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ATTESA DEL MESSIA...

 
IL CANDELABRO A SETTE BRACCIA
E L'ATTESA DEL MESSIA

di Alessandro Conti Puorger
 

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LA GIOIA E LA LUCE, SEGNI DEL MESSIA »
LA LUCE CENTRALE DELLA MENORAH »
LA PROFEZIA DI ZACCARIA - LA VENUTA DEL GERMOGLIO »
LA MENORAH, ALBERO SEFIROTICO »

SIMBOLISMO DEL NUMERO 7
L'Antico e Nuovo Testamento sono densi di riferimenti ad eventi legati dal n° 7 che non starò a ricordare.
Sintetizzo solo alcuni fatti:

  • 7 sono le virtù, 4 cardinali (Catechismo 1805-9) fortezza, sapienza, giustizia, temperanza e 3 teologali (Catechismo 1813) fede, speranza e carità.
  • 7 sono le note musicali.
  • 7 i colori dell'arcobaleno (rosso, arancio, giallo, verde, blu, indaco e violetto.
  • 7 fori ha il corpo umano: 2 narici, 2 orecchie, 1 bocca, 1 ano, 1 sesso.
Per il libro dell'Apocalisse la fine del mondo sarà annunciata da:
  • 7 sigilli (Ap. 5,1 s),
  • 7 trombe suonate da 7 angeli (Ap. 8,1 s),
  • 7 segni (Ap. 12,1 s),
  • 7 coppe dell'ira di Dio che saranno versate (Ap. 16,1).
Per andare al sodo, passo alla radice delle lettere ebraiche che formano quel numero sette (7).
Attorno a quelle lettere circolano vari concetti tutti riconducibili ad un'unità.

Vecchio = .
Condurre in esilio = .
Schiavitù, prigione = .
Sabato, cessare riposarsi = .

La chiave di volta è il radicale "condurre in esilio" che in ebraico è .
La schiavitù in Egitto e poi l'esilio a Babilonia sono l'archetipo e l'imperativo da superare.
Il profeta Baruk cogliendo il collegamento dell'invecchiare con l'essere esiliati: "Noi ti lodiamo ora nell'esilio... Ecco, siamo ancor oggi esiliati e dispersi... Perché Israele ti trovi in terra nemica e invecchi in terra straniera?" (Baruk 3,7b, 8, 10)
Questo dell'esilio indipendentemente da questioni oggettive può essere anche connesso ad una nostalgia d'uno stato di pienezza a modello di vita che abbiamo un poco tutti come desiderio impresso nel cuore e chi la sente più forte gli d'essere in un certo senso ebreo, nell'accessione più ampia del termine , cioè di appartenente a "regione posta al di là".
Per cristiani come per gli ebrei la propria patria è in un altro posto, che è al di là, come appunto è nel radicale dell'essere ebreo.
La lettera a Diogneto di un anonimo del II sec. a.C. fa comprendere come quest'idea era ben congenita nei cristiani all'origine:

"V. 1. I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. 2. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale. 3. La loro dottrina non è nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente filosofica umana, come fanno gli altri. 4. Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. 5. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. 6. Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. 7. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. 8. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. 9. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. 10. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi. 11. Amano tutti, e ..."

La lettera agli Ebrei, attribuita a S. Paolo, dopo aver evidenziato la fede di Abele, Enoch, Noè, Abramo, Isacco e Giacobbe viene detto: "Nella fede morirono tutti costoro, pur avendo conseguito i beni promessi, ma avendoli solo veduti e salutati da lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sopra la terra. Chi dice così dimostra di essere alla ricerca di una patria. Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto possibilità di ritornarvi; ora invece essi aspirano a una migliore, cioè quella celeste. Per questo Dio non disdegna di chiamarsi loro Dio: ha preparato per loro infatti una città." (Ebr. 11,13 -16)
Questa città è la nuova Gerusalemme della Apocalisse.

Il numero 7 ha in se una incompletezza una tensione, c'è insita appunto la nostalgia dell'esiliato che attende la pienezza della propria dignità.
Tutto ciò ce lo dicono le stesse lettere costitutive del numero sette in ebraico, in quanto con l'uso dei significati delle lettere, = + () = condurre in esilio = sentirsi/vedersi .
Per chi "condursi in esilio si sente o si vede" c'è la tensione allo shabbat al sabato , al riposo al cessare e, come dicono le stesse lettere, = a che "l'essere condotti in esilio () finisca ."

Si attende il sabato come giorno di liberazione e ricorda l'esodo dall'Egitto e la libertà della schiavitù come ci ricorda il decalogo inserito nel libro del Deuteronomio 5,12-15: "Osserva il giorno di sabato per santificarlo, come il Signore Dio tuo ti ha comandato. Sei giorni faticherai e farai ogni lavoro, ma il settimo giorno è il sabato per il Signore tuo Dio: non fare lavoro alcuno né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bue, né il tuo asino, né alcuna delle tue bestie, né il forestiero, che sta entro le tue porte, perché il tuo schiavo e la tua schiava si riposino come te. Ricordati che sei stato schiavo nel paese d'Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio teso; perciò il Signore tuo Dio ti ordina di osservare il giorno di sabato."
Il sabato come ricordo d'un esilio superato e come promessa di fine dell'esilio dalla visione di Dio tanto che nella tradizione il momento più importante è la fine del sabato stesso in cui si attende l'arrivo della "Signora del Sabato" ed in cui il giorno che verrà celebrato in pienezza sarà alla venuta finale del Messia che ci porterà appunto alla pienezza dell'8° giorno.
Il candelabro perciò con i suoi 7 bracci ricorda questa tensione che ha senso perché tra i suoi fuochi circola il Signore che porta a completezza quel segno.
Quando gli ebrei erano esiliati, racconta il secondo libro delle Cronache "Allora il re (dei Caldei) deportò in Babilonia gli scampati alla spada, che divennero schiavi suoi e dei suoi figli fino all'avvento del regno persiano, attuandosi così la parola del Signore, predetta per bocca di Geremia: Finché il paese non abbia scontato i suoi sabati, esso riposerà per tutto il tempo della nella desolazione fino al compiersi di settanta anni" (2Cr. 36,20s) ove è posto ancora in evidenza il collegamento stretto del sette, settanta, il riposare, e i sabati con l'esilio.

La profezia dei settanta anni e poi delle settanta settimane di anni del profeta Daniele (Vedi "I geroglifici ebraici del libro di Daniele") può trovare in ciò la sua radice.
Riporto la decriptazione del testo del candelabro (Esodo 25,31-40) delle prime disposizioni di Dio sul candelabro che anticipai che avrei eseguito:

Es. 25,31 - Porterà in azione la risurrezione a stare in tutti i viventi.
L'energia nei corpi finirà, colpendo chi entrò dentro i cuori con perversità.
Il verme rovescerà col fuoco che uscirà da tutti spazzato per la risurrezione che entrerà.
Uscirà dai viventi l'angelo, che portandosi nei corpi nel mondo fu a fiaccarli.
Ne porterà a rovesciare l'energia fuori, scorrerà da dentro la forza della rovina che entrò deprimendo di tutti i corpi.
Sarà ad uscire dalla vita dei viventi l'angelo che per esistere fu a portarvisi.

Es. 25,32 - Si portò nel sesto (giorno) nel mondo.
Rovesciò l'angelo nei giorni di sozzura un mare.
Nei viventi scenderà a sbarrarlo.
Sarà nel mondo con la risurrezione.
Per la potenza bruciato uscirà.
Rovesciato che sarà l'angelo che sta nei viventi, l'energia nei corpi rientrerà.
Dalla contesa battuto uscirà.
Uscirà per l'Unigenito dal nascosto l'essere impuro.
Nel terzo (giorno) del mondo, rovesciato l'angelo, alla destra con il corpo dal mondo i viventi innalzerà.
Per l'aiuto usciranno dal mondo, tra i luminosi angeli staranno.

Es. 25,33 - Per la risurrezione il serpente bruciato uscirà scappando da dentro.
Si vedranno i viventi salvati ad oriente abitare versati tra gli angeli, usciti dal mondo.
Nell'Uno tra i retti al volto tutti col corpo porterà il Verbo col corpo dalle tombe.
Li condurrà risorti, potenti, luminosi.
Entreranno in alto a vederlo, saranno i viventi eredi per l'aiuto che ci sarà stato, vivranno nella casa, da possessori vi entreranno. In un fratello per aiutare la rettitudine la Parola completa porterà da germoglio.
La rettitudine inviata al serpente lo brucerà con la risurrezione alla fine del mondo.
Rovesciato l'angelo, sarà con i viventi ad uscire, sarà ad innalzarli dall'Unico a stare a vivervi la vita degli angeli.
Dal mondo vivi l'invierà, nel corpo gli entreranno.

Es. 25,34 - Si porteranno dentro i viventi da dove l'energia dal corpo gli uscirà.
Dell'Unigenito il corpo dentro vedranno aperto.
Scorreranno dentro (da dove) in azione un mare di salvezza avrà versato.
Aiutati saranno dalla piaga del Verbo.
In croce il corpo del Signore farà frutti di vita.

Es. 25,35 - Si porteranno così nel Verbo in croce.
Nel corpo crocefisso si chiuderanno tutti i risorti.
Inviati saranno dal mondo ricreati.
Un mare di viventi vivi tra gli angeli dal mondo porterà tra i retti il Verbo.
Tutti corpi alla fine strapperà via con la risurrezione dall'angelo che sta nel mondo che rovescerà con lamenti dai viventi.
La vita che vive inviando perversità per la rettitudine del Verbo finirà nei corpi.
Per tutti la prigione finirà; rinnovati saranno ad uscire, riformati saranno i viventi.
Vivi a vivere un torrente di risorti nel Risorto in croce entreranno; versatisi, inviati saranno vivi ad uscire.
Saranno su con l'Unico l'esistenza a vivere che vivono gli angeli.
Vi entreranno vivi per l'energia nei corpi entrata.

Es. 25,36 - La rettitudine del Verbo in tutti i corpi sarà ad entrare.
La vita avrà a riportare versando energia pura.
Della vita che vivono gli angeli l'esistenza sarà a portare a tutti che usciranno dalla putredine.
Risorti entreranno nell'Unico a chiudersi.
Dal Crocifisso questi entreranno dentro al cuore che dal mondo li porterà nel corpo.

Es. 25,37 - A riportarsi alla vista da risorto sarà il Crocifisso.
Gli verrà l'energia nel corpo completa.
Sarà nel mondo nel settimo (giorno).
Con perversità innalzarlo verranno.
Gli stranieri crocifiggeranno il Signore.
Nel mondo l'Unigenito sarà in un corpo.
Dall'alto tra gli ebrei in una persona sarà nel mondo.

Es. 25,38 - Si porterà tra i viventi per il serpente rovesciare dalla vita e nelle midolla di tutti finirlo.
Sarà, uscito questi, chi nel mondo abita puro.

Es. 25,39 - Così la rettitudine nei corpi per Questi rientrerà dentro i cuori.
La perversità dai corpi spazzerà.
Con la risurrezione che entrerà, riverrà l'originaria perfezione.
Del maligno sarà dai viventi ad uscire la maledizione.

Es. 25,40 - Si riporteranno i corpi originari.
Usciranno portandosi alla vista luminosi.
Entreranno a casa tutti da figli, essendo puri, dall'Unico.
Con i risorti corpi verranno.
Entreranno a vivere con i corpi dall'amante che li avrà rigenerati.
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