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LETTERE EBRAICHE E CODICE BIBBIA...

 
È UNA STORIA D'AMORE

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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I VANGELI DELLE NOZZE
Dall'ebraismo la venuta del Messia è associata ad una festa in cui ci sarà un gran banchetto.
Isaia, infatti, profetizza: "Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre. " (Isaia 25,6-8)
Questo riferimento chiaro alla risurrezione in modo inequivocabile collega questo banchetto alla venuta del Messia.
La parola ebraica che Isaia usa lì per banchetto è "miscettoeh" che richiama il "bere" , quindi è un simposio in cui il vino ha una parte importante.
Le vivande grasse e succulenti "shemanim" portano all'idea del giorno ottavo quello della domenica eterna, del primo giorno dopo il settimo, il giorno di una nuova creazione, appunto, il giorno della risurrezione finale.
La lettura di "miscettoeh" , lettera per lettera, viene così ad indicare che "i viventi risorti alla fine usciranno ".
È il banchetto della Sapienza di cui parla il libro dei Proverbi:

"La Sapienza si è costruita la sua casa, ha intagliato le sue sette colonne.
Ha ucciso il suo bestiame, ha preparato il suo vino e ha imbandito la sua tavola.
Ha mandato le sue ancelle a proclamare sui punti più alti della città:
Chi è inesperto venga qui!
A chi è privo di senno ella dice:
Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato.
Abbandonate l'inesperienza e vivrete, andate diritti per la via dell'intelligenza."

Quelle sette colonne su cui è fondata la casa della Sapienza si evincono dal profeta Osea che parla del matrimonio escatologico, quando è scritto: "oracolo del Signore mi chiamerai: Marito mio, e non mi chiamerai più: Mio padrone... Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore. E avverrà in quel giorno - oracolo del Signore - io risponderò al cielo ed esso risponderà alla terra; la terra risponderà con il grano, il vino nuovo e l'olio." (Osea 2,18 e 21-24)

Questi versetti di Osea c'insegnano che il vero matrimonio nel Signore è fondato e provato da 7 elementi uniti ed inscindibili: per sempre, giustizia, diritto, benevolenza, amore, fedeltà e conoscenza del Signore.

Nel Salmo che recitava Gesù sulla croce (Vedi: "I Salmi, conforto del crocifisso") c'è la visione escatologica del banchetto, nei giorni del Messia, quando "I poveri mangeranno e saranno saziati, loderanno il Signore quanti lo cercano; il vostro cuore viva per sempre!" (Salmo 22,27)

Tutto ciò premesso, il Vangelo di Giovanni pone l'inizio del ministero terreno del Messia al momento in cui Gesù di Nazaret esordisce con i suoi segni proprio in occasione di un banchetto di nozze, avvenuto a Cana di Galilea.
Il Vangelo di Giovanni racconta l'evento: "Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: Non hanno vino. E Gesù le rispose: Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora. Sua madre disse ai servitori: Qualsiasi cosa vi dica, fatela. Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: Riempite d'acqua le anfore; e le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo: Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto. Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto - il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l'acqua - chiamò lo sposo e gli disse: Tutti mettono in tavola il vino buon all'inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora. Questo, a Cana di Galilea, fu l'inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui." (Giovanni 2,1-11)

Per comprendere bene questo passo è da ricordare la conclusione del paragrafo precedente dello stesso Vangelo; lì Natanaele così si rivolge a Gesù: "Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il Re d'Israele!" (Giovanni 1,49)
Gesù, di fatto, in quella occasione conferma d'essere il Figlio dell'uomo, l'atteso, ed al proposito ricorda il sogno di Giacobbe di Genesi 28,10-17 con queste parole: "In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell'uomo." (Giovanni 1,51)
Di conseguenza, è da tenere presente, che il "Messia", con tutta la potenziale attesa di Lui per un ebreo, con la madre e i discepoli, che poi costituiranno la Chiesa nascente, è presente come invitato a quel banchetto di nozze a Cana.
In questo contesto è da inquadrare il fatto che "la madre di Gesù gli disse: Non hanno vino. E Gesù le rispose: Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora."
Sì, il Messia avrebbe sposato l'umanità in un banchetto nuziale finale, ma questo non era ancora quel banchetto, molti eventi dovevano prima attuarsi, perciò non "Non è ancora giunta la mia ora."
Quella parola rivolta a Maria, "Donna" che in ebraico può voler dire anche "moglie", è sintomatico del pensiero profetico di uno sposalizio che implicherà Maria e i discepoli di Gesù, figura, infatti, della sposa, la Chiesa del Messia.
Non era l'ora del banchetto finale, ma era giunta però l'ora di iniziare i segni che avrebbero manifestato la sua gloria, infatti, aveva già iniziato a raccogliere discepoli attorno a sé.

Ketubah, contratto matrimoniale ebraico - i due sposi sotto il baldacchino Tornando a quel matrimonio a Cana, certamente secondo il rito ebraico le benedizioni di Dio erano state già invocate su quella coppia dal capo della sinagoga.
Il rito matrimoniali, peraltro consolidatosi nel tempo, procede in due fasi Qiddushin e Nissuin separabili fino ad un intervallo massimo di un anno.
Qiddushin ove lo sposo alla presenza di due testimoni validi legalmente, consegna alla sposa un semplice anello (prima erano monete d'oro), il rabbino recita la benedizione, lo sposo infila l'anello nel dito indice della destra della sposa con le formula: "Osserva, tu mi sei consacrata per mezzo di questo anello, secondo la legge di Mosè e di Israele".

Nissuin che presenta queste fasi:

  • consegna alla sposa del documento Ketubbah firmato anche dai testimoni degli sposi ove lo sposo specifica gli obblighi del marito nella realizzazione della vita coniugale e familiare nonché prevede la costituzione della dote per la donna, capitale da rilasciarle in caso di vedovanza e/o divorzio (g'erushin) (Esodo 22,15-16 e Talmud babilonese Ketubbot 56b, 110b ved. e Tobia 7,14) che se intervenisse comporterebbe un documento scritto detto "get";

  • si stende sugli sposi il "tallit" o il baldacchino "kuppah"... sotto l'ombra di Dio;
  • la coppia è benedetta con 7 benedizioni (di Rabbi Iehuda ben El'ai del II secolo d.C. nel Talmud B. Ketubot 7b-8 V secolo d.C., ma.);
  • benedizione del vino che gli sposi sorseggiano in apposito calice;
  • in sinagoga c'è un rito davanti al rotolo della Torah e il canto del Salmo 127;
  • lo sposo rompe la coppa di cristallo per ricordare che nulla può essere di totalmente felice dopo la distruzione del Tempio e pronuncia il verso del salmo 137: "Si paralizzi la mia destra se ti dimentico Gerusalemme";
  • gli sposi prima del banchetto s'appartano a segno d'inizio di coabitazione.
Le benedizioni ripetono: Benedetto tu Signore Dio nostro Re dell'universo, che:
  • hai creato il frutto della vite;
  • tutto hai creato per la tua gloria;
  • hai creato l'uomo;
  • hai stabilito che dal suo seme si perpetui il genere umano in eterno;
  • di gaudio fai esultare la città di Sion, perché, con gioia, nel suo seno tornano i figli a raccogliersi;
  • gaudio porti a Sion con i suoi figli. Fa' gioire questa amorosa coppia, come facesti con coloro che tu creasti nel giardino dell'Eden. Benedetto tu, o Signore, che dai gioia allo sposo e alla sposa;
  • hai creato l'allegria e la gioia, lo sposo e la sposa, la letizia ed il canto, la delizia e il piacere, l'amore e la fratellanza, la pace e l'amicizia... benedetto sei tu, o Signore, che fai gioire lo sposo e la sposa.
Nell'articolo intitolato "Lo sposo della coppia nel matrimonio, roveto ardente", la cui lettura integrale propongo come propedeutica al presente lavoro, in particolare, nel paragrafo "Il matrimonio figura del patto" scrivevo quanto segue.
Nel definire le proprie mogli negli episodi alquanto oscuri, Abramo e il faraone (Genesi 12,10-20), Abramo e Abimelek (Genesi 20), Isacco e Abimelek (Genesi 26) dichiarano "è mia sorella" e la stessa indicazione "sorella mia sposa" si trova 4 volte nel Cantico dei Cantici che l'ebraismo considera l'inno d'amore del matrimonio tra Ha-Shem, il Nome Santo e Israele:
  • Cantico dei Cantici 4,9 - "Tu mi hai rapito il cuore, sorella mia, sposa..."
  • Cantico dei Cantici 4,10 - "Quanto sono soavi le tue carezze, sorella mia, sposa..."
  • Cantico dei Cantici 4,12 - "Giardino chiuso tu sei, sorella mia, sposa, giardino chiuso..."
  • Cantico dei Cantici 5,1- "Son venuto nel mio giardino, sorella mia, sposa..."
E evidente il collegamento al primo matrimonio che Dio sancì nel giardino dell'Eden e il termine "kallah" usato per sposa deriva da , radicale ebraico che significa "compiere, portare a compimento", concetto supporto al "midrash" della descrizione della creazione della sposa.
L'unione dell'uomo e la donna è il ricongiungimento voluto nell'idea originaria del Creatore che completa così il modello che aveva nella mente nel creare sia lui che lei destinati ad essere un unicum; così si può leggere l'idea "sorella mia sposa", "all'origine strappata () fu la sposa ".
Abramo e Isacco, vista così la cosa, non dicevano bugia!
Come aveva detto il profeta Osea (2,18 e 21-24) nel brano della promessa matrimoniale del Signore che ho già citato: "oracolo del Signore mi chiamerai: Marito mio... Ti farò mia sposa... E avverrà in quel giorno - oracolo del Signore - io risponderò al cielo ed esso risponderà alla terra; la terra risponderà con il grano, il vino nuovo e l'olio."
Il grano, il vino e l'olio sono i segni del Messia e ai cristiani ricordano l'olio dell'unzione, il sacro crisma del Messia e il pane e il vino dell'eucaristia.
Era un banchetto di nozze, ma mancava il vino, l'allegria e il libro del Qoelet propone: "Và, mangia con gioia il tuo pane, bevi il tuo vino con cuore lieto, perché Dio ha già gradito le tue opere. In ogni tempo le tue vesti siano bianche e il profumo non manchi sul tuo capo. Godi la vita con la sposa che ami per tutti i giorni della tua vita fugace..." (Qoelet 9,7-9)
L'allegria, era stata invocata nella settima benedizione del rito nuziale.
C'era le condizioni perché, questa volta, a Cana di Galilea, il Dio d'Israele che era presente in carne ed ossa in Gesù di Nazaret a questo matrimonio, desse rendesse esplicita anche fisicamente in modo concreto e subitaneo la benedizione con un atto mirabile ed escatologico che fa presente il banchetto finale, e fu così che Gesù cambiò l'acqua in vino.

Circa il banchetto escatologico Gesù stesso poi ne parla con una parabola nel Vangelo di Matteo: "Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con questo ordine: Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze! Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito nuziale. Gli disse: Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito nuziale? Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti." (Matteo 22,1-14)

Questo banchetto di matrimonio sarà di fatto con ciascun fedele, che Lui ama: "All'angelo della Chiesa che è a Laodicèa scrivi: Così parla l'Amen... Io, tutti quelli che amo, li rimprovero e li educo. Sii dunque zelante e convèrtiti. Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me. Il vincitore lo farò sedere con me, sul mio trono, come anche io ho vinto e siedo con il Padre mio sul suo trono." (Apocalisse 3.14.19-21)

Ed ecco la visione finale!
"Udii poi come una voce di una folla immensa, simile a fragore di grandi acque e a rombo di tuoni possenti, che gridavano: Alleluia! Ha preso possesso del suo regno il Signore, il nostro Dio, l'Onnipotente. Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria, perché sono giunte le nozze dell'Agnello; la sua sposa è pronta: le fu data una veste di lino puro e splendente. La veste di lino sono le opere giuste dei santi. Allora l'angelo mi disse: Scrivi: Beati gli invitati al banchetto di nozze dell'Agnello!. Poi aggiunse: Queste parole di Dio sono vere." (Apocalisse 19,6-9)
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