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DECRIPTAZIONE BIBBIA...

 
LA PERLA NASCOSTA NEL ROTOLO DI RUT
DEL CANONE EBRAICO

di Alessandro Conti Puorger
 

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INTRODUZIONE »
RUT CAP. 1 - UN POPOLO VIENE PARTORITO »
ANTEFATTI AL MIRACOLO DEL MAR ROSSO - Testo decriptato »
MIRACOLO DEL MAR ROSSO - Testo decriptato »
RITORNO AI LAGHI AMARI - Testo decriptato »
CONCLUSIONI »
RUT CAP. 2 - UN POPOLO CHE SI DISSETA DELLA PAROLA »
ARRIVANO GLI AMALECITI - Testo decriptato »
ALL'HOREB - Testo decriptato »
INCONTRO CON IETRO - Testo decriptato »
I PRIMI ESPLORATORI - Testo decriptato »
DA MOSÈ A GIOSUÈ - Testo decriptato »

TORAH DONO CHE DISCENDE DALL'HOREB - CONSIDERAZIONI
Nel libro dei Numeri 20,1-11 è raccontata una versione dell’episodio dell’acqua scaturita dalla roccia che ai commentatori biblici non torna rispetto all’episodio narrato in Es. 17,1-7, in quanto si parla della localita di Kades.
Questa s’inquadra meglio con l’idea dell’Horeb in sito non tradizionale, bensì a nord del deserto di Paran e di Madian.
Nell’episodio dei Numeri (20,3) è detto dai rivoltosi: "...magari fossimo morti quando morirono i nostri fratelli davanti al Signore!" che potrebbe collegarsi all’episodio dei primogeniti in cui alcuni sarebbero morti.
Il racconto di Mosè che non entra nella terra promessa, ma la vede solo da lontano dall’alto del monte Nebo, è collegata proprio all’episodio dell’acqua scaturita dalla roccia, in quanto in tale occasione, pare che anche Mosè ebbe seri dubbi che il Signore facesse uscire l’acqua della roccia come il Signore gli aveva ordinato.
Mosè, con vicino il fratello Aronne, al popolo davanti alla roccia batté infatti con stizza e disse "Ascoltate, o ribelli, vi faremo noi forse uscire l’acqua dalla roccia?" (Nm. 20,10); ma l’acqua uscì e Dio disse ai due fratelli: "Poiché non avete avuto fiducia in me per dar gloria al mio santo nome agli occhi degli Israeliti, voi non introdurrete questa comunità nel paese che io le dò." (Nm. 20, 12)
In ebraico Kades ha le stesse lettere della parola Santo; e così "Queste sono le acque di Meriba, dove gli Israeliti contesero con il Signore e dove egli si mostrò santo in mezzo a loro." (Nm. 20,13)

Ho già evidenziato come brilla per la sua assenza ogni riferimento nel decriptato agli episodi raccontati nel libro dell’Esodo dal Capitolo 19 in poi e quindi non v’è cenno alla consegna della Torah.
Il decriptato, infatti, riprende in pratica con il libro dei Numeri al Capitolo 13 con l’invio dei primi esploratori nella terra promessa.
È assente cioè ogni racconto sulla teofania del Sinai e sulla consegna della legge, come se fosse un inserimento posteriore agli eventi raccontati in Rut; cioè una costruzione monarchica o successiva di quando lo stato giuridico s’era più consolidato.
C’è, allora e comunque, da chiedersi se il dono della Torah fu improvviso, o frutto d’accrescimento d’una parola germinata nel popolo per effetto, accompagnata ed impregnata, del continuo dono di Dio, iniziato con la manifestazione all’Horeb, da cui addirittura fece uscire l’acqua dalla roccia, ma poi continuato illuminando tante cuori che vi si si sino abbeverati, perché tutti poi là si sono abbeverati.
Questo parallelo è chiaro in Isaia, in cui Dio dice: "Come infatti la pioggia o la neve scendono dal cielo e non vi tornano senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare ... così sarà della parola ... non tornerà a me senza effetto ..." (Is. 55,10.11)
Tra l’altro vi sono tra quelle leggi, molti precetti e norme per un popolo insediato con stabili istituzioni, cioè in una realtà successiva al popolo nomade dei seicentomila al momento del tradizionale ricevimento.
Secondo l'ebraismo Dio, con la Torah ha dato 613 precetti tanti, quanti sono la somma dei giorni dell’anno 365 e delle ossa umane 248.
L’evento Sinai raccontato dalla Bibbia con la legge, peraltro, relativa è evento del XIII sec.a.C successivo di cinque secoli al Codice di Hammurabi (XVIII se.a.C.) che è in pratica coeva al periodo d’Abramo.
Questo codice in lingua accadica, con caratteri cuneiformi, inciso su una stele in diorite, scoperto a Susa nei primi anni del Novecento da una missione archeologica francese e conservata al Louvre è un corpo di leggi emanate dal re Hammurabi (1792-1750 a.C.) di Babilonia che compendia la tradizione giuridica preesistente, costituito da un prologo e da 282 disposizioni concernenti il diritto civile, penale e commerciale, disposte senza ordine sistematico.
Ad esempio, i comandamenti del decalogo, almeno per quelli non specifici rispetto a Dio, si trovano tutti in quel codice.
Nell'epilogo di quel codice è affermata l’intenzione del re, di dare giustizia al popolo, proteggere vedove e orfani ed evitare che il forte non opprima il debole.
Invero, nella tradizione ebraica c’è il pensiero che Dio, aveva dato leggi a Noè, di cui vi è qualche traccia nel libro del Genesi Capitolo 9, ed oggetto di trattazione nel Talmud; la Tosefta (discussione rabbinica) attribuita a Chiya bar Abba, nato verso il 160 d.C., è il primo libro di halacha a delineare le sette leggi o regole di convivenza che ciascun uomo deve assolutamente osservare che sono da seguire da tutti i popoli se vogliono considerarsi civili, il che garantisce a tutti i popoli di entrare tra i giusti ed avere diritto al Mondo a Venire, ma è pur vero, che il libro della Genesi è ormai riconosciuto di redazione successiva ad Esdra.
Secondo la tradizione ebraica, le sette leggi di Noè sono:

  • non commettere furti;
  • costituire tribunali;
  • non commettere omicidio;
  • non avere rapporti sessuali illeciti;
  • rispettare gli animali;
  • non commettere idolatria;
  • non bestemmiare.
In definitiva nasce la domanda a cui non potremo dare una risposta definitiva: quale è il reale corpus antico della rivelazione e quali sono gli apporti successivi, d’ordine legalistico giuridico, nati dalla prassi e fatti risalire a Mosè?
Risuonano nella mente le parola di Gesù: "Per la durezza dei vostri cuori Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli (Deut. 24,1), ma da principio non fu così." (Mt. 19,8) e "Avete inteso che fu detto dagli antichi" e lo ripete più volte nel discorso della montagna, proprio relativamente a norme fondamentali (Mt. 5,21.43).
Nel coloquio con la Samaritana, Gesù disse: "... i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori." (Gv. 4,23b) e commenta la nota della Bibbia di Gerusalemme: "Questo culto è 'nella verità', perché è l’unico che corrisponda alla rivelazione che Dio ne fa mediante Gesù", il che implica che solo Lui rivelerà il testo originale della rivelazione. Poi, c’è tutta la tensione del prevalenza della fede sulle opere della legge e della liberazione da parte del Cristo. (in Eb. 7,19)
"Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli." (Gal. 4,4.5), e nel contempo asserisce, con particolare impeto, "la legge non ha portato nulla alla perfezione".
I Vangeli tendono ad evidenziare come il succo della legge Mosaica si possa riassumere solo nella legge dell’amore.
"Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comndamenti dipende tutta la Legge e i Profeti." (Mt. 22,37-40; paralleli: Mc. 12,28-31 e Lc. 10,25-28)
"Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro; questa infatti è la Legge e i Profeti." (Mt. 7,12; parallelo in Lc. 6,31)
E proprio così dice il decriptato alla fine del versetto Rt. 2,7: "Per questi uscì un mattino l’Eterno nel tempo del mondo, per questi entrò di sabato nel mondo per aprire dentro l'esistenza della puro agire per amore."

Molte altre interessanti sorprese si troveranno cercando nelle pieghe nascoste degli altri due capitoli.
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