IL CANDELABRO A SETTE BRACCIA
E L'ATTESA DEL MESSIA
di Alessandro Conti Puorger
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LA GIOIA E LA LUCE, SEGNI DEL MESSIA
Pensiero comune è che le 7 luci della menorah siano segno della creazione dell'universo in 7 giorni, e che la luce centrale rappresenti il sabato.
La perfezione del n° 8, è rappresentabile col n° 7 se Dio è presente, come si evince dal fatto che 7 sono gli occhi di Dio che scrutano il mondo.
C'è, infatti, una profezia con una visione al Cap. 4 del libro del profeta Zaccaria: "L'angelo che mi parlava venne a destarmi, come si desta uno dal sonno, e mi disse: Che cosa vedi?. Risposi: Vedo un candelabro tutto d'oro; in cima ha un recipiente con 7 lucerne e 7 beccucci per le lucerne. Le 7 lucerne rappresentano gli occhi del Signore che scrutano tutta la terra". (Zac. 1.2.10b)
La menorah, perciò, com'elemento sacro nel Tempio è proprio segno della presenza di Dio con quei 7 occhi.
Nell'Apocalisse, Giovanni vede l'Agnello immolato segno dell'uomo-Dio Gesù Cristo con 7 corna, simbolo di potenza, e con i 7 occhi della conoscenza, che il Cristo possiede in pienezza appunto essendo Dio, e con Cristo presente s'arriva così alla pienezza del n° 8.
Gli spiriti di Dio mandati sulla terra sono anche loro in numero di 7 (Ap. 5,6).
Si conclude pure che le 7 luci sono ad indicare i 7 cieli pieni della luce di Dio e la menorah vista in tali termini è anche simbolo astrale.
È fatta di una sola materia pura, l'oro, come il cielo pensato formato d'una sola sostanza: l'etere, la quintessenza.
Indica così anche il sistema planetario, il sole al centro e pianeti ai lati.
I pianeti, come le lampade del candelabro ricevono la luce del sole, la luce celeste, che è eterna come quella che illumina il Tempio, la stessa luce che illumina la Torah, la Legge nel Tempio che così è eterna ed esisterà tanto a lungo quanto il sole, i pianeti e l'universo.
L'immaginario ebraico ha lavorato anche molto con l'idea delle lettere, che hanno una loro implicita espressività grafica atta a tratteggiare sinteticamente la realtà.
Il verbo ebraico per dire "rallegrarsi, giubilare", ad esempio ha il radicale
=
e dando un poco d'attenzione ai disegni delle lettere del carattere rabbino quadrato, forma liturgica usata nella Torah, senza vocalizzazioni, con lettere separate, come anticamente era fatto, si può, con un minimo di fantasia, pensare il candelabro in questo modo:
I milioni d'ebrei succedutisi da quando - 34 secoli or sono secondo la tradizione - fu costruito il primo candelabro su diretta indicazione di Iahwèh a Mosè, come dice il libro dell'Esodo, nel guardare nei loro riti quel candelabro a 7 braccia qualche associazione a tali lettere l'hanno pur fatta, in quanto quelle in sé lo ricordano stilizzandone efficacemente la forma.
Sette appunto sono le fiamme, tre da una parte e tre dall'altra.
La
gioia, infatti, è la caratteristica con cui gli ebrei pii accompagnano la maggior parte delle loro riunioni, che spesso si concludono con danze.
Il movimento chassidico - fondato a metà del XVIII secolo in Polonia, da Israel Baal Shem Tov e Dov Baer di Mezhirech - peraltro, non ha caso propose l'incontro con Dio nella gioia, nel canto e nella danza, si che alcuni facevano capriole durante la recita delle preghiere in sinagoga e la musica era un mezzo per risvegliare l'adesione a Dio nella gioia, la devekut.
La norma del pregare incessantemente con la mente e col cuore in qualsiasi attività era del pari in essere con la meditazione continua delle lettere che formano il nome innominabile del tetragramma sacro
del Signore, lettere che appunto, come vedremo, hanno un ruolo importante nel simbolismo del candelabro.
La forma di questo è Infatti d'albero e così, intenzionalmente è stato voluto nella costruzione: "Farai un candelabro d'oro puro fatto tutto di un pezzo: il
piedistallo e il
fusto, e i suoi
calici, i suoi
boccioli e i suoi
fiori formeranno un solo corpo con esso.
Sei rami usciranno dai suoi lati, tre da una parte e tre dall'altra. Su ogni ramo vi saranno tre calici a figura di fiore di
mandorlo con il suo bocciolo e un fiore ..." (Esodo 25,31-33).
La menorah cosi evoca un giardino - dell'Eden, cioè di delizie, dirà il libro del Genesi - in cui l'uomo era in comunione col Signore che vi passeggiava.
Questo candelabro con le sue luci accompagnava le feste, alcune veramente splendide nel periodo del Tempio, tra cui una particolare, detta della "gioia della casa dell'attingimento d'acqua", la "simchat bet ha-shoevah".
Durava per tutta la seconda notte di Sukkot, festa associata all'inizio della stagione più piovosa, grandi candelabri d'oro erano accesi per illuminare tutti i cortili del Tempio, si raccoglieva acqua dalla piscina di Siloe.
L'acqua della piscina, era alimentata dalla sorgente Ghicon - nome d'un fiume del paradiso terrestre (Gen. 2,13) - era portata al Tempio mentre i Leviti cantavano salmi, suonavano trombe e flauti e rabbini danzavano in estasi, facevano da giocolieri con torce e attingevano
"lo Spirito Santo".
Si affermava che "colui che non ha visto la festa dell'attingimento dell'acqua non ha mai visto la vera gioia". (da tradizioni ebraiche da A.Untermann)
È a questa festa che si riferisce il Vangelo di Giovanni (7,37-41a) quando così si esprime: "Nell'ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, levatosi in piedi esclamò ad alta voce: Chi a sete venga a me e beva chi crede; come dice la Scrittura: fiumi d'acqua viva sgorgheranno dal suo seno. Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui; infatti non c'era ancora la Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato. All'udire queste parole, alcuni tra la gente dicevano: Questi è davvero il profeta. Altri dicevano
Questi è il Cristo!"
I significati delle lettere che formano il simbolo del candelabro, la
che si legge
sh e la wau
e/o la yod
sono:
- Per
:
luce, fuoco, sole, sorgere, risorgere, bruciare, ardere ... A proposito di quella grande festa che partiva dalla piscina di Siloe, faccio notare come in Egiziano la
che si legge sh ha come geroglifico di partenza una piscina la cui acqua specchia i raggi del sole!
Si noti che le due lettere S'in e Shin sono, in effetti, una sola come dice il numerale che resta lo stesso, pari a trecento, in cui riappare il numero tre.
Per Gabriele Mendel: rappresenta il fuoco.
Per Sèfer Yetzirà questa lettera rappresenta il fuoco che trasforma l'essere umano. Nei sacrifici del Santuario l'animale, che rappresenta gli istinti inferiori, veniva bruciato per la trasformazione anemica di chi offriva.
Daniela Saghi Abravanel su questo pensiero osserva che in ogni uomo c'è un sacerdote, un animale ed il fuoco, che sono le prove della vita, strumento della Provvidenza con cui è aiutato il sacerdote a sacrificare l'animale che è dentro di noi.
- Per
:
bastone, asta, portare, condurre, servo, parola (dall'egiziano).
C'è, il senso di un uncino, di qualcosa che unisce, che collega (in senso letterale è una congiunzione), d'un bastone che porta, che sostiene, che serve, di un uccello che si sposta da posto a posto.
Per Fabre d'Olivet: "...essa
è il legame di tutte le cose, il segno congiuntivo..."
Per Gabriel Mandel: "Una linea verticale
- costituita da una yod proseguente in linea retta allude al collegamento tra la terra e il Cielo; in pari tempo è simbolo dell'uomo, che ha i piedi poggiati sulla terra e la testa nel cielo. Rappresenta anche la colonna vertebrale."
- Per
,
il significato è immediato, è la prima lettera di Iahwèh
,
indica essere, il Signore stesso, una forza essendo un pugno chiuso.
Il simbolismo delle lettere perciò comporta luce, risurrezione, il Signore, il Servo, la Parola e ce n'è abbastanza da coinvolgere tutta la spiritualità ebraico-cristiana.
Le letture di quei simboli
e
sono molteplici:
-
=
gioire, rallegrarsi;
- luce
Parola
che illumina
- luce
del Signore
che illumina
;
- luce
che la parola
illumina
- luce
che l'esistenza
illumina
;
- illumina
il Servo di Iahwèh
/
con la sua luce
;
- luce
che reca
risurrezione
- luce
del Signore
risorto
;
- i simili
()
risorgerà
- dono
di risurrezione
;
- alla luce
porterà
le pecore
().
Tutto ciò, e molto di più, suscita la menorah
ebraica, il candelabro a sette braccia.
Da qui a pensare Gesù
una menorah vivente, in cui c'e lo Spirito di Dio che arde, il passo è breve.
Le otto estremità superiori delle lettere che lo formano calzano benissimo con le luci del candelabro; Lui: "È
la luce
che ci porta
a vedere
."
È Lui "Il sole che sorge dall'alto", di cui parla il "Benedictus" di Zaccaria, padre di Giovanni Battista nel Vangelo di Luca (1,78).
Gesù risorto al suo ritorno nella gloria alla fine dei tempi porterà l'atteso giorno senza tramonto, in cui il sole non sorgerà da oriente come negli altri giorni, ma verrà appunto dall'alto, perché non vi sarà ombra: "Dio è luce e in lui non ci sono tenebre". ( Gv. 1,5)
È la "luce del mondo; chi segue me", dice Gesù, "non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Gv. 8, 12) e "Mentre avete la luce credete nella luce, per diventare figli della luce." (Gv. 12,36)
La luce fisica sarà superata: "
Non vi sarà più notte e non avranno più bisogno di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli." (Ap. 22,5)