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PREMESSE
Nella Bibbia, tra le tante perle che vi si trovano, c’è anche un poema d’amore.
"Le grandi acque non possono spegnere l'amore né i fiumi travolgerlo.
Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell'amore,
non ne avrebbe che dispregio."
(Dal Cantico dei Cantici 8,7)
Basta questo versetto per sospettare che non è l’eros il motore dell’evento.
Sì, il "Cantico dei cantici", "Shir ha-Shirim"
risponde alle attese; vale a dire è proprio il canto più bello od il cantico più grande, il cantico eccelso.
È questo, pure noto come Cantico di Salomone, perché così si autodefinisce nel primo versetto "Cantico dei cantici, che è di Salomone" (Ct. 1,1), costituito da una serie di poemetti amorosi su un amato, lo Sposo ed un’amata, la Sposa che s’incontrano, si perdono, si ricercano e si ritrovano.
Lo scritto, di alta poesia, si sviluppa in 8 capitoli, per complessivi 117 versetti.
Ci sono state varie proposte d’interpretazione del Cantico, quale poema erotico alla stregua di componimenti di analogo soggetto preesistenti nella letteratura antica Egiziana e del vicino oriente.
Da alcuni, in particolare è stato accostato ai poemi d’amore del panteon sumerico, secondo cui Tammuz, amante della dea madre Ishtar, dio del grano e della vegetazione, moriva ogni inverno e rinasceva ogni primavera.
La dea, infatti, ogni anno così riusciva a fuggire dagli inferi offrendo la vita dell’amante in luogo della propria, com’è detto nel poema "La discesa d’Ishtar agli inferi".
Tammuz, pastore, era chiamato Adonai (mio Signore) e grandi feste in primavera celebravano la sua risurrezione dalla morte.
In queste feste alcune donne, alla stregua delle prefiche greche, piangevano, si strappavano i capelli e le vesti, com'è anche cenno al versetto 8,14 del profeta Ezechiele ove il Signore mostra al profeta le nefandezze del paese, tra cui: "Mi condusse all’ingresso del portico della casa del Signore che guarda a settentrione e vidi donne sedute che piangevano Tammuz".
L’unico parallelismo col Cantico è però nel soggetto amoroso e, se ci fosse stato un intento del genere, l’inserimento nella Bibbia paleserebbe l’intenzione d’asserire, pur non nominandolo, che il Dio d’Israele compie gesta superiori a quelle attribuite a tutti i falsi idoli, compresi Isthar e Tammuz.
Questo Cantico dei cantici - con i libri di Rut, Ester, Lamentazioni ed Ecclesiaste - è uno dei cinque libri della Bibbia canonica ebraica definiti megillot, vale a dire rotoletti, perché originariamente letti in sinagoga da rotoli separati scritti dagli scribi.
Di certo è che il Cantico è opera di un grande scriba, altamente poetica.
I riferimenti espliciti nel testo vogliono condurre allo stesso Salomone, alla cui sapienza sono stati fatti risalire altri libri della Bibbia quali i Proverbi, l’Ecclesiaste e lo stesso libro della Sapienza, in linea a quanto dice il I° libro dei Re (5,12).
L’amato è chiamato "re" (Ct. 1,4.12) e "Salomone" (3,7.9), l’amata è detta "la sulammita" che porta a ricordare la fanciulla che curò e servì il re David in vecchiaia (1Re 1,3; 2,21-22) e ha il nome che è pressoché un femminile di Salomone.
Questo è un esplicito richiamo, quale punta di un iceberg, alla storia d’Israele, ma vedremo che c’è di più.