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CALEB FIGLIO DI IEFUNNE, LO SCOUT AMICO DI GIOSUÈ
di Alessandro Conti Puorger

I 12 ESPLORATORI
Per 15 volte la Tenak o Bibbia ebraica ripete "Caleb figlio di Iefunne", "Kaleb ben Iefunne", , e di queste citazioni ben 8 sono nella Torah o Pentateuco, come a dire, non confondetevi, chi ora interessa è questo Caleb preciso. (Kaleb figlio di Iefunne è citato anche nel libro deuterocanonico del Siracide)
È da ricordare che i testi delle Sacre Scritture, ancora ai tempi di Gesù, non avevano segni di vocalizzazione e che le tre lettere consonanti , che si possono leggere "Kaleb", hanno anche diversa vocalizzazione.
Se tali consonanti, come è anche possibile, si leggessero "koeloeb", significherebbero "cane" che, nella civiltà occidentale se pure è animale fedele e amico dell'uomo, nell'immaginario ebraico evoca idee molto lontane dalla figura del Caleb figlio di Iefunne.
Un cane - insegna la tradizione ebraica prendendo spunto da "Come il cane torna al suo vomito, così lo stolto ripete le sue stoltezze" (Proverbi 26,11) - ritorna sui propri escrementi, così come un pazzo alla sua follia.
Il cane peraltro è un animale impuro e secondo Rashì, grande rabbino del medioevo, osserva: quando si parla di animali impuri che "camminano sulle proprie mani" - "kol holekh 'al kappaw" il riferimento è a cani, gatti e orsi. (Waikra 11:26)
Il termine "koeloeb" cioè cane era peraltro usato per definire gli infedeli, ed evoca gente ostile.
Al riguardo si pensi:
  • a quando Israele esce dall'Egitto: "Ma contro tutti gli Israeliti neppure un cane punterà la lingua, né contro uomini, né contro bestie, perché sappiate che il Signore fa distinzione tra l'Egitto e Israele." (Esodo 11,7)
  • al Salmo 22,17 "Un branco di cani mi circonda, mi assedia una banda di malvagi; hanno forato le mie mani e i miei piedi..."
  • al Vangelo "Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci..." (Matteo 7,6a); cioè non sprecate i vostri tesori con chi non li accetterebbe e li irride, infatti, cani e porci erano normali epiteti per gli stranieri.
Il Caleb di cui s'intende parlare, invece, fu un ebreo, della tribù di Giuda, forte coraggioso e pieno di fede.
Per questo forse si dice che "kaleb" in ebraico voglia dire baldo, impetuoso, come pare essere il carattere del nostro Caleb, però tale significato nel vocabolario dei termini usati nella Bibbia non si trova e penso che sia entrato nel parlare ebraico perché Caleb è figura celebre, un eroe nazionale!

Si trova che Iefunne, il padre di Caleb, era un Chenizeo "...Caleb, figlio di Iefunne, il Chenizeo..." (Numeri 32,12 e Giosuè 14,6 e 14,14)
Evidentemente un loro antenato importante era uno che si chiamava Chenaz, da cui viene Chenizeo, perciò quel nome rimase in famiglia.
Un nipote di Caleb, infatti, ebbe il nome di questo Chenaz: "I figli di Caleb, figlio di Iefunne, furono: Iru, Ela e Naam, i figli di Ela: Chenaz." (1Cronache 4,15)
I Chenizei sono i discendenti di un primo Chenez figlio di Elifaz "Questi sono i capi dei figli di Esaù: figli di Elifaz, primogenito di Esaù: il capo Teman, il capo Omar, il capo Sefo, il capo Chenaz" (Genesi 36,15) che abitavano nel territorio promesso a Abramo.
Si scopre poi che anche un fratello minore di Caleb, che è da ritenere anche lui figlio di Iefunne, si chiamava Chenaz: "Allora Otniel figlio di Chenaz, fratello di Caleb, la conquistò, e Caleb gli diede in moglie sua figlia Acsa." (Giosuè 15,17 e Giudici 1,13)
Questo Otniel, nipote di Caleb fu anche lui un personaggio celebre, in quanto fu il primo dei 12 giudici di cui parla il libro dei Giudici "Poi gli Israeliti gridarono al Signore, e il Signore suscitò loro un liberatore, Otniel, figlio di Chenaz, fratello minore di Caleb, ed egli li liberò." (Giudici 3,9)

La prima volta che si trova "Caleb figlio di Iefunne" è nella Torah, nel libro dei Numeri, quando Mosè invia gli esploratori in avanscoperta nella terra promessa secondo l'ordine del Signore.

"Il Signore disse a Mosè: Manda uomini a esplorare il paese di Canaan che sto per dare agli Israeliti. Mandate un uomo per ogni tribù dei loro padri; siano tutti dei loro capi. Mosè li mandò dal deserto di Paran, secondo il comando del Signore; quegli uomini erano tutti capi degli Israeliti. Questi erano i loro nomi:
  • per la tribù di Ruben, Sammua figlio di Zaccur;
  • per la tribù di Simeone, Safat figlio di Cori;
  • per la tribù di Giuda, Caleb figlio di Iefunne;
  • per la tribù di Issacar, Igheal figlio di Giuseppe;
  • per la tribù di Efraim, Osea figlio di Nun;
  • per la tribù di Beniamino, Palti figlio di Rafu;
  • per la tribù di Zàbulon, Gaddiel figlio di Sodi;
  • per la tribù di Giuseppe, cioè per la tribù di Manàsse, Gaddi figlio di Susi;
  • per la tribù di Dan, Ammiel figlio di Ghemalli;
  • per la tribù di Aser, Setur figlio di Michele;
  • per la tribù di Nèftali, Nacbi figlio di Vofsi;
  • per la tribù di Gad, Gheuel figlio di Machi.
Questi sono i nomi degli uomini che Mosè mandò a esplorare il paese. Mosè diede ad Osea, figlio di Nun, il nome di Giosuè." (Numeri 13,1-16)

I nomi sono tutti un programma di salvezza e d'esito fortunato per l'impresa.
I padri delle tribù scelsero bene chi inviare, tutti tra i capi, ma anche il nome certamente dovette influire.
Leggo alcuni di quei 12 nomi anche con l'uso dei significati grafici delle singole lettere fissati in "Parlano le lettere":
  • Sammua "per il Nome si porterà a vedere ";
  • Safat "giudice, principe, aver ragione"
  • Caleb, "retto di cuore ", "tutti vi abiteranno ";
  • Igheal "riscatterà";
  • Osea poi detto Giosuè , "Il Signore è salvezza";
  • Palti "salvati";
  • Gaddiel "capretto di Dio ", "fortuna sarà con Dio ";
  • Gaddi "fortuna sarà ";
  • Ammiel "del popolo è di Dio ";
  • Setur "in giro investigherà ";
  • Nacbi "guiderà () dentro per starvi ";
  • Gheuel "a magnificare () lo porterà Dio ".
Sotto la scelta dei nomi, quindi, la squadre pare perfetta.

Dal normale punto di vista umano una squadra di persone d'estrazione varia - si pensi questi 12 uomini sono di 12 tribù diverse - prima d'essere inviati in una azione, tanto più se la si considera di tipo bellico o comunque di spionaggio, debbono venire tra loro ben amalgamati per conoscersi bene e per capire i punti deboli gli uni degli altri; è opportuno cioè che siano addestrati ed esercitati ad ogni tipo d'evenienza che dovessero incontrare e definire un piano.
Il Signore non lo ritiene però necessario, occorre solo che veramente siano del Suo popolo Israele e per di più "siano tutti dei loro capi", perciò debbono conoscere il Signore, e soprattutto fidarsi di Lui, ciò basta.

È subito da notare che il versetto iniziale rivela la volontà del Signore: "...esplorare il paese di Canaan", ma non è da dimenticare che aggiunge "che sto per dare agli Israeliti."
L'intenzione è chiara, il Signore è pronto a consegnare agli Israeliti il paese di Canaan; dipende ora solo da loro l'ottenerlo.
È un dono che va tolto dalla carta.
Debbono solo esplorarlo "weiaturò" dal radicale per spiare, esplorare, ma anche investigare, ricercare e trovare, insomma, vedere se gli piace, apprezzarla per desiderarla ancora di più.
Se quella terra è secondo le loro aspettative la consegnerà loro.
È evidente che velato in quel c'è sottintesa la parola Torah e che il risultato di conseguire la vera Terra Promessa è esplorando, applicandola, la Torah!

"Mosè dunque li mandò a esplorare il paese di Canaan e disse loro: "Salite attraverso il Negheb; poi salirete alla regione montana e osserverete che paese sia, che popolo l'abiti, se forte o debole, se poco o molto numeroso; come sia la regione che esso abita, se buona o cattiva, e come siano le città dove abita, se siano accampamenti o luoghi fortificati; come sia il terreno, se fertile o sterile, se vi siano alberi o no. Siate coraggiosi e portate frutti del paese. Era il tempo in cui cominciava a maturare l'uva." (Numeri 13,17-20)

Questo fu il mandato di Mosè, osservare e a fotografare con gli occhi.
Li mandò ad esplorare , onde "indicazioni portassero in testa ".
Debbono entrare da sud, dal deserto meridionale della terra di Canaan, il Negheb, ed entrare nella terra che abitò Abramo; era tempo di vendemmia, l'uva era matura.
Tra tante cose da guardare viene data importanza all'uva!
Nota importante per sottolineare che era tutto pronto e il tempo era giusto, perché il Signore la donasse e, si vuole così rappresentare la terra promessa come il paradiso terrestre.

IL RACCONTO DEGLI ESPLORATORI
Il libro dei Numeri, prima di esporre il racconto degli esploratori, ci tiene ad evidenziare alcuni fatti oggettivi.

"Quelli dunque salirono ed esplorarono il paese dal deserto di Sin, fino a Recob, in direzione di Amat. Salirono attraverso il Negheb e andarono fino a Ebron, dove erano Achiman, Sesai e Talmai, figli di Anak. Ora Ebron era stata edificata sette anni prima di Tanis in Egitto. Giunsero fino alla valle di Escol, dove tagliarono un tralcio con un grappolo d'uva, che portarono in due con una stanga, e presero anche melagrane e fichi. Quel luogo fu chiamato valle di Escol a causa del grappolo d'uva che gli Israeliti vi tagliarono." (Numeri 13,21-24)

Salirono "Salirono attraverso il Negheb" è al plurale, ma "andarono fino a Ebron" in effetti, nel testo ebraico non c'è un plurale, quindi uno solo andò fino ad Ebron?
Poi vedremo chi andò!

Primo fatto: tornarono tutti e 12 sani e salvi.

Secondo fatto: il posto e abitato ed è civile almeno come il paese d'Egitto tanto che, sottolinea, Ebron, la città di Abramo era più antica di Tanis d'Egitto capitale del faraone, città che si trova nella parte nord-est del delta del Nilo, sul ramo appunto detto Tanitico, infatti fu fondata durante la XX dinastia dopo l'esodo avvenuto durante la XIX dinastia.

Terzo fatto: i frutti sono buoni uva, melagrano e fichi.

Quarto fatto: i frutti sono prodigiosi e mai visti "un grappolo d'uva portato in due con una stanga", fu chiamata "valle di Escol a causa del grappolo d'uva", infatti in ebraico Escol significa grappolo.

grappolo Visto tutto ciò ci si aspetterebbe che la conclusione fosse come quella che dedusse Eva di fronte al frutto: "Allora la donna vide che l'albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò..." (Genesi 3,6)
Questa volta Dio era d'accordo... eppure, qualcosa si frappone e non vogliono mangiare il frutto.

"Alla fine di quaranta giorni tornarono dall'esplorazione del paese e andarono a trovare Mosè e Aronne e tutta la comunità degli Israeliti nel deserto di Paran, a Kades; riferirono ogni cosa a loro e a tutta la comunità e mostrarono loro i frutti del paese. Raccontarono: Noi siamo arrivati nel paese dove tu ci avevi mandato ed è davvero un paese dove scorre latte e miele; ecco i suoi frutti. Ma il popolo che abita il paese è potente, le città sono fortificate e immense e vi abbiamo anche visto i figli di Anak. Gli Amaleciti abitano la regione del Negheb; gli Hittiti, i Gebusei e gli Amorrei le montagne; i Cananei abitano presso il mare e lungo la riva del Giordano". (Numeri 13,25-29)

Nella descrizione appare un termine "i figli di Anak".
Questo termine è la prima volta che appare nella Torah!
Evidentemente però era qualcosa di ben noto, quindi, è da chiarire quale pathos riusciva a creare in uomini di quel tempo.
C'era, infatti, un dio sumero Enki "Il signore En della terra ki" o della vita che nasce dall'acqua, quindi anche Signore delle acque; è il Dio che appare nella saga di Ghilgamesh che fa amicizia con Enkidu.
Nella mitologia sumera, in principio vi era il mare primordiale - Nammu- mai creato, perciò eterno che originò la montagna cosmica, due dèi An-Ki "an" "cielo", e "ki" "terra" quelli che viene asserito dalla Torah sono a servizio dl Dio d'Israele che li creò alle origini in Genesi 1,1.
I due dèi di quella montagna cosmica furono poi separati dal dio Enlil, parola composta da En, che vuol dire "Signore" e dal "soffio lil", il "principio" vitale diede la vita dando origine al mondo oggi conosciuto e lo mantiene in perenne divenire.
Al Cielo, An e all'Aria, Enlil, i Sumeri associarono anche gli dei Enki e Ki/Ninhursag, corrispondenti agli altri due elementi Acqua e Terra.
Per i nome di EnKi era sacro il numero 40, perché 40 sono le settimane necessarie tra il concepimento e la nascita di un uomo.
Così il diluvio, ad esempio, dura 40 giorni e 40 notti!
Essendo la Palestina ricca d'acque in mezzo a deserti era evidentemente pensata come una sede di Enki e gli abitanti come suoi figli.
Se poi erano di corporatura particolare, era proprio segno che erano figli di quegli dèi Anaki o Enaki!
Gli esploratori, poi, tornano proprio dopo 40 giorni.
È bastata questa parola "i figli di Anak" che scoppia un putiferio.
Il popolo, infatti, inizia a mormorare e... verrà punito per 40 anni!

Caleb provò a calmare il popolo dicendo come la pensava: "Caleb calmò il popolo che mormorava contro Mosè e disse: Andiamo presto e conquistiamo il paese, perché certo possiamo riuscirvi." (Numeri 13,30)

Se pensiamo a quella cosmogonia Sumera, era come se il popolo dicesse, il Dio che Mosè dice che ci ha guidati fin qui e vuol darci questa terra è certo impotente di fronte al dio creatore.
Il dio creatore non è il Dio di Mosè, è un altro, è AnKi e in questa terra, ove scorre latte e miele, ci sono i suoi figli, non riusciremo mai noi a sconfiggerli!
Cioè il Dio di Mosè non esiste!
Questa fu la grande offesa, un atto di mancanza totale di fede nel proprio Dio che aveva dato sul Sinai le 10 parole e che aveva stretto con Israele un patto di alleanza accettato dal popolo.
Era asserire che l'avere Dio come alleato in quella guerra che si profilava era insufficiente.

"Ma gli uomini che vi erano andati con lui dissero: Noi non saremo capaci di andare contro questo popolo, perché è più forte di noi. Screditarono presso gli Israeliti il paese che avevano esplorato, dicendo: Il paese che abbiamo attraversato per esplorarlo è un paese che divora i suoi abitanti; tutta la gente che vi abbiamo notata è gente di alta statura; vi abbiamo visto i giganti, figli di Anak, della razza dei giganti, di fronte ai quali ci sembrava di essere come locuste e così dovevamo sembrare a loro". (Numeri 13,31-33)

Così termina il capitolo 13 del libro dei Numeri.
Come si può notare in queste parole Dio è stato completamente dimenticato, inoltre gli esploratori asseriscono un fatto non vero: tutti gli abitanti sono giganti e la terra non produce gente normale.
I giganti sono i "nefilim" ricordati in Genesi 4,1-5:

"Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro figlie, i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli quante ne vollero. Allora il Signore disse: il mio spirito non resterà sempre nell'uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni. C'erano sulla terra i giganti (nefilim) a quei tempi - e anche dopo - quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell'antichità, uomini famosi. Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni disegno concepito dal loro cuore non era altro che male."

Per Dio, secondo il libro della Genesi, quella dei nefilim era un soltanto il residuo di una razza insolente di superuomini, esempio di perversità crescente, concausa che motivò il diluvio, ma che come osserva la stessa Genesi in parte si ritroverà "anche dopo".
Figli di Anak li troviamo poi nel libro di Giosuè 11, 21ss quando Giosuè si mosse per eliminare gli Anakiti dalle montagne, da Ebron, e li votò allo sterminio, tanto che poi ne rimasero solo a Gaza, a Gat e Ashdod.
In 1Samuele 17,4 troviamo, poi, Golia di Gat; infatti, i figli di Anak erano andati dai Filistei.

Così inizia il versetto Numeri 13,28: "Ma il popolo che abita il paese è potente, le città sono fortificate e immense e vi abbiamo anche visto i figli di Anak" ed in tal modo imposero la loro interpretazione sui fatti, dissolvendo la verità (Rabbi Moshe Alshech, "Torat Mosheh", su Numeri 13,28-33).

"Screditarono presso gli Israeliti il paese che avevano esplorato, dicendo: Il paese che abbiamo attraversato per esplorarlo è un paese che divora i suoi abitanti; tutta la gente che vi abbiamo notata è gente di alta statura." (Numeri 13,32).

Dieci su dodici esploratori, di fatto, esposero le cose in modo tale di far sì che serpeggiasse il rifiuto per la Terra Promessa.
Pare una contraddizione: un paese che divora i suoi abitanti, ma ha abitanti di statura straordinaria?
Rashì il grande rabbino commentatore biblico dell'XI secolo su "un paese che divora i suoi abitanti" ha suggerito che in pratica è come se avessero detto "ovunque andiamo, troviamo abitanti che seppelliscono i loro morti" e gli "anshei midot" tradotto con "uomini di grande misura" per lui in effetti sarebbe da leggere "uomini di lite e lotta", dalla parola ebraica "madon" cioè erano "uomini con uniformi militari" dalla parola ebraica "madim" e così gli esploratori avrebbero visto gli abitanti impegnati in guerra e che indossavano uniformi da battaglia e partecipavano ai funerali dei loro guerrieri morti, onde gli esploratori si spaventarono di abitanti così bellicosi e proposero indirettamente di tornare in Egitto o di rimanere nel deserto in modo da non dover andare in guerra.

RIBELLIONE, PUNIZIONE E PROMESSA DI PREMI
"Allora tutta la comunità alzò la voce e diede in alte grida; il popolo pianse tutta quella notte. Tutti gli Israeliti mormoravano contro Mosè e contro Aronne e tutta la comunità disse loro: Oh! fossimo morti nel paese d'Egitto o fossimo morti in questo deserto! E perché il Signore ci conduce in quel paese per cadere di spada? Le nostre mogli e i nostri bambini saranno preda. Non sarebbe meglio per noi tornare in Egitto? Si dissero l'un l'altro: Diamoci un capo e torniamo in Egitto. Allora Mosè e Aronne si prostrarono a terra dinanzi a tutta la comunità riunita degli Israeliti." (Numeri 14,1-5)

Una crisi di fede che fa stravedere!
Tutto ciò che era fino allora accaduto, apertura del Mar Rosso, i miracoli, l'acqua, le quaglie, la manna, la teofania sull'Horeb, l'alleanza con il Signore, sono dimenticati.
La maggioranza s'è convinta, è tutta una truffa, miracoli posticci, liberazione, una fuga riuscita e l'uscita dall'Egitto una tragica decisione, siamo come morti, anzi il terrore la fa loro invocare!
Caleb aveva compreso bene ciò che cosa stava per accadere.
Evidentemente aveva avuto sentore dagli altri compagni che erano pieni di terrore di fronte alla potenza che avevano intravista in quei popoli, confrontata con la propria realtà.

A questo punto interviene Giosuè in man forte di Caleb.

"Giosuè figlio di Nun e Caleb figlio di Iefunne, che erano fra coloro che avevano esplorato il paese, si stracciarono le vesti e parlarono così a tutta la comunità degli Israeliti: Il paese che abbiamo attraversato per esplorarlo è un paese molto buono. Se il Signore ci è favorevole, ci introdurrà in quel paese e ce lo darà: è un paese dove scorre latte e miele. Soltanto, non vi ribellate al Signore e non abbiate paura del popolo del paese; è pane per noi e la loro difesa li ha abbandonati mentre il Signore è con noi; non ne abbiate paura". (Numeri 14,6-9)

Il paese è buono, il Signore è con noi, non è una guerra ma è pane per noi.
Questa fu la chiara e sintetica risposta di due degli esploratori.
Il popolo aveva paura di perdere in guerra, ma loro Giosuè e Caleb hanno compreso non sarà una guerra, ma il Signore trasformerà quella in pane da mangiare.
D'altronde il frutto del paese è pendente, occorre coglierlo!
Le lettere ebraiche della parola guerra "lachem" sono, infatti, le stesse di pane "loechoem" e di mangiare.

"Allora tutta la comunità parlò di lapidarli; ma la Gloria del Signore apparve sulla tenda del convegno a tutti gli Israeliti." (Numeri 14,10)

Interviene il Signore, tutti vedono la Sua manifestazione in favore di Mosè e di Aronne come pure di Giosuè e di Caleb.

Gli esploratori che furono inviati, sottolinea il testo, erano tutti tra i capi degli Israeliti e fa vedere che la mancanza di fede dei capi è causa d'insuccesso.
Solo i 2/12 erano i capi guidati dalla fede e non dalla paura.
Il Salmo 37ai versetti 3-5 esprime bene quale deve essere lo spirito che deve animare un pioniere del Signore: "Confida nel Signore e fa' il bene; abita la terra e vivi con fede. Cerca la gioia del Signore, esaudirà i desideri del tuo cuore. Manifesta al Signore la tua via, confida in lui: compirà la sua opera."
Il resoconto degli altri scout non è più oggettivo, perché mischiano alle scoperte i loro dubbi e aggiungono una parola di troppo al rapporto che prima era positivo con "'efes" , cioè "ma, però".
Questa parola scatena l'ira del Signore, infatti all'interno di c'è il termine ebraico di "ira" e di pieno con la lettera tonda .
Così inizia, infatti, il versetto Numeri 13,28 "Ma , il popolo che abita il paese è potente, le città sono fortificate e immense e vi abbiamo anche visto i figli di Anak" ed in tal modo imposero la loro interpretazione sui fatti, dissolvendo la verità (Rabbi Moshe Alshech, "Torat Mosheh", su Numeri 13,28-33).

"Il Signore disse a Mosè: Fino a quando mi disprezzerà questo popolo? E fino a quando non avranno fede in me, dopo tutti i miracoli che ho fatti in mezzo a loro? Io lo colpirò con la peste e lo distruggerò, ma farò di te una nazione più grande e più potente di esso. Mosè disse al Signore: Ma gli Egiziani hanno saputo che tu hai fatto uscire questo popolo con la tua potenza e lo hanno detto agli abitanti di questo paese. Essi hanno udito che tu, Signore, sei in mezzo a questo popolo, e ti mostri loro faccia a faccia, che la tua nube si ferma sopra di loro e che cammini davanti a loro di giorno in una colonna di nube e di notte in una colonna di fuoco. Ora se fai perire questo popolo come un solo uomo, le nazioni che hanno udito la tua fama, diranno: Siccome il Signore non è stato in grado di far entrare questo popolo nel paese che aveva giurato di dargli, li ha ammazzati nel deserto. Ora si mostri grande la potenza del mio Signore, perché tu hai detto: Il Signore è lento all'ira e grande in bontà, perdona la colpa e la ribellione, ma non lascia senza punizione; castiga la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione. Perdona l'iniquità di questo popolo, secondo la grandezza della tua bontà, così come hai perdonato a questo popolo dall'Egitto fin qui". (Numeri 14,10-19)

Per ben nove versetti si prolunga la difesa del popolo da parte di Mosè, difesa che tocca un motivo fondamentale... se tu Signore non desisterai dal far perire questo popolo avranno ragione quelli che credono che non esisti.
In fondo non l'hai scelto tu perché ti testimoniasse?
D'altronde sinora sei stato longanime e misericordioso: che l'hai fatto a fare se ora vuoi distruggerlo?
Perdona...
I rabbini hanno meditato su questo peccato del popolo e hanno cercato la parte mezza piena del bicchiere mezzo vuoto.
Era opportuno che ci fosse un tempo per consentire al popolo ebraico di amalgamarsi, di separarsi completamente dall'idolatria e d'affrontare con serietà e metodo lo studio e la pratica della Torah, il che è conforme a quanto ho accennato collegando il verbo esplorare a Torah .

"Il Signore disse: Io perdono come tu hai chiesto; ma, per la mia vita, com'è vero che tutta la terra sarà piena della gloria del Signore, tutti quegli uomini che hanno visto la mia gloria e i prodigi compiuti da me in Egitto e nel deserto e tuttavia mi hanno messo alla prova già dieci volte e non hanno obbedito alla mia voce, certo non vedranno il paese che ho giurato di dare ai loro padri. Nessuno di quelli che mi hanno disprezzato lo vedrà; ma il mio servo Caleb che è stato animato da un altro spirito e mi ha seguito fedelmente io lo introdurrò nel paese dove è andato; la sua stirpe lo possiederà. Gli Amaleciti e i Cananei abitano nella valle; domani tornate indietro, incamminatevi verso il deserto, per la via del Mare Rosso." (Numeri 13,20-25)

Gli uomini adulti moriranno nel deserto.
In fondo avevano detto che per loro sarebbe stato meglio!

Solo il servo Caleb che è stato animato da uno spirito diverso vedrà la terra promessa!

Il Signore riconosce e premia chi gli è fedele.
Poi li incita a tornare indietro quasi dicendo, per voi non c'è più niente da fare, il nemico abita la valle, voi tutti avete concluso che non ce la farete, non vi resta che tornare indietro verso il Mar Rosso.
Questo riferimento al Mar Rosso pare proprio riportare la situazione ai fatti iniziali del libro dell'Esodo, quando ci fu l'uscita.
Il pensiero riva al momento dell'apertura di quel mare.
In quel occasione, prima del grande evento dell'apertura del mare:

"Il Signore disse a Mosè: Comanda agli Israeliti che tornino indietro e si accampino davanti a Pi-Achirot, tra Migdol e il mare, davanti a Baal-Zefon; di fronte ad esso vi accamperete presso il mare. Il faraone penserà degli Israeliti: Vanno errando per il paese; il deserto li ha bloccati! Io renderò ostinato il cuore del faraone ed egli li inseguirà; io dimostrerò la mia gloria contro il faraone e tutto il suo esercito, così gli Egiziani sapranno che io sono il Signore!" (Esodo 14,1-4)

Vanno errando per il paese, cioè si sono persi "nebukim" , ma esprime nel contempo oltre a un fatto fisico lo smarrimento interiore.
Lo usa il profeta Gioele in 1,18 quando dice "Come geme il bestiame! Vanno errando (nabuko) le mandrie dei buoi, perché non hanno più pascoli; anche i greggi di pecore vanno in rovina."

Questi pensieri ed altri sono passati nella mente dei rabbini.
In particolare nella Melkita di Rabbi Ishmael, Be-shallah, Wa-jehi, uno commenta:
  • "il deserto li ha bloccati" viene usato il termine "sagar" che vuol dire anche chiudere, quindi osserva "quando i figli d'Israele videro il mare scosso da una tempesta e il nemico che li inseguiva girarono la testa verso il deserto (per rifugiarvisi), ma subito il Santo, Benedetto Egli sia schierò delle bestie feroci che non li fecero passare";
  • vi è con "nebukim" anche un'allusione a Mosè, quando il Signore gli disse "Sali su questo monte degli Abarim, sul monte Nebo ... poi morirai sul monte dove stai per salire" (Deuteronomio 32,49s), d'altronde anche Mosè morirà senza entrare nella Terra Promessa.
    In Deuteronomio 1,35-40 il Signore dirà: "Nessuno degli uomini di questa malvagia generazione vedrà il buon paese che ho giurato di dare ai vostri padri, se non Caleb, figlio di Iefunne. Egli lo vedrà e a lui e ai suoi figli darò la terra che ha calcato, perché ha pienamente seguito il Signore. Anche contro di me si adirò il Signore, per causa vostra, e disse: Neanche tu vi entrerai, ma vi entrerà Giosuè, figlio di Nun, che sta al tuo servizio; incoraggialo, perché egli metterà Israele in possesso di questo paese. E i vostri bambini, dei quali avete detto: Diventeranno oggetto di preda! e i vostri figli, che oggi non conoscono né il bene né il male, essi vi entreranno; a loro lo darò ed essi lo possiederanno. Ma voi volgetevi indietro e incamminatevi verso il deserto, in direzione del Mare Rosso."
Questo discorso è la sintesi di quanto nel Capitolo 14 dei Numeri e che riporto, ma integrato del fatto che anche Mosè non entrerà nella Terra Promessa.

"Il Signore disse ancora a Mosè e ad Aronne: Fino a quando sopporterò io questa comunità malvagia che mormora contro di me? Io ho udito le lamentele degli Israeliti contro di me. Riferisci loro: Per la mia vita, dice il Signore, io vi farò quello che ho sentito dire da voi. I vostri cadaveri cadranno in questo deserto. Nessuno di voi, di quanti siete stati registrati dall'età di venti anni in su e avete mormorato contro di me, potrà entrare nel paese nel quale ho giurato di farvi abitare, se non Caleb, figlio di Iefunne, e Giosuè figlio di Nun. I vostri bambini, dei quali avete detto che sarebbero diventati una preda di guerra, quelli ve li farò entrare; essi conosceranno il paese che voi avete disprezzato. Ma i vostri cadaveri cadranno in questo deserto. I vostri figli saranno nomadi nel deserto per quaranta anni e porteranno il peso delle vostre infedeltà, finché i vostri cadaveri siano tutti quanti nel deserto. Secondo il numero dei giorni che avete impiegato per esplorare il paese, quaranta giorni, sconterete le vostre iniquità per quaranta anni, un anno per ogni giorno e conoscerete la mia ostilità. Io, il Signore, ho parlato. Così agirò con tutta questa comunità malvagia che si è riunita contro di me: in questo deserto saranno annientati e qui moriranno. Gli uomini che Mosè aveva mandati a esplorare il paese e che, tornati, avevano fatto mormorare tutta la comunità contro di lui diffondendo il discredito sul paese, quegli uomini che avevano propagato cattive voci su quel paese, morirono colpiti da un flagello, davanti al Signore. Ma di quelli che erano andati a esplorare il paese rimasero vivi Giosuè, figlio di Nun, e Caleb, figlio di Iefunne." (Numeri 14,26-38)

Dal Signore viene ripetuto ed ampliato il pensiero.
Evidenzia con più precisione quanto aveva già detto:
  • preferivano di morire nel deserto, vi moriranno;
  • solo i bambini o comunque i minori di 20 anni vedranno la terra promessa il che pare proprio calzare con le parole di Gesù (Matteo 18,3) "In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.";
  • viene ricordato più volte il numero 40 e la loro infedeltà;
  • Caleb, e ora aggiunge Giosuè, sono gli unici che vedranno la terra promessa;
  • gli altri 10 esploratori saranno colpiti da un flagello.
"Mosè riferì quelle parole a tutti gli Israeliti; il popolo ne fu molto turbato. La mattina si alzarono presto per salire verso la cima del monte, dicendo: Eccoci qua; noi saliremo al luogo del quale il Signore ha detto che noi abbiamo peccato. Ma Mosè disse: Perché trasgredite l'ordine del Signore? La cosa non vi riuscirà. Poiché il Signore non è in mezzo a voi, non salite perché non siate sconfitti dai vostri nemici! Perché di fronte a voi stanno gli Amaleciti e i Cananei e voi cadrete di spada; perché avete abbandonato il Signore, il Signore non sarà con voi. Si ostinarono a salire verso la cima del monte, ma l'arca dell'alleanza del Signore e Mosè non si mossero dall'accampamento. Allora gli Amaleciti e i Cananei che abitavano su quel monte scesero, li batterono e ne fecero strage fino a Corma." (Numeri 14,39-45)

Il popolo cerca di rimediare.
La mattina dopo decide di combattere il nemico.
Mosè avverte che il Signore non sarà con loro.
Gli Israeliti sono battuti e ci fu una strage.
Quando vorrà il Signore potranno entrare... solo quaranta anni dopo.
Al momento opportuno Dio dirà:

"Ascolta, Israele! Oggi tu attraverserai il Giordano per andare a impadronirti di nazioni più grandi e più potenti di te, di città grandi e fortificate fino al cielo, di un popolo grande e alto di statura, dei figli degli Anakiti che tu conosci e dei quali hai sentito dire: Chi mai può resistere ai figli di Anak? Sappi dunque oggi che il Signore tuo Dio passerà davanti a te come fuoco divoratore, li distruggerà e li abbatterà davanti a te; tu li scaccerai e li farai perire in fretta, come il Signore ti ha detto. Quando il Signore tuo Dio li avrà scacciati dinanzi a te, non pensare: A causa della mia giustizia, il Signore mi ha fatto entrare in possesso di questo paese; mentre per la malvagità di queste nazioni il Signore le scaccia dinanzi a te. No, tu non entri in possesso del loro paese a causa della tua giustizia, né a causa della rettitudine del tuo cuore; ma il Signore tuo Dio scaccia quelle nazioni dinanzi a te per la loro malvagità e per mantenere la parola che il Signore ha giurato ai tuoi padri, ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe. Sappi dunque che non a causa della tua giustizia il Signore tuo Dio ti dà il possesso di questo fertile paese; anzi tu sei un popolo di dura cervice." (Deuteronomio 9,1-6)

Di fatto, chi entrerà nella terra promessa dei seicentomila uomini d'Israele fuoriusciti dall'Egitto, saranno solo:
  • Caleb, "retto di cuore ", "tutti vi abiteranno ";
  • Giosuè , "Il Signore è salvezza".
Quando il Signore, come risulta da Numeri 26, ordinò di fare un censimento degli Israeliti, dall'età di venti anni in su, secondo i loro casati paterni, di quanti in Israele possono andare in guerra, questi risultarono 601.730 (Numeri 26,51) ed a questi erano da aggiungere 23.000 Leviti.
Quel capitolo così conclude:

"Fra questi non vi era alcuno di quegli Israeliti dei quali Mosè e il sacerdote Aronne avevano fatto il censimento nel deserto del Sinai (erano 603.550 più i Leviti - Numeri 1) perché il Signore aveva detto di loro: Dovranno morire nel deserto! E non ne rimase neppure uno, eccetto Caleb figlio di Iefunne, e Giosuè figlio di Nun." (Numeri 26,64s)

Al capitolo Numeri 32 Mosè riassume così tutta la vicenda:

"Così l'ira del Signore si accese in quel giorno ed egli giurò: Gli uomini che sono usciti dall'Egitto, dall'età di venti anni in su, non vedranno mai il paese che ho promesso con giuramento ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe, perché non mi hanno seguito fedelmente, se non Caleb, figlio di Iefunne, il Kenizzita, e Giosuè figlio di Nun, che hanno seguito il Signore fedelmente. L'ira del Signore si accese dunque contro Israele; lo fece errare nel deserto per quaranta 'anni, finché fosse finita tutta la generazione che aveva agito male agli occhi del Signore." (Numeri 32,10-13)

Troviamo poi Giosuè e Caleb tra i primi che si spartiranno la terra promessa:

"Il Signore disse a Mosè: Questi sono i nomi degli uomini che spartiranno il paese fra di voi: il sacerdote Eleazaro e Giosuè, figlio di Nun. Prenderete anche un capo di ogni tribù per fare la spartizione del paese. Ecco i nomi di questi uomini. Per la tribù di Giuda, Caleb figlio di Iefunne. Per la tribù..." (Numeri 34,17-20)

CALEB 45 ANNI DOPO
Il popolo finalmente dopo 40 anni attraversò il fiume Giordano davanti a Gerico e il libro di Giosuè, dopo aver raccontato le prime conquiste della terra promessa, al momento della spartizione delle terre conquistate, propone questo brano su Caleb.

"Si presentarono allora i figli di Giuda da Giosuè a Gàlgala e Caleb, figlio di Iefunne, il Kenizzita gli disse: Tu conosci la parola che ha detto il Signore a Mosè, l'uomo di Dio, riguardo a me e a te a Kades-Barnea. Avevo quaranta anni quando Mosè, servo del Signore, mi inviò da Kades-Barnea a esplorare il paese e io gliene riferii come pensavo. I compagni che vennero con me scoraggiarono il popolo, io invece fui pienamente fedele al Signore Dio mio. Mosè in quel giorno giurò: Certo la terra, che ha calcato il tuo piede, sarà in eredità a te e ai tuoi figli, per sempre, perché sei stato pienamente fedele al Signore Dio mio. Ora, ecco il Signore mi ha fatto vivere, come aveva detto, sono cioè quarantacinque anni da quando disse questa parola a Mosè, mentre Israele camminava nel deserto, e oggi, ecco ho ottantacinque anni; io sono ancora oggi come quando Mosè mi inviò: come il mio vigore allora, così il mio vigore ora, sia per la battaglia, sia per ogni altro servizio; ora concedimi questi monti, di cui il Signore ha parlato in quel giorno, poiché tu hai allora saputo che vi sono gli Anakiti e città grandi e fortificate; spero che il Signore sia con me e io le conquisterò secondo quanto ha detto il Signore! Giosuè lo benedisse e diede Ebron in eredità a Caleb, figlio di Iefunne. Per questo Caleb, figlio di Iefunne, il Kenizzita, ebbe in eredità Ebron fino ad oggi, perché pienamente fedele al Signore, Dio di Israele. Ebron si chiamava prima Kiriat-Arba: Arba era stato l'uomo più grande tra gli Anakiti. Poi il paese non ebbe più la guerra." (Giosuè 14,6-14)

Siamo così informati che:
  • quando Caleb parti in esplorazione aveva 40 anni;
  • la spartizione del territorio conquistato sotto la guida di Giosuè avvenne 45 anni dopo;
  • dopo i 40 anni di deserto la conquista perciò durò almeno 5 anni;
  • ad 85 anni Caleb era ancora forte e vigoroso;
  • Caleb chiese in eredità il territorio che aveva percorso, proprio la zona montagnosa di Ebron;
  • c'erano effettivamente anche gli Anakiti, che poi scacciò.
Nel capitolo successivo del libro di Giosuè si legge che Caleb non ha millantato il suo credito: "come il mio vigore allora, così il mio vigore ora, sia per la battaglia, sia per ogni altro servizio", infatti, il libro di Giosuè racconta le prodezze di Caleb a 85 anni ed oltre con gli uomini da lui comandati.
Umanamente non è possibile, ma in Dio tutto è possibile!
A 85 anni, chiese l'assegnazione proprio dei territorio da cui erano stati terrorizzato gli altri 10 "regalim", spie o esploratori come li vogliamo chiamare, voleva combattere gli Anachiti a Ebron e impossessarsi delle città.
Non era orgoglio, ma la fede nelle promesse di Dio che gli dava forza.

"A Caleb figlio di Iefunne fu data una parte in mezzo ai figli di Giuda, secondo l'ordine del Signore a Giosuè: fu data Kiriat-Arba, padre di Anak, cioè Ebron. Caleb scacciò di là i tre figli di Anak, Sesai, Achiman e Talmai, discendenti di Anak." (Giosuè 15,13-14)

I famosi figli Anak furono così messi dal Signore nelle mani di chi ebbe fede!
Si avverò per Caleb il salmo 92 (13-16) quando dice:

"Il giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano; piantati nella casa del Signore, fioriranno negli atri del nostro Dio. Nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno vegeti e rigogliosi, per annunziare quanto è retto il Signore: mia roccia, in lui non c'è ingiustizia."

Le sue prodezze non finiscono qui, ma conquisterà con i sui combattenti anche altre città, infatti, il capitolo 15 prosegue:

"Di là passò ad assalire gli abitanti di Debir. Si chiamava Debir Kiriat-Sefer. Disse allora Caleb: A chi colpirà Kiriat-Sefer e se ne impadronirà, io darò in moglie Acsa, mia figlia. Se ne impadronì Otniel, figlio di Kenaz, fratello di Caleb; a lui diede in moglie sua figlia Acsa. Quando essa arrivò presso il marito, questi la persuase a chiedere un campo al padre. Allora essa smontò dall'asino e Caleb le disse: Che fai? Gli disse: Concedimi un favore. Poiché tu mi hai dato il paese del Negheb, dammi anche alcune sorgenti d'acqua. Le diede allora la sorgente superiore e la sorgente inferiore." (Giosuè 15,15-19)

Poi c'è... elencazione delle città conquistate da Giuda e conclude:

"...Quanto ai Gebusei che abitavano in Gerusalemme, i figli di Giuda non riuscirono a scacciarli; così i Gebusei abitano a Gerusalemme insieme con i figli di Giuda fino ad oggi." (Giosuè 15,63),

cioè ai tempi di cui tratta il libro di Giosuè.

In effetti, più avanti nella lettura della Bibbia, dal libro dei Giudici si acquisisce che la città di Ebron fu una delle città sorteggiate per i Leviti, ma rimasero a Caleb le terre e i villaggi:

"I capifamiglia dei leviti si presentarono al sacerdote Eleazaro, a Giosuè figlio di Nun e ai capifamiglia delle tribù degli Israeliti... Gli Israeliti diedero dunque a sorte queste città con i loro pascoli ai leviti, come il Signore aveva comandato per mezzo di Mosè... Furono dunque date loro Kiriat-Arba, padre di Anak, cioè Ebron, sulle montagne di Giuda, con i suoi pascoli tutt'intorno; ma diedero i campi di questa città e i suoi villaggi come possesso a Caleb, figlio di Iefunne." (Giudici 21,1-12)

Questa informazione è confermata dal libro 1Cronache 6,41.

Il libro deuterocanonico del Siracide riassume in questi termini l'azione dei due coraggiosi e fedeli esploratori:

le tombe di Caleb "(Giosuè) Rimase infatti fedele all'Onnipotente e al tempo di Mosè compì un'azione virtuosa con Caleb, figlio di Iefunne, opponendosi all'assemblea, impedendo che il popolo peccasse e dominando le maligne mormorazioni. Questi due soli si salvarono fra i seicentomila fanti, per introdurre Israele nella sua eredità, nella terra in cui scorrono latte e miele. Il Signore concesse a Caleb una forza che l'assistette sino alla vecchiaia, perché raggiungesse le alture del paese, che la sua discendenza poté conservare in eredità, sì che tutti gli Israeliti sapessero che è bene seguire il Signore." (Siracide 46,7-10)

Nel villaggio di Timnat (Kifl) Haress nella regione montuosa di Efraim del monte Glass la tradizione conserva le tombe di Caleb, di Giosuè e di Nun, perché il territorio fu in eredità di Giosuè (Giosuè 19,49-50), che vi costruì una cittadina ove fu sepolto (Giosuè 24,30).

La città di Ebron fu la capitale di David ove regnò per sette anni prima di conquistare ai Gebusei Gerusalemme ove poi regnò per 33 anni.

SPARTIZIONE DEI TERRITORI
Se si pone verso il 1220-1225 a.C. sotto il faraone Merenptah l'esodo o fuga dall'Egitto dopo la morte dei primogeniti degli egiziani compreso l'erede al trono, nello stesso anno, secondo il racconto della Torah, ci fu la teofania sull'Horeb e da Qades-Barnea, ai confini meridionali della Terra Promessa, Mosè mandò in avanscoperta i dodici esploratori.
Iniziano, quindi, i 40 anni di peregrinazione nel deserto e di scontri con le tribù beduine e verso il 1180-1185 a.C., solo dopo la morte di Mosè sul monte Nebo, Giosuè poté entrare nella terra promessa ed iniziare la guerra di conquista.
Siamo all'epoca dell'invasione dei popoli del mare che tentarono di penetrare in Egitto alla fine della XIX dinastia sotto il faraone Merenptah e all'inizio della XX dinastia durante il regno del faraone Ramesse III.
Un'iscrizione di Merenptah del 1225 a.C. che ricorda la vittoria su popoli invasori, un'alleanza tra tribù di Libi e i "popoli del mare", costituiti da gruppi Kawasha - Tursha - Sherdi o Shardana - Shecles (Achei-Etruschi-Sardi-Siculi) e il testo cita pure Israele, unico caso di quel epoca che ne fa menzione. ("La risurrezione dei primogeniti")
Nel tempio funerario di Ramesse III a Medinet Habu (Tebe) c'è un'iscrizione su una vittoria navale avvenuta 25 - 30 anni più tardi da parte di navi comandate da Ramsete III sui popoli del mare, atto conclusivo che fermò una seconda invasione dell'Egitto, che aveva già provocato distruzioni città di Ittiti e di Mitanni da parte di quei popoli alleati questa volta con i Filistei o "Peleset" provenienti da Cipro e c'erano pure i "Danuna" o "Denyen", ossia gli Shardana.

La segnalazione degli 85 anni di Caleb ci porta a concludere che la spartizione di circa i 2/3 delle terre di Canaan si attuò verso il 1175 a.C..

le 12 Trubù Schematicamente questa piantina mostra la ripartizione per tribù del territorio.
I Daniti la tribù d'Israele che prese il nome da Dan, il quinto figlio di Giacobbe avuto da Bila, serva di Rachele madre di Giuseppe e Beniamino, ricevettero una porzione di terra con sbocco sul mare vicino alle terre di Beniamino (Giosuè 19,40s) da dove poi furono cacciati dagli Amorrei e dai Filistei (Giudici 1,34s e 13-18) e migrarono al nord verso il Libano.
I Leviti ebbero città isolate sparse in tutto il territorio, dette anche città rifugio.
Tra le tribù nettamente "Egiziane", cioè più entrate nello spirito della cultura egizia, oltre a quelle nate da Giuseppe vicerè d'Egitto, cioè Efraim e Manasse, e quella dei Leviti, di cui Mosè fu un grande esponente, anche lui principe egiziano, si debbono annoverare pure i Daniti che debbono aver avuto incarichi nel regno dei faraoni.
Ora, tra le guardie scelta di Ramses II nella battaglia di Qadesh c'erano anche gli Shardana, Sher-Dan, cioè Principi di Dan (Guido, Margaret, "The Sardinians", 1963), tra questi si pensa fossero associati i Daniti, amanti dell'arte della guerra.
Sulla bellicosità di tale tribù anche nella benedizione di Giacobbe nel libro del Genesi si trova un cenno:

"Dan giudicherà il suo popolo come ogni altra tribù d'Israele. Sia Dan un serpente sulla strada, una vipera cornuta sul sentiero, che morde i garretti del cavallo e il cavaliere cade all'indietro." (Genesi 49,16s)

Il Serpente alato era il simbolo degli SHER-DAN e Mosè lo fece issare su un'antenna un "serpente di bronzo" forse l'insegna dell'accampamento dei DAN. Le tribù di Israele conservarono il Serpente di Bronzo nel santuario di Dan, facendone oggetto di Culto, finché il re di Juda Ezechia lo fece distruggere.
I Daniti si mischiarono con i fratelli "Fenici" che erano che i Popoli del Mare ivi stabilitisi nelle antiche invasioni e dall'unione dei Popoli del Mare e dei Cananei nacque la Nazione fenicia" cosicché Ebrei e Fenici erano popoli fratelli, entrambi provenivano dal Sinai.
Quando fu da costruire il Tempio, Salomone, infatti, chiese aiuto e consulenza a Hiram di Tiro, e furono impiegati architetti discendenti di chi un tempo aveva edificato le regge micenee e i palazzi cretesi.
I Daniti non sono però elencati nel libro dell'Apocalisse (capitolo 7) tra le tribù d'Israele, mentre vi è elencato Giuseppe in sostituzione di Efraim.
Tra i Daniti, famoso, è l'eroe e giudice Sansone.

Attorno al 1155 a.C. morto Giosuè, inizia l'epoca dei Giudici con Otniel, nipote di Caleb, primo giudice eletto dalla tribù di Giuda (Giudici 3,7-11) contro il re di Mari o Aram, Cusan-Risataim nell'Alta Mesopotamia che per 8 anni oppresse il paese.

Ritorniamo ora a Caleb.
Abbiamo visto che dice chiaro e tondo a Giosuè che vuole la zona di Ebron, ove Dio aveva parlato ad Abram e gli aveva promesso terra e discendenza.
Così recita il libro della Genesi:

"Allora il Signore disse ad Abram, dopo che Lot si era separato da lui: Alza gli occhi e dal luogo dove tu stai spingi lo sguardo verso il settentrione e il mezzogiorno, verso l'oriente e l'occidente. Tutto il paese che tu vedi, io lo darò a te e alla tua discendenza per sempre. Renderò la tua discendenza come la polvere della terra: se uno può contare la polvere della terra, potrà contare anche i tuoi discendenti. Alzati, percorri il paese in lungo e in largo, perché io lo darò a te. Poi Abram si spostò con le sue tende e andò a stabilirsi alle Querce di Mamre, che sono ad Ebron, e vi costruì un altare al Signore." (Genesi 13,14-18)

Ebron, in ebraico deriva dal radicale del verbo congiungere, aderire, mettersi insieme, associarsi, quindi "comunione" e ci dice come Caleb desiderasse restare sempre unito con la volontà di Dio perciò col suo operare i rende testimonianza alla fedeltà, alla bontà e alla potenza di Dio.

le tombe di Caleb Ebron detta anche "Kiriat-Arba, cioè Ebron" (Genesi 23,2) è il paese più alto della Palestina, 927 metri s.l.m. e si trova a 30 Km a sud di Gerusalemme.
Abramo vi abitò per vari anni e quando vi morì la moglie Sara comprò l'unico terreno della terra promessa che possedeva (Genesi 23,2-20), la grotta di Mamrè ove la seppellì.
Vi abitarono anche Isacco e Giacobbe (Genesi 35,27 e 37,14) e in quella grotta vi furono pure sepolti Abramo, Isacco, Rebecca, Lea e Giacobbe.

Il già richiamato commentatore dell'XI secolo Rashì, osserva che tutti e dodici gli esploratori partirono dal Neghev, ma poi il testo al singolare dice, egli arrivò a Hevron (Numeri 13,22) e commenta " Caleb andò lì da solo, ed egli si prostrò sulle tombe dei suoi patriarchi e matriarche, la grotta di Machpelaa Hevron..."
Tra i 12 c'era poi Johshua " Dio salva" che lo ispirava e Caleb era ispirato dalla storia nazionale dei fondatori della fede, da Abramo e gli altri patriarchi e non avevano paura di prendere possesso della terra a loro promessa e da dove in effetti provenivano essendo tutti discendenza di Abramo i cui figli nacquero in quella terra.
Gli altri esploratori invece erano distanti dal Sinai e dalla tradizione del patto e si sentivano piccoli, soli e senza forza davanti ai occhi dei loro nemici.

DA CALEB AL MESSIA - DECRIPTAZIONI
"Caleb figlio di Iefunne" "Kaleb ben Iefunne"
Ciascuna di quelle letttere è importante ed è da carpirne il messaggio.
Ogni lettera dell'alfabeto ebraico se usata nella Torah e comunque nella Tenak o Bibbia ebraica canonica è lecito riferirla al Messia.
Lui solo è l'unico messaggio che ci vuole inviare quella Sacra Scrittura, perché è l'essenza dello spirito che permea quei testi.
Appaiono come un diamante con tante facce, ma quello è il fulgore interno l'unto di Dio per la redenzione del mondo.
Ciò è quanto ho sottolineato continuamente nel mio sito e ho sintetizzato in "Scrutatio cristiana del testo masoretico della Bibbia".
La rettitudine, cioè la sostanza intima di Dio capace di farci suoi figli, nel cuore di un figlio sarà la Parola, colui che i cristiani chiamano il Verbo, che creò il mondo con tutto ciò che esiste, ad inviare nel mondo.
Come dire ciò?
Lo scrittore ispirato che scrive con le lettere ebraiche le uusa anche come icone e nasconde con i loro significati grafici messaggi per gli iniziati.
Caleb figlio di Iefunne "Kaleb ben Iefunne"
diviene allora chiaro, parla del Messia!
La rettitudine nel cuore di un figlio sarà la Parola ad inviare nel mondo .
Il versetto Numeri 13,6 "per la tribù di Giuda, Caleb figlio di Iefunne"



Così, viene ad assumere la valenza di un messaggio dell'incarnazione, infatti con gli stessi criteri si può leggere il seguente testo.

Il Potente in un vivente nel cuore entrò .
Il Signore () per aiutare nel mondo .
...tutti abitò .
In un Figlio fu il Verbo inviato nel mondo .

le tombe di CalebL'episodio dei 12 scout inviati ad esplorare la terra promessa ed il loro ritorno con un grappolo enorme soppeso ad una stanga e portato da due di loro è un'immagine che è rimasta impressa ed indica una terra lussureggiante, ma anche piena di grazia di Dio.
Questa immagine del Doré ben ricorda l'evento.

Caleb andò ad Ebron e alla valle di Escol, evidentemente incontrò Giosuè di ritorno da Timnat (Kifl) Haress nella regione montuosa di Efraim dove evidentemente era andato ad esplorare ed è da pensare che furono i due che portarono il grappolo.
La parola grappolo, soprattutto d'uva fresca, cioè non secca, in ebraico si dice "'oeshccol" e si scrive o .

Nella Bibbia canonica ebraica è parola usata poche volte e precisamente per:
  • un personaggio Escol degli Amorrei fratello di Aner e Mamre, alleato di Abramo nella guerra contro i re, in Genesi 14,13 e 26;
  • la valle Escol vicina ad Ebron, a pochi chilometri a nord, nella giudea centro meridionale ricordata in Numeri 13,23 e 24 nonché in Numeri 32,9 e Deuteronomio 1,24; tra l'altro l'episodio del grappolo trovato in Numeri 13,23 e 24 tra l'altro evidenzia che il nome vuol proprio dire "grappolo" e la propone nelle due forme e ;
  • "grappolo", solo 9 volte, in Genesi 40,10, Numeri 13,23 e 24, Deuteronomio 32,32, Cantico dei Cantici 1,14 e 7,8-9, in Isaia 65,8 e in Michea 7,1, ma nella traduzione C.E.I. appare più volte, perché traduce con grappolo anche parole ebraiche diverse come grappoli d'uva secca esempio in 1Samuele 25,18 e in 1Samuele 30,12.
La prima volta che appare nel libro della Genesi avviene nell'occasione del racconto del sogno in prigione a Giuseppe del coppiere del re e la parola si manifesta con un plurale strano:

"Allora il capo dei coppieri raccontò il suo sogno a Giuseppe e gli disse: Nel mio sogno, ecco mi stava davanti una vite, sulla quale erano tre tralci; non appena essa cominciò a germogliare, apparvero i fiori e i suoi grappoli maturarono gli acini". (Genesi 40,9.10)

La vite appare quale pianta piantata da Noè subito dopo il diluvio: "Ora Noè, coltivatore della terra, cominciò a piantare una vigna" (Genesi 9,20) e sta a rappresentare la volontà di Noè di rientrare in comunione col Signore in quanto quella pianta era pensata come far parte del giardino dell'Eden.
La vigna è "koeroem" e la vite è "goefoen" .
Il giardino è "gan" e "karmel" , e in questa seconda forma c'è la parola vigna onde si può pensare che il "gan Eden", il giardino dell'Eden, cioè un fosse la vigna = del Potente.
Il centro della terra promessa che sprofondò, cioè Sodomia e Gomorra infatti ormai ha viti amare:

"La loro vite è dal ceppo di Sodoma, dalle piantagioni di Gomorra. La loro uva è velenosa, ha grappoli amari". (Deuteronomio 32,32)

La parola "'eshcol" nella forma se si divide in ebraico ha in se le parole "'esh" fuoco e "col" tutto e le lettere sono di un radicale che significala "agire avvedutamente, riuscire e prosperare" e "soekoel" e "secoel" indicano "intelligenza, prudenza, senno, sagacia e scaltrezza".
Quindi il grappolo evoca anche questi pensieri e il mangiarne con avvedutezza porta ad originare idealmente quelle qualità.
Poi nella forma ha anche le lettere del radicale che indica "comprendere, capire olre che sostentare e nutrire, ossia c'è dentro al grappolo un fuoco che sostiene, ma anche "origina una illuminazione per comprendere ".
Si può anche considerare il verbo ardere così "un fuoco vi arde () del Potente ".
Vi è dentro una benedizione dice il profeta Isaia "Dice il Signore: Come quando si trova succo in un grappolo si dice: Non distruggetelo, perché v'è qui una benedizione, così io farò per amore dei miei servi, per non distruggere ogni cosa". (Isaia 65,8)
Inoltre, evoca l'amore perché da "'esh" fuoco è facile passare a moglie e a donna "'ishah" e da "col" tutto a "kallah" sposa .

Nel Cantico dei Cantici appare, infatti, sia nella descrizione del diletto, l'agognato sposo, il tutto fuoco:

"Il mio diletto è per me un grappolo di cipro nelle vigne di Engàddi." (1,14)

E la sposa ha i seni come grappoli d'uva:

"La tua statura rassomiglia a una palma e i tuoi seni ai grappoli. Ho detto:"Salirò sulla palma, coglierò i grappoli di datteri; mi siano i tuoi seni come grappoli d'uva e il profumo del tuo respiro come di pomi." (7,9).

Andiamo ora ai due versetti Numeri 13,23 e 24:

"Giunsero fino alla valle di Escol , dove tagliarono un tralcio con un grappolo d'uva, che portarono in due con una stanga, e presero anche melagrane e fichi. Quel luogo fu chiamato valle di Escol a causa del grappolo d'uva che gli Israeliti vi tagliarono."

Questi in poche parole presentano per 4 volte la parola 'eshol e l'esperienza mi insegna che quando nel testo in ebraico vi sono ripetizioni così frequenti il testo sottostante è particolarmente pregnante.
Certo è che ogni volta in genere si può spezzare quelle lettere in modo diletto, perché si prestano a vari discorsi messianici.

"L'Unico risusciterà tutti " e saranno la Sua "Donna () sposa ()".
"origenerà un fuoco per ardere () il serpente "; "origenerà con la risurrezione la rettitudine che porterà la potenza ".

È quindi presumibile che il brano nel suo testo nascosto tenderà a presentare il Messia sposo che porterà la sposa nell'eternità e punirà il nemico col fuoco.
Il libro dell'Apocalisse avvicina il fuoco al grappolo e alla punizione finale del nemico, quando così dice:

"Un altro angelo, che ha potere sul fuoco, uscì dall'altare e gridò a gran voce a quello che aveva la falce affilata: Getta la tua falce affilata e vendemmia i grappoli della vigna della terra, perché le sue uve sono mature. L'angelo gettò la sua falce sulla terra, vendemmiò la vigna della terra e gettò l'uva nel grande tino dell'ira di Dio. Il tino fu pigiato fuori della città e dal tino uscì sangue fino al morso dei cavalli, per una distanza di duecento miglia." (Apocalisse 15,18-20)

Quei due versetti, con i criteri di cui ho detto, forniscono la seguente decriptazione.

Numeri 13,23 - E sarà a casa dall'Unico a portarli nell'eternità. Degli angeli nell'assemblea del Potente l'Unigenito risorti tutti porterà. Sarà stata la rettitudine nei corpi di tutti portata che avrà salvato i viventi. Colpi nei viventi avrà portato nei corpi alla perversità, dell'Unigenito la risurrezione avrà arso il serpente, per l'azione energica che dentro ci sarà stata rivivranno i fratelli, l'essere impuro sarà stato bruciato. Dall'origine la perversità che abita nei viventi portata nel cuore dentro brucerà, per l'energia risarà ai viventi riportata la vita, per l'energia uscirà il verme dell'angelo che era nei viventi, e la vita degli angeli uscirà completa delle origini, per l'energia risaranno viventi.

Numeri 13,24 - Dal Potente i viventi risorti usciranno da Lui, ne verserà alla vista un torrente, l'Unigenito i risorti così porterà potenti in alto nella nube, condurrà tutto del mondo il grappolo. Alla felicità l'Agnello tutti porterà salvati i viventi, figli saranno retti di Dio.

Con tale criterio ho così affrontato i 78 versetti complessivi dei capitoli 13 (33 versetti) e 14 (45 versetti) del libro dei Numeri in cui come abbiamo visto è narrata la storia dei 12 esploratori con quel che segue.
Riporto il testo di quanto ottenuto col metodo www.edicolaweb.net/lett003s.htm di "Parlano le lettere".
Si potrà notare che il discorso, sia pure in modo lento e con molte ripetizione, procede completo e conservando una logica complessiva.
Di fatto, ogni pensiero risulta ripetuto più volte, ogni volta con piccole variazioni, in modo che sia compreso e poco sfugga.
Questo criterio si trova anche nelle parti esteriori della Bibbia ove spesso il pensiero si sviluppa in due tempi.
Porto da esempio per far comprendere un piccolo brano del Salmo 109,24.25:

"Le mie ginocchia vacillano per il digiuno, il mio corpo è scarno e deperisce.
Sono diventato loro oggetto di scherno, quando mi vedono scuotono il capo."

Come si può vedere per ciascuno dei due concetti il digiuno e lo scherno vengono date due definizioni e l'unica spiega ed è complementare all'altra.

NUMERI 13 - DECRIPTAZIONE
Numeri 13,1 - Ed era in mano il cibo portato al mondo da Dio. Dalla Madre alla luce uscì il Potente, iniziò a vivere nel corpo.

Numeri 13,2 - Si riaccese il vigore potente della rettitudine in un uomo (un il primo con l'energia della risurrezione), fu ai viventi portata una fune. E venne in terra di Canaan da una donna dal corpo il primogenito figlio. Indicarono gli angeli che del Potente il Figlio era, fu alla luce nel corpo Dio di un uomo per i fratelli aiutare. In un uomo dell'Uno guizzò a vivere il cuore, gli entrò dal Padre completamente nell'esistenza e finalmente mandato porta per tutti l'energia in dono del Padre al mondo.

Numeri 13,3 - E fu mandata dall'Unico la purezza per salvare i viventi, in un vivente per aiutare la purità del Verbo l'Unico nel corpo ha inviato dall'alto. Col volto è il Signore, la rettitudine potente vive in un uomo, è ai viventi in vista il dono del Figlio. È la rettitudine di Dio uscita a vivere nel mondo.

Numeri 13,4 - E con Dio entra la risurrezione dalla morte nei viventi perché la purificazione l'Unico ha portato col Figlio. La risurrezione nella vita ha riportato in azione dentro, l'angelo (ribelle) per questa arderà nei corpi.

Numeri 13,5 - La potenza nei viventi nel cuore entrata della risurrezione nei viventi agirà, recherà l'energia ad accendere, la soffierà dal cuore il Figlio che racchiuso l'ha portata nel corpo nell'esistenza.

Numeri 13,6 - Il Potente in un vivente nel cuore entrò. Il Signore per aiutare nel mondo tutti abitò. In un Figlio fu il Verbo inviato nel mondo.

Numeri 13,7 - La potenza, che un vivente dal cuore uscirà col forte fuoco per accendere la rettitudine nei corpi, fu nel redentore, il figlio di Giuseppe; la potenza nei viventi dal cuore uscirà dall'Unigenito che a fruttificare sarà nei viventi.

Numeri 13,8 - In Gesù, il Figlio, abita l'energia...

Numeri 13,9 - ...perché l'amore entrasse (nel mondo) col Figlio, dalla destra del Potente il soffio nel cuore fu dentro inviato. Per guarire lo portò l'Unigenito.

Numeri 13,10 - Perché l'amore rientrasse Questi a casa portò del serpente. In cammino per aiutare fu di Dio il Figlio, in segreto nell'esistenza.

Numeri 13,11 - Perché dai cuori (il serpente) uscisse fu portato a riempire dal Verbo potente un vivente, nel cuore entrò la vita degli angeli, per illuminare nel mondo il cammino, per aiutare fu dentro il vessillo, per recare pienezza all'esistenza.

Numeri 13,12 - Il serpente che vive nei cuori uscirà giudicato per l'agire, un vivente che è di Dio il Figlio lo retribuirà nell'esistenza.

Numeri 13,13 - Del Potente in un vivente il cuore entrò. In una Donna nel corpo, nella pienezza del segno/tempo le portò nel corpo il figlio, in un vivente c'è la rettitudine di Dio.

Numeri 13,14 - Perché dai cuori uscisse a lottare si è con l'angelo chiuso in casa. Sarà il Figlio a riportare il soffio della pienezza nell'esistenza.

Numeri 13,15 - Il serpente che vive nei cuori scaccerà, a sbarrare il superbo si porterà di Dio il Figlio; una piaga gli sarà.

Numeri 13,16 - Da Dio uscirà la risurrezione. Dalla morte usciranno gli uomini, risaranno vivi felici. Riacceso il vigore nei viventi, bruciato uscirà il serpente, la fine ne porterà nei corpi. Verrà dell'origine nei corpi giù a riportare la forza il diletto Unigenito li libererà dal serpente. Per la perversità bruciata riagiranno da figli per il Figlio Gesù.

Numeri 13,17 - Portò nell'esistenza della risurrezione il vigore l'Unigenito con la purezza per salvare dal serpente, la fine ne porterà nei corpi, verrà un primo corpo giù con la rettitudine degli angeli, in un misero lo portò. Fu dell'Unico a vivere un corpo con la maledizione in seno per il serpente, la portò a colpire nel mondo a casa l'angelo superbo e l'azione del serpente sarà a finire nei viventi che verranno rigenerati.

Numeri 13,18 - Ed alla vista sarà la purezza a venire in terra. In un vivente entrerà Lui e verrà alla vista dei viventi al mondo ad abitare. L'Altissimo entrerà nel mondo a chiudersi in catene. Lui, entrerà per guarirli, uscirà dai viventi l'azione dal cuore della perversità che alle origini iniziò per l'essere ribelle che li abitava.

Numeri 13,19 - E a vivere uscì, nel mondo l'Unigenito in un corpo scese, da una Donna uscì, il corpo portò di un uomo, dentro una casa uscì, il Cuore portò dentro nel mondo. La perversità delle origini che agisce nei viventi per il cattivo fuori porterà dai viventi, uscirà fuori il nemico che è nei viventi, la felicità al mondo riporterà delle origini. Sarà a portargli il fuoco dentro l'abitazione del mondo all'angelo. Nel mondo rientrerà ad abitare la vita della grazia che c'era nei viventi alle origini. Dentro vivrà in una casa, tra le angustie sarà a vivere.

Numeri 13,20 - E con i viventi uscirà dal mondo l'Unigenito col corpo, su usciranno l'ottavo (giorno), usciranno con Lui i popoli. Dal corpo questi usciranno fuori, saranno stati risorti dentro al mondo, usciranno alla vista su dell'Unico vivi. Dall'Unico saranno, dall'angelo portati fuori finalmente, dal petto li verserà tutti i vivi, mentre il serpente abbattuto, avrà strappato via dai viventi. Dei viventi il frutto uscirà dalla terra, li porterà fuori dai giorni vivi, saranno a vivere a casa retti portati col corpo. Spazzato l'angelo da dentro sarà dai viventi.

Numeri 13,21 - E per aiutare si portò e da fune porterà a venire dalla terra i viventi a vivere la Parola su con gli angeli dell'Eterno. Col corpo chiuderà dentro al cuore i fratelli uomini.

Numeri 13,22 - E sarà in alto a portarli a casa, nello splendore dentro li condurrà, saranno all'ingresso dell'Eterno i compagni condotti, da angeli porterà nella luce a vivere i fratelli, alla destra del Risorto, risorti saranno. Li riporterà tutti dal Potente, vivi saranno i figli ad uscire dall'azione purificati, a racchiudere dentro i corpi porterà l'energia nel settimo (giorno), per la seconda volta vivranno. Tra gli angeli i figli tutti entreranno dal Potente, in persona saranno su a vederlo inviati. I viventi su col corpo saranno a vivere.

Numeri 13,23 - E sarà a casa dall'Unico a portarli nell'eternità. Degli angeli nell'assemblea del Potente l'Unigenito risorti tutti porterà. Sarà stata la rettitudine nei corpi di tutti portata che avrà salvato i viventi. Colpi nei viventi avrà portato nei corpi alla perversità, dell'Unigenito la risurrezione avrà arso il serpente, per l'azione energica che dentro ci sarà stata rivivranno i fratelli, l'essere impuro sarà stato bruciato. Dall'origine la perversità che abita nei viventi portata nel cuore dentro brucerà, per l'energia risarà ai viventi riportata la vita, per l'energia uscirà il verme dell'angelo che era nei viventi, e la vita degli angeli uscirà completa delle origini, per l'energia risaranno viventi.

Numeri 13,24 - Dal Potente i viventi risorti usciranno da Lui, ne verserà alla vista un torrente, l'Unigenito i risorti così porterà potenti in alto nella nube, condurrà tutto del mondo il grappolo. Alla felicità l'Agnello tutti porterà salvati i viventi, figli saranno retti di Dio.

Numeri 13,25 - E saranno, per la risurrezione dentro portata, i morti riportati con i corpi fuori dalla terra, dalla putredine si rialzeranno; dalle insidie, dalle rovine in cui erano a vivere saranno riportati vivi.

Numeri 13,26 - E saranno camminando condotti, portati saranno alla casa desiderata di Dio i viventi risorti dal mondo. E la maledizione delle origini uscirà dai corpi, l'angelo porterà l'Unigenito a finire in tutti per azione della legge divina che dentro inviata gli sarà stata con la forza della risurrezione. Nei corpi dell'Unico il rifiuto al serpente i viventi aiuterà, dentro i corpi soffierà l'Unigenito, nei corpi invierà la santità che la perversità sarà a bruciare per la forza dentro portata, verrà il vestito della purità a riportare, riinizierà la perfezione dell'Eterno ad entrare. E saranno col corpo dall'Unico portati vivi; verrà il frutto ad uscire dalla terra.

Numeri 13,27 - E la forza per distruggere nei corpi avrà portato al serpente che si portò alle origini nei viventi nei corpi. E dentro per scontrarlo gli recò la maledizione in terra l'Unigenito, con la risurrezione dei corpi brucerà il serpente, lo strapperà via l'energia portata e scorrerà dai viventi, colpito dentro completamente ammalato, il solo dentro bruciato Lui porterà questo fuori. Il soffio che nel corpo c'era uscirà.

Numeri 13,28 - Dell'Unigenito il soffio della piena rettitudine avrà spazzato questi fuori, si vedrà dai viventi uscire con la forza di una scheggia. L'Unigenito dai corpi giù porterà fuori il nemico che c'era, i viventi da dentro dall'angustia porterà alla fine alla gloria integri l'Unigenito per la mano portata. E nel cammino dalla Madre figli uscirono per l'azione puri. Con i corpi dall'Unico saranno ad abitare da risorti i viventi.

Numeri 13,29 - Vedranno i viventi il serpente vomitato e bruciato dentro un pozzo giù entrerà, l'angelo superbo porterà fuori imprigionato, alla fine con forza lo porterà fuori, sarà dentro condotto in un foro, dall'esistenza porterà fuori l'Unigenito il ribelle, sarà portato il fuoco dentro. Dentro rientrerà a saziare la rettitudine degli angeli i miseri, saranno portati nel settimo (giorno) dal serpente fuori a stare i viventi ed innalzati saranno. Dalla porta fuori precipiterà l'angelo.

Numeri 13,30 - E saranno ad entrare pienamente retti nel cuore dell'Unico, dal Crocifisso usciti vedranno da vivi Dio. Salvati porterà l'Unigenito i viventi dal cattivo serpente, che nel mondo aveva chiuso, del mondo avrà riportata la riconquista. Rifiutato completamente, uscito con bruciature sarà stato arso con la potente energia e da tutti il serpente uscirà.

Numeri 13,31 - Ed entreranno gli uomini a stare a vivere nella beatitudine, in alto li porterà, a vedere da vivi li condurrà l'Unico a vivere, a saziarsi del Potente ad incontrarlo li porterà. A compimento l'azione per il Potente avrà condotto il Crocefisso, avrà portato Dio dal mondo a vedere. Dalla piaga saranno dal petto versati da Lui vivi a vivere dagli angeli li avrà portati.

Numeri 13,32 - E saranno su a stare dall'Unico portati gli insinuatisi nel Crocifisso fuori dalla terra, l'Unigenito li avrà liberati tutti a saziarsi verranno da Dio i figli a stare, saranno stati risorti alla vista potenti. Per il rifiuto all'essere ribelle dalla terra l'Unigenito risorgerà i corpi, per l'azione della purità il frutto uscirà, il serpente finito si porterà alla vista da tutti fuori, in terra da mangiare a tutti sarà portato, bruciato dentro sarà stato nel mondo. Lui porterà la sposa di popoli alla felicità, alla vista sarà il frutto alla fine portato della rettitudine nel mondo, negli uomini sarà dalla vita l'essere impuro finito.

Numeri 13,33 - E la risurrezione all'essere ribelle l'annullamento avrà portato, riverrà dell'energia il soffio che c'era del Potente a stare nei viventi, figli saranno per l'azione puri i viventi per l'angelo uscito abortito sarà nei viventi, portata l'energia fuori sarà stata. Dentro per l'azione sarà stato ai figli riportato il vigore, il superbo sarà dalla vita per la portata rettitudine inviato fuori, sarà l'opprimere dentro con le rovine dell'angelo a stare fuori dai viventi.

NUMERI 14 - DECRIPTAZIONE
Numeri 14,1 - Ed alla fine il risorto Unigenito la sposa all'eternità dal mondo porterà. Sarà stato finito, rifiutato, completamente abbattuto il portatosi serpente nei viventi e sarà stata dentro la rettitudine riportata nel mondo. I popoli dentro dalla notte del mondo usciranno con Lui.

Numeri 14,2 - E saranno dal Potente tra gli angeli portati in alto i viventi risorti. Dal mondo portati ad innalzare dall'Unigenito, usciranno tra i canti. La sposa con i figli saranno stati da Israele portati, saranno dall'Unico di vita a saziarsi. Dio uscirà con i viventi, la sposa all'eternità dal mondo accompagnerà, degli uomini il frutto dalla terra vivo su col corpo sarà a vivere, l'Unigenito li porterà a casa col vestito di lino/della purità usciranno questi dal mondo; dal Potente porterà gli uomini ad abitare.

Numeri 14,3 - E dal Potente a vivere l'esistenza porterà dal mondo i viventi, a casa saranno dell'Unico a venire ad abitare. La maledizione in terra uscita a colpire verrà il serpente che abortirà. Dentro una grotta dal Figlio bruciato sarà per l'energia portata nei cuori. Nella (propria) persona li porterà, saranno ad entrare, saranno portati nel cuore questi, li accompagnerà dall'Unico nel cuore, li porterà dentro dal Potente, dagli angeli li porterà a tornare. Vivi dal nemico saranno i viventi usciti.

Numeri 14,4 - E saranno dall'Unico a vivere col corpo. Porterà l'uomo Dio i fratelli, saranno portati dagli angeli, il Crocifisso un fiume all'Unico di simili invierà, risorti li porterà a casa dal mondo, vivi su col corpo saranno i viventi ad entrare.

Numeri 14,5 - Portati saranno dal Verbo dal Potente i viventi risorti. Da Lui partoriti dagli angeli in alto dalla persona gli saranno ad uscire vivi potenti per il soffio che inviato sarà stato a tutti. Riunita la comunità alla fine di figli sarà stata, saranno la luce a vedere del Potente.

Numeri 14,6 - E Gesù il Figlio i figli avrà portati alla rettitudine nei cuori, dal Figlio sarà nella persona dei viventi l'energia ad entrare, uscita dal Crocifisso nel corpo sarà ai viventi a venire, dall'Unigenito dal corpo scenderà, abbatterà il male e la perfidia sarà ad uscire dai viventi.

Numeri 14,7 - E saranno dell'Unico i viventi a saziarsi. Da Dio la sposa con la comunità del Crocifisso figlio starà. Saranno stati liberati dalla maledizione, il rifiuto all'essere ribelle in terra dell'Unico avrà bruciato il male, della purità il frutto uscirà, la potenza della Toràh verrà nei cuori. Li porterà a casa dal mondo, entreranno dalla terra vivi gli uomini nella nube.

Numeri 14,8 - (Come) alle origini i viventi puri su i figli porterà il Signore ed entreranno a casa a stare dall'Unico, verranno (dopo) il rifiuto al serpente uscito in terra. Fuori dal mondo questi verranno portati dagli angeli, il Crocifisso li guiderà, ad abitare nel paese della beatitudine di Lui (dove) scorre latte e miele.

Numeri 14,9 - E a spegnere sarà stata la perversità Dio con la purezza, nei corpi l'essere impuro portatosi alle origini finirà nei viventi, di Dio il timore si riporterà. Verranno i popoli fuori dalla terra retti, risarà il vigore nei viventi ad abitare. Uscito dai viventi i viventi il ribelle arrostito, dalla vita il male operare sarà uscito, nei viventi avrà portato il Signore a rivenire col rifiuto del serpente finalmente la forza che era alle origini nella vita.

Numeri 14,10 - E sarà l'Unigenito dei viventi il corpo a portare da sposa nell'eternità, dal mondo al Potente col corpo in cammino la recherà a vivere dall'Unico, tutti i viventi a casa dal Padre inviati saranno a vivere riportati retti dentro condotti con l'aiuto del Signore angeli col corpo. Per amore allo splendore dei viventi porterà la comunità Dio. La sposa con i figli saranno a stare la luce a vedere del Potente.

Numeri 14,11 - E sarà l'origine del ribelle dal Signore Dio nei viventi bruciata nel mondo, l'Eterno ad incontrare saranno inviati, dall'Unico su con gli angeli saranno ad uscire i popoli. Fuori questi dal mondo porterà, si vedrà volando guidarli dall'Unico, saranno con l'Unigenito a vivere l'esistenza, saranno con gli angeli portati ad abitare, sarà a casa la sposa a venire, porterà il Crocefisso la Donna compagna. In dono alla fine sarà un mattino a casa a recare.

Numeri 14,12 - L'Unico della rettitudine il frutto in mano da mangiare recò con l'Unigenito portandolo nel corpo, della risurrezione l'energia portò e originare, si vide la risurrezione nel mondo da cui verrà della rettitudine la potenza ai popoli che alla gloria porterà e l'albero ai popoli della vita la vita angelica recherà.

Numeri 14,13 - E sarà l'origine nei viventi del verme per la risurrezione ad uscire, Dio sarà la calamità a portargli col fuoco dal seno nei viventi. Si rialzerà nei corpi la forza della vita retta, sarà a rientrare dell'Altissimo completo dentro il vigore, la rettitudine verrà nei popoli ad entrare, questa fuori dalla putredine le moltitudini recherà.

Numeri 14,14 - E dall'Unigenito i viventi a saziarsi di Dio saranno portati, predati dalla terra usciranno, questi verranno dal Risorto nel seno portati. Così verranno col Signore, un mattino a casa i popoli entreranno, questi usciranno felici dalle rovine dell'angelo per le preghiere inviate gli angeli vedranno. Verranno col Signore, portati nella nuvola così i popoli, alla conoscenza del Potente usciranno i viventi, li porterà dentro a dimorare. Nella nuvola verranno ad entrare camminando, dal Potente di persona saranno ad entrare vivi un giorno i viventi. E dentro i popoli porterà per mano dell'Unigenito, tranquillamente dal Potente entreranno.

Numeri 14,15 - Ed fuori dai morti usciranno, verranno i popoli dal mondo, questi usciranno retti, gli uomini dall'Uno li porterà l'Unigenito a vivere, nel corpo porterà fuori i popoli. Saranno stati dei viventi dall'Unigenito risorti i corpi, nel Risorto nel seno portati verranno del Nome alla vista dalla prigione dell'essere ribelle.

Numeri 14,16 - I viventi a casa del Potente tutti saranno a stare, la sposa del Crocifisso sarà dal mondo recata, uscirà una fiamma che stava nell'Unigenito, verranno alla vista i viventi fuori. Questa entrerà in Dio che uscirà dalla terra con la Donna nel corpo, l'invierà nel settimo (giorno). Il serpente che entrò nei viventi avrà portato ad essere scannato. Vivranno a casa col vestito della purità.

Numeri 14,17 - E si vedranno tutti entrare a stare nella gloria degli angeli con l'originario vigore col Signore. Saranno a casa dell'Unico con le vesti del servizio divino della purità, finito il serpente origine dell'amarezza.

Numeri 14,18 - Per la forza della perversità che alle origini i corpi afflisse, il Verbo fu ai viventi a portare nei corpi dentro per bontà il perdono per il peccare. All'angelo che portò il soffio bruciante del peccare con energia verserà fuori, con potenza l'annullerà, si abbatterà nel mondo la punizione per la colpa. Del Padre recherà agli sviati nel cuore l'energia che sarà il male operare ed il delitto a bruciare. Saranno dei viventi portate in alto le moltitudini dalle rovine (in cui) vivevano.

Numeri 14,19 - La pienezza della potenza della grazia di Dio agirà, riporterà l'energia a rientrare nell'agire dei viventi, uscirà da questi fuori la perfidia, il vigore in pienezza ai fiaccati riporterà con la rettitudine, la felicità per il perdonare completo uscirà, la potenza nell'agire nei viventi rientrerà. In questi rientrerà la vita, dall'angustia saranno i viventi per sempre ad uscire per l'energia rientrata.

Numeri 14,20 - E risarà l'originaria vita nei corpi per il Signore che avrà perdonato, completo risarà così l'aiuto con la benedizione.

Numeri 14,21 - E l'Unigenito riporterà la potenza nei viventi della vita delle origini per l'energia che sarà riportata, sarà la pienezza della gloria del Signore, riinizierà la perfezione dell'Unigenito nei corpi a scendere.

Numeri 14,22 - Retti saranno tutti ad uscire gli uomini, saranno in vita rigenerati dall'Unigenito, saranno i viventi a venire nella gloria e saranno dall'Unico tutti a venire, finalmente saranno nella beatitudine alla vista, per dono del Crocefisso saranno a casa vivi, su col corpo saranno i viventi portati ad abitare col vestito della purità e saranno tra gli angeli nella pienezza recati. Verranno a stare questi ad entrare alla vista dei serafini. I popoli saranno stati circoncisi dal colpevole del peccare che dentro a versare portò il serpente nell'esistenza.

Numeri 14,23 - Sulla vetta dell'Unico li porterà, verrà dalla terra l'Unigenito con i risorti tra i canti del settimo (giorno) alla fine saranno dal potente Padre tutti i viventi. E la sposa dei viventi bella su sarà, del potente Unico sarà alla vista portata dal mondo.

Numeri 14,24 - E si vedranno nei lini stare tutti a casa per sempre, nel mondo sarà stato del Crocefisso ad entrare lo Spirito, fratelli il corpo degli sviati dei viventi avrà riportato e saranno nella pienezza. Dell'Unico nell'assemblea il corpo sarà portato, ed ad entrare dentro saranno con l'Unigenito, il Crocefisso sarà a portarli. Di Dio entrò in terra con l'Unigenito la risurrezione dei corpi, (per cui) da dentro il colpevole uscì portandosi a colpire il male e sarà a riportarli con i corpi rinnovati.

Numeri 14,25 - E fuori si vedrà dai viventi il serpente vomitato, lo recherà fuori la rettitudine che con energia avrà agito, tra i lamenti sarà portato nel fuoco dentro. Dentro i popoli si verserà nel midollo il guarire, con l'energia portata si riporterà la pienezza, fanciulli retti i viventi riusciranno a vivere per l'aiuto nella purità. Le generazioni rette saranno dalla prova riportate dal Verbo.

Numeri 14,26 - E sarà con la Parola che fu al mondo a portarsi ad uscire la maledizione, a salvare si portò Dio, dall'Unigenito entrò nei corpi l'energia con il rifiuto per l'essere ribelle.

Numeri 14,27 - In azione nel sangue finalmente risarà la potenza dell'Eterno a rientrare, dal mondo il male uscirà fuori, colpito verrà dall'Unigenito che risorgerà i corpi, riusciranno i viventi nel mondo, vivi potenti saranno per l'energia che sarà il male operare dall'esistenza dall'Unigenito finito. Sul colle l'angelo (ribelle) portò in croce il Figlio. Fu per la rettitudine da Dio Unico liberato; in vita riuscì. Vivo con potenza fu dagli apostoli che stavano con la Madre. L'Altissimo, per la risurrezione in vita, i viventi videro che il Crocifisso era.

Numeri 14,28 - Iniziò a vivere un corpo che di Dio nel mondo la vita racchiusa era stata, dall'Unigenito figli iniziarono dalla Madre del Signore che agivano con piena rettitudine. Dell'Unigenito risorto col corpo la parola ai confini i viventi dentro ad ascoltare furono. Con rettitudine gli apostoli dell'Unigenito agivano, per la risurrezione entravano nel cammino i viventi.

Numeri 14,29 - Dentro tra i viventi per aiutare da mangiare da questi esce, sono del Verbo che li accompagna la parola in cammino, nel corpo sono ad anelare di portare tutti. La punizione è così dai viventi nel cammino per il serpente, nella prova fanno frutti di rettitudine tra i viventi. Tra i viventi abitano gli apostoli, a fare il corpo sono con la Madre, della risurrezione l'energia al mondo portano ai viventi dell'innalzato. Per l'Unigenito a liberare dal serpente sono da angeli del Crocefisso che tra i viventi ad innalzarlo sono.

Numeri 14,30 - Dell'Unigenito la Madre venne tra gli uomini, dentro dell'Unico recò la divinità in terra, dall'Unigenito risorto un corpo per gli apostoli sorse, dall'Unigenito Crocifisso era a venire un forte aiuto, era il serpente bruciato dalla rettitudine che dagli apostoli veniva. Retti viventi dentro al mondo così ci furono, iniziarono dalla Madre sposa dentro ad esserci figli ad esistere per il soffio degli apostoli che al mondo portavano Gesù, dentro gli apostoli abitava l'energia.

Numeri 14,31 - Portava il cuore del Verbo con la rettitudine la Madre, iniziò ad illuminare le menti/teste sull'originaria ribellione dei viventi che dal serpente dentro colpiti erano stati nell'esistenza e al mondo dentro fu a venire. Fu all'originaria purezza portato un forte sbarramento per il peccare che venne in terra, delle donne nel corpo disprezzò la purezza che da dentro uscì.

Numeri 14,32 - Ed a parlare agli stranieri fu la retta Madre a venire. La Madre è dal Verbo accompagnata, dentro, ai viventi per aiutarli da mangiare Questi apriva.

Numeri 14,33 - E ad abitare gli apostoli sono con la rettitudine tra i viventi, nell'esistenza del mondo sono a portarsi da pastori, che stanno con la Madre. Dentro il vestito della purità originaria, un corpo dentro alla vista è di viventi rinnovati. È con gli apostoli la distruzione portata a venire all'idolatria, è così tra i viventi ad agire la legge divina, consegnata con la forza della rettitudine ai viventi, dentro rivive la parola.

Numeri 14,34 - Riabita nella vita la pienezza, fa frutti nei giorni la Madre, la beatitudine del Crocifisso in un corpo puro viene in terra, dell'Unigenito nel corpo dentro agisce con forza la vita, è portata dalla Madre che è a recare della vita la potenza, per rinnovarli sono portati nell'acqua, la potenza del Risorto per gli apostoli entra, del Crocifisso l'illuminazione inizia a portarsi, viene l'iniquità a finire, è la rettitudine nei viventi ad iniziare, le moltitudini si vedono essere liberate dall'angelo (ribelle), nel mondo è la conoscenza del Crocifisso nei viventi a venire, del drago portano l'inizio della fine nell'esistenza.

Numeri 14,35 - Iniziò per gli apostoli ad essere la forza della perversità sbarrata con la purità del Crocifisso, fu dell'Unigenito nei viventi il rifiuto che con questi venne ad iniziare ad operare, in cammino la potenza uscì dell'Eterno nel mondo. Uscirono da pastori nel mondo questi, vennero gli apostoli a portare una comunità, fu tra i viventi dell'Altissimo dentro tra i viventi la parola ad uscire per questi nel mondo, fu la purezza riportata e del Risorto la vita fu agli uomini portata.

Numeri 14,36 - Portò al mondo l'Unigenito gli apostoli in dono ai viventi, iniziò alla luce un corpo per accendere la guerra con la risurrezione nel mondo al serpente, la Toràh venne in terra. E furono il Risorto dentro a recare e nell'esistenza ad accompagnare gli apostoli si portò l'Altissimo e venne la sposa per l'Eterno nel mondo, del serpente la perversità giù sono a consumare, per (la loro) azione il serpente nel mondo iniziò da un corpo a scendere.

Numeri 14,37 - E fu dai morti a riportarsi nel mondo l'Unigenito, gli apostoli il risorto fu con la Madre ai viventi a portare, giù la calamità dentro dal Crocefisso uscì in terra per il male, dentro la piaga al serpente gli soffiò con gli apostoli il Signore.

Numeri 14,38 - Portò Gesù a casa dell'angelo ad abitare gli apostoli e la sposa, dentro figli saranno per il soffio degli apostoli ad uscire. Dal chiuso un giorno gli apostoli uscirono, dell'Unigenito l'energia della risurrezione fu con la Madre ad uscire nel mondo tra i viventi, uscì in campo del Potente la rettitudine ad essere in vita, la potenza della Toràh venne in terra.

Numeri 14,39 - E fu per aiutare dentro un corpo liberato dall'Unigenito Crocifisso nel mondo, dalla Parola fu la Madre ad uscire con la maledizione di Dio (per il serpente), la sposa da casa inviata fu con la rettitudine, l'Unigenito l'accompagna. Fu col Crocifisso il Padre al serpente a portare nel mondo in azione ai viventi la forza.

Numeri 14,40 - E fu risorto! Così dalla Madre si portò a casa il mattino, fu alla vista con la potenza a portarsi di Dio. Un corpo l'Unigenito risorto nel mondo generò per il rifiuto dell'essere ribelle inviò gli apostoli e si portò in alto, fu con gli angeli a portarsi. Da Dio uscì per i viventi da fune la Madre, dalla Donna un corpo iniziò, al ribelle la calamità della rettitudine fu per i peccati dagli apostoli portata.

Numeri 14,41 - E fu ad iniziare a vivere un corpo per salvare dal serpente i viventi nel mondo. Questo uscì dall'Unigenito in croce dal seno, da dentro il corpo fu della Madre a venire. La bocca fu del Signore (contro) la perversità portata. E la maledizione dall'Unico venne giù con vigore.

Numeri 14,42 - La maledizione il Crocefisso dall'alto portò con la rettitudine nell'esistenza per annullare la forza della perversità, da dentro versò un corpo con dentro la rettitudine che a recidere venne l'angelo nel cammino col soffio che portò. Il potente soffio inviato fu al nemico nell'esistenza con la forza della rettitudine nella Madre. (La Madre = la Chiesa è una maledizione per il serpente è questa si esplica solo attraverso la rettitudine dei suoi componenti che in tal modo fanno presente che lo spirito del Cristo è vivente.)

Numeri 14,43 - Così fu al mondo ad agire la Madre, il Potente la versò nell'esistenza per recare al mondo della rettitudine l'energia. In azione con gli apostoli fu ad illuminare i viventi con la potenza della parola, inviati furono anelanti di portare l'aborto a finire tra i viventi dentro versando nelle moltitudini la rettitudine. Fu ad agire in cammino con l'energia della risurrezione dentro del Crocefisso la Madre, di viventi fratelli un corpo fu al Signore a portare. Il rifiuto fu nell'esistenza ad esistere per la perversità dai popoli per la rettitudine della Madre.

Numeri 14,44 - E fu alle tenebre dal serpente portate che il Potente dall'innalzato portò dalla croce la maledizione, con un corpo di donna che uscì, a partorire portò l'Unigenito un corpo. Recarono gli apostoli dentro un corpo ad esistere per il Crocifisso. Il Signore lo portò per salvare dal serpente. Dall'Unigenito la Madre simile per la vita versare alle moltitudini uscì tra i viventi; la grazia uscì.

Numeri 14,45 - E ci fu un corpo per aiutare nel mondo per affaticarsi, versato fu per recare al mondo la rettitudine, gli apostoli tra i miseri nel mondo abitarono, da casa a generare per Lui si portarono, furono la rettitudine a recare ai viventi. Ed è la rettitudine del Crocifisso portata dalla Madre, l'Eterno entrò a chiudersi in un corpo tra i viventi nel mondo.

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