab-bool" e si scrive (senza segni di vocalizzazione) , si trova soltanto nei versetti 6,17 - 7,6.7.10.17 - 9,11.15.28 - 10,32 - 11.10 del Genesi che richiamano quel racconto, mentre nei restanti libri dell’Antico Testamento è riportato solo un’altra volta, precisamente nel Salmo 29 ove è tradotto con tempesta: "Il Signore è assiso sulla tempesta, il Signore siede re per sempre." (Sal. 29,10)

Leggendo quelle pagine del Genesi è spontaneo domandarsi ove si collochi la descrizione del diluvio nell’ambito delle seguenti possibilità:
  • di un fatto reale avvenuto;
  • di racconto che estrapola a livello mondiale un evento locale;
  • di parabola-allegoria per creare un mito (come Roma, Romolo, Remo e lupa);
  • di anticipazione mitica di fatti successivi;
  • di racconto di un evento nel campo spirituale;
  • come sopra, ma con sottostante testo sigillato o criptato, quale seconda faccia, che ha bisogno di essere opportunamente aperto.
Il libro del Genesi, posto quale primo nella Bibbia, è un testo denso di significati, in quanto prodotto evoluto relativamente recente rispetto agli altri libri del Pentateuco o Torah che la tradizione tende a situare come prima stesura in contemporanea dei fatti fondanti l’ebraismo (XIII secolo a.C.) pur se, di fatto, a noi sono pervenute stesure ampliate più tardive.
Gli esperti della storia della Bibbia hanno acclarato che il libro del Genesi fu scritto nel V secolo a.C., dopo il ritorno dall’esilio babilonese e costituisce rivisitazione mitica con avanzata teologia, degli altri testi e dei fatti ivi raccontati.
È questo, così, il frutto di almeno otto secoli di meditazione, da parte di saggi dotati di profonda fede, espressa in racconti a sfondo di ricerca per estrarre dai più antichi scritti il succo di una spiegazione spirituale; in altre parole un midrash (da daresch = ricerca, in ebraico) che non altera la sostanza delle realtà che rivisita, ma l’elabora e ne apre angolature per ulteriori sviluppi.

Sulle varie problematiche che il diluvio solleva è però da evitare di entrare nell’inganno di ritenere che parli con autorità di verità scientifiche, come se tutte le scienze si coagulassero in quelle poche pagine sulla creazione dell’universo, degli sviluppi geologici, della flora, della fauna ed infine dell’uomo.
Al riguardo, è da considerare che scopo dell’autore del Genesi non è fornire una spiegazione scientifica sulla creazione e poi del diluvio, ma asseverare che la creazione è atto specifico della volontà del Dio che si è rivelato ad Israele, Signore della storia.
Vale a dire, anche se fosse certo che l’uomo si è evoluto da stadi precedenti, o si accertasse che è venuto sulla terra da altri pianeti, non sarebbe inficiato il principio che muove il racconto della creazione, espresso in parabola ed i tempi sono convenzionali (Vedi: "La durata della creazione").

In definitiva, il Genesi, come tutta la Torah, sostiene che l’uomo viene dal cielo, perché viene da Dio, anche se la materia con cui è formato è creata, ma all’uomo spetta lavorarla anche in senso spirituale.
Esiste solo una razza, l’umana, tutta con lo stesso DNA, così il risultato è che siamo figli di unici progenitori, di un Adamo ed Eva, lasciati liberi di operare nei limiti di questo mondo.
Questa libertà è un bene a priori, pur con tutte le conseguenze negative che può implicare secondo l’uso che ne fa l’uomo.
La Bibbia, per chi crede, ha così verità soltanto nel campo teologico, ma per il resto riporta le opinioni più avanzate dei tempi contemporanei di chi li scrisse, visioni profetiche e verità in parabole, ma relative alla vita spirituale dell'uomo.
Di tali libri, in ogni modo, anche per i non credenti restano indiscusse l’alta qualità dei pensieri e la meritata autorità acquisita, conservata e consolidatasi nei secoli.

Nell’affrontare un tema biblico aderisco di solito unicamente al testo da cui cerco di fruire delle informazioni che interessano e provo a dimenticare idee preconcette, indipendentemente da ciò che so o ritengo di sapere di storia, archeologia, geologia, paleontologa o di altre scienze.
Lo scritto può comunicare la sua verità e l’intero pensiero dell’autore, che altrimenti resterebbero velati, solo se annetto il dovuto valore ai passaggi proposti, mettendo da parte ragionevoli dubbi, anche quando ciò che dice è improbabile e/o contrario alle conoscenze umane.
Sono però da sgombrare le sovrastrutture esterne del testo che, specie nel Genesi, è ricco di allegorie.

La domanda è: la Bibbia con le pagine sul diluvio, in definitiva, che verità sostiene? C’è un messaggio attuale?
È solo il racconto d’un evento come quello mitico di Ghilgamesh?
Per rispondermi, oltre alla normale lettura, affronto il tema anche dall’interno del testo biblico ebraico; mi soffermo così, dapprima, su parole chiave dell’originale, che possono dire di più della loro normale accezione, se si sfrutta a fondo l’idea che ad animare lo scritto ci sono i segni ebraici che portano messaggi grafici.
Nel far ciò, confronto anche alcuni termini con quelli della coeva cultura egiziana da cui, come dichiara la Torah, quell’ebraica ha sicuramente attinto, stante che Mosè era egiziano.
Estendo poi la decriptazioni a parti più estese, perché il testo può avere in sé un messaggio che può essere decriptato, leggendo le parole anche come serie di proposte visive, tipo geroglifici, al limite, tante quante sono i segni che la compongono, come discusso in "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche" che ha portato al metodo ed ai significati esposti in "Parlano le lettere", che già contiene numerose applicazioni con i risultati che si ottengono da pagine del canone biblico ebraico.

Inizio con aprire la parola ebraica, usata per diluvio , con la lettura dei segni delle lettere che la compongono:
  • m = che significa acqua, ma anche madre e vita;
  • b = che indica dentro, casa, abitare;
  • w = che evoca il portare, il condurre, ma anche un bastone, (in egiziano indica anche parola, parlare);
  • l = che porta al concetto di potenza, ma anche di serpente.
Sotto l’aspetto dell’evento "diluvio" la lettura con i segni di questa parola è calzante, perché nel suo interno è compreso il predicato: = "acqua dentro portata con potenza ".
In un’altra lettura è però implicita una promessa "la vita dentro riporterà potente ", col senso dell’attesa che sia annullata la debolezza conseguita con la caduta d’Adamo che implica la morte, la malattia e l’invecchiare.
Entrambe hanno una loro valenza, come vedremo.
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