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RACCONTI A SFONDO BIBLICO...

 
IL VESTITO D'ADAMO

di Alessandro Conti Puorger
 
 

LE FRANGE DEL MANTELLO DI LUCE
La "mamma" e il "papà" d'Adamo fu Dio.
Adamo, per il racconto del Genesi, nacque senza placenta e nel passato si chiesero se nacque con l'ombellico o meno.
Alcuni attribuiscono il detto "nato con la camicia" al fatto, considerato di buon auspicio, dei rari casi in cui si nasce con la placenta intorno, espulsa di solito dalla mamma in un secondo tempo.
Il modo di dire "nato con la camicia" allude però anche alla fortuna di nascere in una famiglia dotata d'ogni bene e sotto questo aspetto è senz'altro applicabile al nostro progenitore Adamo.
Esaminiamo però più a fondo quelle pagine per vedere se il testo accenni ad un vestito particolare per Adamo nel paradiso terrestre.

Nel libro del Genesi al Capitolo 2, prima che la donna fosse formata come individuo separato, Dio comandò all'uomo: "Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché quando ne mangiassi, certamente moriresti." (Genesi 2,16.17)
Il "mangiare " che in questi due versetti pare detto tre volte, in effetti lo è per quattro, perché nel dire "tu potrai mangiare" scrive , cioè "da cibo lo mangerai" con l'analoga forma che usa per il verbo morire in "certamente moriresti", ove pur se pare esservi una sola volta in effetti scrive "di morte morirai" , cioè come traduce e la Bibbia di Gerusalemme, "diventeresti passibile di morte".
La conoscenza del bene e del male è riservato a Dio e se uno s'abroga quella decisione è avvertito, ciò può comportare il prezzo della vita.
Questo è il pensiero, l'uomo è creatura, quindi sottoposta alla sovranità di Dio e non può decidere da se stesso il bene e il male.
All'uomo non è negata la conoscenza della realtà, che è evolutiva nella storia delle persone delle culture e dei gruppi umani in quanto mutano i perché e gli approcci acquisibili da parte d'una creatura ragionevole, né il discernimento morale che l'uomo innocente, puro, integro aveva.
Dentro di sé, egli scopre "una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire" (Gaudium et spes n° 16).
La verità morale non varia, è un invito ad amare da verificare nella pratica con la regola d'oro positiva "fai agli altri ciò che vuoi fatto a te" e negativa "non fare agli altri ciò che non vuoi fatto a te", condivisa dalle grandi religioni e da grandi filosofi "Agisci in modo da trattare l'umanità, nella tua come nell'altrui persona, sempre come un fine, mai come semplice mezzo" (Kant).
Il mangiare quel frutto è atto d'orgoglio e d'indipendenza da Dio tanto più che nel racconto Dio l'avrebbe reso partecipe con discernimento dei principi e, cioè gli avrebbe Lui stesso dato quando ritenuto opportuno quel frutto, visto che il Signore stava lì anche Lui nel giardino pronto a colloquiare con l'uomo.
È come se nel giardino un padre avesse un roveto e avesse detto al figlioletto non t'avvicinare a mangiare le more altrimenti ti pungerai... te le darò io.

In quei due versetti alle altre due volte in cui è detto "mangiare" l'unisce alla preposizione articolata che contiene il bilaterale MN = :
  • non devi mangiare ;
  • perché quando lo mangiassi .
Nelle rubriche:
  • "Ricerche di verità"... con l'articolo "Spirito creato in 7 tappe - Genesi codice egizio-ebraico" ho approfondito e discusso l'idea che il Capitolo 1 del libro del Genesi non riguardi la creazione fisica del mondo e dei suoi abitanti, ma tappe con cui la fede nel Dio unico provoca la creazione di un uomo nuovo e della società messianica, "la nuova Gerusalemme";
  • "Vangeli e protovangeli"... con l'articolo "Manna, cibo degli angeli, figura del Messia" nel paragrafo La "manna" cibo di Adamo ho considerato che l'autore del Genesi potesse essere consistente l'idea di suggerire che il cibo di Adamo, essere unico, maschio e femmina, fosse la manna , la "vita degli angeli ", in quanto il Genesi è da considerare un midrash che in questa fase rivisita in forma di mito preparatorio l'uscita dall'Egitto.
Nel racconto, proprio nell'ambito del 6° giorno della seconda descrizione della creazione nel Capitolo 2 del Genesi, si trova tre volte il bilitterale MN "nessuno lavorava il suolo e faceva salire dalla terra l'acqua dei canali per irrigare tutto il suolo - allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male" (Genesi 2,6-7-9) ed ora del pari in Genesi 2,16-17 si trova 2 volte nella forma .
In questi due versetti appare due volte la morte con quel di "morte morirai", espressione usata nelle leggi che prevedono la pena di morte, cioè l'atto di mangiare quel frutto che simboleggia il peccare, merita la morte.
È in primo luogo da osservare ciò che il comando di Dio comporta: Adamo morirà dentro il giorno; infatti, dice "...perché quando lo mangiassi", e quel "quando " è dentro al giorno, non quello fisico del ciclo solare in cui mangia, ma entro il giorno della creazione, cioè il 6° giorno.
In estrema sintesi per l'umanità si bloccherà e non godrà dello sviluppo futuro, cioè la sua creazione per tappe si fermerà.

Le lettere ebraiche lette con i criteri ed i significati che ho fissato in "Parlano le lettere" sono convergenti e coadiuvano con quanto sopra, infatti:

"...perché nel giorno che di mangiare anelerai () la manna che porta vita si porterà a finire per la purezza portata alla fine ", cioè "...perché nel giorno che di mangiare anelerai la manna che porta vita si porterà a finire per la purezza portata alla fine."

Anche qui si conclude che il cibo d'Adamo prima del peccato era la manna.
Adamo ed Eva fisicamente sopravvivranno, il frutto non provocò una morte istantanea, ma la condanna espressa poi in Genesi 3,16-19 segnala la morte fisica come fase finale d'una vita grama e infelice.
Nulla è detto dello sviluppo successivo della creazione che resta nella volontà di Dio e che svilupperà nel settimo giorno dopo la morte di Adamo ed Eva. Quando riinnizierà la storia di salvezza con l'uomo. (Vedi "La durata della Creazione")
Appare il concetto di morire nel panorama delle possibilità dell'esistenza dell'uomo; non v'è spiegazione, eppure Adamo comprende il concetto di morire ed anche ciò, per la logica del racconto, porta a pensare che questo non è narrazione dello sviluppo della creazione fisica, in quanto non c'era stato, infatti, ancora nessuno "morto".
Il racconto perciò appare sempre più una ricerca sui grandi principi che muovono l'umanità di cui uno, inequivocabilmente, è la paura della morte.
Vagliamo più a fondo a questa idea nel racconto.

I due progenitori, Adamo e la sua donna nel paradiso terrestre "...erano nudi... ...ma non ne provavano vergogna." (Genesi 2, 25)
Erano nudi... senza vestiti o vivevano in modo aperto allo scoperto senza nulla nascondere, dal radicale ebraico "essere scoperto" ?
Con una lettura spezzando la parola e considerando le lettere anche come apportatrici di significati grafici tipo ideogrammi si ha "vedevano/sentivano alta la loro esistenza di vita ".
Quelle stesse lettere, con diversa vocalizzazione, portano anche ad "astuto".
Giocando evidentemente su ciò il Capitolo 3 della caduta dei progenitori inizia subito dopo con queste parole: "Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio".
Astuto deriva dal radicale "essere astuto" (Vedi 1Samuele 23,22) usato anche per l'accumularsi delle acque (Esodo 15,8) e richiama l'idea di chi alza la testa più in altro per vedere prima degli altri cosa si approssima.
Tra le lettere ebraiche l'unica che emerge dal quadrato di riferimento è la lettera "lamed" che rappresenta la testa del faraone con l'emblema del serpente ureo.


L'idea della persona che vuole primeggiare gli egizi la collegavano alla figura dello sciacallo, per il loro lungo collo e questo animale, che si nutre di carogne, e strettamente connesso alla morte (Vedi l'articolo "Tracce di geroglifici nel Pentateuco" paragrafo "I Patriarchi").
Secondo il mito, Anubis, il dio sciacallo antropomorfo-zoocefalo con corpo umano la testa di cane o sciacallo di Cinopolis (Kasa)nel Medio Egitto aiutò Iside a ritrovarne i resti di Osiride e ne fu il mummificatore.
È la divinità signore dell'oltretomba, aveva potere essenzialmente sui morti, aveva sede di culto nella necropoli dedicata ai riti funerari, alle operazioni di mummificazione, guidava i defunti agli inferi cioè accompagnava per mano lo spirito dei defunti nel Duat, protettore della necropoli.
Presiedeva ai riti funerari, il suo nome ricorre nelle più antiche preghiere dei morti che li accompagnatore dei morti, come dimostra la sua assimilazione, nella tarda cultura sincretistica greco-egiziana, al dio greco Ermete Psicopompo (guida delle anime) col nome Ermanubi; Ermete e Anubi, assiste Horus e Thot nella pesatura del cuore dei defunti.
Presiede al tribunale dell'oltretomba, utilizzando la bilancia e confronta il peso del cuore del defunto con quello di una piuma.
Anubi era la prima divinità che il defunto incontrava: era lui che doveva pesare l'anima del morto.



Immagini e geroglifici di Anubi

In definitiva il serpente, spesso velenoso che in genere vive in tane sotterrane ha portato all'idea del cobra e quindi a quello aureo sul capo del Faraone, all'immaginario egizio, ai loro dèi, ad Anubi e che questi evoca il pensiero della paura della morte.
Questo essere zoomorfo, che impersona il male, tentò la donna e il discorso verte proprio sulla morte: "...disse alla donna: È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino? Rispose la donna al serpente... del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete. Ma il serpente disse alla donna: Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male." (Genesi 3,2-5)
La donna mangiò il frutto, lo diede anche all'uomo e subito dopo il testo commenta: "Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture." (Genesi 3,7)

Giobbe e David dicono:

"M'ha spogliato della mia gloria, m'ha tolto dal capo la corona." (Giobbe 19,9) "Ma tu, o SIGNORE, sei uno scudo attorno a me, sei la mia gloria, colui che mi rialza il capo." (Salmo 3,3)

Quelli prima erano i vestiti di Adamo!
Erano la Gloria di Dio!

Provo a decriptare il versetto Genesi 3,7 pensando all'evento:




"Si portò a finire il soffio che riversava la grazia , n'uscì la sorgente , ad invecchiare furono . Uscì la vita , portata era stata a bloccare nell'esistenza l'energia che portava la rettitudine spazzata (). Fu un verme () nella vita ad entrare nei viventi che porta nell'esistenza alla fine il soffio che li saziava () dall'alto . La perversità () fu ad agire , dal mantello uscirono . Nelle midolla uno straniero li segnò ."

"Si portò a finire il soffio che riversava la grazia, n'uscì la sorgente, ad invecchiare furono. Uscì la vita, portata era stata a bloccare nell'esistenza l'energia che portava la rettitudine spazzata. Fu un verme nella vita ad entrare nei viventi che porta nell'esistenza alla fine il soffio che li saziava dall'alto. La perversità fu ad agire, dal mantello uscirono. Nelle midolla uno straniero li segnò."

Si trova che quel è il lembo di un vestito, falda, una frangia.
Le lettere di ci dicono "la Luce portavano del Potente ", cioè uscirono dalla luce del potente che li illuminava.
Da Dio veniva un mantello che ricopriva l'uomo; quello era il vestito di Adamo!
È quella luce che rende l'uomo simile () al Potente , altrimenti è solo come l'erba che tagliata si dissecca.
Infatti, usato al plurale in Esodo 28,34 nel manto del sommo sacerdote in Isaia 6,1 ove i lembi del mantello di Dio riempivano il tempio.
Sparito quel mantello è ovvio che i progenitori si sentirono nudi.
Senza una protezione è così destinato a morire, l'uomo è come una pila elettrica che esaurirà l'energia accumulata.
Se gli occhi della mente non vedono più Dio l'uomo si sente solo anche se con la sua donna, si vede nudo internamente, cadono le risposte sul proprio essere e su tutto quello che lo circonda e sente paura.
In quel versetto Genesi 3,21 si parla di paura e questa è connessa al buio perché vi si possono nascondere ostacoli e imprevisti, perciò c'era come un buio interiore, un buio ontologico.
L'orgoglio comporta di esaltare l'opera delle proprie mani, il sentirsi capace d'essere Dio, ma messo alla prova l'uomo valuta tutta la sua impotenza.
Il profeta Ezechiele, pur se parla del re di Tiro, fa un chiaro riferimento ad Adamo nell'Eden con:
  • "Poiché il tuo cuore si è insuperbito e hai detto: Io sono un dio, siedo su un seggio divino in mezzo ai mari, mentre tu sei un uomo e non un dio, hai uguagliato la tua mente a quella di Dio... (Ezechiele 28,2); .
  • "Tu eri un modello di perfezione, pieno di sapienza, perfetto in bellezza; in Eden, giardino di Dio, tu eri coperto d'ogni pietra preziosa: rubini, topazi, diamanti, crisoliti, onici e diaspri, zaffiri, carbonchi e smeraldi; e d'oro era il lavoro dei tuoi castoni e delle tue legature, preparato nel giorno in cui fosti creato. Eri come un cherubino ad ali spiegate a difesa; io ti posi sul monte santo di Dio e camminavi in mezzo a pietre di fuoco. Perfetto tu eri nella tua condotta, da quando sei stato creato, finché fu trovata in te l'iniquità." (Ezechiele 28,12-15)
Il racconto del Genesi propone un rimedio da parte di Dio: "Il Signore Dio fece all'uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì." (Genesi 3,21)

Il termine "ketonet", suggerisce più d'un vestito, ma la veste di funzione particolare, una veste sacra.

Nel Pentateuco oltre che nel Genesi la prima volta che è usato quel termine è in Esodo 28 ove si descrivono le vesti dei sommi sacerdoti:

"Ed ecco gli abiti (begadim) che faranno: il pettorale (hoshen) e l'efod , il manto (m'eil) la tunica damascata (ketonet tashbes) , il turbante (mitzhnoefooet) e la cintura ('abnet) . Faranno vesti sacre per Aronne tuo fratello e per i suoi figli, perché esercitino il sacerdozio in mio onore." (Esodo 28,4)

Tale termine è usato per la tunica variopinta di Giuseppe (Genesi 37,3) che suscita la gelosia dei fratelli e quella indossata da Tamar, figlia di Davide, "perché cosi vestivano, da molto tempo, le figlie del re ancora vergini" (2Samuele 13, 18) .
Citazione chiarificatrice sull'importanza di quella veste collegata ad una funzione è l'oracolo in Isaia contro un certo Sebnà, uno straniero divenuto maggiordomo di Ezechia: "Ti toglierò la carica, ti rovescerò dal tuo posto. In quel giorno chiamerò il mio servo Eliakim. figlio di Chelkia; lo rivestirò con la tua tunica (ketonet), lo cingerò con la tua sciarpa e metterò il tuo potere nelle sue mani. Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme e per il casato di Giuda. Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide; se egli apre, nessuno chiuderà; se egli chiude, nessuno potrà aprire. Lo conficcherò come un paletto in luogo solido e sarà un trono di gloria per la casa di suo padre." (Isaia 22, 19-23) .
Adamo aveva una tunica regale, era il principe del giardino... così conclude anche San Basilio il Grande (Cesarea di Cappadocia 329-379) "Dio creò l'uomo a sua immagine e somiglianza. Lo fornì d'intelligenza e di ragione a differenza di tutti gli altri viventi della terra. Gli diede la facoltà di deliziarsi della stupenda bellezza del paradiso terrestre. E finalmente lo costituì sovrano di tutte le cose del mondo." (Regole più ampie Risp 2,24 - PG31 - 914-915)
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