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VANGELI E PROTOVANGELI...

 
SECONDA RACCOLTA DE "I PROVERBI DI SALOMONE"

di Alessandro Conti Puorger
 
 

INTRODUZIONE GENERALE AL TEMA DELLA DECRIPTAZIONE
Per chi si trovasse per la prima volta in contatto con la tematica che porto avanti in questo mio sito presento la seguente doverosa premessa.
In tale sito ho raccolto quanto per ora ho prodotto nella mia ricerca, che dura da anni e che si è concretizzata sinora, a fine 2009, nel complesso in circa 100 articoli.
Questi miei scritti manifestano la possibilità anche di una lettura particolare, ottenuta per decriptazione, delle Sacre Scritture in ebraico inserite nella Bibbia che consente di far emergere pagine nascoste di secondo livello.
Intendo però subito evitare equivoci.
Questi scritti non intendono sminuire il testo "convenzionale", ma si propongono di presentare un aspetto nascosto che avvalora alle radici la conclusione a cui è pervenuta la lettura secondo l'esegesi cristiana.
Vale a dire che il dramma e l'apoteosi del Messia, incarnato storicamente da Gesù di Nazaret, sono imprescindibilmente legati al testo biblico ebraico, perché connaturate alle stesse lettere di quel alfabeto ed all'uso che ne è stato fatto nel comporre i testi, tanto che molte profezie su sé stesso invocate da Gesù nei Vangeli sarebbero connesse a tale lettura nascosta di quei testi ebraici.
Ciò si verifica grazie alla proprietà intrinseca delle lettere di quel alfabeto di essere anche icone portatrici di un messaggio visivo, tipo geroglifico.

Alcune proprietà intrinseche dei testi ebraici più antichi, cioè soprattutto della Torah, mi misero in attenzione:
  • alfabeto costituito da 22 consonanti;
  • mancanza di vocali e di segni per queste;
  • spaziatura eguale di tutte le lettere senza predefinita separazione in parole;
  • assenza di lettere "maiuscole" (inserite più tardi per alcune lettere a fine parola);
  • non separazione in versetti e Capitoli.
Tutto ciò, ma soprattutto il fatto che le 22 lettere di quel alfabeto hanno una grafica particolare del tutto dissimile a quella di altri alfabeti propone alla mente:



l'evidente volontà di trasmettere un messaggio anche visivo, mi fece considerare che era possibile ritenere che vi fossero ampi margini per letture diverse da quelle consolidate.

Tale eventualità, peraltro, è ritenuta possibile dalla tradizione ebraica.
Tra l'altro come viene trasmesso da tale tradizione l'evento della traduzione in greco narrato dalla "Lettera di Aristea", del II secolo a.C. scritta in greco da un ebreo di Alessandria d'Egitto al fratello Filocrate, fa comprendere che era estremamente riduttivo cercare di pervenire ad un testo concordato in greco.
Quella lettera discorre con un racconto midrashico dell'iniziativa suscitata da Demetrio di Falero, bibliotecario della nuova biblioteca di Alessandria, nel Re Tolomeo Filadelfo (regnò dal 283 e il 247 a.C.) che aveva inaugurato la Biblioteca di Alessandria di avere anche la traduzione in greco della Torah per arricchire il prezioso patrimonio della biblioteca di Alessandria.
Il racconto della lettera di Aristea sostiene che, sotto la guida del sommo sacerdote Eleazar, sei sapienti per tribù del popolo d'Israele, conoscitori delle Scritture e della cultura greca, furono scelti come traduttori e inviati ad Alessandria.
L'intento di quella lettera è di dimostrare un intervento divino che rese possibile quella convergenza di idee tanto che dopo 72 giorni le traduzioni... tutte concordavano tra loro in modo sorprendente, parola per parola, insieme con tutte le omissioni e le aggiunte.
Poi in circa un secolo la traduzione in greco si estese a tutti i libri canonici ebraici delle Sacre Scritture e così sarebbe nata la traduzione dei 72, detta dei 70, la Septuaginta.
Dall'ebraismo ortodosso la traduzione in greco, considerata ispirata dalla corrente di Filone di Alessandria, fu osteggiata e considerata riduttiva e mai accettata per la liturgia del Tempio e nelle sinagoghe della Palestina fino a spingere poi l'ebraismo, anche in relazione all'evento "cristianesimo" ad una riverifica dei testi più antichi campione per la emissione verso il 100 d.C. del testo ebraico in qualità, detto "masoretico".
Si deduce quindi che quel re Tolomeo credeva d'avere la Bibbia degli ebrei in greco, invece aveva solo un progetto di versione con omissioni ed aggiunte, confermando l'idea dei mistici dell'ebraismo e dei rabbini, i quali affermano che il testo in ebraico è importante e, senza i segni originali, si perde un peculiare aspetto e si ha solo un'impronta dell'originale.
Tutte le traduzioni della Bibbia (greco, latino, italiano, inglese, ecc.) sono in realtà delle interpretazioni del testo più o meno ammissibili, ma nessuna è in grado di sostituire biunivocamente il testo ebraico originale.
Il Talmud 'Eruvin 13b dice: "La Torah ha settanta volti; queste e quelle sono le parole del Dio vivente"; perciò la Torah per gli ebrei non è un testo fisso, ma è lasciata libera la possibilità di più interpretazioni; la mia è una delle letture possibili, in stretta corrispondenza biunivoca col testo è con regole sempre rispettate.

Questi pensieri ed i motivi della possibilità anche di altre letture mi hanno portato per anni ad investigare sulla evoluzione nel tempo dei segni di tale scrittura per cercare di trovare la permanenza di un messaggio grafico nelle stesse.
Affrontai poi praticamente a tappeto il vocabolario ebraico per verificare se le lettere che costituiscono i vari radicali delle parole fossero in grado di fornirne una descrizione con i messaggi grafici intrinseci.
Entrando poi in contatto con le forme di scrittura antiche Egizie e poi con la sinaitica, fenicia e copta ho potuto avere conferma del significato grafico di alcune lettere che rimanevano ancora alquanto vaghe.
Nel 1996 ebbi poi la conferma di aver trovato la chiave giusta per aprire la serratura a 22 scatti che consente la lettura di interi versetti e di interi Capitoli con risultati sensati quando cominciai a riuscire a ottenere le prime decriptazioni di versetti isolati ma con chiari sensati messaggi messianici.
Nei due anni successivi riuscii ad ottenere le prime pagine di 2° livello sensate che fornivano profezie continue e collegate.
Onde fosse chiara la data di nascita del "ritovamento" delle chiavi di decriptazioni, i significati delle lettere singole e le regole del metodo che nel frattempo avevo consolidato, ho il tutto ampiamente esposto nei seguenti testi cartacei che registrai alla SIAE, poi non pubblicati, ma editi in poche copie per uso personale:
  • "I Segni Sacri ebraici rivelano la Parola" l' 8-01-1998;
  • "Geroglifici e Segni ebraici-Una rivisitazione delle Scritture" il 3-02-2000.
Sulla base di quel metodo e di quei significati, mai più variati e rigidamente applicati, ho proceduto alla decriptazione di pagine e pagine.
Nel 2004, pronto ormai a presentare questa realtà in cui ero andato ad immergermi, ho proposto in Internet tale mio pensiero con un primo articolo "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche" seguito da "I primi vagiti delle lettere ebraiche nella Bibbia".
Successivamente, in "Parlano le lettere", ho fornito in modo esplicito le chiavi di decriptazioni, i significati delle lettere singole e le regole del metodo, di cui alle schede nella colonna a destra della Home del mio sito che sono comunque le stesse che avevo già esplicitato nei testi che iscrissi alla SIAE.

Segnalo che: "Una tecnica esegetica usata dai rabbini nel Talmud (tradizione orale del I secolo a.C. - I secolo d.C.) per dare al testo non vocalizzato della Bibbia una diversa vocalizzazione o una diversa forma ortografica rispetto alla forma usuale è 'al tikrei, non leggere. L'uso dell''al tikrei non esclude in ogni caso la lettura originaria del testo e, perciò, si può più correttamente definire come "non leggere questo passo solo in modo usuale, ma anche in altro modo".
Questo procedimento permette così una nuova interpretazione, perfino quando le leggi della grammatica e della sintassi rendono necessaria la sola lettura tradizionale. L'uso di questa tecnica trae origine dal versetto: "Dio ha detto questo una volta, ma io ho ascoltato questo due volte." (j 62,12) e cioè che le parole della Bibbia si prestano a significati diversi di quello tradizionale." (Diz. Usi e leggende Ebraiche Alan Unterman-Laterza).
Il metodo che uso è l'al tikrei a tappeto, in cui ogni lettera può anche leggersi a se stante, in base al disegno che effettivamente reca e che ritengo d'aver individuato con una stretta rosa di significati.
La mia è una delle letture possibili, in stretta corrispondenza biunivoca col testo è con regole sempre rispettate.

Con l'articolo "Dai vocaboli ebraici ai messaggi delle lettere" ho poi anche chiarito come tali significati si possano dedurre investigando il vocabolario ebraico con attenta valutazione di alcuni radicali.
Da tale metodo applicato ai testi biblici, scritti con le lettere originali, si ottengono pagine che fanno trapelare un pensiero continuo sottostante, e non risultati sporadici ed impacciati, che porta a testi nascosti, presenti sotto il testo tradizionale, tutti riferiti al Messia.
Il primo testo decriptato che scelsi di presentare fu la II parte del libro del profeta Zaccaria, cioè i 6 Capitoli dal 9 al 14 con "Profezie nei Vangeli: il protovangelo di Zaccaria".
In questi anni ho poi avuto modo di esplicitare la presentazione dei risultati anche in "Scienze Antiche", forum bloccato che mi fu posto a disposizione da "Scienze Antiche" e, infine, dal dicembre 2007 ho raggruppato il tutto nelle varie rubriche di questo mio sito che viene mensilmente implementato.
vai alla visualizzazione stampabile di tutto l'articolo

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