parti precedenti:
INTRODUZIONE »
I PATRIARCHI PRE E POST DILUVIO »
ANTEFATTI AL DILUVIO - CORRUZIONE DELL'UMANITÀ »
L'ACQUA DEL DILUVIO »
L'ALTRA FACCIA DEL DILUVIO »
DILUVIO, INIZIO DI UN TEMPO NUOVO »
L’ARCA »
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CONCLUSIONI
Segnalo che nella citata Sura del Corano n° XXI Al-Anbiyâ' tra i profeti è anche Giona (in arabo Yùnus) al versetto 87: "E l'Uomo del Pesce, quando se ne andò irritato. Pensava che non potessimo niente contro di lui. Poi implorò così nelle tenebre: Non c'è altro Dio all'infuori di Te! Gloria a Te! Io sono stato un ingiusto!"
Interessante è che:
- in "Quello del pesce" cioè "Dhû 'n-Nûn", appaiono le lettere del dio Nun emanatore delle acque di cui abbiamo parlato collegato al profeta Giona;
- tale titolo fu assunto quale soprannome dall'Egiziano Abû 'l-Fayd Thawbân ibn Ibrâhîm Dhû 'n-Nûn al-Ikhmîmî al-Misrî, vissuto tra VIII e IX secolo d.C., che fu uno dei primi sûfî, inquisito per le sue dottrine e per i suoi metodi, ma incarcerato, venne liberato con onorificenza, autore della classificazione degli stati e delle stazioni mistiche classica nel sufismo, e gli sono attribuite opere d'alchimia e di "scienze delle lettere".
Questo personaggio, nato a Ikhmîm, nell'alto Egitto a 460 chilometri dal Cairo, morto a Gizeh, sulla riva sinistra del Nilo, dove c’è la Sfinge e la grande piramide, vissuto nel crogiolo formativo delle culture egiziana - ebraica - islamica, avvicinò il tema di Giona, quindi di Noè, e di Nun al soprannome, ed è interessato alle lettere ed a temi sviluppati in campo ebraico con la cabbalàh che ebbe le massime espressioni nel XII-XIII secolo d.C.. (Sul tema dell’alchimia e della cabbalàh vi sono idee preconcette, e poco si entra nel succo del perché nacquero tali ricerche da saggi delle tre religioni che si rifanno alle sacre scritture ebraiche, avvicinandosi alle lettere formative del testo. Vedi: "L’uomo nuovo: sogno e realtà d'un alchimista cristiano" e "Se l’uomo viene dal cielo là torna").
Il soprannome di quel saggio mi ha portato a considerare l’immaginario di chi viveva nella zona del delta nel Nilo.
Su l’uomo pesce che poi nasconde il padre Abramo, approfondirò il tema in "Vangeli, profezie attuate dal Cristo" nel paragrafo "Battesimo e le tentazioni", che è on preparazione, perché il tutto è una sinfonia unica ed ogni elemento ha tantissime connessioni.
Storicamente parlando, un diluvio universale, con la morte di tutta l’umanità da collocare 3700-3800 anni a.C., è contro la verità e, indipendentemente dalla datazione, al massimo si può ammettere che l’idea che ha prodotto il racconto esterno si poggi su eventi locali realmente accaduti.
Forse un’alluvione d’eccezionale violenza, causata da piogge insolitamente copiose e persistenti in concomitanza di un’inondazione per piena eccezionale del Nilo nei pressi del delta, in presenza di forti venti da Nord con poderose ondate verso gli sbocchi nelle ore d’alta marea, per la conformazione del suolo a scarsi rilievi, poteva rappresentare un vero diluvio per gli abitanti del Basso Egitto, specialmente del Gosen.
Archeologi e geologi hanno concluso che la roccia base della famosa Sfinge fu dilavata da acque, attorno a 10.000 anni fa.
Nell’immaginario degli Egiziani, che vissero in quell’area molti millenni dopo, da quella realtà dell’acqua che poteva entrare nel deserto e superare i rilievi esistenti poterono immaginare l’idea d’una gran catastrofe universale del passato e gli Ebrei vissero laggiù circa 3250 anni fa, fino circa al XIII secolo a.C., e se tutto ciò per gli Egiziani era accaduto ad opera del dio Nùn, l’autore vero non poteva che essere stato Iahwèh, che voleva punire i cattivi.
Quanto ventilato potrebbe essere stato il motore che ha spinto l’autore del Genesi a quel midrash, capovolgendo l’idea di partenza in un evento spirituale, premonitore di salvezza per gli Ebrei, che da quell’area furono poi salvati col miracolo dell’apertura del Mar Rosso.
Volendo però dare attendibilità completa a quanto descrive il Genesi, il diluvio universale è vero in assoluto solo se riferito ad un evento spirituale che implica:
- l’intenzione di Dio di farsi coinvolgere nella storia dell’uomo;
- il perdono;
- il riversarsi della sua grazia.
Pochi però si resero conto di quella buona notizia e ne furono salvati, sfuggendo alla sorte della morte grazie alla fede nella risurrezione e vissero forti in questa speranza, mentre i più rimasero con l’idea di fine incombente, quindi, pur se vivi, di fatto, attendevano solo la morte.
La prima venuta del Figlio dell’Uomo fu anch’essa come un diluvio che recò la buona notizia della grazia, ma anche allora chi credette e/o crede secondo il Vangelo è "salvato", e chi non credette e/o crede è restato nel vecchio mondo ove impera la morte senza speranza; infatti "Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di Lui. Chi crede in Lui non è condannato, ma chi non crede è già stato condannato" (Gv. 3,17.18a).
Lungo il mare di Galilea Gesù, infatti, annunciava "Il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo" (Mc. 1,15) che è la buona notizia che non siete abbandonati da Dio e ... c’erano attorno a lui apostoli e barche, figura dell’arca e del vascello della salvezza.
Detto tutto quanto precede sulle varie sfaccettature di questa pietra preziosa del racconto del diluvio, ad evitare lungaggini, dopo la presentazione del testo decriptato dei Capitoli 6, 7 e 8, riportato in appendice, non farò ulteriori commenti.
Il testo della decriptazione ottenuta, peraltro, è molto eloquente.
La sua lettura fa comprendere che è solo frutto del testo di partenza, di cui rispetta tutte le lettere, e che senza di quello non si sarebbe potuto produrre.
Le conclusioni le lascio al lettore, perché appunto volontà dell’autore biblico del Genesi è che vi siano più interpretazioni.
Tutte portano ad una conclusione: Dio salva.
È il custode dell’uomo, lo porterà alla pienezza della Sua conoscenza.
A noi resta solo un compito: "Temere Dio, questo è sapienza e schivare il male, questo è intelligenza." (Giobbe 28,28)