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DECRIPTAZIONE BIBBIA...

 
LA PERLA NASCOSTA NEL ROTOLO DI RUT
DEL CANONE EBRAICO

di Alessandro Conti Puorger
 

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INTRODUZIONE »
RUT CAP. 1 - UN POPOLO VIENE PARTORITO »
ANTEFATTI AL MIRACOLO DEL MAR ROSSO - Testo decriptato »
MIRACOLO DEL MAR ROSSO - Testo decriptato »
RITORNO AI LAGHI AMARI - Testo decriptato »
CONCLUSIONI »
RUT CAP. 2 - UN POPOLO CHE SI DISSETA DELLA PAROLA »
ARRIVANO GLI AMALECITI - Testo decriptato »
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INCONTRO CON IETRO - Testo decriptato »
I PRIMI ESPLORATORI - Testo decriptato »
DA MOSÈ A GIOSUÈ - Testo decriptato »
TORAH DONO CHE DISCENDE DALL'HOREB - CONSIDERAZIONI »
RUT CAP. 3 - CONSIDERAZIONI »
INCONTRO CON RACAB - Testo decriptato »
INCONTRO DI GIOSUÈ CON L'ANGELO, PROFEZIA - Testo decriptato »
A GERICO - Testo decriptato »
SULL'ANGELO DI GIOSUÈ (Gs. 5,13-15) - CONCLUSIONI »
RUT CAP. 4 - CONSIDERAZIONI »
DA GIOSUÈ A SAUL - Testo decriptato »
DAVID E GOLIA - Testo decriptato »
RE DAVID - Testo decriptato »
PROFEZIA SUL CRISTO - Testo decriptato »

CONCLUSIONE: GENEALOGIA TERRENA DEL CRISTO
La profezia sul Cristo chiara e precisa esce non come una novità, ma come a dire, guardate che tutta questa storia iniziata con l’uscita dall’Egitto, dopo Davide proseguirà e si compirà con ciò che è atteso, cioè con l’avvento del Cristo che verrà per amore.
La domanda è come ciò era atteso?
Nel Salmo 40, ad esempio, interpretato in senso messianico da San Paolo in Ebrei 105,s, si legge: "Non hai chiesto olocausto e vittima per la colpa. Allora ho detto: Ecco io vengo. Sul rotolo del libro di me è scritto, che io faccia il tuo volere. Mio Dio, questo io desidero, la tua legge è nel profondo del mio cuore." (Sal. 7b-9)
Sul rotolo del libro di me è scritto, è vero in senso stretto, come abbiamo verificato nei libri del Pentateuco (vedi "Perché cerco un segreto"); cioè il Cristo è profetizzato nel testo nascosto nella Torah, come il rotoletto di Rut nel testo nascosto del pari rileva.
In questo senso non è una novità, bensì una tensione interna ai sacri testi che viene colta in Rut.
Nel Vangelo di Matteo all’inizio del racconto della passione di Gesù, lui stesso disse nell’ultima cena "Il Figlio dell’uomo se ne va, com’è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito..." (Mt. 26, 24), ma le Bibbie commentate che sottolineano tutto, questo non lo commentano e lo lasciano cadere negli accenni generici dando per noto ciò che non è.
Matteo pochi versetti dopo riinvia al profeta Zaccaria citando il versetto Zc. 13,7. (vedi "Profezie nei Vangeli: il protovangelo di Zaccaria").
Entrambi questi libri della Bibbia, Rut e Zaccaria, riportano nel testo nascosto la passione del Cristo, come peraltro parlano di Lui tutte le Scritture scrutate in modo opportuno.

Il Vangelo secondo Matteo è il più utilizzato dagli autori cristiani del I sec. d.C. dall’evangelista scritto principalmente per i convertiti dal giudaismo con cui attesta che Gesù, figlio d’Abramo e di David è il Messia nel quale si compiono le Scritture.
I cristiani d’origine ebraica, legati alla fede e all'ambiente d’Israele, così potevano trovare aspetti d'insegnamento e di vita di Gesù che erano più congeniali alla loro formazione religiosa e così potevano gustare in pieno i collegamenti con le Scritture stesse.
Tradizione e studi consolidati affermano che un primo nucleo di quel Vangelo sarebbe stato scritto in aramaico (40 - 50 d.C).
Papia, vescovo di Gerapoli in Asia minore verso il 110 o 120, riferito dallo storico Eusebio di Cesarea (263-339), afferma che Matteo "ordinò i detti (del Signore) in dialetto ebraico, e ognuno li interpretò come poté".

S. Ireneo di Lione, della fine del Il secolo, scrive che "Matteo tra gli ebrei nella loro propria lingua pubblicò un vangelo scritto."
Origene riferisce che il primo vangelo si rivolge "ai credenti venuti dal giudaismo".
Lo stesso stile letterario e la familiarità con ambiente e cultura giudaica confermano il carattere ebraico del racconto.
A noi di questo Vangelo è pervenuta solo una redazione greca, già conosciuta nel primo secolo; per questo si parla di un "Matteo aramaico" e di un "Matteo greco".
Il primo pare che in sintesi sia "Il Vangelo degli Ebrei" che fu adottato poi dalle sette dei Nazareni ed Ebioniti passate poi nell’islamismo onde se ne trovano tracce nel Corano.
La redazione definitiva, in un ambiente cristiano a maggioranza ebraica e in una zona a nord della Palestina o in Siria, risalirebbe agli anni 80-85, ormai a distruzione di Gerusalemme avvenuta e tale edizione, in base a ritrovamenti a Qumran, sarebbe successiva al Vangelo di Marco.

Nelle considerazioni finali del Capitolo 2 di questo studio sul libro di Rut ho accennato a come nella formazione dell’Antico Testamento è possibile che su un cuore originario di scritti antichi siano state aggiunte parti, non solo descrittive, onde al messaggio che era di rivelazione è stata associata un’articolata normativa nata da prassi di vita vissuta necessaria per mantenere coeso il popolo.
Ciò portò a posizioni esasperate tanto che nel Vangelo di Giovanni si trova che è detto da farisei "Ma questa gente che non conosce la Legge e maledetta!" (Gv. 7,49), mentre Gesù asserisce: "Dio è spirito, e quelli che l’adorano devono adorarlo in spirito e verità" (Gv. 4,24).
C’era perciò l’attesa espressa dalla samaritana: "So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa." (Gv. 4,25)
È quello del Messia infatti l’originario annuncio, il filo rosso che unisce la Scrittura come una collana e che, se viene perso, non consente di trovare la perla preziosa.
Il libro di Rut è un pezzo importante di tale filo rosso, fondamentale nella storia della linea monarchica nata dal Re David, in quanto vi è raccontata la storia dei suoi bisnonni, Booz e Rut e dalla famiglia di David da cui è profetizzata la venuta del Messia (2Sam. 7,8-16; 1Cr. 17,3-14).
Un’attenzione per tale libro risulta nel Vangelo di Matteo al Capitolo 1 nella genealogia di Gesù (vedi "Numeri nei Vangeli e nell'Apocalisse: Annunci del Messia").
Abbiamo poi visto che nelle radici del libro di Rut, tra l’altro, c’è collegamento nel testo decriptato con la storia di Racab che accolse gli esploratori inviati da Giosuè.
Come conferma di tale pensiero s’è osservato che, inopinatamente, il nome di Recab appare proprio nella stessa dinastia riportata da Matteo.
Questi rispetto alle genealogie di Cr. 3,3-14 e dello stesso libro di Rut (4,18-22), inserisce il nome di Racab oltre quello di Rut: "Giuda generò Fares ... da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadab, Aminadab generò Naasson, Naasson generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re David. Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Uria." (Mt. 1,3-6)
Per il levirato Booz subentra ai figli di Elimelek ed è come se Noemi avesse avuto un altro figlio il che sottolinea il libro di Rut al versetto Rt. 4,17 con "E le vicine dissero: È nato un figlio a Noemi! Essa lo chiamò Obed: egli fu il padre di Iesse, padre di Davide" si che il nome al neonato lo diede Noemi stessa.
Il nome Elimelek in cui c’è Dio è re è di per sé tutto una profezia.
Il nuovo figlio Noemi, ha sostituito le funzioni dei figli morti (Rt. 1,2) Maclon e Chilion cioè rispettivamente di "languore e consunzione ", soppiantati da Booz "casa forte ".
Cioè se Booz è di fatto il padre d’Obed, essendo la nonna Noemi il nonno è Elimelek; è come se Booz ora avesse quattro genitori Salmon e Racab, di cui dicono le genealogie, e Noemi ed Elimelek.
Tale gioco di personaggi doppi è nello spirito del testo doppio, esterno e nascosto.
Noemi allora corrisponde a Racab ed Elimelek a Salmon e quest’ultimo nome nasconde all’interno quello del noto re, figlio e successore di David, cioè Salomone che in ebraico è ; così anche tale nome viene legato a alla profezia del nome Elimelek e la profezia in questo caso è "Dio sarà di re a Salomone () a portare l’energia ."

Nelle lettere delle genealogia che procede da Giuda a Salomone è preparato un evento predestato negli antenati che poi si avvererà; re di Gerusalemme , quindi re di pace .
Ciò venne recepito e sintetizzato in Gen. 14 in forma profetica nell’incontro di Abramo con Melchisedek, avvenimento colto da San Paolo nella lettera agli Ebrei, e riferito a Cristo, quando dice: "Questo Melchisedek, infatti, re di Salem, sacerdote del Dio Altissimo, andò incontro ad Abramo mentre tornava dalla sconfitta dei re, e lo benedisse; a lui Abramo diede la decima di ogni cosa; anzitutto il suo nome tradotto significa re di giustizia; è inoltre anche re di Salem, cioè di pace." (Eb. 7,1.2):
La casa di David, giunta al potere, si è creata un mito sviluppato con acutezza da Salomone che aveva nel Tempio da lui costruito posto ai lati, davanti al vestibolo, due colonne i cui nomi erano Iachin "è solida" e e Booz "con forza", coincidente questa col nome d’un suo avo (1Re 7,21;2 Cr. 3,17).
In Noemi nei i segni del nome c’è poi una traccia dell’idea della coincidenza con la figura Recab, in quanto è quella dove: "gli inviati del popolo stettero "; inoltre, per la tradizione ebraica Recab è una donna bellissima ed il nome di Noemi in ebraico indica "soavità, bellezza, grazia, essere pacevole e simili".
Per chiudere il cerchio mancano ancora alcuni passaggi.
Abbiamo anche visto Racab che accolse gli esploratori inviati da Giosuè, secondo la tradizione rabbinica, confermata dal testo nascosto, sposò la stessa Racab.
Per tutto quanto detto se si desse credito a tale idea si verificherebbe allora identità tra Giosuè e Salmon; seguiamo un attimo tale pensiero.

Dai racconti biblici si ricava che Iahwèh si servì di due uomini eccezionali che operarono per la nascità d’Israele:

  • Mosè che fece uscire il popolo dall’Egitto;
  • Giosuè introdusse il popolo nella terra promessa.
Entrambi tali eventi si verificano con l’apertura delle acque, il primo del Mar Rosso ed il secondo con le acque del Giordano.
Mosè era della tribù di Levi.
Giosuè (genealogia in 1Cr. 7,20-27) figlio primogenito di Nun, (nome uguale a quello d’un dio egizio) era della tribù d’Efraim, tribù potente per origine, che con quella di Manasse, discendeva dal vice faraone Giuseppe, figlio d’Israele.
Mosè lo scelse nella battaglia contro Abimelek (Es. 17,8-13), gli fu assistente nella tenda del convegno (Es. 33,11), ed è da pensare, viste queste scelte che, considerato il decriptato del Capitolo 1 di Rut, fosse capo degli armati che uscirono dall’Egitto.
Giosuè, che fin da giovane segui Mosè, si chiamava Osea, e Mosè gli cambiò nome da Osea in Giosuè (Nm. 13,14), fu uno dei 12 che Mosè mandò ad esplorare la terra promessa e con Caleb s’oppose alla maggioranza (Nm. 14,6-10) che non volle entrare presa da paura.
Per volere di Dio solo questi due entrarono nella terra promessa sopravvivendo a tutta la generazione uscita dall’Egitto, compresi Mosè, Maria ed Aronne che morirono prima.

Giosué portò perfettamente l’incarico; entrò, sbaragliò i nemici e spartì le terre tra le tribù ed ebbe la funzione di primo re.
Sull’importanza del suo ruolo, parì a quello di Mosè, cito solo che:
  • appena morto Mosè, Dio tra l’altro gli disse "Nessuno potrà resistere a te per tutti i giorni della tua vita; come sono stato con Mosè, così sarò con te, non ti lascerò ne ti abbandonerò." (Gs. 1,5);
  • prima d’attraversare il Giordano per entrare nella terra promessa Dio gli disse "Oggi stesso comincerò a glorificarti agli occhi dui tutto Israele, perché sappiano che come sono stato con Mosè, così sarò con te." (Gs. 3,7);
  • "In quel giornoil Signore glorificò Giosuè agli occhi di tutto Israele e lo temettero, come avevano temuto Mosè in tutti i giorni della sua vita." (Gs. 4,14)
Quanto fece Mosè lo fece anche Giosuè anche sotto l’aspetto della legge che ovviamente implementò, come poi fece ciascun re, "in quel giorno concluse un’alleanza con il popolo e gli diede uno statuto ed una legge in Sichem. Poi scrisse tutte queste cose nel libro della legge di Dio." (Gs. 24,25s)
Al tempo della monarchia il ruolo di Giosuè fu molto importante ed a questi s’ispirarono i re; infatti, si legge che al tempo di Saul, Samuele espose la legge del Regno (1Sam. 10,25) poi il re Giosia particolarmente illuminato, ritrovò il libro della legge e produsse un risorgimento nazionale.
Giosuè morì a 110 anni (Gs. 24,29) e tale età, che rappresentava la lunghezza di vita ideale per gli Egiziani, è perciò un’idea convenzionale che viene dall’Egitto.
Nelle "Storie favolose alla corte di Cheope" papiro Westcar del XVII sec. a.C. che si trova a Berlino che tratta della nascita sovrannaturale di tre figli che costituiscono il cambio dalla dinastia dai grandi costruttori di piramidi a quella degli adoratori del sole con i santuari di Abusir e Ghiza (cioè dalla IV alla V dinastia) trovo il riferimento ad un vecchio di 110 anni, prospero, con molto appetito, cioè con forza giovanile.
L’età di 110 anni fu raggiunta anche da Giuseppe in Egitto (Gen. 50,26) "Poi Giuseppe; antenato di Giosuè, morì anche lui all’età di 110 anni; l’imbalsamarono e fu posto in un sarcofago in Egitto".
Le due idee sono collegate tant’è che nel libro di Giosuè, subito dopo la morte dello stesso Giosuè è detto che le ossa di Giuseppe portate, dall’Egitto, furono seppellite a Sichem (Es. 24,32).
Tutto ciò per dire che Giosuè fu un re a tutti gli effetti!

È riconosciuto che il testo biblico dell’Antico Testamento così come pervenuto è il risultato di aggiunte e variazione d’inserimenti e rifacimenti, prodottisi nei secoli da parte di chi, sacerdoti e/o re, poté accedere ai sacri testi finché tutto fu bloccato nel "testo Masoretico".
Dai fatti storici letti in modo pragmatico si può anche ricavare una nascosta rivalità tra potere religioso e politico, che però trapela solo in modo soft dai testi storici.
Mosè, Giosuè, poi nessun re, il potere religioso cerca di riprendere spazio, all’occorrenza si ergono giudici e generali, ma senza che riescano ad arrivare al regno, Saul, ripensamenti, Davide, la monarchia forte, l’indebolimento, l’esilio, Esdra e Nemia... poi negli ultimi tempi gli esseni di Qumran che vogliono tornare alla purezza originaria e sono in aperto dissidio con la casta sacerdotale e col Tempio.
Di fatto solo quando i due poteri camminarono uniti si ebbe la stabilità e il massimo fulgore fu al tempo di Salomone che restò nell’immaginario ebraico simbolo, con Davide, dell’età dell’oro.

Si può così comprendere l’interesse dei re discendenti di David d’avere collegamenti nella loro genealogia, almeno nei testo nascosti, con Giosuè, questo grande personaggio, che costituisce di per sé profezia di chi farà entrare nella vera terra promessa, cioè del Messia.
Ora nella tradizione ebraica il Messia della casa di Davide verrà preceduto da un Messia della casa di Giuseppe che guiderà Israele nella guerra contro Gog e Magog (popoli di cui è detto in Ez. 38,2).

E Gesù che ha lo stesso nome di Giosuè , ha Recab nella genealogia di Matteo Capitolo 1, che per la tradizione avrebbe sposato Giosuè della casa di Giuseppe, ed il padre putativo di Gesù è un Giuseppe, ma nel contempo è della famiglia di Davide.

Così per le tradizioni anche le più nascoste Gesù rispetta tutti i canoni e Lui è il Messia delle due venute, una nel nascondimento - da Giuseppe ed una nella gloria, alla fine dei tempi, che sarà riconosciuto da tutti - da Davide.

Dopo questi pensieri riandiamo alla genealogia di Gesù "Giuda generò Fares ... da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadab, Aminadab generò Naasson, Naasson generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re David. Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Uria." (Mt. 1,3-6)
Le quattro donne di cui abbiamo parlato, sono tutte qui raggruppate e proviamo ora a sostituire Salmon = Giosuè e Salomone = Gesù; si avrebbe "Giosuè generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re David. Davide generò ... Gesù" e questa è la profezia che vuole essere evocata per farla costatare compiuta in Gesù di Nazaret.
I segni dicono:
  • Salmon = , "illuminazione potente ai viventi portò da inviato (esploratore) " e questi è Giosuè;
  • Salomone = , "trarrà fuori () i viventi dal mondo " e questi è il Messia, Gesù.
Resta poco ancora da dire, se non mettere in evidenza che quanto descritto nel decriptato si ferma al momento della profezia di Natan in 2 Sam. 7, poco dopo il 1000 a.C.
Chi ha scritto Rut?
Forse Salomone?
Lui certo era in grado!

Lo stile peraltro è simile a quello che si trova nella decriptazione del Cantico dei Cantici che esplicitamento dice di sé d’essere stato scritto da Salomone; ma di ciò parlerò in altra occasione.
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