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ATTESA DEL MESSIA...

 
LO SPOSO DELL'ALLEANZA

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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LO SPOSO DEI VANGELI
La storia d'amore di Dio con l'uomo che ci parla del fidanzamento, ossia della primo incontro e alleanza, ossia dei Tanaim come si dice in ebraico, è tratteggiata dai testi delle Sacre Scritture chiamati Antico Testamento dai cristiani e ne abbiamo visto alcuni punti salienti tra quel complesso di scritti.
Il Nuovo Testamento presenta Gesù che porta a compimento questa storia con le nozze il cui apice in terra è il momento eucaristico in cui Lui, lo sposo, il Messia, il Figlio di Dio si consegna anima e corpo alla sposa, perché tra di loro siano una cosa sola, un'alleanza nel corpo e nel sangue.

Del resto proprio Gesù in Matteo 22,2-13 propose questa parabola: "Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze..."
In questa si dice d'"invitati alle nozze" che rifiutarono, per indicare sinteticamente la situazione dell'Antico Testamento, indi si parla di sala delle nozze, i momenti liturgici della Chiesa, e di abito nuziale, segno dell'elezione del battesimo in quanto: "...molti sono chiamati, ma pochi eletti".
Gesù, peraltro, nei Vangeli "sinottici" - Matteo, Marco e Luca - nei riguardi dei discepoli di Giovanni il Battista e dei farisei si dichiara proprio come "lo sposo" e definisce invitati alle nozze i propri discepoli:

  • Matteo 9,14-17; Marco 3,18-22; Luca 5,33-38 - "Allora gli si avvicinarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano? E Gesù disse loro: Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l'uno e gli altri si conservano."
Da questo brano si ricava che le nozze sono prossime essendo già stati diramati gli inviti agli amici dello sposo.
Lo sposo sta dotando questi invitati del vestito per le nozze e mette in loro lo spirito della festa; li prepara insomma a essere uomini nuovi, per cui ecco che prosegue il discorso sul vestito e sul vino nuovo.
I discepoli di Giovanni, da questi evidentemente, come vedremo dal Vangelo di Giovanni, iniziati a tale attesa, paiono comprendere e non replicano.
Viene però già da Lui stesso profetizzato che lo sposo poi "sarà loro tolto". Nel Vangelo di Matteo poi Gesù al capitolo 25, versetti 1-13,propone la parabola delle 10 vergini per insegnare la necessità di vegliare in attesa dello sposo che deve venire.

Questo è il brano della parabola:
"Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l'olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l'olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido: Ecco lo sposo! Andategli incontro! Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: Dateci un po' del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. Le sagge risposero: No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. Ora, mentre quelle andavano a comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! Ma egli rispose: In verità io vi dico: non vi conosco. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora."

Tale parabola è riportata solo dal Vangelo di Matteo, forse perché poteva essere compresa senza troppe spiegazioni nell'ambito dell'ebraismo, che attendeva l'avvento dello "sposo" e la sua redenzione come in Isaia 54,5 e 62,4.5, visto che il Vangelo di Matteo pare essere stato in una prima edizione scritto in aramaico, quindi, essenzialmente per i giudei.
Le 10 vergini sono le amiche della "Vergine", la sposa di quello sposo che deve venire, che accompagnano la sposa, quelle del Salmo 45,15.
Il numero 10 è il numero minimo di presenti atto a costituire l'assemblea (in ebraico il "minian"), ma di una nuova Chiesa in cui non v'è alcuna differenza tra uomini e donne visto che ciascun componente, grazie al battesimo sarà portato a essere vergine dal serpente, secondo quanto ho precisato nel precedente paragrafo parlando di Isaia 62,4.5 e considerato che "Non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo" (Galati 3,28) ossia siete da Lui amati e voi lo amate.

L'olio è l'unzione del Messia, lo Spirito Santo, l'amore che rende la sposa come lo sposo e questo amore è passato, come dice la sposa in 2,4 del Cantico dei Cantici quando: "Mi ha introdotto nella cella del vino e il suo vessillo su di me è amore."

È nel Vangelo di Giovanni che si hanno sviluppi sul tema dello sposo e della sposa, frutto evidentemente di meditazioni, elaborazioni e sviluppi teologici delle prime comunità cristiane, essendo tale Vangelo stato scritto 30, 40 anni dopo i sinottici, quindi, almeno una generazione dopo di loro.

Per iniziare in 2,1-11 questo Vangelo indica il primo segno che compie Gesù nella sua vita pubblica su invito della madre, che era stata invitata assieme ai discepoli del figlio a una festa di nozze a Cana di Galilea.
Questo episodio propone che la madre di Gesù durante il banchetto si era accorta che la riuscita della festa era in pericolo, perché stava per mancare il vino e allora il Signor Gesù trasformò in vino eccellente l'acqua di "sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei", ossia l'acqua per le abluzioni.
In un modo che a prima vista appare alquanto sibillino, "Gesù le rispose: Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora". (Giovanni 2,4)
Perché la chiama "Donna" e parla della "sua ora"?

Se si pensa che tutta la storia di salvezza che porta all'incarnazione è stata scelta da Dio per sanare il mancato patto matrimoniale tradito dalla coppia dei progenitori tra loro e con Dio e portare a compimento l'alleanza dando luogo al matrimonio perfetto con l'umanità, si può concludere che le nozze di Cana sono come l'episodio della Trasfigurazione riportata dai Sinottici (Matteo 17,1-8; Marco 9,2-8 e Luca 9,28-3) sul Tabor, infatti entrambi proiettano in una visione escatologica ossia verso ciò che deve avvenire alla fine dei tempi.
Gesù fa intravedere il matrimonio finale con la Donna che avverrà quando sarà la "sua ora" e in questa "trasfigurazione" la madre che intercede assume la vesta della Donna finale, la Chiesa "...scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo." (Apocalisse 21,2)

Questa Donna è in pratica la madre del "discepolo" che Lui amava, la fidanzata che aveva nel cuore, e cui la consegna sotto la croce: "Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: Donna, ecco il tuo figlio! Poi disse al discepolo: Ecco la tua madre! E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa." (Giovanni 19,26s)
(Vedi: "Dal torchio del Getsemani a quello della Croce")

Su questa "sua ora" si trovano tre citazioni in Giovanni 7,30; 8,20; 13,1, poi dopo il suo ingresso festante a Gerusalemme nel giorno ricordato dalla Chiesa come la "domenica delle palme", in Giovanni 12,23 Gesù esclamò: "È venuta l'ora che il Figlio dell'uomo sia glorificato".
Il vino, segno della festa, allora, va collegato proprio al segno del matrimonio e alla "cella del vino" di cui è detto nel Cantico dei Cantici 2,4.

Al riguardo del vino è da ricordare che Gesù, al momento dell'ultima cena:
  • nel Vangelo di Matteo 26,27-29 - "...prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati. Io vi dico che d'ora in poi non berrò di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi, nel regno del Padre mio."
  • nel Vangelo di Luca 22,14-18; Marco 14,23-25 - "Quando venne l'ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse loro: Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio. E, ricevuto un calice, rese grazie e disse: Prendetelo e fatelo passare tra voi, perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio."
Il desiderio di Gesù è di "bere" questo vino nel Regno dei Cieli nel banchetto eterno con la sposa.
Questo desiderio l'esprimerà poi anche come ultime parole sulla croce quando dice "Ho sete" (Giovanni 19,28).
È noto peraltro lo spirito enigmistico caratterizzato da numeri allusivi con 14 per Davide in Matteo, i 153 grossi pesci, il 666, i 144.000 con Giovanni - Vangeli e Apocalisse - e alle le forme "sigillate" di comunicazione per iniziati cui allude l'Apocalisse stessa.
Ecco che in tale spirito se si pensa all'ebraico ove il radicale del verbo "bere" è il desiderio del matrimonio eterno dell'Unigenito diviene palese con l'espressione "l'Unigenito beve ()" che nasconde l'allusione alla moglie "'ishet" in modo palese all'ebreo di quei tempi con quella loro tipica mentalità legata alle lettere e alla "qabbalah".

Il banchetto eucaristico, momento d'incontro con Lui nella cella del vino, quindi, sottolinea il matrimonio tanto desiderato da Cristo con la sua Chiesa, memoriale dell'ultima cena, presenza sacramentale di Lui con la sposa qui in terra, e promessa nella fede di quello definitivo che alla fine dei tempi si compirà in cielo dove la condurrà dopo la risurrezione finale.

Il seguente brano Giovanni 3,25-36 di quanto disse Giovanni Battista su Gesù come "sposo" rende chiaro il pensiero del tempo su Cristo: "Nacque allora una discussione tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo alla purificazione rituale. Andarono da Giovanni e gli dissero: Rabbì, colui che era con te dall'altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui. Giovanni rispose: Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: Non sono io il Cristo, ma: Sono stato mandato avanti a lui. Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l'amico dello sposo, che è presente e l'ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere; io, invece, diminuire. Chi viene dall'alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza. Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero. Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito. Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio rimane su di lui."

Il Battista viene ad avere la funzione di profeta, anello di congiunzione, dell'antico Israele col nuovo Israele, e con questo brano lascia il testamento del suo insegnamento ai propri discepoli e, di fatto, all'ebraismo.

L'episodio riportato si divide in tre parti:
  • Giovanni 3,22-24 - ambientazione;
  • Giovanni 3,25-30 - testimonianza sullo sposo;
  • Giovanni 3,31-36 - Gesù è l'inviato dal Padre.
L'occasione è la purificazione rituale o battesimo di penitenza che operavano sia il Battista, che si era trasferito a nord lungo il Giordano, mentre i discepoli di Gesù battezzavano dove stava prima Giovanni come riferisce Giovanni 4,2.
Il Battista nella seconda parte proclama che è giunto il tempo delle nozze messianiche, si dichiara precursore del Messia e, confessa, che Gesù è il Cristo, lo sposo, e lui e l'amico dello sposo e gli prepara il posto.
Nella terza parte chiama i fedeli a rivolgersi a Lui che è veritiero "senza misura egli dà lo Spirito e la vita eterna".
Conclude parlando della "ira di Dio" che rimane su quelli che non crederanno al Figlio di Dio, perché non verranno a godere della liberazione dal potere del maligno restando soggetti alla maledizione di Dio verso di questi.

L'ira di Dio trova scritto in ebraico come "'af "oelohim" e si trova:
  • Numeri 22,22 - verso Balam: "Ma l'ira di Dio si accese perché egli stava andando; l'angelo del Signore si pose sulla strada per ostacolarlo."
  • Salmo 78,31 - verso Israele: "quando l'ira di Dio si levò contro di loro, uccise i più robusti e abbatté i migliori d'Israele."
Quel "'af "oelohim" pare proprio alludere a quando "l'Unico parlò del maledetto che sarà nei viventi " verso cui pronunciò la maledizione che è in Genesi 3,14.


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