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LA "SETE" NELLA BIBBIA
Con le necessità fisiologiche di "fame" e "sete", il cui soddisfacimento è essenziale per la vita animale, la Bibbia, infatti, spesso allude ai bisogni spirituali, egualmente vitali per l'uomo essendo spirito oltre che carne e tale posizione è trasversale nell'Antico e nel Nuovo Testamento.
A chi ha iniziato un percorso con Lui Dio, infatti, dice: "Ricordati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant'anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti osservato o no i suoi comandi. Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l'uomo non vive soltanto di pane, ma che l'uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore" (Deuteronomio 8,2s)

Questo pensiero lo ripete Gesù nell'episodio delle tentazioni di Matteo 4,1-11.

Si trova, poi, in Amos 8,11: "Ecco, verranno giorni - oracolo del Signore Dio - in cui manderò la fame nel paese; non fame di pane né sete di acqua, ma di ascoltare le parole del Signore."

Questo poi è l'insegnamento di Gesù riferito nel Vangelo di Giovanni 6,63: " È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita."
Del resto, l'uomo senza lo spirito è proprio un morto che cammina come allude nella Bibbia l'episodio detto delle "ossa inaridite" in Ezechiele 37,1-14.

I fedeli ebrei, che fin dai tempi di Davide, quando hanno iniziato a pregare con i Salmi, si rivolgono a Dio, appunto, come la sorgente della vita:

  • Salmo 42,2s - "Come la cerva anela ai corsi d'acqua, così l'anima mia anela a te, o Dio. L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio?"
  • Salmo 63,2 - "O Dio, tu sei il mio Dio, dall'aurora io ti cerco, ha sete di te l'anima mia, desidera te la mia carne, in terra arida, assetata, senz'acqua."
Il profeta Isaia in 49,10 propone l'avvento del tempo della misericordia con: "Non avranno né fame né sete e non li colpirà né l'arsura né il sole, perché colui che ha misericordia di loro li guiderà, li condurrà alle sorgenti d'acqua."

Nel "Discorso della montagna" dei capitoli 5,6 e 7 del Vangelo di Matteo che inizia con le famose "Beatitudini", Gesù propone "Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati". (Matteo 5,6)

Questi, assieme ai poveri di spirito, a chi è nel pianto e nella sofferenza, ai miti, ai misericordiosi, agli operatori di pace e ai perseguitati a causa della giustizia o proprio per la fede in Gesù, di fatto, nel tempo della propria vita sono in un cammino di esodo nel deserto del mondo in cui manca cibo e acqua spirituale, ne sentono bisogno e la cercano con tutti se stessi, attendono insomma la piena concretizzazione nel regno di Dio che sta sopraggiungendo con l'avvenuta incarnazione e gli eventi che ha comportato l'avvento del Cristo.

L'ultimo libro del Nuovo Testamento l'Apocalisse, in 7,16, infine, propone i bisogni di fame e sete soddisfatti da Dio nella vita piena raggiunta dai fedeli con Cristo: "Non avranno più fame, né avranno più sete, né li colpirà il sole, né arsura di sorta" (Apocalisse 7,16)

La prima volta che la Torah parla di "sete" è nell'episodio dell'acqua scaturita dalla roccia a Refidim, prima dello scontro con Amalek, ove il versetto Esodo 17,3 informa: "In quel luogo il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: Perché ci hai fatto salire dall'Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame".

Questo episodio è lo stesso (vedi Esodo 17,7) di quello detto di Massa e Meriba, poi, più ampiamente narrato in Numeri 20,1-13.
Questa "sete", ripetuta due volte in Esodo 17,3 è "tzama'" dal radicale avere - provare - soffrire sete e essere assetato.
Quelle tre lettere suggeriscono "a calare - scendere l'acqua inizia " intesa come avviso del cominciare di siccità e di mancanza di acqua.
(Vedi: "La Roccia che scaturisce acqua viva")

In quel caso raccontato dall'Antico Testamento il popolo è all'Oreb, "Choreb" , monte inciso, davanti a una roccia "tzur" che Mosè percuote con un bastone e esce acqua.
L'acqua era "choreb" "chiusa nel corpo dentro " e "tzur" "giù si portò dal corpo " per Mosè le cui lettere sono anche quelle del radicale di "salvare", quindi per la salvezza, e Deuteronomio 32,4 definisce Dio come la Roccia "Egli è la Roccia ("tzur" ): perfette le sue opere..."
Questa scena di un popolo davanti a uno inciso da un'asta dal cui corpo si vede uscire acqua, che "a scendere portò dal corpo ", e che salva, è anche quanto in merito a Gesù narra il capitolo 19 del Vangelo di Giovanni, l'unico dei quattro canonici che sottolinea con enfasi in 19,34s l'uscita da quel costato trafitto di "sangue e acqua", segni di salvezza recati dal Crocefisso colpito dalla lancia.

Lo stesso Vangelo è ancora l'unico dei quattro canonici a segnalare che Gesù, dopo aver consegna la madre al discepolo e il discepolo alla madre, esclama "Ho sete" in questo modo: "Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: Ho sete. Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l'aceto, Gesù disse: È compiuto! E, chinato il capo, consegnò lo spirito." (Giovanni 19,28-30)

I Vangeli di Marco 15,34 e Matteo 27,46s raccontano che in quel momento: "Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: Elì, Elì, lamà sabactànì? che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: Costui chiama Elia."
Questo episodio spesso è citato per porre in risalto come in quel momento Gesù era così angosciato che avrebbe lanciato questo grido quasi di disperazione.

È questo sì un grido di reale e umana sofferenza, ma non è di disperazione.
Tutt'altro! In effetti. Gesù sulla croce, in effetti, stava pregando e recitava un salmo profetico, il 22, proprio sul servo sofferente.
(Vedi: "I Salmi, conforto del Crocifisso")

Essenziale con quel "Ho sete" è il sottolineare del Crocefisso della necessità primaria per l'uomo della vita eterna, vale a dire che scendesse la vita dell'Unico , quindi, in quel momento anche per se stesso, vero Dio, ma anche vero uomo, invoca che avesse a scendere dall'alto quella vita per sé e per tutti gli uomini.

Con quel dire profetico in croce prima di consegnare lo Spirito al Padre ricorda sinteticamente in quel modo il perché della Sua missione profetizzata, dalle Scritture, e che ora è compiuta, quella per l'uomo di riavere a disposizione la vita delle origini che le lettere ebraiche dell'invocazione al Padre di "sete" "tzama'" ben interpretano, in quanto, chiedono che "scenda la vita delle origini ", quella dell'Unico che Adamo ha negato; per questo, infatti, lo Spirito Santo si era incarnato in Gesù, sceso in terra e si è proposto come misericordia del Padre quale agnello redentore.

Venire in ebraico ha il radicale e la lettera = sta per acqua e vita per cui chi ha sete è invitato a venire ad abbeverarsi... di Cristo che è la "Verità" "'Oemoet" in quanto "origina acqua dalla croce ".
Il libro del Cantico dei Cantici in 4,7s propone: "Tutta bella tu sei, amica mia, in te nessuna macchia. Vieni con me dal Libano, o sposa, con me dal Libano, vieni! ".
Il libro dell'Apocalisse in 22,17, infine conclude: "Lo spirito e la sposa dicono Vieni! E chi ascolta ripeta Vieni! Chi ha sete venga; chi vuole attinga gratuitamente l'acqua della vita."

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