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NASCERE DALL'ALTO
di Alessandro Conti Puorger

VASI DI CRETA
Queste pagine di "Nascere dall'alto" sono sviluppo di quanto riportato in "I cieli aperti".
Avverto chi fosse la prima volta che ha trovato un mio articolo, che tratto in modo particolare i vocaboli ebraici dei Sacri Testi ebraici della Tenak, tutti inseriti nell'ambito della parte detta Antico Testamento della Bibbia cristiana.
Al riguardo sui perché propongo:
Com'è noto a chi è uso leggere la Bibbia, il libro più letto nel mondo, i capitoli 1 e 2 del primo libro che s'incontra, quello detto del Genesi, presentano due descrizioni della "creazione" o "formazione" del creato e delle creature, pagine che presentano significative differenze tra loro.
I biblisti ritengono che quelle due presentazioni discendano da due diverse fonti, la "Sacerdotale" al capitolo 1, ove opera Dio col nome di "'Elohim", e la "Iavista" al capitolo 2, perché qui opera il Signore Dio, "IHWH 'Elohim", fonti che dopo l'esilio babilonese ai tempi di Esdra e Neemia furono presentate assieme con alcuni versetti di raccordo quali 1,1-2 e 2,1-3.

Premesso che quella del capitolo 1 riguarda la creazione in VII tappe, chiamate giorni, e la seconda s'interessa più delle vicende avvenute nella 6a tappa in cui fu creato l'uomo, in ciascuna delle due descrizioni vi sono elementi importanti da tenere presenti, ma anche differenze sostanziali, quali nella:
  • "Sacerdotale" Dio crea il cielo e la terra, mentre la "Iavista" dà per scontata la loro creazione;
  • "Sacerdotale" Dio crea tutto il resto e fa l'uomo, mentre per la "Iavista" tutto il resto è formato;
  • "Iavista", l'uomo è formato prima degli animali, mentre nella "Sacerdotale" accade l'inverso;
  • "Iavista", la creazione è senza l'acqua, la quale sgorga dalla terra;
  • "Sacerdotale", l'uomo è la coppia maschio-femmina, nella "Iavista" la coppia diviene marito e moglie essendo istituito il matrimonio.
Il combinato dei due racconti in qualche modo, però, senza nulla escludere, è "l'insegnamento" completo, ossia "Torah" per Israele.
Da ciò pare doversi almeno ritenere l'insegnamento che:
  • da Dio proviene tutto ciò che esiste;
  • dalle descrizioni del processo di creazione o formazione non possono essere dedotti valori da assumere come verità scientifica;
  • si possono estrarre soltanto concetti aventi valore etico religioso ispirati da tenere presenti nel rapporto dell'uomo con Dio e le Sue creature;
  • l'uomo fu fatto da Dio con uno specifico atto di formazione diverso completamente da qualsiasi altra creatura esistente.
Provo a fare qualche commento sui seguenti versetti Genesi 2,4-7 che sono l'inizio della descrizione "Iavista" secondo la traduzione C.E.I. del 2008.
  • Genesi 2,4 - "Queste sono le origini del cielo e della terra, quando vennero creati. Nel giorno in cui il Signore Dio fece la terra e il cielo;
  • Genesi 2,5 - nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata, perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e non c'era uomo che lavorasse il suolo;
  • Genesi 2,6 - ma una polla d'acqua sgorgava dalla terra e irrigava tutto il suolo;
  • Genesi 2,7 - Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente."
Quelle "origini" sono le "toledot" , vale a dire le "discendenze" venute dal cielo e dalla terra che dal Signore Dio furono "creati" o che il Signore Dio "fece"; nel versetto 4 ci sono, infatti, entrambi quei concetti come ho evidenziato in grassetto.
Rispetto alla "prima creazione" quella detta "Sacerdotale", qui nella "Iavista" non si parla di acqua e dei mari, ma dal versetto 5 risulta chiaro che Dio non aveva ancora fatto piovere e non c'erano ancora i vegetali. Per questi motivi si parla di creazione a "secco".

Il versetto 6 poi, secondo la traduzione C.E.I., direbbe di una "polla d'acqua" che sgorgava dalla terra.
Altre versioni parlano di un vapore umido o bruma che saliva dal suolo, mentre nel testo ebraico è scritto che era una "'ed" che saliva, termine che si trova poi solo in Giobbe 36,27 "Egli attrae in alto le gocce d'acqua e scioglie in pioggia i suoi vapori", tradotta con vapori o nube.
È quello di "'ed" un termine dubbio che mette in gioco le lettere:
  • "'alef" relativa a "origine, uno, unità, primo, inizio", quindi riferibile al Dio Unico o all'Unigenito, al primogenito e simili;
  • "dalet" è una mano, che aiuta, protegge o ferma e impedisce, insomma come un'anta, un battente di una porta, che peraltro è il significato del nome della lettera stessa.
Ecco che, grazie alla lettura delle lettere, si fa prepotente il pensiero dell'Unico e delle mani come se l'Unico sopra la terra ci lavorasse sopra.
Non c'era ancora la pioggia, ma affinché la terra fosse lavorabile "l'Unico aiutava " a bagnarla per renderla plastica e, in una visione antropologica allegorica comprensibile agli uomini di ogni tempo, "l'Unico con la mano " impastava la terra come un vasaio.

Al riguardo, Rashi (Rabbi Shlomo Yitzhaqi, rabbino francese 1040-1105) propone che quel momento "ricorda l'opera di un modellatore d'argilla che prima versa l'acqua e poi lavora l'impasto", perché, subito dopo, al versetto 7 si legge:

"Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo" e per quel "plasmò" il testo ebraico propone "iitzer" , verbo il cui radicale viene usato quando si parla di fare i vasi da parte di un vasaio.

Allora, l'acqua da dove fu presa?
L'acqua evidentemente ce la mise Lui, Dio stesso.
Evidentemente da Lui usciva una forza e un vigore tali e adeguati a rendere la terra plastica e plasmabile e sostituiva in modo super egregio la funzione dell'acqua, forza e vigore derivati della sua energia N = = , come un succo sceso dalla spremitura dalla Sua essenza con cui impregnava il creato e soprattutto, come vedremo, l'uomo che era la finalità ultima della "creazione".

La parola ebraica più idonea per definire ciò è "netzach" una specie di sangue della divinità, un succo che unisce l'icona di energia alla parola "tzach" "secco"; del resto nei geroglifici la lettera egizia N è un'onda come per indicare acqua e la lettura della parola ebraica di succo "netzach" è "energia che scende Stringendo " come il succo di un limone.
Che effettivamente l'acqua per plasmare l'uomo la mise direttamente Dio, ossia che era acqua proveniente da Lui, è un'interpretazione che trova un autorevole appoggio proprio da parte Gesù nei Vangeli.
Lui, Gesù, l'Unigenito , usa la mano e la propria "saliva" nei seguenti episodi:
  • in Giovanni 9,6s - del "cieco nato", cui fece il dono della vista, quando, Lui, Gesù che si propone "sono la luce del mondo", con evidente riferimento alla prima creazione, incontrato il cieco nato, "...sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: Va' a lavarti nella piscina di Sìloe - che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva."
  • in Marco 7,32-35 - della guarigione di "...un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: Effatà, cioè: Apriti! E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente."
Ancora Dio non aveva fatto piovere, quindi, quella prima acqua, veniva da Dio ed era acqua "maim" dei cieli "shamaim" .
Ecco, allora, che il "vaso" del primo uomo fu fatto con la polvere della terra, ma fu plasmato con l'acqua del cielo e cotto dal fuoco "'esh" di Dio stesso da cui ricevette tutto il resto.
Genesi 2,7 al riguardo, in particolare, dice:

"...soffiò nelle sue narici un alito ("nishmat" ) di vita ("chaiim" ) e l'uomo divenne un essere ("nefesh" ) Vivente ()."

Con ciò il primo uomo ebbe da Lui "nishmat" e "nefesh" , il soffio e l'alito di vita, mentre gli animali ebbero solo il "nefesh".

San Paolo come vedremo commenta ciò in 1Corinzi 15,45-50.
Dal testo in ebraico si ricava un particolare, il "nishmat" assicura la vita "chaiim", plurale almeno duale, mentre il "nefesh" assicura solo una vita, "chai" .

Ecco che appare l'energia che si trova in entrambi i termini delle due anime del primo uomo, quella come gli animali "nefesh" e la "nishmat" che si può leggere con la propria "energia il Nome lo segnò ", quindi fu come se lo avesse unto col proprio "olio" "shoemoen" , "con l'energia ( = ) del Nome " e sarebbe divenuto suo sacerdote e re della terra cui poi Dio stesso presentò tutte le creature del Regno, come si evince proseguendo nella lettura del testo di Genesi 2.

San Paolo nella 2Corinzi 4,6s coglie certamente questa situazione quando esclama: "E Dio che disse: Rifulga la luce dalle tenebre, rifulse nei nostri cuori per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo. Però noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi."

Ora, nella parola ebraica di uomo "'adam" , che definisce sia il maschio, sia la femmina, è presente quel bi-letterale "'ed " del "vapore di vita " di Dio che tende comunque a salire al cielo, e lo fa riconoscere "all'Unico somigliante ()" nel primo capitolo, in Genesi 1,26.

Poi, dopo il peccato di Genesi 3, Genesi 4 presenta l'episodio di Abele "Habel", il cui nome in ebraico significa "vanità, fatuo", in quanto "esce annullato ", ossia che può facilmente evaporare e svanire dalla terra, come dice il nome e quel giusto ucciso dal fratello pare proprio finire in quel modo, ma invero le lettere suggeriscono pure un'altra soluzione, "entrerà nella casa del Potente ".
Di Abele, il primo morto della Bibbia, il primo uomo = "'adam" , ucciso, a terra resta il sangue "dam" ; tutto il resto torna all'origine, all'Unico , in quanto gli appartiene.
Dio, infatti, in Genesi 4,10 dice a Caino: "Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!" e il libro della Sapienza 3,1s conferma: "Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero; la loro fine fu ritenuta una sciagura..."

In definitiva, senza Dio l'uomo è solo polvere!

Il primo mercoledì di quaresima, infatti, al momento del rito della imposizione delle ceneri sul capo del cristiano viene detto "Memento homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris", ricordando quanto dice Dio in Genesi 3,19b "...polvere tu sei e in polvere tornerai".

Evidentemente il peccato, ossia il rifiuto di Adamo, la prima coppia, aveva svuotato il vaso ed era avvenuto che il soffio divino, il "nishmat", si era ritirato dall'uomo e gli era rimasto solo il "nefesh", l'anima animale.

Il Qoelet, al riguardo, si domanda: "...riguardo ai figli dell'uomo, mi sono detto che Dio vuole metterli alla prova e mostrare che essi di per sé sono bestie. Infatti la sorte degli uomini e quella delle bestie è la stessa: come muoiono queste, così muoiono quelli; c'è un solo soffio vitale per tutti. L'uomo non ha alcun vantaggio sulle bestie, perché tutto è vanità. Tutti sono diretti verso il medesimo luogo: tutto è venuto dalla polvere e nella polvere tutto ritorna. Chi sa se il soffio vitale dell'uomo sale in alto, mentre quello della bestia scende in basso, nella terra?" (Qoelet 3,18-21)

IL PRIMO GIARDINO
In questa ritenuta seconda descrizione della creazione è detto che ancora "Dio non aveva fatto piovere sulla terra" (versetto 2,5) e salvo la traduzione di "'ed" con "polla d'acqua" (versetto 2,6), poi le parole "acqua, mari, pioggia o piovere" non vengono mai dette, il che pare voluto.
Quel "'ed" , quindi, era tutto e solo ciò che "irrigava il suolo" ossia tutta la faccia della terra:

"vehisheqah 'at kal peni ha'adamah" .

Ora , in effetti, è il radicale di "dare da bere, abbeverare, irrigare", quindi, pare proprio fosse Lui a irrigare tutta la faccia de suolo, ma con cosa?
Per suolo viene usata la parola "ha'adamah" , la terra rossa, quella lavorata e si torna al pensiero che poteva essere solo Lui a lavorarla per fa uscire l'uomo "'adam" ( = a fine parola) che ha le stesse lettere di rosso "'edom".

A questo punto, allora, con i significati delle icone delle lettere si può interpretare come "la Shin (la Sua luce) riversava sul mondo ", era quella che avrebbe acceso la vita, la lettera "shin" del suo Nome "Shem" .

Torniamo ora al testo di Genesi 2 al momento quando Dio prepara un luogo protetto per l'uomo:
  • Genesi 2,8 - "Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato.
  • Genesi 2,9 - Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male.
  • Genesi 2,10 - Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi."
Ecco alcune parole importanti del versetto 2,8:
  • "piantò" "itta'" le lettere dicono che Dio "fu per amore ad agire ", ma il pensiero va al radicale relativo allo "ingannare, sviare e al traviare" come in Ezechiele 13,10, per cui la motivazione recondita pare potesse essere per evitare che l'uomo si traviasse o venisse traviato;
  • giardino "gan" è come un terreno recintato, un frutteto, luogo protetto ove si può camminare in pace, infatti, "ganan" indica un luogo protetto.
Per quanto detto nel precedente paragrafo si coglie subito come in tale luogo sia a "scorrere l'energia ", sottinteso, ovviamente, di Dio.

Allora protetto da chi?

Le lettere suggeriscono anche: "per scappare all'angelo (ribelle)", infatti, pur se non viene detto il come e il perché questa realtà di un angelo ribelle è nell'aria e apparirà poi mascherato da serpente "nachash" in Genesi 3,1.

Pure tale realtà dell'angelo ribelle ha un'energia che gli era venuta da Dio cui s'era ribellato, ma certamente questa è a termine, e ha bisogno di ricaricarsi di quella che può assorbire come parassita dal soffio e dal respiro dei viventi.
  • in Eden "oe'den" un luogo di delizie, ma anche dove si trova dell'Eterno "e'd" l'energia . La parola "oe'den" si può dividere in + e "dan" ricorda il fiume Dan che sugli altopiani sotto la cima del monte Ermon si unisce con altri corsi d'acqua per formare il Giordano che, appunto, lancia () il Dan e fa scendere l'energia .
  • "a oriente" "miqqoedoem" da dove "viene avanti", direzione da cui si presenta... il sole, quindi, dove sorge, a est.
È evidente che sia l'albero "e'tz" della vita "chaiaim" , o meglio delle almeno delle due vite per il plurale forse duale usato, sia quello della conoscenza del bene e del male "hada't tob vara'" , non sono alberi "terreni", alimentati da acqua avente la formula chimica H2O ossia l'acqua fisica pur se sono piantati in terra, ma il loro alimento viene evidentemente dall'energia divina.

Qualche nota al riguardo:
  • "albero", pianta o legno "e'tz" ricorda "e'tzah" per "consiglio";
  • "vita" "chaiaim" e non semplice "chai" quindi, almeno delle due vite, perciò possibilità di rinascita e di vita che non si esaurisce;
  • "conoscenza del bene e del male" "hada't tob vara'" , con le lettere nasconde anche un "consiglio" pesante perché, se non ascoltato, porterà ad "aprire la porta del tempo , nel cuore si porterà ad abitare il portatore del male ".
Da cui si ricava un cenno che il tempo fu in effetti creato come rimedio da parte di Dio affinché il peccato non durasse in eterno.
Dal fatto che Dio prima plasmò l'uomo e solo dopo preparò quel luogo paradisiaco fa considerare che da tale circostanza la creatura uomo, nato senza padre ne madre terreni, avrebbe ben potuto ricavare che era molto amato da chi gli aveva dato la vita e gli offriva anche un luogo meraviglioso per vivervi, ma come sappiamo dai successivi avvenimenti di Genesi 3 così non fu, Adamo credette, infatti, a chi gli suggeriva il contrario.
Quel posto che Dio gli preparò era "a oriente" "miqqoedoem", ma ad oriente di dove?
Da dove l'aveva plasmato!

A questo punto do' per scontata la lettura del 1° paragrafo "L'ombelico del mondo" del mio articolo "Il giusto cammino della verità", che comunque propongo al lettore.

Per la tradizione ebraica Dio aveva plasmato la coppia "'adam" nel luogo della pietra d'angolo del mondo quello che sarà la pietra racchiusa poi dal Tempio di Salomone nel Santo dei Santi a Gerusalemme.
Il giardino per la tradizione, quindi, era a destra di Gerusalemme, nella zona ove c'è tutta una tensione da parte della Torah e dei profeti e dei Salmi.
In particolare m'interessa evidenziare che la prima parola della Torah nel libro del Genesi, "Ber'eshit" , tradotta usualmente con "in principio", dai saggi d'Israele è stata letta in più modi e quelle sei prime lettere furono anche divise in "Bar'à" "creò" e "shit" "un fondamento", ossia la Pietra della Fondazione, "Even ha-Shetiyà".

Una pietra affiorava a Sion nel Santo dei Santi su cui fu posta l'Arca e la tradizione sostiene che fosse la pietra fondamentale sulla quale il mondo fu creato.
(Vedi: "Ritorno al Sinai")

Il Tempio era detto in ebraico "bet ha miqdash" , cioè casa del Santuario ed era costruito nella tradizione rabbinica sul monte Moria, il luogo dove Abramo stava per sacrificare il figlio Isacco.
Nella stanza più interna, detta il Santo dei Santi, nel "Debir", in cui il Sommo Sacerdote poteva entrare ogni anno una sola volta, c'era la pietra di fondazione del mondo, la "Even Shetiyyah" .

Secondo la tradizione ebraica Adamo fu formato dalla polvere del monte Moria e quando fu espulso dal giardino dell'Eden si fermò là attorno, perché vicino c'era l'entrata per il paradiso e lì morì.
La tradizione cristiana, con Origene, scrittore e teologo cristiano del III secolo riteneva che il Golgota o Calvario fosse il luogo della sepoltura di Adamo il che tende a ribadire il ruolo di Gesù come "nuovo Adamo", fondatore della nuova umanità redenta (1Corinzi 15,21s).

Per questo motivo, l'iconografia cristiana nelle rappresentazioni della crocefissione, ai piedi della Croce è spesso presentato un teschio, quello di Adamo.
Quel giardino di delizie, il "Gan Eden", il paradiso terrestre, allora, per la tradizione ebraica era, a oriente... a destra del Tempio e quel fiume che attraversava il giardino era... il Giordano.


Ora, se da Gerusalemme si tira una linea verso Est, più o meno a 20 Km in linea d'aria s'incontra il Giordano, tra Gerico e il Mar Morto, proprio nel luogo ove la tradizione dice che avvenne l'episodio del battesimo di Gesù e l'entrata nella Terra Promessa del popolo d'Israele al tempo di Giosuè.

Questo è il pensiero di chi ha scritto la Torah e lo rivela quando dice in Genesi 13,8-13: "Abram disse a Lot: Non vi sia discordia tra me e te, tra i miei mandriani e i tuoi, perché noi siamo fratelli. Non sta forse davanti a te tutto il territorio? Separati da me. Se tu vai a sinistra, io andrò a destra; se tu vai a destra, io andrò a sinistra. Allora Lot alzò gli occhi e vide che tutta la valle del Giordano era un luogo irrigato da ogni parte - prima che il Signore distruggesse Sòdoma e Gomorra - come il giardino del Signore... Lot scelse per sé tutta la valle del Giordano e trasportò le tende verso oriente. Così si separarono l'uno dall'altro: Abram si stabilì nella terra di Canaan e Lot si stabilì nelle città della valle e piantò le tende vicino a Sodoma. Ora gli uomini di Sodoma erano malvagi e peccavano molto contro il Signore."

Del resto la Gerusalemme messianica di Apocalisse 21 ripropone aspetti di quel giardino, il fiume d'acqua viva, albero della vita.
È la nuova creazione, patria di quanti sono scritti nel libro della vita dell'Agnello, è la città santa, la sposa dell'Agnello, splendente della gloria di Dio.

A questo punto il Signore fece spuntare gli alberi nel giardino "graditi alla vista e buoni da mangiare, poi un "fiume usciva da Eden per irrigare il giardino", quindi, ancora con acqua che viene da Lui, evidentemente quella che è nella parola cielo "shamaim" + originato dalla e dalla nel Suo Santo nome "Shem" .

Siamo in una realtà che non conosciamo, il tempo non era come lo viviamo noi, si era ancora in un eternità particolare creata dall'Eterno e l'acqua non era acqua, ma come abbiamo considerato, era energia che usciva da Dio.

Continuando sul discorso del "giardino", dal testo di Genesi 2,10-14 si legge: "Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi. Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre attorno a tutta la regione di Avìla, dove si trova l'oro e l'oro di quella regione è fino; vi si trova pure la resina odorosa e la pietra d'onice. Il secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre attorno a tutta la regione d'Etiopia. Il terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre a oriente di Assur. Il quarto fiume è l'Eufrate."

Da Eden usciva un fiume "nahar", ma non dice di acqua, ossia "un'energia che generava ()", "l'energia da un monte "her" ".
Di questo fiume che usciva da Eden non viene detto il nome, ma come abbiamo compreso è il Giordano che porta energia dal monte Ermon "Chermon" e con le sue nevi fa presente l'Eterno che, appunto, è "consacrato a portare energia ".
(Vedi: "I cieli aperti")

Questo fiume era con la sua energia irrigava il giardino e allora non era costretto a disperdersi nella conca chiusa del Mar Morto che non era ancora sprofondato, e formava 4 corsi, in ebraico 4 teste, cioè 4 capi, ma il testo, ripeto, non dice la parola acqua.

I nomi dichiarati per questi corsi d'energia divina sono Pison, Ghicon e gli ultimi due hanno i nomi dei fiumi principali della Mesopotamia, i ben noti:
  • Tigri "Chiddoeqoel" "dell'Uno ( = ) versa la potenza ";
  • Eufrate "Perat" per dire che fa fruttificare.
Gli altri due Pison-"Pishon" e Ghicon-"Gichon" entrambi con la lettera N finale ricordano l'energia che recano e al riguardo si veda il "Il giardino dell'Eden".

A questo punto: "Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse." (Genesi 2,15)

Alla situazione di Adamo, padre di tutti gli uomini, creato fuori dal giardino è da porre in parallelo Abramo, padre del popolo d'Israele, nato a Ur, vicino al Tigri e all'Eufrate, fuori dalla Terra promessa.
L'aver poi fatto vivere Adamo nel giardino ci porta al popolo d'Israele in Canaan, quindi, alla cacciata di Adamo dal paradiso si propone l'esilio d'Israele a Babilonia, ed ecco la successiva tensione messianica per la restaurazione del Regno di Davide.

A tale proposito per gli esuli di ritorno dalla schiavitù di Babilonia, il deserto assume le vesti del giardino come propone il profeta Amos 9,14: "Farò tornare gli esuli del mio popolo Israele... pianteranno vigne e ne berranno il vino; coltiveranno giardini e ne mangeranno il frutto."

In Isaia 51,2s si trova lo spunto per quel parallelo: "Guardate ad Abramo, vostro padre, a Sara che vi ha partorito; poiché io chiamai lui solo, lo benedissi e lo moltiplicai. Davvero il Signore ha pietà di Sion, ha pietà di tutte le sue rovine, rende il suo deserto come l'Eden, la sua steppa come il giardino del Signore."

Posto Adamo nel giardino, ecco che: "Il Signore Dio diede questo comando all'uomo: Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire." (Genesi 2,16-17)

In questi due versetti in ebraico il verbo per "mangiare" si presenta 4 volte e non 3 come in italiano e la parola "morte" si presenta 2 volte e non 1, infatti, quando dice "Tu potrai mangiare" scrive e per "dovrai morire" scrive .

Mangiare degli alberi "e'tz" , quindi, è lecito, ma il "consiglio" "e'tzah" è non mangiare "lo' ta'kol" di quello che potrebbe portare il male, perché il tentatore, "il serpente verrà () col mangiare "; del resto un albero che fornisce frutti doppi, bene e male, non è affidabile.
L'atto poi del mangiare di quell'albero va interpretato come + l'aver accettato che è "giusto - corretto il serpente " e comunque certamente è porta confusione in quanto indifferentemente è fare "uno del tutto " perché quell'albero, "consiglia", bene e male.
Se ne mangerai "dovrai morire" ossia di "morte morirai" e, leggendo le lettere, si ha "il vivere si porterà alla fine per l'innocenza portata a finire ."

Adamo pur avendone mangiato non morì subito, ma visse 930 anni (Genesi 5,5); comunque, morì durante la 6a tappa della creazione nello stesso "giorno" in cui nacque e peccò, infatti "giorno" viene chiamata da Genesi 1 la durata di ciascuna delle 7 tappe della creazione.

Il tempo degli uomini del resto non era ancora iniziato.
Si era ancora in una realtà diversa dall'attuale, con Dio presente che parla faccia a faccia con l'uomo in una dimensione tra tempo ed eternità.
Il tempo come lo conosciamo, infatti, è da considerare che inizi al momento del primo peccato avvenuto al metà di quella 6a tappa, per cui Adamo visse 6 ore, ¼ di quel "giorno", per cui in "La durata della Creazione" ipotizzai che la durata della precessione degli equinozi fosse alla base del pensiero dell'autore ispirato che scrisse di quelle tappe (930x4x7= 26.040 circa i 25.800 della precessione).

Adamo aveva scelto quanto suggeriva il serpente piuttosto che quello che aveva detto il Signore che si ritirò dal giardino da cui allontanò anche Adamo, perché non mangiasse dell'albero della vita e rimanesse sempre sotto il dominio del demonio.
Il pensiero del Signore era di rimediare alla morte di Adamo usandola per liberarlo dal serpente e di risorgerlo dai morti purificato, ma dopo un cammino d'illuminazione affinché, consenziente, l'uomo si ricredesse e fosse convinto dell'amore di Dio verso di lui.

Ora Dio aveva soffiato il Suo spirito il "nishmat" che tra l'altro è "l'energia che risorge dai morti " ecco che per questo non poteva che togliere il suo soffio o renderlo sterile, altrimenti Adamo sarebbe risorto nel peccato eterno.

Al riguardo è importante ricordare che prima del diluvio il Signore disse in Genesi 6,3: "Il mio spirito ( ossia il mio soffio "nishmat" ) non resterà sempre nell'uomo, perché egli è carne e la sua vita ( i suoi giorni) sarà di centoventi anni."

La conclusione è che la coppia "Adamo" era stata creata a immagine e somiglianza del figlio di Dio, ma tutti i discendenti nati sotto l'influsso dello spirito del maligno non erano figli, ma "figliastri", frutti selvatici venuti per un inganno dalla vigna buona che il Signore aveva piantato.

Occorreva che la vigna fosse reinnestata, infatti, dice "Adamo aveva centotrenta anni quando generò a sua immagine, a sua somiglianza, un figlio e lo chiamò Set." (Genesi 5,3), quindi, a immagine e somiglianza solo di Adamo dopo il peccato; peraltro, il figlio Set la coppia in questione l'ebbe a 130 anni, vale a dire 10 anni dopo i 120 del sopra citato versetto del commento di Dio di Genesi 6,3.
Del resto, in aggiunta, su questo tema, Genesi 3,22-24 propone che Dio disse: "Che ora egli non stenda la mano e non prenda anche dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre! Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da cui era stato tratto. Scacciò l'uomo e pose a oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada guizzante, per custodire la via all'albero della vita."

Nel testo ebraico si trovano parole importanti che alludono alla successiva storia di salvezza che prepara Dio per l'uomo; le indico e riporto i commenti:
  • "pose" "veishekken" , ove il verbo sta per "dimorare, prendere alloggio" e simili e ricorda il Tabernacolo "mishkan" termine usato 56 volte in Esodo, 4 nel Levitico, e 39 nel libro dei Numeri, "la dimora" ove c'è la "presenza" o "Shekinah" divina, parola usata negli scritti rabbinici;
  • "cherubini", "kerubim" , ricordano i due cherubini sul coperchio dell'arca dell'alleanza che era posta nel Santo dei Santi nel Tempio di Gerusalemme;
  • "spada", "choeroeb" porta a pensare al monte Oreb "choreb" o "inciso" ove Mosè incontrò il Signore che poi gli dette le Tavole dell'Alleanza;
  • "via", "doeroek" e "vita", "chaiim" sono parole che ci portano a Gesù che si propone come albero di vita quando dice nel Vangelo di Giovanni 14,6s: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto."
Della parte in grassetto del versetto 24 riporto il testo in ebraico:



Questa parte con i significati delle singole lettere fornisce il seguente messaggio che presento giustificato e poi tutto di seguito:

"...ma sarò a dimorare tra i viventi , verserò nel sangue la potenza in cammino , l'energia eterna invierò , riverrà la rettitudine nei corpi ad abitare , sarà in un vivente a portarsi , verrà () la potenza fuori dal cuore aperto inciso , uscirà dal morto , uscirà dal Verbo la rettitudine , il Crocifisso potente risorgerà , i viventi lo vedranno (), indicherà la via per l'albero della vita ."

"...ma sarò a dimorare tra i viventi, verserò nel sangue la potenza in cammino, l'energia eterna invierò, riverrà la rettitudine nei corpi ad abitare, sarà in un vivente a portarsi, verrà la potenza fuori dal cuore aperto inciso, uscirà dal morto, uscirà dal Verbo la rettitudine, il Crocifisso potente risorgerà, i viventi lo vedranno, indicherà la via per l'albero della vita."

Adamo uscì dalla porta di Eden a oriente, e a "oriente del giardino" Dio pose i cherubini a guardia per evitare l'ingresso.


Interessante è che se si allarga quella mappa geografica da Gerusalemme verso oriente si arriva in Mesopotamia proprio dalla città da cui poi ritornerà Abramo nella terra promessa, ossia l'antica Ur dei Caldei che ha la stessa latitudine della Città Santa.

Con il peccato di Adamo la creazione prese una svolta e, come ho accennato, apparve la dimensione "tempo" così come lo viviamo oggi.

Non solo vi fu un decadimento di tutto, per cui, ad esempio, ciò che prima scorreva e irrigava come energia = divenne semplice acqua = ed ecco che quei fiumi di energia, il Giordano e quei 4 capi che uscivano dal Giardino divennero fiumi e mari in comunicazione ancora con l'Ermon, ma poi col peccato di Sodoma e Gomorra vi fu anche l'interruzione del collegamento.
Il decadimento diviene evidente se si pensa ai valori numerici delle lettere, infatti, = 50 e = 40 e la loro differenza è proprio 10 = , la lettera che rappresenta l'Essere l'iniziale di IHWH il Tetragramma Sacro, il Nome del Signore, per cui dal punto di vista gimatrico, cioè della somma dei valori delle lettere, = 50 = + per cui l'energia si può ritenere che sia "dell'Essere l'acqua ".

Ora, il pensiero rabbinico è che parole con lo stesso valore somma hanno un'affinità, insomma, qualcosa in comune, fatto da considerare un segnale all'esegeta per andare a cercare di comprendere quale sia il sottile legame che le connette.

A questo punto viene evidente che la risposta che Dio intende dare al serpente "nachash" di Genesi 3,1 è il Messia, il "Maeshiach" visto che avendo in comune la e la e nella seconda e sostituiscono la della prima hanno lo stesso valore gimatrico di 358.

= ( = 300) + ( = 8) + ( = 50) = 358
= ( = 8) + ( = 10) + ( = 300) + ( = 40) = 358

Del resto in Numeri 21,9, Mosè fece un serpente "nechash" di rame "necheshoet" "...e lo mise sopra l'asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di rame, restava in vita."

Gesù, il Messia ricorda questo fatto nel colloquio con Nicodemo in Giovanni 3,14 e il discorso che fa è fondamentale per il tema "Nascere dall'alto" di questo articolo: "Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna." (Giovanni 3,13-16)

Chiunque crede in Lui rinasce dall'alto e ha la vita eterna!
Come si può verificare da vari episodi riportati nei libri dell'Antico Testamento quando i protagonisti principali della storia della salvezza a cominciare da Abramo si avvicinano alla Terra Promessa ecco apparire angeli: al riguardo si veda "I Cherubini alla porta dell'Eden".

I PRIMI SEGNI DI GESÙ NEL VANGELO DI GIOVANNI
A seguito della negazione a Dio da parte della creatura uomo che con la propria Sapienza e la propria Parola gli stava costruendo la casa (Vedi: Proverbi 8 e 9) la creazione "è stata sottoposta alla caducità" e "geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi" (Romani 8,20.22)

Abbiamo, infatti, considerato, come questa "creazione" che Dio stava facendo esplodere si è come congelata e quanto era dello spirito e palesava l'energia del Creatore, essendo stato negato, fu come imbrigliato e impastoiato e parve che se la materia prendesse il sopravvento entrando sotto le rigide leggi fisiche che comportano però la trasformazione e il degradamento progressivo di tutte le forme d'energia in materia, essendo soggetta ormai nella spirale del "tempo", una specie di dragone assetato appunto di energia.
L'attesa era che Dio frenasse la propria "ira" e riprendesse in mano la creazione aprendo la stura alla "stirpe della Donna", ossia che vincesse quel serpente dragone e liberasse l'uomo, secondo la promessa profezia da Genesi 3,17 "la sua stirpe ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno".

Nel Vangelo di Giovanni i primi episodi paiono come voler indicare l'inizio di una nuova creazione, considerato che quella "Buona notizia" con Giovanni 1,1 inizia "In principio..." proprio con la stessa prima parola di Genesi 1,1.
Gli eventi principali si svilupparono con questa progressione:
  • il battesimo di Gesù;
  • le nozze di Cana;
  • l'incontro con Nicodemo.
Nel primo episodio, il battesimo di Gesù, riportato anche dai tre Vangeli sinottici viene evidenziato che Gesù si immerge nelle acque del fiume Giordano "E subito, uscendo dall'acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento." (Marco 1,10s)

Tanti sono gli elementi da sottolineare:
  • Viene, in pratica, succintamente detto che è il "Figlio" atteso, quello della Donna, il Messia che doveva venire dal "diletto", l'amato, ossia da David.
  • Lo spirito scese come una colomba, in ebraico "ionah" , a indicare che in Lui c'era lo Spirito di Dio e a significare che iniziava una nuova creazione profetizzata con il Diluvio di Noè in Genesi 6-9.
  • Quella colomba "ionah" con le lettere ebraiche diceva anche che Lui da parte di Dio "era a recare l'energia nel mondo ", quella che occorreva per trasformare le acque in materia divina atta a riplasmare l'uomo a rimpastare la sua materia con lo spirito divino e farlo rinascere.
  • Emergendo col battesimo dalle acque del Giordano, con l'attestato della colomba che rendeva la testimonianza che Gesù era l'apportatore dell'energia divina, di fatto, fisicamente diveniva il nuovo Giordano da cui "sarebbe scesa l'energia " di Dio per ridare la continuità alle acque della creazione di tutto il mondo e soprattutto necessaria per dare la propria natura divina all'umanità.
Il secondo episodio da commentare è quello in Giovanni 2,1-11 detto delle "nozze di Cana" ove il Signore fece il primo segno.
Accadde, infatti, che per intercessione della "Donna", così Gesù in tale occasione definì la madre, mutò l'acqua in vino.
L'acqua che trasformò in vino fu veramente tanta, "sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri", complessivamente tra 480 a 720 litri, certamente molto di più della quantità' che poteva essere bevuta per terminare quel banchetto di nozze e volutamente quella quantità richiama un mare "iam" di acqua "maim"
I numeri inseriti in quella descrizione vanno valorizzati, in quanto, per certo non sono messi a caso:
  • "sei anfore". Ora, in ebraico, anfora è "kad" , come risulta dallo stesso libro del Genesi che cita tale parola per la prima volta in 24,14 nel racconto di Elizier, servo di Abramo, mandato in Anatolia a cercare moglie per il figlio Isacco. Nel numero 6 ricorda sia il 6° giorno della creazione in cui avvenne il patatrac, ossia si ruppe il vaso perfetto dell'uomo che Dio voleva costruire, sia la lettera "waw" di collegamento che significa anche "recare, portare, condurre". Le anfore che portano quest'acqua sono di pietra, in ebraico, quindi, "'oeboen" ed in tal modo allude all'energia = del Padre "'Ab" . Ecco, allora, che le anfore "kad" portavano acqua con l'energia di Dio Padre e in tal modo il racconto ha tratteggiato il "secondo la nostra somiglianza" "kidmutenu" di Genesi 1,26.
  • Ci si attende allora che venga anche espresso il concetto d'immagine citato assieme a somiglianza in quel versetto.
  • "da ottanta a centoventi litri", ovviamente di acqua. Ora 80 corrisponde alla 17a lettera dell'alfabeto ebraico, la "Pe" = di "bocca", avente anche il significato di "volto" e traslato di "Parola o Verbo". Il 120 poi è somma certamente del valore di due lettere che possono ben essere la 18a "la sade" = che ha valore di 90 e la 12a la "lamed" che ha valore di 30 per cui allora, con acqua = guarda caso, richiamano proprio il concetto d'immagine e così viene tratteggiato il concetto del Verbo immagine "tzalem".
  • "vino", in ebraico "iain" con i significati propri delle lettere si può leggere "c'è una forte energia ", perciò Gesù dotato di energia divina la manifesta trasformando l'acqua in vino. Questo fu il primo segno che fece, "manifestò la sua gloria" (Giovanni 2,11) e i suoi discepoli credettero in Lui.
    Anche la parola "gloria" pensata in ebraico "kabod" che sta per "peso", ossia manifestò quanto era importante, viene ad essere allusiva nei riguardi di tale discorso in quanto alle lettere di anfora o vaso "kad" , che era nella mente del lettore, inserisce le lettere come se riaprisse il vaso dell'uomo e dentro portasse... la propria energia che poi in definitiva è "la rettitudine che dentro reca in aiuto ".
Scrive, al riguardo, sant'Agostino nei "Trattati sulla prima lettera di Giovanni": «...per essere riempiti bisogna prima svuotarsi. Tu devi essere riempito dal bene, e quindi devi liberarti dal male. Supponi che Dio voglia riempirti di miele? Se sei pieno di aceto, dove metterai il miele? Bisogna liberare il vaso da quello che conteneva, anzi occorre pulirlo. Bisogna pulirlo magari con fatica e impegno, se occorre, perché sia idoneo a ricevere qualche cosa. Quando diciamo miele, oro, vino... non facciamo che riferirci a quell'unica realtà che vogliamo enunziare, ma che è indefinibile. Questa realtà si chiama Dio... Protendiamoci verso di lui perché ci riempia quando verrà. "Noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è (1Giovanni 3,2)".»

Il segno che il Signore fa in detta occasione è proprio quello di indicare lo scopo della propria missione, cioè di passare alla fase finale formativa dell'uomo, il vaso di creta, e ripristinare quella divina in modo che si aggiunga alla natura umana e questa nuova creazione è sintetizzata nell'allegoria del tramutare l'acqua in vino per cui la stessa acqua assume la veste di natura umana e il vino quella della divina.

Tale fatto si ricorda anche nel rito eucaristico della Santa Messa quando il celebrante unisce alcune gocce d'acqua al vino nel Santo calice, gesto che la Chiesa antica ha visto quale simbolica unione a Cristo che salva.
Come il vino assimila l'acqua, così Gesù, unendoci a lui, ha preso su di sé i nostri peccati e passa al fedele la Sua natura.

Nella lettera di Cipriano di Cartagine a Cecilio si trova: "Se qualcuno offre solo vino, il Sangue di Cristo comincia a essere senza di noi, ma se offre acqua soltanto, il popolo comincia a essere senza Cristo."

Il terzo episodio è quello del colloquio di Gesù con Nicodemo Di questo personaggio, festeggiato come santo dalla Chiesa Cattolica il 31 agosto, conosciamo solo il nome in greco "Nikodemos", composto da = "nike", = vittoria e = "demos" = popolo ossia "vince fra il popolo".
Tale nome, sarà una combinazione, ma traslitterato in ebraico certamente avrebbe almeno queste lettere che alludono all'energia , all'uomo come vaso "ked" , alla somiglianza "demah" (), inoltre, tradotto in ebraico il suo nome ricorda la "teshua'h" "vittoria, salvezza e liberazione", simile a conversione "teshuba'h" che per i Vangeli è passo necessario per preparare la vittoria finale.
Era Nicodemo, "un capo dei Giudei", fariseo membro del Sinedrio, citato in tre occasioni nel Vangelo di Giovanni:
  • Giovanni 3,1-21 - in questo episodio, ove ascolta l'insegnamento di Gesù;
  • Giovanni 7,45-51 - quando difende Gesù quando i Farisei lo vorrebbero fare arrestare;
  • Giovanni 19,39-42 - quando aiuta a deporre il corpo di Gesù nella tomba.
Giovanni 3,1-2 racconta che: "Nicodemo andò da Gesù, di notte, e gli disse: Rabbì, sappiamo che sei venuto da Dio come maestro; nessuno, infatti, può compiere questi segni che tu compi, se Dio non è con lui".

Gesù, infatti, dopo il segno a Cana, venuto a Gerusalemme per la Pasqua.
Lì aveva cacciato i mercanti dal Tempio, e quello fu il secondo segno e fu registrato da molti e il fatto evidentemente era sulla bocca di tutti.
Gesù in tale occasione aveva manifestato pubblicamente la propria energia e autorità.
La risposta di Gesù a Nicodemo fu: "In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio."
Gesù va al sodo della problematica, l'uomo non può entrare nel Regno di Dio, quindi, non può far parte dell'eternità, deve nascere dall'alto.
Il perché Gesù in quel momento lo dà per implicito, ma lo ricorda alla fine del colloquio nei versetti 3,16-21; in pratica l'uomo così com'è strutturato è portatore nell'intimo di un'invasione malefica; ha in sé un parassita che gli fa preferire le tenebre alla luce e ciò gli impedisce l'entrata nel Regno.
Nicodemo manifesta l'impossibilità per l'uomo da solo e chiede: "Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?"
Il Signore conviene e chiarisce: "Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito" e a insegnamento per tutti propone, "In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio." e ciò non può certo farlo l'uomo da solo!

Ciò che è della terra e terra e anche l'acqua in questo discorso è un segno ed è l'acqua spirituale, l'energia divina, il soffio il "nishmat" con cui Dio plasmò il primo uomo.

Nicodemo: "Come può accadere questo?" e Gesù lo rimproverò: "Tu sei maestro d'Israele e non conosci queste cose? In verità, in verità io ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo?"

Il Signore risponde con un plurale "noi" che rivela l'autorità della SS. Trinità al completo e in perfetta comunione.
Qui si apre un discorso particolare, qualcosa di simile al fatto che non viene creduto alla Sua testimonianza viene ripetuto in Giovanni 5,37-40 che peraltro conferma anche quel "noi", infatti vi dice: "E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti, non credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita."

Stava dicendo che i grandi cultori della parola che scrutavano da centinaia di anni la Torah in cui vi sono estese profezie sul Messia se lette opportunamente, "scrutando" pur se capite non erano credute nemmeno dai dottori della legge, infatti, subito dopo a Nicodemo ricordò la profezia insita nell'episodio del libro dei Numeri del serpente di bronzo innalzato nel deserto che preannuncia l'evento per cui verrà passato agli uomini l'energia di Dio, "bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo" ossia occorre che il Messia sia crocifisso.

Nel mio articolo "Innalzare il Messia" ho riportato decriptato sia il capitolo 20 che il 21 del libro dei Numeri in cui c'è il famoso episodio di cui ho detto nel precedente paragrafo del serpente di rame innalzato da Mosè nel deserto da cui si evince una completa profezia sul Messia come appunto potevano leggere gli esperti della "Parola".

L'ACQUA NEL VANGELO DI GIOVANNI
Tutto ciò considerato, ho provato a seguire l'evoluzione degli episodi che il Vangelo di Giovanni, il più tardivo rispetto agli altri (fine I secolo), propone presentando una certa tensione sulla parola "acqua o acque" in quanto la frequenza di presentazione di tali termini è sensibilmente più accentuata rispetto ai sinottici (55-75 d. C.) come ad indicare un cammino teologico prodottosi nelle comunità cristiane riguardo a tale elemento.
(Vedi: "I Vangeli canonici: sotto la lente della statistica")

Tali "acqua o acque" nel testo C.E.I. 2008 si trova con questa frequenza:
  • Matteo, 8 volte in 3,11.16; 8,32; 10,42; 14,28-29; 17,16 e 27,24;
  • Marco, 5 volte in 1,8.10; 9,22; 9,41 e 14,13;
  • Luca, 7 volte in 3,16; 7,44; 8,23-24-25; 16,24 e 22,10;
  • Giovanni, 22 volte.
Di queste 22 volte del Vangelo di Giovanni nei tre episodi di cui al precedente paragrafo si trova 7 volte, precisamente:
  • 3 in 1,26.31.33 nell'episodio del battesimo di Gesù;
  • 3 in 2,7 e in 2,9 per due volte alle "nozze di Cana";
  • 1 in 3,5 nel colloquio notturno con Nicodemo.
Le ulteriori 15 volte si rinvengono in:
  • 1 in 3,23 per dire dell'ulteriore attività del Battista;
  • 9 in 4,7.10.11.13. 14 (3 volte).15 (2 volte) nell'incontro con la Samaritana;
  • 1 in 4,46 ove ricorda le nozze di Cana;
  • 1 in 5,7 alla piscina di Siloe;
  • 1 in 7,37 nell'ultimo giorno della "festa delle capanne";
  • 1 in 13,5 in occasione della lavanda dei piedi;
  • 1 in 19,24 sgorga dal costato di Cristo in croce.
Provo a commentarle succintamente le prime 20.

Dopo il colloquio con Nicodemo il Vangelo dice in 3,22-24: "Dopo queste cose, Gesù andò con i suoi discepoli nella regione della Giudea, e là si tratteneva con loro e battezzava. Anche Giovanni battezzava a Ennòn, vicino a Salìm, perché là c'era molta acqua; e la gente andava a farsi battezzare. Giovanni, infatti, non era ancora stato gettato in prigione." poi in 4,2 precisa: "...sebbene non fosse Gesù in persona a battezzare, ma i suoi discepoli..."

È quella solo una chiosa informativa sulle vicende di Gesù e del Battista o vuol dire anche qualche altra cosa?
Intanto, si apprende che:
  • il battesimo con l'acqua e lasciato ai discepoli e Lui, il Signore è spettatore consenziente, ma non battezza con quell'acqua;
  • il posto del Suo battesimo sulla sponda a sinistra del Giordano vicino al Mar Morto fu il luogo ove poi, con Lui presente, i suoi discepoli battezzavano (freccia in basso);
  • Giovanni Battista gli aveva ceduto il posto e come "precursore" lo aveva preceduto in Samaria dove poi Gesù sarebbe andato, e battezzava molto più a nord (circa 100 km) sulla sponda destra del Giordano (freccia in alto).

Mi hanno colpito quei nomi, "Ennon", forse "sorgente "a'in" di "Nun" " (l'oceano primordiale, una divinità egizia) in cui circolano molte N = e Salim che ricorda l'immagine "tzalem" e evocano il tema di ricreare con l'energia di Dio la Sua immagine nell'uomo.

Gesù in Giovanni 4 si porta con i suoi discepoli in Samaria e a Sichem presso il pozzo di Giacobbe incontra una donna del posto, "la Samaritana", che attingeva acqua.
In tale occasione Gesù in 4,10 le dice che è in grado di poterle dare "acqua viva", termine che si propone in questo incontro anche in 4,11.
Nel colloquio in 4,13-14 Gesù chiarisce bene: "Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell'acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna."

Ora, il termine ebraico per "acqua" "maim" letto con le lettere suggerisce "acqua del mare "iam" " come a specificare che la prima lettera m = , che come icona può stare a significare anche "vita e madre" è proprio l'acqua che fisica quella che, appunto, forma il mare.
Lo stesso termine "maim" letto in altro modo come porta a "l'acqua che è viva ", ma ovviamente non è l'acqua fisica, è un'altra acqua, quella con cui battezza Gesù che richiama l'energia n = , in quanto, numericamente questa lettera ha valore di 50 come + = 50; è, quindi, questa un'acqua angelica.
Quest'acqua viva è propria del Signore Dio, quella con cui plasmò la prima coppia di uomini, Adamo, e che alimentava il "Gan Eden" o Paradiso Terrestre, ma che dopo il peccato rimase nei figli di Adamo solo come acqua fisica che evapora con la morte senza speranza di vita eterna se Dio stesso non rinnovasse l'azione con acqua viva.
Accade, infatti, che nell'Antico Testamento l'Essenza Divina è presentata in vari modi, come sole, luce, fuoco e quale sorgente d'acqua viva come in:
  • Salmo 42,2-3 - "Come la cerva anela ai corsi d'acqua, così l'anima mia anela a te, o Dio. L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio?"
  • Geremia 2,13 e 17,13 - "Hanno abbandonato il Signore, fonte di acqua viva."
  • Isaia 12,3 e 55,1 - "Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza" e "O voi tutti assetati venite all'acqua, chi non ha denaro venga ugualmente; comprate e mangiate senza denaro e, senza spesa, vino e latte!"
Del resto, il libro dell'Apocalisse, l'ultimo della Bibbia, si conclude con la visione dell'albero della vita nella nuova Gerusalemme del cielo: "Mi mostrò poi un fiume d'acqua viva limpida come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell'Agnello. In mezzo alla piazza della città e da una parte e dall'altra del fiume si trova un albero di vita." (Apocalisse 22,1-2)

Gesù, racconta 4,46, "Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l'acqua in vino."
Qui compì un altro miracolo, un altro segno e tale precisazione è da tenere presente assieme al versetto 4,54 che evidenzia: "Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea."

Il miracolo era consistito nella guarigione a distanza del figlio di un funzionario del re che era gravemente malato a Cafarnao.
Pare doversi cogliere che volutamente l'evangelista vuole che il lettore associ l'energia uscita da Gesù nel miracolo dell'acqua cambiata in vino a quella da Lui dispiegata per evitare la morte ed eliminare gli effetti del male di una grave malattia, collegabile al male etico.
Gesù, quindi, è capace di scacciare il male che è entrato nel cuore dell'uomo per azione dal serpente delle origini.
In ebraico, infatti, "ammalarsi" ha il radicale le cui lettere suggeriscono "la racchiusa potenza esce " per cui con le stesse lettere usate come icone si può concludere che la malattia più grave all'uomo è derivata dal fatto che si è "chiuso - nascosto il serpente nel mondo ".

Il capitolo 5 di Giovanni presenta un segno fatto da Gesù "A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore" ove c'è "una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato." (5,2-4)

Questo malato era un paralitico su una barella o lettuccio.
Ora, i numeri citati provo a trasformarli in lettere; c'è una = 5 e un 38 per cui somma di almeno due lettere, una = 30 e un = 8, quindi, in tal modo con quei numeri viene tratteggiato proprio il radicale di "ammalarsi" di cui poco prima ho detto.
D'altronde il testo pone in evidenza che lì si riuniva ogni tipo di malati, "ciechi, zoppi e paralitici".
Beh! Sarò un visionario, ma è noto che gli evangelisti avevano dimestichezza con la gematria o gimatria; al riguardo ricordo il 3 volte il numero 14 di Matteo 1,17, i 153 grossi pesci in Giovanni 21,11 e poi il 144.000 e il 666 nell'Apocalisse 7,4 e 13,18, quindi, a quei tempi che usassero le lettere ebraiche che sono anche numerali per esprimere sinteticamente dei concetti era usuale e dice Apocalisse 13,18: "Chi ha intelligenza calcoli il numero".

Ora, su 10 volte che il Vangelo di Giovanni cita il "guarire, guarito e simili" ben 7 di quelle citazioni si trovano in questo episodio, 5,6.9.10.11.13.14.15, il che concorda col messaggio dell'ammalarsi dato da quei numeri e con l'energia capace di guarire che usciva da Gesù.

Gesù stesso poi al riguardo ai Giudei nel Tempio che lo accusavano di aver guarito quel paralitico di sabato disse "Ora, se un uomo riceve la circoncisione di sabato perché non sia trasgredita la legge di Mosè, voi vi sdegnate contro di me perché di sabato ho guarito interamente un uomo? Non giudicate secondo le apparenze; giudicate con giusto giudizio!" (Giovanni 7,23s)

La guarigione che interviene da parte di Gesù sull'uomo - ossia sui figli di Adamo - è integrale e applica in pieno la legge del taglione "occhio per occhio" al demonio, l'unico verso cui va applicata, in quanto ai 38 anni di sofferenze del paralitico risponde pure con un 38, ma invertendo le lettere, ridando al poveretto il vigore "lecha'".

Del resto il miracolo avvenne presso la "Porta delle pecore" "sha'r hatz'on" le cui lettere sul tema della vittoria sul demonio sono allusive "bruciori al nemico usciranno scendendo dall'Unico l'energia ".

Là, alla piscina probatica dove lavavano le pecore per portarle al sacrificio nel Tempio evidentemente le lettere di quel termine "ovini" lo avevano lette come vi "scendeva dell'Unico un angelo ", infatti, alcune edizioni del Vangelo riportano un versetto 4 che normalmente viene omesso che recita "Un angelo infatti in certi momenti scendeva nella piscina e agitava l'acqua, il primo ad entrarvi dopo l'agitazione dell'acqua guariva da qualsiasi malattia fosse affetto".

La citazione di acqua viva in 7,37 che completa le tre citazioni di questa in Giovanni, di cui le altre due ho detto nel racconto della Samaritana, è la seguente: "Nell'ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò: Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva. Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti, non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato." (Giovanni 7,37-39)

Era l'ultimo giorno della festa di "Succot", ossia quella delle Capanne, detta anche dei Tabernacoli, festa del raccolto e della gioia, quando a Gerusalemme convenivano da tutte le parti in pellegrinaggio come a Pasqua e a Pentecoste.

Il libro del Levitico 23,41-43, infatti, prescrive: "Celebrerete questa festa in onore del Signore, per sette giorni, ogni anno. È una legge perenne di generazione in generazione. La celebrerete il settimo mese. Dimorerete in capanne per sette giorni; tutti i cittadini d'Israele dimoreranno in capanne, perché i vostri discendenti sappiano che io ho fatto dimorare in capanne gli Israeliti, quando li ho condotti fuori dal paese d'Egitto. Io sono il Signore vostro Dio."

Il settimo mese è detto di Tishri (settembre- ottobre) di principali festività ebraiche:
  • Rosh haShanah, capodanno ordinario, nel primo giorno del mese;
  • Yom Kippur, il 10 del mese giorno del digiuno, espiazione e del perdono;
  • Sukkot, festa delle capanne, dal 15 al 21 del mese, che termina con...
  • Simchat Torah o festa della gioia della Torah, nei giorni 22 e 23.
Era uso che un sacerdote attingesse l'acqua in una brocca d'oro dalla piscina di Siloe il cui nome in ebraico, come si evince da Neemia 3,15 è scritto "Shoelach", nome allusivo, "accenderà il vigore ".

Quel sacerdote poi guidava una processione di lode verso il Tempio e versava l'acqua in un bacino sull'altare mentre in un altro era versato del vino.
L'entrata della processione nel cortile dei sacerdoti dalla Porta dell'Acqua era annunciata con tre squilli di tromba.
Strumenti musicali accompagnavano intonando l'"Hallel" (Salmi 113-118) ed erano agitati con gioia rami di palme secondo le parole profetiche di Isaia 12,3-6 "Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza" a gratitudine d'Israele per la pioggia che aveva prodotto il raccolto, e come preghiera per la pioggia dell'anno a venire in quanto: "In quel giorno direte: Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome, proclamate fra i popoli le sue opere, fate ricordare che il suo nome è sublime. Cantate inni al Signore, perché ha fatto cose eccelse, le conosca tutta la terra. Canta ed esulta, tu che abiti in Sion, perché grande in mezzo a te è il Santo d'Israele."

Salvezza e Gesù sono la stessa cosa; infatti, "alle sorgenti della salvezza" in Isaia è "mummaa'inei haieshua'h" "di acqua viva una sorgente sarà ad uscire da Gesù " e ancora "acqua dal seno con l'energia sarà ad uscire da Gesù ".

Il profeta Zaccaria in 13,1 del resto aveva profetizzato: "In quel giorno vi sarà per la casa di Davide e per gli abitanti di Gerusalemme una sorgente zampillante per lavare il peccato e l'impurità."

L'ACQUA NELLA SETTIMANA SANTA
Nel Vangelo di Giovanni due sono gli avvenimenti della passione, morte e risurrezione di Gesù di Nazaret, la Settimana Santa, ove l'acqua si presenta elemento importante: l'episodio detto della "lavanda dei piedi" e l'acqua uscita col sangue dal costato del Crocefisso, eventi che qui vado a commentare.

Prima di trattare della "lavanda dei piedi" di cui al capitolo 13 del Vangelo di Giovanni propongo la questione seguente: quando gli apostoli furono battezzati?
Tutti gli apostoli certamente ebbero il battesimo di sangue attraverso il martirio, ma prima furono anche comandati di battezzare i fedeli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e ci si attende che anche loro lo siano stati.

Gesù poi al riguardo del battesimo in Giovanni 3,5 è perentorio: "In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio" e gli apostoli sono certamente con Dio.

Ora nella lettera 265 con cui Sant'Agostino invia religiosi saluti a Seleuciana, piissima serva di Dio, osserva "Sta scritto quando fu battezzato l'apostolo Paolo (Atti 9,18), mentre non sta scritto quando furono battezzati gli altri Apostoli; ciononostante s'ha da intendere che furono battezzati anche loro..."

Allora, quando lo furono con l'acqua e quando con lo spirito?
Negli Atti degli Apostoli poi Gesù risorto prima d'essere assunto in cielo disse agli apostoli "Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni" (Atti 1,5) e non parla di battesimo con l'acqua come l'avessero già avuto, mentre quello in Spirito lo ebbero a Pentecoste.
Certo alcuni degli apostoli avranno avuto un battesimo con acqua, ma da Giovanni Battista e di quel tipo se lo saranno dati a vicenda, ma non era stato dato da Gesù, quindi, non era un battesimo in grado di rendere mondi dal peccato originale, infatti, Giovanni 4,2 precisa che non era "...Gesù in persona a battezzare, ma i suoi discepoli..."

È, quindi, da attendere anche per loro un battesimo con l'acqua da parte di Gesù, per l'annullamento del peccato d'origine; comunque, certamente la Sua Parola è come pioggia che viene da cielo (Isaia 55,10), se accolta "aiuta a (essere) puri " infatti, dirà "Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato." (Giovanni 15,3).

Dopo questa premessa passiamo ai primi versetti Giovanni 13,1-4 della lavanda dei piedi che precedette l'inizio dell'ultima cena, versetti importanti per seguire il pensiero dell'evangelista: "Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita."

È noto che questo episodio non è riportato dai sinottici che dell'ultima cena pongono in evidenza soprattutto il momento eucaristico del pane e del vino che questo Vangelo dà per scontato.
Del pane comunque questo episodio dà un cenno quando al versetto 18b quando si trova: "...deve compiersi la Scrittura: Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno."

Nel Salmo 41,10, in effetti, è scritto "Anche l'amico in cui confidavo, che con me divideva il pane, contro di me alza il suo piede", ma nel testo in ebraico quel piede è "a'qeb" "calcagno".

Gesù evidentemente quel "amico" l'avvicina a Giuda il traditore.
Invero, in questo Salmo di Davide quel versetto allude ad Achitofel, già amico di Davide che consigliò la rivolta ad Assalonne, (il cui nome spiega sant'Agostino, nel commento ad un alto Salmo, il 7 significa "delitto del fratello").
La parola "calcagno", peraltro, richiama anche la profezia di Genesi 3,15 come se quel calcagno fosse stato mosso e insidiato proprio dal serpente che provocò la caduta di Adamo; infatti, abbiamo visto che "il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo".

Molti atti di Gesù sono segni dell'avverarsi di profezie sul Messia, quindi, per comprenderne pienamente il senso sono da cercare nell'Antico Testamento i termini che li evocano.

Con questo pensiero guardo, allora, il versetto Giovanni 13,5: "Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugamano di cui si era cinto."

"Acqua per il lavare i piedi" nel testo della Tenak si trova solo in Genesi 24,32 e si riferisce a Eliezer il servo di Abramo andato in Anatolia a prendere moglie per Isacco che viene accolto dal fratello di lei Labano: "Allora l'uomo entrò in casa e quegli tolse il basto ai cammelli, fornì paglia e foraggio ai cammelli e acqua per lavare i piedi a lui e ai suoi uomini", ove quanto in grassetto è:
  • acqua "maim";
  • per lavare "lirechotz";
  • i piedi "raghlei".
Versò dell'acqua e dovette agire con le mani per lavarli il che ricorda il bi-lettere , "l'Unico con le mani " che ho trattato parlando del versetto Genesi 2,6 "della polla d'acqua" al momento della formazione del primo uomo.
Lui, il Signore, la Parola, il Verbo creatore, Gesù nella carne, con quell'atto sta plasmando la sua futura Chiesa, come fece Dio con Adamo, per formare grazie alla Chiesa, la nuova Eva, per far nascere gli uomini nuovi.
Con quel lavare "il Potente lava " sta preparando, "la potenza in un corpo a chiudersi scende ", un utero per la nascita con acqua che viene da Lui della stirpe della Donna, la Chiesa, che appunto è il seno materno - "roechoem" in ebraico - per far nascere col battesimo di acqua e Spirito fratelli di Cristo.
Quell'acqua, trattata con la Sua mano, allora è da pensare come trasformata in acqua celeste, è come l'acqua che del suo seno scende, acqua di misericordia, considerato che questa in ebraico si dice "rachamim" vera energia battesimale che elimina ogni traccia d'impurità negli apostoli, atta a sancire la volontà di Gesù che siano perfettamente mondi non solo fisicamente, ma essenzialmente dal peccato originale e dai nuovi peccati eventualmente intervenuti dopo l'avvenuto accoglimento della Sua parola, come dirà Lui stesso, e li prepara da mondi a essere perfetti con lo Spirito Santo che sarà infuso a Pentecoste per essere altri Cristi.

Spiega poi Gesù che l'atto compiuto, in definitiva, è atto di misericordia proprio della Chiesa, infatti: "Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi." (Giovanni 13,14s)

Dirà più avanti Gesù, e pare confermare quei pensieri:
  • Giovanni 13,10 - "Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti."
  • Giovanni 15,3 - nel "testamento spirituale" dopo la cena, come ho già postato, "Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato."
Del resto "acqua per lavare i piedi" usata da Gesù Cristo assume una autorevolezza unica con un significato particolare.
Pensando a Lui da quelle lettere si può estrarre: "acqua è di vita (ossia energia) del Potente ; dai lavati fugge dai corpi il serpente che c'è " o anche "di vita è parola (); dai lavati fugge dai corpi il serpente che c'è ."

Queste frasi confermano anche quanto in appresso si evince dalla parola tradotta come "catino" che si trova 3 volte nell'Antico Testamento di cui:
  • 2 nel versetto Esodo 12,22 "Prenderete un fascio di issopo, lo intingerete nel sangue che sarà nel catino e spruzzerete l'architrave e gli stipiti con il sangue del catino. Nessuno di voi uscirà dalla porta della sua casa fino al mattino", ove "catino" è "saf" ossia un oggetto "con rotonda bocca ", ma le lettere manifestano anche un concetto di protezione e di pienezza, "circondati dalla Parola - dal Verbo ", quindi, da Lui protetti, portati "alla pienezza dalla Parola " come poi vedremo.
  • 1 nel Salmo 108,10 "Moab è il catino per lavarmi, sull'Idumea getterò i miei sandali, sulla Filistea canterò vittoria" ove per lavarmi è "raccheti" e il "catino" questa volta è "sir" , la cui descrizione di quell'oggetto con le lettere è perfetta, "rotondo è il corpo ", ma sottendono anche questa volta un pensiero di protezione "avvolto - circondato è il corpo ", ma anche "in pienezza è il corpo ".
Si può, allora, ritenere che quel gesto compiuto da Gesù con il lavare i piedi agli apostoli oltre ad essere insegnamento efficace atto a legarli nel vincolo della carità e del servizio, come Lui stesso spiega nel seguito del capitolo 13, effettivamente fu un gesto che preparava a plasmare un nuovo vaso per la nascita della Chiesa, il nuovo Israele dei salvati, eletti e resi puri, atti anche loro come Gesù ad essere agnelli pasquali; poi ci sarà il lungo discorso del "testamento spirituale" dei capitoli 13-17 di Giovanni.

Il Vangelo di Giovanni 19,34s, infine testimonia la discesa di sangue e acqua dal costato trafitto del Crocefisso morto in croce "...uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate."

Acqua e sangue sono segni di un avvenuto parto, quello della Nuova Eva, la Donna, la Chiesa che nasce dal costato del nuovo Adamo.
La sorpresa del testimone non è il sangue, che è ovvio che esca dal cuore trafitto di uno appena morto, ma lo sgorgare anche dell'acqua, che richiama al fedele israelita l'acqua scaturita dalla roccia nel deserto come colse San Paolo con "tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo." (1Corinzi 10,4)

Dai Padri della Chiesa sono stati visti in quei segni gli apporti divini che alludono ai sacramenti cristiani dell'eucarestia e del battesimo.
Forse questa sorpresa dell'autore del Vangelo di Giovanni dell'uscita di acqua dal costato del Crocefisso è proprio la causa per cui invece di riportare come episodio centrale dell'ultima cena l'eucarestia, già richiamata da tutti i sinottici, porta l'attenzione sul segno della lavanda dei piedi, da associare, appunto, in qualche modo al battesimo.
Sotto la croce, infatti, era stata presentata (Giovanni 19,26s), la Madre e il discepolo che Gesù ama, icone della Chiesa e i fedeli.

Fu da Suo corpo , dal chiuso a scendere sul mondo sangue e acqua , cioè lavò il mondo con l'acqua del suo costato che era acqua viva, e portare col sangue la Sua somiglianza ().
Partoriti cosi dall'alto , infatti il Cristiano rinasce grazie a Lui, usciti dal corpo dell'innalzato in quanto dall'alto.

Diviene così compiuta la profezia: "Settanta settimane sono fissate per il tuo popolo e per la tua santa città per mettere fine all'empietà, mettere i sigilli ai peccati, espiare l'iniquità, portare una giustizia eterna, suggellare visione e profezia e ungere il Santo dei santi." (Daniele 9,24) in cui quanto in grassetto "mettere i sigilli ai peccati" è "vulehatem techatt'a" vale a dire "porterà una potenza a uscire dal Crocefisso per i viventi per finire il peccato ".
Il Crocefisso a tutti gli effetti lavò i peccati, perché dal corpo dal chiuso scese dell'acqua sui peccatori che l'avevano ucciso.
Quindi nel corpo chiudeva acqua .
Il Suo cuore era un "roechoem" un utero, perciò a tutti gli effetti aveva viscere di misericordia, segno del perdono del Padre e questo utero lo versa nel mondo come Chiesa da cui nascono i figli di Dio.

Occorre porre attenzione a quanto accadde prima di morire in croce; "...Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: Ho sete. Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l'aceto, Gesù disse: È compiuto! E, chinato il capo, consegnò lo spirito." (Giovanni 19,28-30)

Il concetto e la parola che si ripetono tre volte "è compiuto", esprime sia l'idea di aver fatto tutto quanto doveva fare, sia che il suo tempo era finito.
Mi ha colpito che la prima volta che si trova un "compiuto" è in Genesi 29,21 ove Giacobbe chiede di avere la sposa per cui ha lavorato.

Le traduzioni C.E.I. 1975 e 2008 di Genesi 29,21 oscillano tra le due idee:
  • 1975 - "Poi Giacobbe disse a Labano: Dammi la mia sposa, perché il mio tempo è compiuto e voglio unirmi a lei."
  • 2008 - "Poi Giacobbe disse a Labano: Dammi la mia sposa, perché i giorni sono terminati e voglio unirmi a lei."
Certamente Gesù disse al Padre, ormai sono un servo inutile, occorre che Tu conceda il dono della risurrezione alla sposa che ovviamente è la comunità umana col suo stesso sangue, la sua moglie "isseht" .
Del resto l'aver sete espresso prima dal Signore è desiderio di "bere", in ebraico e come moglie "isseht" riporta le lettere .
L'uomo Gesù, nella carne, non ancora assunto in cielo, non può far oltre, ha compiuto il suo compito e il suo tempo, ora è da aprire la parte e il tempo finale, occorre che la creazione con "la risurrezione completi ".
Il disegno creativo lo può concludere solo il Verbo unito al Padre che con la Sapienza l'hanno iniziato nei cieli.
Ora, Gesù è il nuovo Adamo, il primo degli uomini in cui Dio ha riacceso il suo soffio, lo spirito divino il "nishmat" .
Lui, Gesù, per morire come tutti gli uomini peccatori che non hanno quello spirito, per distruggere la morte riconsegna tale spirito al Padre e "...chinato il capo, consegnò lo spirito."
È stato osservato che in nessun passo della letteratura antica è stata usata una formula simile per dire che uno spirò.
Le formule usate al riguardo dai sinottici sono:
  • Matteo 27,50 - "Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito."
  • Marco 15,37 - "Gesù, dando un forte grido, spirò."
  • Luca 23,46 - "Gesù, gridando a gran voce, disse: Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito. Detto questo, spirò."
Il Padre glielo riconsegnò nella tomba e lo risorse dai morti:
  • Romani 8,29 - "il primogenito di molti fratelli."
  • Colossesi 1,18 - "il primogenito di coloro che risuscitano dai morti."
  • Apocalisse 1,5 - "il primogenito dei morti."
San Paolo legge l'evento alla luce del versetto 2,7 del Genesi, infatti, scrive: "Se c'è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale. Sta scritto, infatti, che il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita. Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale. Il primo uomo, tratto dalla terra, è fatto di terra; il secondo uomo viene dal cielo. Come è l'uomo terreno, così sono quelli di terra; e come è l'uomo celeste, così anche i celesti. E come eravamo simili all'uomo terreno, così saremo simili all'uomo celeste. Vi dico questo, o fratelli: carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che si corrompe può ereditare l'incorruttibilità." (1Corinzi 15,45-50)

In sintesi:
  • il primo "Adamo, divenne un essere vivente" ossia perdette la "nishmat" e gli restò solo il "nefesh" che perdette con la morte.
  • Gesù, "l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita" ebbe la "nishmat", abbandono la "nefesh", fu risorto e, con la sua sposa, la Chiesa, ha figli destinati alla vita eterna.
APPENDICE - DECRIPTAZZIONE PROVERBI 8 E 9
Presento decriptati secondo le regole di "Parlano le lettere" i capitoli 8 e 9 del libro dei Proverbi, rispettivamente di 36 e 18 versetti.
Questo libro formato di 31 capitoli in ebraico è chiamato "mishley Shlomo" massime di Salomone ove "mishley" è plurale di "mashal" per proverbio, sentenza, parabola, motto, detto.
È scritto in ebraico e, in effetti, raccoglie testi di autori ignoti dal periodo monarchico fino al V secolo a.C. epoca della sua redazione pervenutaci.
I capitoli 8 e 9 presentano la personificazione della Sapienza che era con Dio al momento della "creazione" dell'universo e il seguente Commento sui Proverbi di san Procopio di Gaza, vescovo del VI secolo serve da collegamento e tratteggia e spiega il mio interesse a questi due capitoli.

"La Sapienza si è costruita una casa (Proverbi 9,1a). La potenza di Dio e Padre, per se stessa sussistente, si è preparata, come propria dimora, l'universo intero, nel quale abita con la sua forza creatrice. Questo universo, che è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio, consta di natura visibile e invisibile. E vi ha intagliato le sue sette colonne (Proverbi 9,1b). L'uomo fu formato dopo la creazione a somiglianza di Cristo, perché crescesse in lui e osservasse i suoi comandamenti. A lui Dio ha dato i sette carismi dello Spirito santo. Essi mediante la scienza suscitano la fortezza e, viceversa, mediante la fortezza manifestano la scienza. Questi carismi perfezionano l'uomo spirituale, lo confermano nella fede e lo portano alla completa partecipazione delle realtà trascendenti. Lo splendore naturale dello spirito viene esaltato dai vari doni. La fortezza dispone a ricercare con fervore e a desiderare di compiere sempre e in tutte le cose, a seconda delle loro finalità, i divini voleri, conforme ai quali tutti gli esseri sono stati creati. Il consiglio discerne i santissimi voleri increati e immortali, capaci di essere pensati, rivelati e realizzati. La prudenza fa acconsentire a prestar fede a questi voleri e non agli altri. Ha versato il suo vino nella coppa e imbandito la sua tavola (Proverbi 9,2). Nell'uomo in cui viene fusa, come in una coppa, la natura spirituale e quella corporale, Dio infonde la scienza delle cose create e di se stesso, autore di tutto. L'intelletto fa sì che l'uomo sia inebriato, come per il vino, di tutto ciò che riguarda Dio. Egli, pane celeste, nutrendo di se stesso nella fortezza le anime, e arricchendole e dilettandole con la dottrina, dispone tutte queste cose come vivande per il convito spirituale di quanti desiderano parteciparvi. Mandò i suoi servi ad invitare a gran voce e con insistenza al banchetto (Matteo 22,3). Mandò gli apostoli a servire la sua divina volontà con la proclamazione evangelica. Essa deriva dallo Spirito, sta al di sopra della legge scritta e di quella naturale, e chiama tutti a Cristo. Con l'incarnazione si è realizzata in lui senza confusione l'unione ipostatica della mirabile natura divina e di quella umana. Per mezzo degli apostoli grida: Chi non ha la sapienza venga a me (Proverbi 9,4). Cioè chi è stolto, e pensa quindi in cuor suo che Dio non esista, abbandoni l'empietà, si rivolga a me per mezzo della fede e riconosca che io sono il creatore e il Signore di tutte le cose. A coloro che abbisognano di sapienza dice: Venite, mangiate con me il pane e bevete il vino che ho versato per voi (Proverbi 9,5). A coloro che sono privi delle opere della fede, anche se ricchi di dottrine elevate, dice: Venite, mangiate il mio corpo, pane che vi nutre nella fortezza, bevete il mio sangue, vino che vi rallegra nella scienza e vi fa diventare Dio. Ho infatti unito il sangue alla divinità per la vostra salvezza."

Riporto il testo di Proverbi 8 e 9 secondo la traduzione C.E.I. 2008:

Proverbi 8
Proverbi 8,1 - La sapienza forse non chiama e l'intelligenza non fa udire la sua voce?

Proverbi 8,2 - n cima alle alture, lungo la via, nei crocicchi delle strade si apposta,

Proverbi 8,3 - presso le porte, all'ingresso della città, sulle soglie degli usci essa grida:

Proverbi 8,4 - A voi, uomini, io mi rivolgo, ai figli dell'uomo è diretta la mia voce.

Proverbi 8,5 - Imparate, inesperti, la prudenza e voi, stolti, fatevi assennati.

Proverbi 8,6 - Ascoltate, perché dirò cose rilevanti, dalle mie labbra usciranno sentenze giuste,

Proverbi 8,7 - perché la mia bocca proclama la verità e l'empietà è orrore per le mie labbra.

Proverbi 8,8 - Tutte le parole della mia bocca sono giuste, niente in esse è tortuoso o perverso;

Proverbi 8,9 - sono tutte chiare per chi le comprende e rette per chi possiede la scienza.

Proverbi 8,10 - Accettate la mia istruzione e non l'argento, la scienza anziché l'oro fino,

Proverbi 8,11 - perché la sapienza vale più delle perle e quanto si può desiderare non l'eguaglia.

Proverbi 8,12 - Io, la sapienza, abito con la prudenza e possiedo scienza e riflessione.

Proverbi 8,13 - Temere il Signore è odiare il male: io detesto la superbia e l'arroganza, la cattiva condotta e la bocca perversa.

Proverbi 8,14 - A me appartengono consiglio e successo, mia è l'intelligenza, mia è la potenza.

Proverbi 8,15 - Per mezzo mio regnano i re e i prìncipi promulgano giusti decreti;

Proverbi 8,16 - per mezzo mio i capi comandano e i grandi governano con giustizia.

Proverbi 8,17 - Io amo coloro che mi amano, e quelli che mi cercano mi trovano.

Proverbi 8,18 - Ricchezza e onore sono con me, sicuro benessere e giustizia.

Proverbi 8,19 - Il mio frutto è migliore dell'oro più fino, il mio prodotto è migliore dell'argento pregiato.

Proverbi 8,20 - Sulla via della giustizia io cammino e per i sentieri dell'equità,

Proverbi 8,21 - per dotare di beni quanti mi amano e riempire i loro tesori.

Proverbi 8,22 - Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all'origine.

Proverbi 8,23 - Dall'eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra.

Proverbi 8,24 - Quando non esistevano gli abissi, io fui generata, quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d'acqua;

Proverbi 8,25 - prima che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline, io fui generata,

Proverbi 8,26 - quando ancora non aveva fatto la terra e i campi né le prime zolle del mondo.

Proverbi 8,27 - Quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull'abisso,

Proverbi 8,28 - quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell'abisso,

Proverbi 8,29 - quando stabiliva al mare i suoi limiti, così che le acque non ne oltrepassassero i confini, quando disponeva le fondamenta della terra,

Proverbi 8,30 - io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante,

Proverbi 8,31 - giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell'uomo.

Proverbi 8,32 - Ora, figli, ascoltatemi: beati quelli che seguono le mie vie!

Proverbi 8,33 - Ascoltate l'esortazione e siate saggi, non trascuratela!

Proverbi 8,34 - Beato l'uomo che mi ascolta, vegliando ogni giorno alle mie porte, per custodire gli stipiti della mia soglia.

Proverbi 8,35 - nfatti, chi trova me trova la vita e ottiene il favore del Signore;

Proverbi 8,36 - ma chi pecca contro di me fa male a se stesso; quanti mi odiano amano la morte.

Proverbi 9
Proverbi 9,1 - La sapienza si è costruita la sua casa, ha intagliato le sue sette colonne.

Proverbi 9,2 - Ha ucciso il suo bestiame, ha preparato il suo vino e ha imbandito la sua tavola.

Proverbi 9,3 - Ha mandato le sue ancelle a proclamare sui punti più alti della città:

Proverbi 9,4 - Chi è inesperto venga qui! A chi è privo di senno ella dice:

Proverbi 9,5 - Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato.

Proverbi 9,6 - Abbandonate l'inesperienza e vivrete, andate diritti per la via dell'intelligenza.

Proverbi 9,7 - Chi corregge lo spavaldo ne riceve disprezzo e chi riprende il malvagio ne riceve oltraggio.

Proverbi 9,8 - Non rimproverare lo spavaldo per non farti odiare; rimprovera il saggio ed egli ti sarà grato.

Proverbi 9,9 - Dà consigli al saggio e diventerà ancora più saggio; istruisci il giusto ed egli aumenterà il sapere.

Proverbi 9,10 - Principio della sapienza è il timore del Signore, e conoscere il Santo è intelligenza.

Proverbi 9,11 - Per mezzo mio si moltiplicheranno i tuoi giorni, ti saranno aumentati gli anni di vita.

Proverbi 9,12 - Se sei sapiente, lo sei a tuo vantaggio, se sei spavaldo, tu solo ne porterai la pena.

Proverbi 9,13 - Donna follia è irrequieta, sciocca e ignorante.

Proverbi 9,14 - Sta seduta alla porta di casa, su un trono, in un luogo alto della città,

Proverbi 9,15 - per invitare i passanti che vanno diritti per la loro strada:

Proverbi 9,16 - Chi è inesperto venga qui! E a chi è privo di senno ella dice:

Proverbi 9,17 - Le acque furtive sono dolci, il pane preso di nascosto è gustoso.

Proverbi 9,18 - Egli non si accorge che là ci sono le ombre e i suoi invitati scendono nel profondo del regno dei morti.

Di questo capitolo 9 in "Un seme della Torah nella Torah!" ho presentato decriptatati con le regole di "Parlano le lettere" i primi 6 versetti, ed ora presento decriptati di seguito i due capitoli.

Proverbi 8,1 - Esce il rifiuto, la Sapienza al completo si riversa in un corpo, l'Unigenito la reca tutta dentro, la reca con i lamenti, indica al drago che a rovesciare ne porterà la potenza dal mondo.

Proverbi 8,2 - Il Figlio per espiare la pena con il corpo in vita è. Il misfatto è a sbarrare, a fiaccare a casa è il drago. La fine gli sarà dentro portata e tutto gli andrà in rovina dentro al mondo.

Proverbi 8,3 - Del Potente è l'aiuto sorto. Al nemico è dalla Madre guizzato il Verbo. La preziosa purezza dentro reca. L'Unigenito per liberare è gli uomini, col corpo angeli usciranno.

Proverbi 8,4 - Dio è così con la Madre. Da uomo è a vivere. L'Unico gli ha versato nel corpo di desiderare il rovesciamento recare al serpente dall'esistenza. Di Dio il Figlio è un uomo.

Proverbi 8,5 - Entrato a casa è dell'angelo (ribelle) Gli reca il Verbo alla fine il terrore. In azione al verme porta la rettitudine in pienezza ad esistere il Potente. È in un vivente entrato dentro ad abitare del serpente a casa.

Proverbi 8,6 - Per bruciare dai viventi il peccare con la rettitudine è da inviato nel cammino a stare. La mano forte del Vivente dalla nube il Figlio ha portato ai viventi. Il Verbo tutto chiuso a illuminare un semplice vivente è. Per risorgere i corpi è dai viventi.

Proverbi 8,7 - Così è l'Unigenito da uomo stare nel mondo, in cammino in campo un amo è stato portato. Ha scelto di portarsi ad agirgli in casa. Per finirlo sorge un semplice (uomo) all'empio.

Proverbi 8,8 - In casa, giù nella polvere, alla prigione del ribelle il Verbo esiste. Dall'Unico è stato inviato dentro al mondo. Da vivente a lottare si porta col perverso.

Proverbi 8,9 - Alla vergogna ha inviato la rettitudine in vita dai viventi perché dentro sia ad abitare un retto. È per la Madre al serpente a vivergli giù la calamità nel tempo.

Proverbi 8,10 - Reca il bastone. Il castigo è a portare di Dio dal trono. Il Verbo si reca per aiutare nel tempo. La Madre in una grotta porta a scendere l'inviato eletto.

Proverbi 8,11 - Così è l'Amore portato dentro al mondo. La sapienza vive con un volto. Il Figlio si è alla Madre portato. Si reca dalla sposa alla prigione per liberarla. È in vita, dal serpente da uomo; si porta a bastonarlo dentro al mondo.

Proverbi 8,12 - L'Unigenito inviato è a racchiudere la rettitudine nei viventi al mondo. La Presenza (Shekinah divina) finalmente è in azione nel sangue per la perversità sbarrare. Con l'agire puro, colpirà della morte con forza l'origine.

Proverbi 8,13 - È in un corpo venuto il Signore. Con una luce d'angeli l'Unico ha indicato alla conoscenza che in cammino l'Unigenito al mondo si porta. Crescerà porterà a fuggire dai corpi con la rettitudine il male. E il Verbo è alla fine al mondo scaturito a recare il cambiamento completo all'esistenza.

Proverbi 8,14 - Dal serpente è in azione sceso al mondo per recare la fine portandogli il fuoco che è uscito dall'Unico, inviato è da casa, è per guidare chi è in cammino: da dentro porterà un corpo - popolo - Chiesa a uscire.

Proverbi 8,15 - Così è a vivere in cammino è il Vivente. Si è il Re portato e col corpo. Questi inviato è alla Madre. È stato da un seno versato; ha portato il Giusto.

Proverbi 8,16 - In una casa la rettitudine è vivente. La forza per risorgere i corpi è stata portata e in regalo è in una casa per gli esseri viventi. Così dal serpente è sorto il Verbo. L'Amore è in terra.

Proverbi 8,17 - L'Unigenito inviato è dall'Unico, uscito di casa è al mondo, per amore si porta dai viventi, alla luce pane bianco è, un'azzima dell'Unico inviato dagli angeli all'esistenza.

Proverbi 8,18 - Ad operare col corpo reca la rettitudine dentro e per aiutare l'Unigenito finalmente si è al mondo portato da inviato nel tempo. Una fune giù tra la polvere esce.

Proverbi 8,19 - L'Amore ha recato da casa, il frutto esiste in vita, chiuso nel corpo l'ha portato giù, l'ha recato dai viventi il Verbo. Questi a recarsi alla fine dentro l'ha portato l'Unico. Finalmente è dai viventi dal trono di persona l'Eletto.

Proverbi 8,20 - Dentro l'Unigenito nel corpo ha racchiuso la giustizia, vi ha steso i padiglioni la rettitudine. Dentro alla fine ha portato cosi un sentiero. Porterà tutti i viventi risorti il Verbo nel cuore.

Proverbi 8,21 - Dal Potente al mondo inviato in vita è. Del Potente per amore dell'esistenza è la risurrezione a portare con l'Unigenito. Su col corpo alla fine saranno dal mondo gli esseri viventi dall'Unico nella pienezza.

Proverbi 8,22 - Il Signore sulla paglia inviato è col corpo da Donna, per via si porta versato nel sangue dai viventi; col volto in azione dal serpente si è portato in vita l'Unigenito per colpirlo.

Proverbi 8,23 - Vive un fanciullo con la Madre, dagli angeli una capanna indicata è ai viventi alla vista, con la luce che a vivere dall'oriente è l'Unigenito col corpo sceso.

Proverbi 8,24 - Da casa l'Unigenito è inviato alla fine al mondo. La morte annuncia al potente serpente. Finalmente è dentro ad annullarlo. Gli vive la rovina inviata a portargli totalmente. Per ucciderlo da solo è dai viventi. È con la Madre.

Proverbi 8,25 - Dentro l'Amore in un corpo di un vivente partorito è stato dalla Madre. Esce l'Amore dentro un fanciullo. Il Verbo inviato è stato. Nel cammino dentro il peccare finirà. Alla prigione del potente serpente per finirlo è.

Proverbi 8,26 - Dall'Eterno il rifiuto si vede alla luce uscito in terra, e per le strade si porta la Torah dell'Unico sorta in azione. Il Verbo col corpo si porta alla fine a casa del serpente.

Proverbi 8,27 - Dentro al mondo esce la rettitudine. La forza che abita i cieli sorgere in un vivente. Dell'Unico (è) il frutto. In casa della legge porta l'annuncio. In cammino dall'alto il Verbo inviato è a finire la perversità dei viventi.

Proverbi 8,28 - Dentro la forza reca dell'illuminazione della legge ad essere in un vivente tra i viventi in azione. Nel cuore la forza reca, questi la rovina invia per portare la fine al deserto della vita.

Proverbi 8,29 - Dentro un fuoco porta ai viventi. Si reca per reciderlo. Della forza viva della legge gli porta il bastone. Nella vita è dalla Madre il "no" ad esistergli, dall'aldilà portato dentro la prigione, e sorge portandosi in pienezza per aiutare chi è della terra.

Proverbi 8,30 - E l'Unigenito "Io sono" ha iniziato giù dal serpente a recarsi. L'Unico in vita gli porta per ricusarlo dal mondo Gesù. Dai simili si vede essere con la Madre, è stato portato in vita. Un giorno vivo, risorto dalla tomba, abbatterà completamente il serpente. Il Verbo inviato è stato per portare a casa la sposa dal tempo.

Proverbi 8,31 - Il Messia si versa dall'arca (il seno della Madre) a casa del serpente. In terra portato alla luce a operare si vede essere l'Unigenito sulla paglia. È un uomo!

Proverbi 8,32 - Si reca nel tempo al mondo il Figlio. È per liberare i viventi dal peccare del serpente. È portato dalla Donna, in un corpo esiste la generazione retta. È stata la forza per bruciare l'essere ribelle portata.

Proverbi 8,33 - Per bruciare dal vivere il peccare si porta dai viventi, reca in pienezza lo spirito della rettitudine della vita e la maledizione per finire il soffio del male reca.

Proverbi 8,34 - L'Unigenito sorto nel corpo è l'uomo che brucerà il misfatto che esiste per il serpente; con la luce ha versato la conoscenza che un nato del serpente finirà totalmente l'esistenza un giorno. Si è portato in vita dal serpente per custodire i viventi, da questi si reca per colpirlo, tutti a liberare sarà.

Proverbi 8,35 - Così è tra i viventi giù l'Unigenito. È un'azzima dell'Unico che è in vita. E stato dalla Madre portato, bello, versato in un corpo. Giù si porta dagli angeli ai viventi il Signore.

Proverbi 8,36 - E al mondo il cuore dell'Unico è chiuso in un vivente in pienezza. Ha inviato il Verbo con il fuoco da recare con la rettitudine al serpente che i viventi odia; è per amore a portargli la morte.

Proverbi 9,1 - La Sapienza portata tutta dal Figlio alla fine al mondo nel Tempio entra. Uscita, giù da casa, in campo, ai popoli portata, è in aiuto uscita nel settimo (giorno) nel mondo.

Proverbi 9,2 - Il cuore dentro racchiuso esce per essere in sacrificio nel mondo dai viventi. In una capanna, è dell'Essere l'energia uscita dell'Unico. Il Verbo si vede in un corpo così fuori alla luce. Del Potente la grazia esce.

Proverbi 9,3 - Sorge il vigore nel mondo da una fanciulla. Indica di essere al mondo completamente versato alla vista dall'alto in cammino il Verbo. È in vita col corpo dai viventi a stare al freddo completamente.

Proverbi 9,4 - Dai viventi è il Verbo ad indicare che esiste. È alla apostasia inviato, (infatti) al mondo alla prigione in pienezza dal ribelle serpente a casa l'Unigenito a vivere esce. Il Potente l'ha portato.

Proverbi 9,5 - In cammino si reca dal serpente. Nella prigione dei viventi reca la guerra. E a recare il fuoco (risurrezione) e dentro è a opprimerlo in vita in pienezza. Con la rettitudine a finirlo è.

Proverbi 9,6 - In azione da questo a casa si reca il Verbo alla fine dell'Unico. A stare da primogenito dalla Madre portato in vita e si reca per l'Unico ad accendere la lite. Per sbarrarlo, un corpo retto dentro è inviato al mondo.

Proverbi 9,7 - È in pienezza col corpo dal serpente sceso, la disciplina al serpente reca per la vergogna che ha recato in vita. Con la rettitudine è a stringere il serpente in un corpo a bruciarlo dai popoli; si porta un vivente a bastonarlo.

Proverbi 9,8 - Dio a rimproverare il serpente scende di persona. È l'odiare a spegnere portando la rettitudine nella prigione del serpente. Nella prigione anela di portare a esistere: l'amore retto.

Proverbi 9,9 - Il drago con potenza a chiudere anela di portare, si è chiuso così in un seno per portarsi ad aiutare nel mondo e a sbarrare con l'agire il serpente. Da un giusto si porta, da Giuseppe che al Potente obbedisce. (Matteo 1,19: "Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla...")

Proverbi 9,10 - Per finire chi ammala tutti per finirlo un amo in vita esce. È in un corpo a venire il Signore. Si reca per sbarrarlo nel tempo, l'abbatterlo, lo sbarrerà col fuoco. È in vita nella casa di chi opprime.

Proverbi 9,11 - Bruciature in casa gli saranno ad esistere. È stata in un corpo dentro recata nei giorni la rettitudine. È stata portata in pienezza ad esistere. Il Verbo l'ha portata dal serpente, così il fuoco all'angelo (ribelle) reca finalmente per chiuderne l'esistenza che c'è nei viventi.

Proverbi 9,12 - L'Unico il midollo ha chiuso così in un uomo. Un amo vivente da segno per il serpente. Quel retto porterà il serpente a salire in croce. Dal cuore fiaccato tutto un fuoco gli originerà.

Proverbi 9,13 - L'Unico il fuoco per finire il folle ha recato. La fine nel mondo da un vivente gli sarà a uscire. Il Verbo indica che si è recato. Il segno ha portato a casa del serpente. Gli è la conoscenza uscita che vive nel mondo.

Proverbi 9,14 - Portato è il fuoco dentro al mondo al serpente dal Verbo. Alla fine dal seno sarà dalla croce a uscire dall'innalzato. La rettitudine da un foro rigenererà con l'acqua dal corpo. Un corpo - popolo - Chiesa vivo sarà versare dal corpo il Crocifisso.

Proverbi 9,15 - Dal serpente versato col corpo Dio dagli Ebrei è per via entrato in un vivente. Un retto è stato da una madre originato un corpo. Gli annuncia la fine tra i viventi.

Proverbi 9,16 - Un vivente è il Verbo. Ha scelto di correggere nel mondo l'angelo (ribelle) entratovi e alla prigione alla pervicacia del serpente in casa reca il messaggio nel mondo che del Potente è il bastone.

Proverbi 9,17 - In vita è dalla Madre dal giardino portato. A casa è dai viventi. È l'uomo atteso che reca la guerra al nascosto che è la vita a opprimere dei popoli.

Proverbi 9,18 - Reca al serpente la calamità in azione. La rettitudine che è per guarire gli esseri viventi sorge in vita per agire. Ai viventi, rovesciato è stato il fuoco dell'Unico, portato al serpente, versato nel corpo - popolo - Chiesa dell'Unigenito che è nel mondo.

a.contipuorger@gmail.com

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