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LETTERE EBRAICHE E CODICE BIBBIA...

 
PARLANO LE LETTERE

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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REGOLE DI LETTURA DEL CRIPTATO BIBLICO
Chi inizia una traduzione per decriptazione delle Sacre Scritture del testo del canone ebraico, ovviamente, da per postulato che:

A - esiste un testo nascosto;
B - la criptatura fu attuata con metodo standardizzato;
C - nel testo, oltre le parole che portano a quello esterno, vi sono tracce per individuare il testo nascosto.

Le regole per la lettura del criptato biblico, che definisco scrutatio e dedotte nel corso del lavoro, sono:

I) La prima regola è rivolgere il pensiero a Dio, al Verbo Suo Figlio, ed alla storia della salvezza.

Ciò è in linea con il loghion:

Scrutate le scritture … mi rendono testimonianza.

È un rivolgersi ad oriente, come dicevano i Padri; è quindi una scutatio del testo sacro alla ricerca del Cristo, il soggetto di cui parlano i segni da leggere.
L’ambito è quello teologico-profetico della storia d'Israele. Altre letture sono arbitrarie, perché il testo sarebbe distorto.
Il fatto che ci sia la restrizione del soggetto consente la vita del secondo testo, altrimenti ve ne sarebbero infiniti.

Ricordo che Nachmanide dice:

"Noi possediamo una tradizione autentica secondo cui la Toràh è formata dai Nomi di Dio, le parole che vi leggiamo possono essere infatti anche suddivise in modo completamente diverso, componendo Nomi…"

Il Talmud insegna:

"Sette cose furono create prima della creazione del mondo: la Toràh … il trono della gloria … e il nome del Messia."

San Paolo nella lettera ai Filippesi al proposito dice:

"Per questo Dio lo ha esaltato e gli ha dato il Nome che è al disopra di ogni altro nome; perché nel Nome di Gesù…" (Fil 2,9)

Il Catechismo della Chiesa Cattolica n° 102 insegna:

"Dio attraverso tutte le parole della Sacra Scrittura, non dice che una sola Parola, il suo unico Verbo, nel quale dice se stesso interamente."

Circa la mistica dei Nomi di Dio anche l'antico esoterismo pre-cabbalistico conosceva il nesso tra i Nomi di Dio e le luci di fuoco; in un testo che si collega a tal esoterismo, l'Alfabeto di Rabbi Aqiva si legge:

"Dio siede sopra un trono di fuoco, e attorno a Lui stanno come colonne di fuoco i Nomi impronunciabili - shemot meforashim."

Dice anche Gershom Scholem nel libro "Il Nome di Dio e la teoria cabbalistica del linguaggio" (Adelphi - 1998):

"Colleghi di Nachmanide, nel centro cabbalistico di Gerona, conclusero che i cinque libri della Toràh sono il Nome del Santo che Egli sia lodato. Per i cabbalisti Dio è al tempo stesso il nome più breve e quello più lungo. Il più breve, perché già ogni singola lettera costituisce di per se un nome. Il più lungo, perché esso si esprime nell'intera Toràh come ciò che tutta l'abbraccia."

Associando tutto ciò, se ne ricava che il Nome di cui parla Nachmanide è quello di cui parla S. Paolo, cioè quello del Messia; in definitiva tutto nella Bibbia si riferisce e va riferito a quel Nome.

Ricordo il detto ebraico: quando entra la luce esce il mistero.

Per la gimatria luce e mistero hanno stesso valore, infatti:

= ( = 200) + ( = 6) + ( = 1) = 207
= ( = 7) + ( = 200) = 207

La luce si può leggere:

l’Unigenito si porterà nel corpo; solo con quest’idea nella mente si capirà tutto!

II) Le parole ebraiche dei versetti del testo biblico vanno scritte senza segni aggiuntivi.

Così com'era il testo prima delle segnature portate nel VI-VII sec. d. C.:

- senza quelli di vocalizzazione (qamès, patah, shewà, quibbus, soegol, hireq, hòlem, sùrèq, séré);
- senza quelli di raddoppio, daghèsh;
- senza quelli di finali, mappiq.

III) Le s'in e shìn si riducono all'unica lettera .
Nei poemi alfabetici è infatti riportato un solo versetto per le due lettere predette (Vedi ad es. Pr 31,10-31) che indicano anche lo stesso numerale 300; ciò conferma che ciò che interessava è il disegno e non la sua fonetica.

IV) Le 22 lettere ebraiche sono segni leggibili anche come pittogrammi, ciascuna separata dalle altre.

I significati sono già stati indicati nel primo capitolo e le relative schede vengono riportate successivamente.

V) La lettura che si può fare con i soli segni è lo sfondo su cui è da leggere il messaggio.

Chiarisco con un esempio:

L'inizio e la fine del versetto sono le sponde d’un corso d'acqua da passare a guado; queste sponde s’inseriscono in un discorso-percorso e l'arrivo e la partenza debbono essere congruenti.
La lettura con i segni singoli è come acqua che scorre da monte a valle ma, per il postulato (C), chi scrisse il criptato ha lasciato tracce scegliendo in modo opportuno le parole; queste sono le pietre sulle quali altri sono riusciti a guadare.
Si tratta di trovare queste tracce, vale a dire parole:

a) già intere nel testo ebraico esterno;
b) come a), ma cambiando la vocalizzazione, quindi con significato diverso di quello del testo esterno;
c) che si possono ottenere per unione di due o più segni contigui che forniscano un concetto, un verbo, un sostantivo, od altro in ebraico o che si trovino nella stessa parola d'origine sia con i segni di fine d’una parola e d’inizio della successiva formando parole nuove.

Queste parole sono le pietre su cui poggiare il percorso da seguire nel guado per arrivare all'altra sponda del percorso pre-tracciato.

Riporto la traduzione d’un versetto chiarificatore, Zc. 2,11:

"A Sion mettiti in salvo, tu che abiti ancora con la figlia di Babilonia."


(Vicino ad ogni parola tradotta indico il segno che l’ha evocata.)

"Fuori si porta . È sceso l'Essere recandosi con energia fuori alle acque , il potente Cuore dell'Essere si è portato con la luce in casa confinato dentro completamente dentro dentro guizza ."

Il significato con la traduzione segno per segno in genere è sufficientemente raggiunto, ma per far calare il discorso nella tradizione delle letture profetiche di superficie ed avvicinarlo al pensiero di chi l'ha scritto cerco le parole traccia che l'autore ha lasciato, delle quali ho fornito involontariamente dei predicati.
Ho indicato con sottolineatura possibili parole, pietre del guado:

1 tipo c: l'Essere recando l'energia fuori = la colomba ;

2 tipo a: si è portato con la luce in casa = ha abitato ;
(è portata una luce dentro; è segno che la casa è abitata!)

3 tipo c: confinato dentro completamente = l'arca ;

4 tipo c: dentro dentro = nell'intimo .

Ora, le possiamo sostituire a quei predicati:

"Fuori si porta . È scesa la colomba alle acque , il potente Cuore dell'Essere che ha abitato l'arca nell'intimo (gli) guizza ."

Poi, lascio solo l'indicazione delle parole traccia:

"Fuori si porta. È scesa la colomba alle acque, il potente Cuore dall'Essere che ha abitato l'arca nell'intimo gli guizza."

La traduzione che si colloca nella linea della tradizione biblica-evangelica, che rispetta le regole del criptato e sembra rispondere alle tracce lasciate dall'autore, è:

"Fuori si porta. È scesa la colomba alle acque, il potente Cuore dell'Essere che ha abitato l'arca nell'intimo gli guizza."
(Il fatto che lo Spirito del Signore fosse nell’arca con Noè è un’immagine che ho trovato anche in decriptazioni a spot del Genesi.)

La traduzione è congruente con le 9 regole del criptato e di per sé è profezia validata anche dai Vangeli; sarà poi da ritenere quella voluta da chi ha prodotto la criptatura originaria se compatibile con i versetti che lo precedono e lo seguono nella traduzione; in genere poi il concetto se è valido poi si troverà nella decriptazione di qualche altro versetto.

VI) I verbi della criptatura sono indeclinati; per le parole ricomposte con più segni i verbi vengono in genere presentati dai soli radicali.

Dice Gershom Scholem:

"il linguaggio di Dio di cui parlano i cabbalisti, non ha grammatica"

il che conferma anche le regole VIII e IX.

VII) Dalle parole guado e dai radicali l'eventuale può essere recessiva. Se necessario l’ si può aggiungere o togliere, ma se si toglie va tradotta o inserita nella parola successiva.

Lo spazio tra lettera e lettera che c’è nella scrittura si può considerare come una che, appunto, indica "aperto".
I rabbini dicono di guardare anche gli spazi bianchi tra le parole;
Hillel e Shammai che furono contemporanei di Gesù: "Avevano ognuno una propria scuola - un gruppo di discepoli fedelissimi - e formavano una delle famose coppie che nel corso di quegli antichi secoli plasmarono il costume ebraico discutendo, disquisendo e fantasticando perfino sugli spazi bianchi che nello scritto della Toràh dividono lettera da lettera." (Giacoma Limentani, Il Midrash, Paoline 96)
(Di se ne possono anche inserire due di seguito com’è il caso di una che si può anche leggere spengere .)

VIII) I vocaboli sono in genere al singolare.

IX) Le preposizioni in genere mancano.

A conforto delle regole VI, VIII e IX ricordo la tecnica esegetica:

"al tikrei" "non leggere" - usata dai rabbini nel Talmud per dare al testo non vocalizzato della Bibbia una diversa vocalizzazione o una diversa forma ortografica rispetto alla forma usuale. L’uso dell’al tikrei non esclude in ogni caso la lettura originaria del testo, e perciò si può più correttamente definire come "non leggere questo passo solo in modo usuale, ma anche in altro modo". Questo procedimento permette così una nuova interpretazione, perfino quando le leggi della grammatica e della sintassi rendono necessaria la sola lettura tradizionale. L’uso di questa tecnica trae origine dal verso "Dio ha detto questo una volta, ma io ho ascoltato questo due volte." (j 62,12) e cioè che le parole della bibbia si prestano a significati diversi di quello tradizionale. (Diz. Unterman)
Si tratta perciò di 9 regole che ai tempi di Gesù si riducevano a 7 in quanto la II e la III non erano necessarie perché nei testi non esistevano puntature.
Infine, ci sono gli avvisi che l’autore dà come quando ripete una parola; con ciò in genere suggerisce di andare a guardare là che vi si troverà qualche evento o notizia importante; se poi è ripetuta più di due volte la profezia è basilare.
La decriptazione è coerente solo se ogni segno ha avuto piena sistemazione nella versione.
Interessante è che, in genere, la suddivisione in versetti del canone ebraico è congruente con il testo interno, come se chi li inseriva leggesse il criptato sottostante; tra l’altro, guardando solo il testo esterno, alcune volte la suddivisione scelta pare discutibile.
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