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PLATONE E IL GIUDIZIO DELLE ANIME - MITO DI ER
Nei Dialoghi di Platone (427-347 a.C.), nel libro della Repubblica o Politèia nel capitolo X si legge il mito di Er, raccontato per bocca da Socrate in cui è riferito quanto c'è nell'aldilà e del giudizio sulle anime.
Ecco le parole del racconto:
"Non ti racconterò certo un apologo di Alcìnoo, ma la storia di un valoroso, Er, figlio di Armenio, di schiatta panfilia. Costui era morto in guerra e quando dopo dieci giorni si raccolsero i cadaveri già putrefatti, venne raccolto ancora incorrotto, portato a casa e nel dodicesimo giorno stava per essere sepolto. Già era deposto sulla pira quando risuscitò e, risuscitato prese a raccontare quello che aveva veduto nell'aldilà...
Uscita dal suo corpo, l'anima aveva camminato insieme con molte altre ed erano arrivate a un luogo meraviglioso, dove si aprivano due voragini nella terra, contigue, e di fronte a queste alte nel cielo, altre due. In mezzo sedevano dei giudici che, dopo il giudizio, invitavano i giusti a prendere la strada di destra che saliva attraverso il cielo... e gli ingiusti a prendere la strada di sinistra, in discesa."
Nell'aldilà gli ingiusti erano puniti per il comportamento tenuto in vita e in base a tale condotta ogni cento anni degli uomini le anime erano chiamate di fronte ai giudici che le indirizzavano verso il cielo o verso il Tartaro.
Passavano mille anni prima che potessero reincarnarsi in un nuovo essere.
"Liete raggiungevano il prato, per accamparvisi come in festiva adunanza. E tutte quelle che si conoscevano si scambiavano affettuosi saluti..."
Le anime così vi trascorrevano sette giorni e si scambiavano notizie; gemevano quelle che venivano dal Tartaro, ed erano felici quelli che provenivano dal cielo.
"...d'improvviso scorgemmo lui (Ardieo, tiranno colpevole di aver ucciso mille anni prima il padre e il fratello maggiore e di molte altre nefandezze scontava ora le sue colpe) e gli altri, per lo più tiranni... e essi credevano ormai che sarebbero risaliti, ma lo sbocco non li riceveva, anzi emetteva un muggito ogni volta che uno di questi scellerati inguaribili... tentava di risalire. Lì presso C'ERANO UOMINI FEROCI, TUTTI FUOCO A VEDERSI, che sentendo quel boato afferravano gli uni a mezzo il corpo e li trascinavano via, ma, ad Ardieo e ad altri avevano legato mani, piedi e testa, li avevano gettati a terra e scorticati, e li trascinavano lungo la strada, dalla parte esterna, straziandoli su piante di aspalato... e li conducevano via per gettarli nel Tartaro."
Le anime si mettevano in viaggio e dopo quattro giorni incontravano una colonna di luce che univa il cielo alla terra.
"All'estremità era sospeso il fuso di Ananke, per il quale giravano tutte le sfere. Il suo fusto e l'uncino erano di diamante, il fusaiolo una mescolanza di diamante e di altre materie..."
Socrate prosegue, parla di Sirene e Moire, le figlie di Ananke (Lachesi per il passato, Cloto per il presente, Atropo per il futuro) poi torna a dire delle anime punite.
"Anime dall'effimera esistenza corporea, incomincia per voi un altro periodo di generazione mortale, preludio a nuova morte. Non sarà un demone a scegliere voi, ma sarete voi a scegliervi il demone. Il primo che la sorte designi scelga per primo la vita cui sarà poi irrevocabilmente legato."
Erano così chiamate a scegliere la vita che volevano vivere tra le vite di ogni genere animale e umano, vite di tiranni, di ricchi e di poveri, di tristi e felici, di virtuosi e non e chi veniva dalla terra e aveva sofferto, sceglieva con cura.
Così tutte le anime si sceglievano la vita in cui si sarebbero reincarnate e passate sotto il trono di Ananke giungevano nella pianura di Lete...
"Era una pianura priva di alberi e di qualunque prodotto della terra. Al calare della sera, essi si accampavano sulla sponda del fiume Amelete, la cui acqua non può essere contenuta da vaso alcuno. E tutti erano obbligati a berne una certa misura... via via che uno beveva si scordava di tutto. Poi s'erano addormentati quando, a mezzanotte, era scoppiato un tuono e s'era prodotto un terremoto: e d'improvviso, chi di qua, chi di là, eccoli portati in su a nascere."
Er però non bevve e svegliatosi all'alba sulla pira si salvò per la seconda volta da morte certa.
Nel IV secolo a.C., quando ormai gli ebrei erano tornati dall'esilio di Babilonia ed il giudaismo era ben solido e formato, questo mito ci rivela come ad Atene, centro di mentalità aperta ove pervenivano le idee di tutto il mondo allora conosciuto, erano state elaborati e razionalizzati concetti di più miti e religioni comprese idee sulla reincarnazione filtrate dall'oriente, che però non riuscirono a permeare la corteccia del mondo ebraico coeso dalla Torah e dai profeti.