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SAN GIUSEPPE...

 
SAN GIUSEPPE - IL CARPENTIERE

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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DA CARPENTIERE A SANTO »
SAN GIUSEPPE NEI VANGELI CANONICI »
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SAN GIUSEPPE NEL CATECHISMO »

GIUSEPPE E MARIA VERGINI
I Vangeli non precisano l'età di Giuseppe quando si fidanzò con Maria.
Per Maria non c'è controversia, era un'adolescente, mentre per Giuseppe ci sono più tradizioni, di un Giuseppe già sposato e vedovo (vecchio di 90 anni o maturo di 50) da cui sarebbero nati i "fratelli" di Gesù e di un Giuseppe giovane.
L'iconografia del Santo nel V e VI secolo lo rappresenta imberbe e nel fiore degli anni (Dizionario d'Architettura VII.2661.s, nota).
Lo troviamo, su bassorilievi di sarcofagi, in rappresentazioni della Natività e dell'infanzia, nei mosaici dell'arco trionfale di S. Maria Maggiore a Roma, negli avori della cattedra di Massimiano a Ravenna, ma per l'apporto degli apocrifi, ha avuto successo l'immagine del Giuseppe vecchio.
Non mancano le reazioni dei Padri, specialmente latini, contro queste ipotesi del San Giuseppe vecchio e vedovo.
San Girolamo, rifiutando un primo matrimonio, di cui non c'è traccia nella Scrittura, conclude che Giuseppe: "ritenuto degno di essere chiamato padre del Signore, sia vissuto verginalmente con Maria." (Adversus Helvidium 19 PL 23,213)
Lo Pseudo Massimo di Torino ritiene Giuseppe un giovane (Sermo 53PL 57,639).
Questa tesi fu ripresa da F. Suarez che la motiva dicendo: "Bisognò che Giuseppe fosse in età idonea a generare, altrimenti la fama e la stima della Vergine non si sarebbe potuta conservare illesa sotto la sua ombra."
Ci fu così anche una scuola di raffigurazione con Giuseppe giovane, che ha avuto origine con lo Sposalizio di Maria di Raffaello (Milano-Brera) che lo presenta in una bella figura virile.
In merito alle immagini di Giuseppe vecchio, San Bernardino da Siena, con acuto spirito toscano, osserva: "Gli sciocchi dipintori el dipingono vecchio maninconioso e con la mano alla gota, come s'ell avessi dolore a maninconia avuta dalla guardia che gli era dato, che era tutto il contrario, allegro di cuore, di mente e di viso, veggendosi in tanta grazia di Dio."
In effetti, ben tiepida è la tesi di Giuseppe vecchio, dalla quale non esce per Maria tutto il potenziale della figura di vergine volontaria, perché sarebbe condizionata dall'impotenza del marito.
Proprio tali questioni dell'età e della vedovanza di Giuseppe, assieme ai fatti fantastici, sono elementi contro i vangeli apocrifi.
Nel volumetto di Michele Ambrosino "Chi è San Giuseppe" ho trovato questo indirizzo di F.Baisset agli artisti che preferiscono raffigurazioni di Giuseppe vecchio: "Voi che dovevate essere i principi del buon gusto, siete incorsi in un errore imperdonabile e, ciò che è ancora peggio, avete attribuito a Dio, sommo artista, il vostro imperdonabile errore. È nella vostra mente ristretta e nei vostri reni libidinosi, che avete concepito quel disegno indecente. Col pretesto di salvaguardare meglio una castità, impossibile ai vostri occhi, per rendere più accettabile una nascita virginale, avete creata tanta disparità tra gli sposi; e nel momento in cui avevate la pretesa di dare loro un onore illusorio, recavate loro la più grande delle ingiurie. Non avete lasciato più posto né per la grazia onnipotente, né per lo sforzo lietamente accolto. Avete seminato la cenere per soffocare il fuoco, ed avete spento ogni fiamma." (Oratoire, Montrèal, 1957)
Come Dio ha scelto per incarnarsi una giovane vergine nella perfetta e fiorente femminilità, non vedo perché non avrebbe scelto uno sposo che incarnasse anche lui la verginità, nella perfetta ed integra mascolinità.
Dio ha voluto per suo Figlio una madre perfetta, parimenti Gli ha riservato un "padre" perfetto, entrambi vergini? San Tommaso sui mutui doveri dei coniugi, per cui non è lecito che uno dei due si voti alla continenza senza il consenso dell'altro, conclude che Maria si deve essere consacrata a Dio con San Giuseppe nell'ambito, evidentemente, d'un progetto divino al quale essi si sottomettono anima, mente e corpo.
Per il mio presepio ho scelto, così, un Giuseppe giovane, forte e gentile.
Un Giuseppe vecchio è una forzatura con la realtà dei Vangeli.
A 90 anni non si fa quel lavoro e quei viaggi con le "comodità" di quei tempi.
C'è chi in un matrimonio del genere, tra Maria adolescente e Giuseppe vecchio, vede estremi d'un possibile annullamento da parte della Sacra Romana Rota.
Il mistero del rapporto Giuseppe-Maria è tutto da esplorare e ci si può avvicinare solo alla luce del mistero di Cristo e della Chiesa: "Oltretutto è difficile parlare di Maria e di Giuseppe, perché è difficile parlare dell'amore." (S. Garofolo, Tabor 1945)

Giuseppe della famiglia di Davide faceva parte di un'aristocrazia che, di fatto, non aveva denaro e potere, ma aveva l'intimo sentimento di portare un'elezione che la votava ad uno speciale servizio di Dio.
Pur non avendo vantaggi sociali o materiali la stirpe si tramandava, però, la più rigida tradizione d'Israele, anche se contava persone semplici.
Giuseppe non era ricco, era di nobile casata, era profondamente pio ed esercitava il mestiere di carpentiere.
Il carpentiere era uno dei 25 mestieri che la Bibbia cita per gli artigiani.
Ogni mestiere aveva un segno di riconoscimento.
I tintori, ad esempio, portavano un panno colorato, i sarti un grosso ago d'osso infilato sulla veste, gli scribi una penna, i carpentieri un truciolo dietro l'orecchio e così via, ma era proibito uscire con l'insegna professionale di sabato.
Il mestiere d'artigiano si tramandava di padre in figlio ed era un lavoro impegnativo; dal carraio al taglio della legna, alla costruzione di tetti, gioghi, aratri, ebanisteria, scultura... tutti i lavori del legno e questa è una prova indiretta che Giuseppe non poteva essere il vecchio di certi apocrifi, visto che lavorava ancora; infatti, conoscevano Gesù come figlio del carpentiere.
Non è dato di sapere per certo come si conobbero Giuseppe e Maria, ma vivevano a Nazaret e le famiglie erano imparentate.
L'unione coniugale avveniva in due tempi: fidanzamento e matrimonio.
Il fidanzamento era già un impegno religioso, perché si poteva spezzare solo con il divorzio ed era il modo ordinato, secondo la legge.
Con il fidanzamento l'uomo assumeva l'impegno rituale di assicurare alla fidanzata cibo, vesti, alloggio adeguato e decoroso, non necessariamente nella propria casa, ed in linea con le tradizioni del tempo.
Il matrimonio si celebrava un anno dopo.
Con ciò l'uomo assicurava se stesso e la comunità cui apparteneva che la discendenza del matrimonio fosse la propria.

L'Annunciazione a Maria, secondo il racconto di Luca (1,26-38) è avvenuta quando Elisabetta, moglie del sacerdote Zaccaria, era al sesto mese di gestazione: "...l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea chiamata Nazaret, a una vergine promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe."

Dopo il noto saluto, l'angelo le annuncia: "Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù."
Quell'Ecco, (più il titolo di vergine datole prima) concepirai un figlio... lo chiamerai Gesù (Iahwèh salva) - è esplicito riferimento alla profezia dell'Emmanuele d'Isaia (7,14): "Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco, la vergine concepirà e partorirà (darà alla luce) un figlio che chiamerà Emmanuele (Dio con noi)".

L'annuncio a Maria prosegue: "Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre...".
Quel duplice richiamo Giuseppe, della casa di Davide e trono di Davide suo padre indica che l'angelo sta sostenendo che Giuseppe è predestinato dal Signore per essere "padre" di Gesù, e che si sta avverando la profezia del Messia proveniente dalla casa di Davide; in altre parole Maria può sposare Giuseppe e frutto del matrimonio, pur senza intervento umano è il Messia.

Maria, del pari, conoscendo la storia d'Israele, (per la tradizione della casa di Davide, allevata nel Tempio) ha colto il collegamento con l'annuncio dell'angelo.
In effetti, la profezia d'Isaia non riguarda una giovane (in ebraico 'almah) la sposa del re Achaz e ciò provoca la replica di Maria: "Come è possibile? Non conosco uomo"; in altre parole, io sono proprio vergine e non sono ancora sposata; non sono una "giovane" moglie com'era il caso della sposa del re Achaz al quale fu rivolta quella parola d'Isaia.
(Vedi "Le Miriam della Bibbia e nella tradizione" ("1a parte" e "2a parte")

La risposta di Maria, che ricorda all'angelo la propria impossibilità fisica, perché vergine (il che attesta l'assenza di rapporti durante il fidanzamento) in alcuni ha fatto anche ipotizzare oltre ad una verginità temporanea anche un'impossibilità totale per un presupposto precedente voto di verginità perenne, che sarebbe stato fatto con l'assenso di Giuseppe, visto che erano fidanzati.

Nella profezia d'Isaia e nell'annuncio a Maria è usata la stessa costruzione verbale e progressione con medesime parole;

  • concepirà;
  • farà nascere (darà alla luce, partorirà);
  • chiamerà.
L'angelo l'illumina su quei verbi Maria (Lc. 1,35): "Le rispose l'angelo
  • lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo;
  • colui che nascerà
  • sarà dunque Santo e chiamato Figlio di Dio."
Poi l'angelo le dà il segno: Elisabetta, anche se nella vecchiaia, partorirà e conclude: "Nulla è impossibile a Dio" e Maria disse (Lc. 1,37s): "eccomi sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto."

In parallelo s'innesta Matteo (1,18-20): "Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di rimandarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo."

Con questo testo l'autore si pone a considerare la situazione dal punto di vista di Giuseppe che si trova davanti allo stato di fatto che Maria è incinta:
  • lo scagiona da ogni sospetto, con "prima che andassero a vivere insieme";
  • lo definisce "giusto";
  • il Signore, attraverso l'angelo, gli dà completa ed ampia soddisfazione e cognizione di tutto.
Con la definizione (Mt. 1,19) si può propendere per le ipotesi a lui più favorevoli, perché: "I pensieri dei giusti sono equità." (Pr 12,5)
Ora, nel linguaggio biblico il giusto è chi rispetta lo spirito della Legge e nel Vangelo di Matteo (19,8), Gesù insegna come si comportano i giusti: "Per la durezza del vostro cuore Mosè vi a permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così".
Quel passo di Matteo (19,3-12) sul ripudio letto nella sua interezza è illuminante sulla verginità "...e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire capisca"; Gesù pensava a Giuseppe e Maria?

I Vangeli sono parchi nel dare la definizione di "giusto"; infatti, oltre che a Gesù e Giuseppe, questo titolo lo riservano a:
  • Zaccaria ed Elisabetta (Lc1,6);
  • Giovanni Battista (Mc. 6,20);
  • Simeone (Lc. 2,25);
  • Giuseppe d'Arimatea (Lc. 23,50).
Gli Atti degli Apostoli (10,22) aggiungono il Centurione Cornelio.
Per contro, se i Vangeli sono parchi nel dare questa definizione, l'A.T. dà il titolo di "giusto" a Noè (Gn. 6,9 e 7,1; Sir. 44,17; Ez. 14,14), Giobbe (Gb. 32,1; Ez. 14,14) Daniele (Ez. 14,14) ed al Messia (Is. 4,2; 11,1; 53,11, Sir. 47,22; Ger. 23,5; Zc. 3,8; 6,12).

Quel titolo di giusto nel Vangelo a Giuseppe è anticipo che Dio gli parlerà.
  • "Il Signore ama i giusti" (Sal. 146,8)
  • "Il Signore ascolta la preghiera dei giusti" (Sal. 15,29);
Giuseppe avrà così pregato d'essere illuminato nel suo travaglio, in quanto:
  • "il giusto uscirà dalla distretta" (Pr. 12,13)
  • "(il giusto) Sicuro è il suo cuore non teme" (Sal. 112,8)
Quando Dio, tramite un suo angelo parlò nel sonno a Giuseppe, tra l'altro, gli disse: non temere.

Orbene, Dio s'espresse nello stesso modo:
  • per la prima volta e con le stesse parole nei riguardi di Abramo: "Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo la tua ricompensa sarà molto grande." (Gen. 15,1b);
  • la seconda volta con Isacco: "Io sono il Dio di Abramo, tuo padre; non temere perché io sono con te. Ti benedirò e moltiplicherò la tua discendenza per amore di Abramo, mio servo." (Gen. 26,24).
Giuseppe, scrutatore della parola, si poté ben rassicurare, in quanto Dio così gli affermava che era nella linea con la promessa e che la storia della salvezza era in attuazione, nella sua mente infatti era ben ferma la profezia (Ger. 23,5): "farò sorgere a Davide un germoglio giusto."

La stessa parola l'angelo l'aveva detta anche a Maria (Lc. 1,30s): "Non temere Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù."

Gesù risorto dice agli apostoli (Mt. 28,10): "Non temete; andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno."

Abramo, Isacco, Giuseppe, Maria... gli apostoli, tutti depositari della promessa che scende fino al presente a chi è alla sequela di Gesù (Lc. 12,32): "Non temere piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo Regno."

Giuseppe e Maria non hanno temuto; Maria accettò il concepimento di Gesù, e Giuseppe, che era libero di poterla ricusare, accolse entrambi.
Giuseppe, come seppe o capì che Maria era incinta?
Lo seppe da lei che gli riferì dell'annuncio o lo capì da solo?
Avrebbe dovuto dirglielo lei a meno che lo Spirito Santo non le avesse suggerito d'attendere; su ciò i Vangeli tacciono.

Di fatto, Maria applicò in pieno lo "Shemàh", il "Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima, con tutte le tue forze" (Deut. 6,9), perché mise Dio al primo posto e Questi le restituì il suo Giuseppe.
L'ipotesi più normale, infatti, è che Giuseppe e Maria fossero innamorati e che, come si conviene a giovani dabbene, avessero disegnato un matrimonio nel rispetto della Legge di Mosè e delle consuetudini.
L'"annunciazione" a Maria e poi a Giuseppe costituiscono i momenti scatenanti e di totale capovolgimento dei progetti umani che dette novità ai loro progetti.
Certo ci fu un gran travaglio in Giuseppe e c'è da domandarsi quale furono i suoi pensieri quando seppe o comprese che Maria era incinta, ma vinse la sospensione di giudizio per la stima della virtù di Maria?
Nel caso ci fosse stato un primo discorso da parte di Maria per svelargli il mistero, si può fare l'ipotesi che in Giuseppe fosse nato un timore riverenziale per l'eventualità d'un disegno di Dio su Maria, che lui non poteva escludere e nel quale non ardiva pensare d'essere incluso.
Poteva essere sorto in lui il pensiero della propria indegnità a parteciparvi, come fece Mosè davanti al roveto ardente, proprio perché "timorato di Dio".

Questa è l'idea di San Bernardo che in un'omelia dice: "La ragione per la quale Giuseppe intese lasciare Maria è la stessa per la quale Pietro allontanava da sé il Signore dicendo - Allontanati da me, Signore, perché sono un uomo peccatore-; è anche la ragione per la quale il centurione lo allontanava dalla sua casa quando diceva - Signore io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto."

San Tommaso, in un supplemento della Summa, così s'esprime: "Giuseppe volle restituire alla Vergine la sua libertà, non perché la sospettasse di adulterio, ma per rispetto alla sua santità: egli paventava d'andare ad abitare con essa."

Ci fu, in ogni modo, in Giuseppe la decisione di separarsi in segreto, da cui tornò indietro per intervento di Dio con la rivelazione in sogno dell'angelo.

Xavier Léon Dufour (L'annonce à Joseph in Études d'Evangiles - Parigi 1965) ritiene che le parole dell'angelo sul concepimento per opera dello Spirito Santo sono solo una conferma di quanto Giuseppe già conosce.
Cioè, se Giuseppe intendeva ritirarsi, troncando il legame con Maria, perché non poteva escludere un concepimento in cui entrava l'opera di Dio, l'angelo invocando proprio questo motivo gli chiarisce che era da rimanere al suo posto in quanto aveva un incarico da Dio da compiere nell'economia della salvezza.
In quel versetto del Vangelo di Matteo (1,20s) c'è quel non temere che è proprio segno dell'inserimento dell'angelo in questo ragionamento del sacro timore di Giuseppe che gli dice: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché" - cioè senza dubbio - "quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù; egli, infatti, salverà il suo popolo dai suoi peccati."

La vocazione di Giuseppe è far da padre e d'imporre il nome "e tu lo chiamerai" a Gesù.
Nel suo Vangelo Matteo dimostra la nascita verginale con "quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo" e che Gesù è anche vero figlio di Davide.
Giuseppe conosceva la fede e la bella anima di Maria e le profezie del Messia che doveva venire dalla propria famiglia e, perciò, non poteva escludere l'idea dell'Incarnazione (della casa di Davide, le avrà ben scrutate) e come figlio di Davide che Gesù prende con sé Maria e fa partecipare Gesù alla genealogia davidica.
Gesù è figlio di Davide perché Giuseppe fu pronto ad accogliere la missione d'essere padre putativo di Gesù.
La contemplazione del mistero, li avrà incitati alla verginità perpetua, voto che si saranno scambiati al momento del matrimonio; insomma un salto del cammino di "conversione".
I Vangeli non indicano quando si fidanzarono, avvenne l'annunciazione a Maria, iniziò la gestazione, Giuseppe venne a sapere che Maria era incinta, ci fu l'annunciazione e si sposarono.
La visita di Maria ad Elisabetta e il viaggio a Betlemme (per il censimento), di fatto, nascondono ai Nazaritani la vera data di concepimento e di nascita di Gesù.
Tra le nascite di Giovanni Battista e Gesù ci sono 6 mesi di tempo come si deduce dal Vangelo di Luca; per la tradizione, il primo nacque intorno ad un equinozio (estivo) e Gesù intorno ad un solstizio (invernale).
Calzanti con questi elementi nel calendario si trovano le ricorrenze:
  • annunciazione 25 marzo (Elisabetta era già di 6 mesi);
  • visitazione di Maria ad Elisabetta nel 31 maggio (al 3° mese di Maria);
  • festa di S. Giovanni Battista nel 24 giugno (i 9 mesi di gestazione d'Elisabetta);
  • nascita di Gesù il 25 dicembre.
Con ciò calza bene un matrimonio, prima della Pasqua, e partenza con Giuseppe per Gerusalemme per la festa e dal versetto di Luca 2,41s: "I suoi genitori si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua; quando Gesù ebbe dodici anni vi salirono di nuovo secondo l'usanza..." si ricava, per quel vi salirono di nuovo, che ciò è più di un'ipotesi.
Maria andò evidentemente assieme al suo sposo Giuseppe a visitare Elisabetta, che abitava ad Ain Karim, 6 km circa da Gerusalemme ed Elisabetta non si sorprende di Maria incinta, il che fa pensare che fosse ormai sposata.

"Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua" (Lc. 1,56) il che fa pensare che Giuseppe rimase in zona per un lavoro importante, ad esempio, a Gerusalemme e in autunno al 6° mese di Maria dopo la festa di Sukkot - Capanne tornarono a Nazaret (Sukkot o del raccolto, che assieme alla Pasqua ed alla Pentecoste-shavuot era una delle tre feste del pellegrinaggio: "Tre volte l'anno ogni tuo maschio comparirà alla presenza del Signore Dio." Es. 23,17).
Giuseppe conosceva per le profezie che il Messia sarebbe stato figlio di Dio e figlio di Davide per aver scrutato bene quel brano di Samuele: "Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu giacerai con i tuoi padri, io assicurerò dopo di te la discendenza uscita dalle tue viscere e renderò stabile il suo regno. Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò stabile per sempre il trono del suo regno. Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio." (2Sam. 7,12-14b) però, forse non aveva compreso che Dio sarebbe stato padre in pienezza, pensava solo ad un "come un padre".

Doveva però esserci anche una discendenza sostanziale da Davide in quanto la profezia affermava che dalle tue viscere doveva uscire il Messia.
Per viscere è usato il termine ebraico m'èj "ventre, interiora, viscere" lo stesso usato per il ventre del pesce in cui fu inghiottito Giona (vedi Giona 2,10).
Il Messia doveva proprio venire dalla carne di Davide, ma la profezia non dice dal seme maschile d'un discendente.

Secondo la profezia d'Isaia (Is. 7,14) doveva in ogni modo essere figlio della sposa d'un discendente, in quanto: "La vergine ('Almah = giovane) concepirà e partorirà un figlio."
Certo! Nascerà come Adamo, per atto volontario e prodigioso di Dio stesso (vedi quanto dice Gesù sul Messia in Mat. 22).
Pur se figlio di Davide, non sarà un uomo col suo seme ad inserire Gesù in quella famiglia reale, ma Dio stesso, come aveva promesso: "In quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio di giustizia" (Ger. 33,15) e sarà figlio di Davide sostanziale e legalmente riconosciuto e non figlio d'una vergine senza marito, anche se della famiglia di Davide, fatto che in sé non ha valore giuridico agli occhi del mondo.
Giuseppe comprese, lui era stato scelto e preparato con la sua origine e con l'amore per Maria d'attuare e testimoniare il mistero dell'Incarnazione, per inserire il Cristo nel popolo della promessa e di annunciarlo ufficialmente al mondo imponendo, su mandato del Padre e con pieno diritto legale, il nome di Gesù al Verbo di Dio Incarnato; disse anche lui il suo si: "Giuseppe prese con sé la sua sposa. La quale senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù ." (Mt. 1,24b.25)

Come quando il seme cade sulla buona terra, Giuseppe comprese l'annuncio dell'angelo e vide in Maria la 'almah della profezia di Isaia, credette come Abramo alla promessa e con somma gioia sposò la Vergine Maria.
Dio s'era preparato due pilastri (le colonne del Tempio) per inserire in modo ordinato il Figlio nel mondo, per sostenerlo e farlo crescere.

Giovanni Paolo II (Red. Cust. 21) indica il matrimonio di Giuseppe con Maria:" Vincolo di carità", il cemento che... "costituì la vita della Santa Famiglia".

In questo modo fu concretizzato il comando del Signore: "...l'uomo... si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola." (Gn. 2,24b) rendendo visibile in terra il mistero di cui dice S. Paolo: "Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! " (Ef. 5,31.32).

Questo mistero si apre nell'unione di Giuseppe e Maria dal cui amore purissimo, consegnato al Padre, nasce per opera dello Spirito Santo la carne sola di quel matrimonio, il Figlio dell'Uomo senza il peccato originale.

Il matrimonio, ai tempi di Gesù era celebrato un anno dopo il fidanzamento con un cerimoniale ricordato nel Talmud.
Lo sposo scioglieva la sposa da tutti i voti che ella avesse potuto contrarre prima delle nozze.
In tale occasione, alla luce della contemplazione del mistero a loro manifestato da Dio, Giuseppe e Maria, volontariamente e nel silenzio della coppia si donarono la verginità, sì che uno conservi quella dell'altra e viceversa; la fedeltà per loro sarà nel conservare questo dono.
Peraltro, solo gli apocrifi attribuiscono altri figli a Giuseppe da un precedente matrimonio per allontanare da Maria il timore che non fosse vergine in rapporto ai "fratelli del Signore" nominati nei Vangeli Canonici.
Per la castità dei due sposi il garante è lo Spirito Santo: "Deus nolebat Virginem copulari carnalitem viro- Hoc totum quod in illo matrimonio gestum est, familiari consilio Spiritus Sancti est factum". (San Bonaventura-IV Sent)

Giovanni Paolo II al capitolo 7 nell'enciclica il Custode del Redentore (riprendendo il pensiero di S.Agostino) così si esprime su tale matrimonio: "In quei genitori di Cristo si sono realizzati tutti i beni delle nozze: la prole, la fedeltà, il sacramento."

In quel matrimonio la prole, è il Signore Gesù, la fedeltà tra loro è nei confronti alla verginità (che non è solo l'assenza d'adulterio), il sacramento è quello dell'amore e dell'unità, doni da loro scesi per il mondo e si realizza la "parola" dove due sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro.

Nel matrimonio ebraico la promessa sposa era condotta in portantina, capelli sciolti sotto il velo e tavolette dorate sulla fronte; intorno a lei ed allo sposo avanzavano giovani vergini - le amiche, e gli amici dello sposo - si scambiavano la promessa nuziale sotto un baldacchino (Kuppà).

Il rito consiste nel bere assieme una prima coppa di vino; benedizione, scambio degli anelli, seconda coppa, 7 benedizioni, bevono insieme dalla coppa, versano a terra il resto rompendo la coppa, recita del Salmo 45 che dalla tradizione giudaica e cristiana è attribuito alle nozze del Re Messia con Israele, figura della Chiesa.
Così Giuseppe e Maria, presente Cristo nel ventre di Maria e nel cuore di Giuseppe, celebrarono un matrimonio a tre com'è nello spirito dei matrimoni cristiani in cui ci si promette amore oltre la morte perché Lui è nella sposa per lo sposo e nello sposo per la sposa.

Per la nascita di Gesù, la tradizione ed i Vangeli non forniscono la data precisa.
Il 25 dicembre, com'è noto, è convenzionale in quanto i Cristiani intesero porre la festa della nascita di Gesù Cristo, vera luce del mondo, in contrapposizione alla festa latina del "Natalis (solis) invicti" per il solstizio d'inverno cui i Romani avevano dato risalto con la deificazione dei Cesari Imperatori.
Sulla nascita di Gesù c'è l'ampia descrizione del Vangelo di Luca (2,7b), da cui un particolare potrebbe aiutare a trovare la data: il fatto che vicino a Betlemme "non c'era posto per loro nell'albergo"; forse non c'era abbastanza riservatezza per le condizioni di Maria che già accennava alle doglie.

Il grande afflusso di gente fa presumere che molti andassero a Gerusalemme anche in occasione d'una festa.
La festa, anche se non una delle tre fondamentali (Pasqua, Pentecoste, Succot), poteva essere quella di Hanukkàh, (vedi Cosi pregava l'Ebreo Gesù di R.Aron) che evoca la riconsacrazione del Tempio di Gerusalemme dopo la sua profanazione per mano d'Antioco Epifanio; tale festa durava otto giorni.

Questa è la storia di questa festa. Antioco Epifane salì sul trono di Siria nel 175 a.C., cercò d'ellenizzare la cultura ebraica, ma si rese conto che per far ciò doveva minare alla base il monoteismo. Nominò Sommi Sacerdoti grecizzanti che trascuravano il servizio del Tempio per i giochi nei ginnasi che Antioco aveva fatto costruire a Gerusalemme. Visto che non bastava, obbligò gli ebrei, ad abiurare e, pena la morte, proibì la circoncisione e l'osservanza del sabato; infine, fece sacrificare maiali nel Tempio. Ci fu una rivolta (detta dei Maccabei) e Giuda Maccabeo con i suoi partigiani riuscì a liberare Gerusalemme, entrò nel Tempio, demolì l'altare profanato e lo ricostruì. Il 25 del mese di Kislev, in pieno inverno (dicembre), avvenne la riedificazione (Hanukkàh) e si racconta d'un miracolo che dà il tono di "festa della luce". Giuda Maccabeo nel riconsacrare il Tempio profanato trovò nascosto un piccolo orcio d'olio per il candelabro che bastò, miracolosamente, per alimentarlo per ben 8 giorni. Da allora tale festa gli ebrei la ricordano ogni anno; e con ancor maggior fervore in quel tempo d'occupazione romana che ricordava la profanazione. Per quel miracolo dell'olio gli ebrei, in tali giorni, usano uno speciale lume a nove braccia, la Hanukkàh; negli otto giorni della festa s'accende una candela in più al giorno. Il primo giorno una, il secondo due e così via fino all'ottavo; il nono braccio è per il servente che occorre per l'accensione degli altri.

Gesù, in tale ipotesi, sarebbe nato l'indomani di Hannukkàh.
Ciò, fa presumere che fossero giorni di particolare movimento, ma non solo a causa del censimento per il quale sarà stato dato congruo tempo.
Con la moglie all'ottavo - nono mese non ci si mette in viaggio se non attrezzati al meglio, almeno di come permetteva l'epoca; perciò va bene l'asinello per Maria, ma è anche opportuno inserirsi in una carovana per avere aiuto.
Il viaggio da Nazaret a Betlemme di 120 Km su strade e sentieri era abbastanza lungo, 4-5 giorni di viaggio.
Dalle colline di Galilea si scendeva alla valle del Giordano, si costeggiava il fiume fino al Mar Morto nei pressi di Gerico (dove fu battezzato Gesù dal Battista), e dai circa 400 sotto il livello del mare si saliva a 800 m sopra il livello del mare fino a Betlemme a 9 Km a sud di Gerusalemme.
Al termine del viaggio, poco prima di Betlemme, al sopraggiungere d'improvvise doglie a Maria, anche per maggior agio di lei rispetto alla confusione d'un caravanserraglio, Giuseppe s'appartò secondo Luca nella grotta-stalla; infatti, è da pensare che conoscesse bene i dintorni, essendo la famiglia originaria di là.

Il Vangelo di Luca mette bene in evidenza la nascita a Betlemme, città d'origine di Davide, in una stalla con mangiatoia per animali ed in vicinanza pastori.
Queste situazioni collegano Gesù a Davide, figlio di Iesse, che pur giovane pastore, d'umile origine, fu unto re d'Israele.
La nascita di Gesù a Betlemme dà corpo alla profezia di Michea (5,1) di un nuovo re che uscirà da Betlemme e che pascerà il suo popolo Israele: "E tu, Betlemme d'Efrata così piccola... da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore d'Israele; Le sue origini sono dall'antichità, dai giorni più remoti."
In definitiva, i Vangeli forniscono gli elementi essenziali perché il lettore ebreo concluda che Gesù è il Messia atteso.

Fu circonciso l'ottavo giorno, come riportano i Vangeli di Matteo e di Luca, e Giuseppe mise al bambino il nome di Yehoshùa (Gesù o Gesuè), come aveva detto l'angelo.
La circoncisione è attuata perché voluta dal padre legale, vale a dire da Giuseppe, è il segno rituale che innesta il figlio dell'Ebreo nella "alleanza, berit milah" che Dio ha sigillato nella carne con il proprio popolo, ad iniziare con Abramo (Gen. 17,11s) progenitore del popolo di Dio, ne consegue che il primo sangue che versa Gesù è per Giuseppe: il primo redento da Cristo.
Durante il rituale (usualmente nella casa del padre del bambino, oggi alla presenza di almeno 10 testimoni) il padre stesso (come ritengo sia stato al tempo di Gesù), oggi un rabbino chirurgo, il mùhel, effettua la circoncisione.
In tale occasione, tra l'altro, nel locale del rito è posto un seggio, ricoperto d'un manto dorato per il profeta Elia, perché credono che quando verrà il Messia, Elia siederà su quel seggio per attestare che quel bambino è proprio l'atteso.
Un'attestazione sulla straordinarietà dell'evento ci fu come racconta il Vangelo di Luca (2,25-28); infatti, questi alla purificazione di Maria e nella presentazione di Gesù al Tempio racconta: "Ora a Gerusalemme c'era un uomo chiamato Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele; lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore. Mosso dunque dallo Spirito, si recò al Tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge, lo prese tra le braccia e benedisse Dio."

Dopo quaranta giorni, come previsto dalla Toràh, ci furono:
  • (Lev. 12,4) la purificazione di Maria, in quanto "La donna che avrà messo al mondo un bambino rimarrà a casa per quaranta giorni, durante i quali non toccherà nulla di consacrato, e non si recherà al Tempio finché non sarà giunto il tempo della sua purificazione."
  • (Es. 13,15); la presentazione di Gesù al Tempio (il riscatto del primogenito).
In occasione della purificazione di Maria, Giuseppe e Maria, offrirono i due colombi previsti dalla Legge per chi era di modeste condizioni economiche.
Della tassa per il riscatto del primogenito i Vangeli tacciono e Giovanni Paolo II in Red.Cus.9: "...a questo riguardo Gesù, che è il vero prezzo del riscatto (1Cor. 6,20/7,23; 1Pt. 1,19) non solo compie il rito dell'Antico Testamento, ma nello stesso tempo lo supera, non essendo egli un soggetto da riscattare, ma l'autore stesso del riscatto." (la tassa ai tempi di Gesù era di 5 monete d'argento).

I Vangeli coi racconti della circoncisione di Gesù, della presentazione al Tempio e della purificazione di Maria, evidenziano la stretta osservanza alle tradizioni da parte di Giuseppe e Maria, a riprova ch'erano nobili, umili, pii ed osservanti.
I 40 giorni almeno di permanenza a Betlemme dopo la nascita di Gesù dà forza all'ipotesi d'una casa di Giuseppe o di parenti, suoi o di Maria; infatti, i Magi nel Vangelo di Matteo (Mt. 2,11) trovano la Sacra Famiglia in una casa e non nella grotta-stalla; avranno almeno avuto là parenti stretti, i dividici i cui figli furono trucidati da Erode.
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