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Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraicheDecriptazione Bibbia - Clicca qui per consultareParlano le lettere

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LA TORAH ANNUNCIA L'EPOPEA DEL MESSIA
di Alessandro Conti Puorger

Nel corso della mia personale ricerca sulla possibilità di leggere anche in altro modo i rotoli canonici sacri ebraici scritti con le 22 lettere di quel alfabeto, la cui idea ho sviluppato in "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche" e presentato con risultati in questa rubrica "Decriptare la Bibbia" di Edicolaweb, mi sono imbattuto in tanti pensieri e commenti sulla sacralità della Torah , vale a dire sui primi cinque libri della Bibbia, detti anche il "Pentateuco".

Di seguito fornisco cenni integrativi a quanto su ciò ho inserito negli articoli sinora presentati per far gustare ancor meglio il pathos che circola su tali testi in rotoli, scritti tutti oltre XXV secoli fa, che originariamente avevano formalismi di presentazione molto diversi dagli attuali.
È noto, infatti, che i più antichi testi della Torah erano scritti senza suddivisione di parole, senza lettere indicanti fine parola e tutte equi-spaziate, senza puntature per la loro vocalizzazione od altro, onde in pratica costituiscono una unica stringa di 304.805 caratteri, così suddivisa tra i vari libri che la formano:

  Genesi

78.064 

  Esodo

63.529 

  Levitico

44.790 

  Numeri

63.530 

  Deuteronomio

54.892 

  Tutto il Pentateuco

304.805 


L'aver reciso il testo lineare continuo con quelle parole che provocano la lettura alla base della traduzione consolidata, di fatto è anch'essa a tutti gli effetti una decriptazione, ma non è l'unica soluzione.
Lo stesso testo si può, infatti, suddividere in altre parole.
In "Parlano le lettere" e in "I primi vagiti delle lettere ebraiche nella Bibbia" ho poi chiarito che anche le singole lettere sono apportatrici di un messaggio grafico e quindi già individualmente sono capaci di evocare immagini che provocano ulteriori interpretazione del testo sacro.
Ciò, unito al recisione delle lettere del testo in altro modo, provocando altre parole, è capace di rivelare l'altra faccia di quella luna.
Osservarono gli antichi rabbini "Sappiamo che prima che fosse creato il mondo non esisteva la pergamena perché non esistevano gli animali, allora come fu scritta la Torah? Con il dito del Santo-sia-benedetto con fuoco bianco inciso su fuoco nero", il che fa comprendere quale tensione e sacralità s'è accumulata su tale testo.
Eccezionale fu pertanto l'opera dei rabbini Masoreti ("tradizionali") fra il I secolo a.C. ed il X secolo d.C. per la conservazione del testo sacro detto Testo masoretico, cioè la Bibbia ufficialmente in uso fra gli ebrei, utilizzata per traduzioni dell'Antico Testamento anche da parte cristiana, testo che ha talvolta alcune variazioni rispetto alla più antica versione greca, detta dei Settanta.
I Masoreti avevano applicato una complicata prassi per la copiatura, fissando le norme per il tipo di pergamena, le corde per legarla, la ricetta per l'inchiostro e chiedevano il rispetto di regole per la copiatura dei rotoli della Legge, del tipo:

- ogni pergamena deve contenere lo stesso numero fisso di colonne;
- la colonna deve avere tra 48 e 60 righe;
- lo scriba non deve deviare dall'originale autenticato di riferimento;
- nessuna parola né lettera, nemmeno uno iod, deve essere inventata;
- tra ogni lettera si deve lasciare lo spazio pur se piccolo;
- tra due paragrafi si lasci lo spazio di nove consonanti;
- tra un libro e il successivo si lascino tre righe;
- il quinto libro di Mosè deve terminare con una riga;
- lo scriba deve essere lavato e vestito secondo tradizione.

Avevano anche istituito un sistema di verifica dei rotoli, cioè dei Codici.
Effettuavano, infatti, particolari controlli per assicurare la massima precisione nella trasmissione del testo sacro, come contare quante volte ogni lettera dell'alfabeto compariva in un libro e verificare quale lettera si trovava a metà di ogni libro.
Sapevano quanti erano i paragrafi, le parole e le lettere del singolo libro, conoscevano quali versetti contenevano tutte le lettere e quali ne solo una parte, ecc. e, quando non conforme, il testo era bandito dal servizio sacro e destinato in genere ad esser sepolto o bruciato.
Nessun altro documento è stato trasmesso con tale cura, prova ne sono i rotoli ritrovati nelle grotte di Qumran del Mar Morto.
Prima di tale scoperta il testo più antico conservato era del X secolo d.C. e visto che il Genesi è del V secolo a.C., c'erano 1300-1400 anni tra testo originale non noto e la copia più antica nota.
Si pensava così che la Torah e l'intero A.T. avessero la stessa affidabilità alquanto relativa di altre opere antiche.
Il confronto con i rotoli del Mar Morto, che ha ridotto di un millennio quel periodo perché gli scritti ritrovati sono del I secolo a.C. o più antichi, il che ha permesso di confermare l'assoluta accuratezza del testo a disposizione, che è passato senza alterazioni da una generazione all'altra.
Ad esempio, il rotolo di Isaia trovato a Qumran nel 1947 ha rivelato una corrispondenza al 95% con il più antico precedentemente noto, il rimanente 5% sono variazioni ortografiche o lapsus, ma il messaggio non ne subisce conseguenze.
Il fatto che le lettere ebraiche si riferiscono solo a consonanti e nei testi sacri canonici non hanno una forma corsiva come in italiano, in cui le lettere delle singole parole di fatto si scrivono a mano di continuo attaccate le une alle altre, mentre la regola dei Masoreti era di lasciare tra una e l'altra almeno un filo piccolo pur come un capello, la dice lunga sul fatto che questi non erano del tutto consenzienti a quanto entrato in uso nel leggere la Bibbia utilizzando una traduzione codificata come quella detta dei settanta, ma ne lasciavano la possibilità. (Vedi: "Tensione dell'ebraismo ad una Bibbia segreta" e "Il cristianesimo di fronte ad una Bibbia segreta").

Altre regole erano le seguenti:

- il nome di Dio non si deve scrivere con penna appena intinta;
- mentre si scrive il Nome non si deve prestare attenzione nemmeno al re.

La prima mi dice che quel Nome è da collegarsi nel continuum della frase in quanto col criterio della decriptazione può anche non necessariamente voler indicare quel Nome, ma può vedersi scritto con elementi separati, mentre la penna intinta crea una discontinuità che potrebbe non volerci.
La seconda regola poi evidenzia che quel Nome merita priorità davanti a qualsiasi autorità del mondo.
Su quel Nome di Dio: (Yod, he, waw, he) detto "Tetragramma sacro", c'è, infatti, una tensione particolare perché nell'ebraismo, conoscere il nome significa è in un certo senso conoscere la realtà più profonda del suo essere, vocazione, missione e destino quasi avere potere su di lui.
Per tale motivo il Nome di Dio, che indica la sua essenza stessa, è considerato impronunciabile dagli ebrei.
Solo il Sommo sacerdote lo poteva pronunciare nel giorno di Kippur (espiazione), nel Tempio di Gerusalemme quando faceva la confessione dei peccati per sé, per i sacerdoti e per la comunità e: "Quando i sacerdoti e il popolo che stavano nell'atrio, udivano il nome glorioso e venerato pronunciato liberamente dalla bocca del Sommo Sacerdote in santità e purezza, piegavano le ginocchia e si prostravano e cadevano sulla loro faccia ed esclamavano: Benedetto il suo Nome glorioso e sovrano per sempre in eterno" (Talmud - Jomà, VI,2).
La vocalizzazione del tetragramma è del tutto arbitraria, dal momento che non se ne conosce l'esatta pronuncia.
Nella Bibbia ebraica il Nome con le quattro consonanti: JHWH è citato 6.828 volte, ma la sua vocalizzazione appunto è sconosciuta.
Nei testi sacri in effetti le vocali furono aggiunte in epoca tarda (VI-VIII secolo d.C.) dai Masoreti stessi che sotto quelle lettere posero i puntini delle vocali della parola Adonai, "Signore", e la tradizione e suggerisce di dire in suo luogo del tetragramma sacro "Adonai", cioè "Signore" o di pronunciare un altro titolo divino.
Il Catechismo CEI osserva: "Per rispetto ai nostri fratelli ebrei questo catechismo invita a fare altrettanto e in ogni caso riduce all'indispensabile l'uso del tetragramma sacro" (48,6) e Giovanni Paolo II disse ("Via Crucis" Venerdì Santo - 30 marzo 1986) "Quel Nome che neppure io voglio pronunciare per rispettare il desiderio del popolo ebraico".
I saggi d'Israele insegnarono: Guarda e osserva che non troverai nella Torah nessuna parola sulla quale non si possano raccogliere montagne di commenti. Anche quelle cose che sembrano inutili nella Torah, come i sottilissimi tratti delle lettere, sono monticelli su monticelli, volendo significare così che, se cambi una sola virgola della Torah, puoi cagionare la distruzione del mondo e fare di esso una grande montagna, ma anche per farti sapere che è possibile accatastare montagne di interpretazioni su un semplice segno delle lettere della Torah.
Ogni testo della Scrittura contiene innumerevoli significati, come è scritto: "Essa infatti non è una parola senza valore per voi" (Deut. 32,47) ed è pure scritto: "Una parola ha detto Dio, due ne ho udite: il potere appartiene a Rabbi. Ismael insegnava: Come un martello fa scaturire infinite scintille, così lo studio della Torah fa scoprire un'infinità di significati, com'è scritto: "Come un martello che spacca la roccia." (Ger. 23,29)
Rabbì Jochanan dice: Che cosa significa ciò che sta scritto: "Il Signore ha dato una parola, annunci per un'armata numerosa" (Sal. 68,12)?
Ogni parola che usciva dalla bocca della Potenza sul monte Sinai si divideva in settanta lingue. È stato insegnato nella scuola di Rabbì Ishmael: "Non è forse così la mia parola: come il fuoco, oracolo del Signore, e come un martello che frantuma la roccia?" (Ger. 23, 29). Come questo martello sprigiona molte scintille, così pure ogni parola che usciva dalla bocca della Potenza si divideva in settanta lingue" (b.Shabbat 88b).
Sono altri due per G. Scholem, i principi cabalistici sulla natura della Torah.
Oltre quello dell'infinita ricchezza di significato della parola divina c'è anche quello della Torah come organismo.
La Torah cioè è un organismo vivente che ha una vita segreta sotto la veste esteriore del significato letterale, in infiniti strati, incarnazione della sapienza divina, dalla quale provengono infiniti raggi e non contiene una lettera superflua.
Secondo la testimonianza di Filone: "l'intera Torah (nomothesia) si presenta a questi uomini (ebrei) come un essere vivente; dove il senso letterale è il corpo, ma l'anima è il senso segreto che sta alla base della parola scritta.
Altro principio è che la Torah è il nome di Dio, vale a dire vi avrebbe dato l'espressione trascendente di quella parte o aspetto del suo essere che può essere rivelato alla creazione e attraverso di questa.
In tal senso la Torah è di più del documento scritto con l'inchiostro su un rotolo di pergamena, ma è ritenuta da tali mistici emanazione d'una preesistenza che ha preceduto ogni altra cosa del mondo.
In questo senso Torah = è profezia di ciò che vuole operare, il disegno che, con immagine antropomorfa, Dio dall'eternità ha nella mente, cioè "il segno/disegno che porterà dalla testa/mente ad uscire ".
In senso cristiano palesa di Dio "il disegno di portarsi in un corpo nel mondo " od anche "il compimento che porterà con il corpo nel mondo ", come dice Gesù nel Vangelo di Matteo 5,17.

Si trova in "Mistica Ebraica", Einaudi: "...Il Signore, benedetto Egli sia ... A che si può paragonare? A un re che desiderava costruire il proprio palazzo su rocce dure: tagliò i massi e fendette le pietre finché sgorgò davanti a lui una grande sorgente di acque vive. Egli disse allora: poiché dispongo di acqua sorgiva, pianterò un giardino, per trarne diletto insieme al mondo intero."
Questa è in definitiva l'immagine che risulta dal midrash sulla creazione dei primi capitoli del Genesi.
Gli stessi saggi si sono domandati: cosa significa la benedizione che Dio ha dato dopo la creazione?
"È simile a un re che piantò alberi nel proprio giardino: benché cadesse la pioggia e venisse assorbita, e il terreno ne fosse sempre umido e impregnato, nondimeno egli dovette attingere a una fonte..."
Dio poi "Prese l'uomo e lo pose nel giardino dell'Eden perché lo coltivasse e lo custodisse:" (Gen. 2,15)
Ma gli alberi che davano ogni tipo di frutto crescevano da sé e "Un fiume usciva da Eden" (Gen. 2,10) e si divideva in quattro rami.
Allora che significa coltivare custodire?
Non significa altro che occuparsi della Torah e custodire il cammino all'albero della vita, perché l'albero della vita è la Torah, com'è scritto. "È un albero di vita per chi ad essa s'attiene." (Pr. 3,18)
L'acqua viva è così l'immagine della Torah che alimenta di vita il giardino dell'Eden il cui frutto è l'immortalità che appunto spunta dall'albero della vita.
Questo pensiero, in effetti, si ricava dal combinato del Genesi e del primo Salmo in cui è detto:

"Beato l'uomo che non segue il consiglio degli empi,
non indugia nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli stolti;
ma si compiace della legge del Signore,
la sua legge medita giorno e notte.
Sarà come albero piantato lungo corsi d'acqua,
che darà frutto a suo tempo
e le sue foglie non cadranno mai;
riusciranno tutte le sue opere
.
Non così, non così gli empi:
ma come pula che il vento disperde;
perciò non reggeranno gli empi nel giudizio,
né i peccatori nell'assemblea dei giusti.
Il Signore veglia sul cammino dei giusti,
ma la via degli empi andrà in rovina." (Salmo 1)

Interessante è che il Salmo successivo il n° 2 inaspettatamente introduce subito il tema del Messia:

"Perché le genti congiurano, perché invano cospirano i popoli?
Insorgono i re della terra e i principi congiurano insieme
contro il Signore e contro il suo Messia:
Spezziamo le loro catene, gettiamo via i loro legami.
Se ne ride chi abita i cieli, li schernisce dall'alto il Signore.
Egli parla loro con ira, li spaventa nel suo sdegno:
Io l'ho costituito mio sovrano sul Sion mio santo monte.
Annunzierò il decreto del Signore.
Egli mi ha detto: Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato.
Chiedi a me, ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra.
Le spezzerai con scettro di ferro, come vasi di argilla le frantumerai.
E ora, sovrani, siate saggi istruitevi, giudici della terra;
servite Dio con timore e con tremore esultate;
che non si sdegni e voi perdiate la via.
Improvvisa divampa la sua ira.
Beato chi in lui si rifugia." (Salmo 2)

Il fatto che il 1° Salmo parla di acqua ed il secondo del Messia è stato colto dai Vangeli che vogliono nelle loro pagine sottolineare l'evento atteso, vale a dire che il Logos, la Parola, la Torah preesistente (Gv. 1,1), s'è incarnata e che lo Spirito Santo come colomba si è palesato in una persona all'uscita dell'acqua del Giordano. (Marco 1,9-11, Mt. 3,3-17, Lc. 3,21.22, Gv. 1,32-34)
Quel "Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato" del Salmo 2 è palesato in quel momento dai sinottici con "Tu sei mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto" (Lc. 3,22b) e sancisce così che questi, Gesù di Nazareth, è proprio il Messia atteso.
Come ho accennato in "Il giardino dell'Eden", il Paradiso Terrestre era immaginato in tutta la depressione dove ora nel fondo c'è il Mar Morto.
L'acqua che viene dal cielo simbolicamente indica la vita che viene da Dio, il lago di Tiberiade allora è in questo parallelo, perché accoglie il Giordano, il posto che raccoglie vita.
È così pieno di pesci, si riempie della sua acqua e più giù, la lascia andare.
Più in là ancora però accade il contrario, il mar Morto che riceve il Giordano, prende la sua acqua ma non dà nulla.
L'uomo è chiamato quindi a cambiare strada ed a tornare in modo ideale verso il monte Ermon , "monte che la vita porta degli angeli in un mare ", verso le sorgenti, verso Dio, per rimettere in comunione le proprie acque con quelle del cielo.
La comunione, segnalano i Vangeli, si compie in Gesù Cristo, salvatore dell'uomo, come profetizzato dal profeta Ezechiele.
Nella visione dell'acqua che esce dalla parte del tempio che prefigura l'acqua che uscirà dal costato di Cristo dice: "Queste acque escono di nuovo nella regione orientale, scendono nell'Araba ed entrano nel mare: sboccate in mare ne risanano le acque" (Ez. 47,8)
Cioè le acque di Dio ripercorreranno il vecchio letto fino ad Aqaba "Sulle rive vi saranno pescatori da Engaddi ad En-Eglaim (località prossime al Mar Morto) vi sarà una distesa di reti. I pesci, secondo la loro specie, saranno abbondanti come i pesci del Mar Mediterraneo" (Ez. 47,10)
Cioè, risanerà ciò che è morto, che è rappresentato dal Mar Morto.
La comunione, segnalano i Vangeli, ci risarà appunto con Gesù Cristo che, proprio nel punto ove il Giordano entra nel Mar Morto, in quel luogo d'inversione della vita nella morte ne riesce per portare la continuità alla vita.
Lui ha potere su quelle acque tanto che vi camminerà sopra a memoria di tutti che "...lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque" (Gen. 1,2).
È lui il primo uomo degno di rientrare nel Giardino dell'Eden ed i Vangeli (Mc. 6,45-52; Mt. 14,22-33; Gv. 6,16-21) segnalano il fatto con l'episodio di quando cammina sulle acque del lago di Tiberiade, immagine dell'acqua che da vita, al confine con la Galilea delle Genti o dei Gentili.
Il Vangelo di Giovanni segnala che Gesù stesso diviene l'alveo del nuovo Giordano spirituale, collettore dell'acqua che porta la vita di Dio quando certifica con particolare pathos che dal costato di Gesù sulla croce colpito dalla lancia del soldato romano "ne uscì sangue ed acqua". (Gv. 19,34b)
Ciò è garanzia profetica che anche fisicamente è riportata la comunione.
Le acque che danno la vita di Dio, che escono dalla croce col suo sangue sono garanzia di salvezza e di completa somiglianza con Dio; anche le lettere sono d'accordo la "somiglianza = viene "dal sangue portato dal Crocifisso ".
Secondo lo Zohar, libro fondamentale della Cabbala, conferma l'dea che "la Torah è chiamata albero della vita".
S. Andrea (660-740 d.C.) che fu vescovo di Creta, nel Discorso n°10 sull'Esaltazione della Santa Croce osserva: "Se infatti non ci fosse la croce, non ci sarebbe nemmeno Cristo crocifisso: Se non ci fosse la croce, la Vita non sarebbe stata affissa al legno: Se poi la Vita non fosse stata inchiodata al legno, dal suo fianco non sarebbero sgorgate quelle sorgenti di immortalità, sangue ed acqua, che purificano il mondo. La sentenza di condanna scritta per il nostro peccato non sarebbe stata lacerata, noi non avremmo avuto la libertà, non potremmo godere dell'albero della Vita, il paradiso non sarebbe stato aperto per noi. Se non ci fosse la croce, la morte non sarebbe stata vinta, l'inferno non sarebbe stato spogliato."
La Vita viene dal Dio Unico che sta in modo ideale in cielo shamayim ove appunto sono immaginati fuoco ed acqua ed è il Nome che è vita ; il Nome aleggia sul mare .

In Dio quindi è insito un fuoco, com'è scritto: "Cadde il fuoco del Signore e consumò l'olocausto, la legna, le pietre e la cenere prosciugando l'acqua del canaletto (I Re 18,38)
"La voce del Signore si divide in lingue di fuoco." (Sal. 29.7)
Da Dio perciò può venire un battesimo di acqua e di fuoco che sono quelli di cui parla il Battista "io vi battezzo con acqua ... ma colui che viene dopo di me ... vi battezzerà con in Spirito Santo e fuoco." (Mt. 3,11)
Che Dio si fa presente con l'immagine del fuoco è detto nella Torah, nell'episodio del roveto ardente nel libro dell'Esodo, quando si manifesta a Mosè e lo conferma il Deuteronomio con "Dal cielo ti ha fatto udire la sua voce per educarti; sulla terra ti ha mostrato il suo grande fuoco, e tu hai udito le sue parole di mezzo al fuoco."(Deut. 4.36).
Che cos'è questo grande fuoco...? Si domanderanno i saggi d'Israele.
Ci è stato insegnato "Egli prese le acque e le divise: ne pose metà nel firmamento e metà nel mare oceano"; questo è il significato di quanto è scritto: il ruscello di Dio è pieno d'acqua. Per mezzo di questa l'uomo apprende la Torah... com'è scritto: Orsù, voi tutti assetati, venite all'acqua! Anche chi non ha argento... Che cosa significa shamayim, (cielo)? Ci insegna che il Santo, sia Egli benedetto, impastò fuoco ed acqua, e li stese l'uno nell'altro. Ecco infatti che è scritto shamayim, ovvero sham-mayim: 'là è acqua'; esh e mayim, 'fuoco e acqua' E cosa significa "Mem"? Non leggere "Mem" ma "mayim", acqua.
Rabbi Aqiva (Alfabeto di Rabbi Aqiva) dice che Dio, quando siede sul Trono di Gloria, si pone ai lati le due lettere e le riconcilia esclamando che il suo Regno è chiamato per mezzo loro, allora l'intero firmamento si inginocchia al cospetto del Signore. Mayim () significa acqua e si scrive con le due lettere separate da una Yod, simbolo dello Spirito divino che le prende per mano e le riconcilia. Acqua di sorgente che scorre o fontana sigillata, la Mem aperta allude alla manifestazione di Dio mentre quella chiusa (di fine parola ) rimanda al mistero che è in Lui...
La prima lettera di shamaym, cielo, è così di fatto la lettera della risurrezione che così permea l'intera Torah.
Al riguardo ho trovato questo aneddoto.

Nel Salmo 68, di Davide, sulla gloriosa epopea di Israele è detto.
"Dio, quando uscivi davanti al tuo popolo, quando camminavi per il deserto, la terra tremò, stillarono i cieli davanti al Dio del Sinai, davanti a Dio, il Dio d'Israele." (Sal. 68,9).
Ciò che stillarono fu la Torah.
"Quando Dio consegnò la Torah sul Sinai questa domandò.
A chi mi hai consegnata, ai vivi o ai morti?
Rispose il Santo, sia benedetto: Ai vivi.
Ma sono tutti morti.
(Cioè nella situazione attuale sono tutti destinati a morire.)
Per riguardo a te Io li risusciterò.
Che fece il Santo, sia benedetto?
Fece scendere la rugiada con la quale Egli darà la vita ai morti nel mondo futuro, secondo quanto è detto: "Pioggia abbondante riversavi, o Dio, rinvigorivi la tua eredità esausta." (Sal 68,10)
Questo versetto in ebraico ha questi segni.



La decriptazione conferma questo pensiero:

"Scorrerà la risurrezione come manna d'aiuto . Da dentro la porterà dalla Croce il Crocifisso . Ad inviare sarà il soffio di Dio . Ad uscire sarà d'acqua un ruscello dal Crocifisso . La rettitudine recherà all'angelo (ribelle) da rifiuto nel mondo . Verrà arso () l'angelo dall'energia che dalla Croce uscirà ."

"Scorrerà la risurrezione come manna d'aiuto.
Da dentro la porterà dalla Croce il Crocifisso.
Ad inviare sarà il soffio di Dio.
Ad uscire sarà d'acqua un ruscello dal Crocifisso.
La rettitudine recherà all'angelo (ribelle) da rifiuto nel mondo.
Verrà arso l'angelo dall'energia che dalla Croce uscirà.
"

Questo fatto fu colto da Giovanni sotto la croce e sottolineò: "Chi ha vistone dà testimonianza e la sua testimonianza è vera ed egli sa che dice il vero perché anche voi crediate." (Gv. 19,35)
Della Torah cantarono i saggi d'Israele:

"La Torah esisteva prima della creazione del mondo.
È modello dell'universo.
È albero di vita.
È la parola che unisce cielo e terra.
È la ragione di tutte le cose.
Tutto è stato fatto da essa.
Lo stesso Tempio, dimora del Santo, sia benedetto, e vertice del mondo, è stato costruito dalla Torah.
Studiare la Torah è un'opera più grande che costruire il Tempio.
La Torah è la sposa d'Israele, perché con essa il Santo, sia benedetto, compie la sua parola: Ti farò mia sposa per sempre." (Os. 2,21)

Dissero i saggi: "Chi insegna la Torah al figlio di un altro, può essere chiamato padre e madre, poiché la Scrittura lo annovera come se l'avesse generato, secondo quanto è detto " se saprai distinguere ciò che è prezioso da ciò che è vile, sarai come la mia bocca" (Ger. 15,19) che insufflò l'anima al primo uomo, il che rende giustizia a San Giuseppe. (Vedi: "Le Pasque della Santa Famiglia")
Beato l'uomo che ... si compiace della Torah del Signore (Salmo 1).

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