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IL CANTICO DI MOSÈ (Deuteronomio 32)
Fin dal Capitolo 3 del libro Devarim della Torah ebraica, cioè il Deuteronomio dell'A.T. cristiano, si profila l'evento del passaggio del comando a Giosuè e della dipartita di Mosè prima dell'entrata nella Terra Promessa.
Mosè perché non può entrare nella Terra Promessa?
Per due volte nel Deuteronomio Mosè stesso lo spiega: "Anche contro di me si adirò il Signore per causa vostra, e disse: Neanche tu vi entrerai..." (Deut. 1,37-38)
Mosè paga il prezzo del peccato di tutto Israele.
Ciò è riconfermato nel seguente brano in cui c'è questo colloquio: "Signore Dio, tu hai cominciato a mostrare al tuo servo la tua grandezza e la tua mano potente; quale altro Dio, infatti, in cielo o sulla terra, può fare opere e prodigi come i tuoi? Permetti che io passi al di là e veda il bel paese che è oltre il Giordano e questi bei monti e il Libano. Ma il Signore si adirò contro di me, per causa vostra, e non mi esaudì. Il Signore mi disse: Basta, non parlarmi più di questa cosa. Sali sulla cima del Pisga, volgi lo sguardo a occidente, a settentrione, a mezzogiorno e a oriente e contempla il paese con gli occhi; perché tu non passerai questo Giordano. Trasmetti i tuoi ordini a Giosuè, rendilo intrepido e incoraggialo, perché lui lo passerà alla testa di questo popolo e metterà Israele in possesso del paese che vedrai. Così ci fermammo nella valle di fronte a Bet-Peor." (Deut. 3,24-29)
Mosè, infatti, in occasione dell'episodio del vitello d'oro, intercedette a favore d'Israele (Deut. 9,14.25) e chiese "Ma ora se tu perdonassi il loro peccato ... E se no cancellami dal tuo libro che hai scritto!" (Es. 32,32)
Questa è pure l'interpretazione rabbinica della morte di Mosè.
"Dio disse: Mosè, se tu vuoi che prevalga il Fa che io passi (di là dal Giordano), annulla il Perdona loro (Es. 32,32) e se vuoi che prevalga il Perdona loro, annulla il Fa che io passi. Quando Mosè nostro maestro udì questo, disse: Signore del mondo, perisca Mosè e mille come lui, ma non si perda un'unghia di uno solo d'Israele!" (Debarim Rabbah 7,11).
Il libro del Deuteronomio è così l'insieme degli insegnamenti e delle consegne di chi già sapeva che non sarebbe entrato nella Terra Promessa, che sarebbe stata aperta, invece da Giosuè, già designato come successore.
Mosè, così, intende fissare gli insegnamenti che si dovranno trasmettere di generazione in generazione.
C'è però nel messaggio del Deuteronomio una rivisitazione dell'antica legge dei libri Esodo, Numeri e Levitico alla luce dell'esperienza dell'esilio Babilonese (587-539 a.C.), com'è chiaro dalla lettura dei Capitoli 29 e 30 inseriti a monito di non abbandonare il patto.
Già nel Capitolo 6, ad introduzione del comandamento dello Shemah è detto: "Questi sono i comandi, le leggi e le norme che il Signore vostro Dio ha ordinato di insegnarvi, perché li mettiate in pratica nel paese in cui state per entrare per prenderne possesso perché tu tema il Signore tuo Dio osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, il tuo figlio e il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti do e così sia lunga la tua vita. Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica; perché tu sia felice e cresciate molto di numero nel paese dove scorre il latte e il miele, come il Signore, Dio dei tuoi padri, ti ha detto." (Deut. 6,1-4)
Il patto è, infatti, la chiave d'una vita felice, perché nell'alveo della volontà di Dio che Dio aveva detto a Mosè di riferire ai figli d'Israele queste parole: "Prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra: io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, perché viva tu possa e la tua discendenza, amando il Signore tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui, poiché è lui la tua vita e la tua longevità, per poter così abitare sulla terra che il Signore ha giurato di dare ai tuoi padri, ad Abramo, Isacco e Giacobbe." (Deut. 30:19-20)
Mosè così profetizza che, entrati nella Terra Promessa, i figli d'Israele si svieranno dal patto e serviranno altri dei, perciò scrive tutto, compreso un cantico a testimonianza delle sue profezie e questo è il brano detto Ha'azinu
,
conosciuto anche come il Cantico di Mosè.
Anche questo brano pone in evidenza l'ascoltare, ma il verbo che usa non è shemah
bensì
a'azin, "prestare l'orecchio", ma anche "pesare, investigare", il che potrebbe essere relativo pure ad un testo sottostante.
Ciò ha anche scopo evocativo, perché in contrasto e stridente col fatto che non usa il radicale shemah, tanto più questo del Deuteronomio è proprio il libro della Torah in cui è inserito il brano dello Shemah di cui ho detto nel precedente paragrafo.
Dentro le lettere di
a'azin si legge anche il radicale
,
base del peccato d'idolatria
che secondo l'idea generale, lì profetizzata da Mosè, è causa dell'esilio, com'è chiaro quando il testo dice: "Giacobbe (cioè i suoi discendenti) ha mangiato e si è saziato, - si, ti sei ingrassato, impinguato, rimpinzato - e ha respinto il Dio che lo aveva fatto, ha disprezzato la Roccia, sua salvezza. Lo hanno fatto ingelosire con dèi stranieri e provocato con abomini all'ira. Hanno sacrificato a demoni che non sono Dio, a divinità che non conoscevano, novità, venute da poco, che i vostri padri non avevano temuto. La Roccia, che ti ha generato, tu hai trascurato; hai dimenticato il Dio che ti ha procreato! Ma il Signore ha visto e ha disdegnato con ira i suoi figli e le sue figlie. Ha detto: Io nasconderò loro il mio volto: vedrò quale sarà la loro fine. Sono una generazione perfida, sono figli infedeli." (Deut. 32, 15-20)
Il Cantico proclama le opere di Dio, il contrasto tra il suo amore per il popolo e la ribellione di questi, ma seguirà il giudizio e Dio poi interverrà a favore vincendone i nemici.
Al termine del Cantico c'è l'introduzione alla scena finale, infatti: "In quello stesso giorno il Signore disse a Mosè: Sali su questo monte degli Abarim, sul monte Nebo, che è nel paese di Moab, di fronte a Gerico, e mira il paese di Canaan, che io do in possesso agli Israeliti. Tu morirai sul monte sul quale stai per salire e sarai riunito ai tuoi antenati, come Aronne tuo fratello è morto sul monte Or ed è stato riunito ai suoi antenati, perché siete stati infedeli verso di me in mezzo agli Israeliti alle acque di Meriba di Kades nel deserto di Zin, perché non avete manifestato la mia santità. Tu vedrai il paese davanti a te, ma là, nel paese che io sto per dare agli Israeliti, tu non entrerai!". (Deut. 32,48-52)
E qui è data un'ulteriore spiegazione che sembra contraddire la precedente apportando a motivo della non entrata di Mosè nella terra promessa l'episodio delle acque di Meriba in cui, Mosè invece soltanto di parlare alla Roccia che avrebbe dato l'acqua, la batte col bastone, secondo il racconto in Num. 20,14 (dal brano parallelo in Es. 1-17 ciò non s'arguisce).
Perciò, o per la questione delle acque di Meriba, o per il vitello d'oro, o per la viltà del popolo al ritorno degli esploratori dalla terra promessa, per cui non vollero entrare, comunque resta che Mosè dice "Ma il Signore si adirò contro di me, per causa vostra".