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ATTESA DEL MESSIA...

 
MALVAGI SALVATI DAI FRATELLI

di Alessandro Conti Puorger
 
 

CARENZA DI GIUSTIZIA
Nel rotolo della Torah, con cui inizia la Bibbia cristiana e la Tenak ebraica, i primi capitoli del libro della Genesi, vale a dire il "midrash" della creazione, sono un'ispirata rivisitazione a modo di sintetica cronistoria allegorica degli atti fondativi, con aspetti di profezia, che intende illuminare sul rapporto di Dio con l'umanità ed interpretare, così, le motivazioni che hanno mosso le prime importanti vicende umane, quelle cioè che sono state le premesse della situazione esistenziale che hanno condizionato poi la vita dell'umanità.
Seguendo quel racconto, peraltro, il "Gan Eden", o paradiso terrestre, altro non era se non la scuola in cui Dio intendeva istruire in modo protetto l'uomo per portarlo alla vita adulta di figlio pienamente partecipe del dono della divinità e della piena libertà.
Per poter esercitare in modo pieno e cosciente il dono della libertà era, infatti, necessario che l'uomo, nato senza il proprio volere, come d'altronde il figlio di una qualsiasi famiglia terrena, potesse scegliere nel caso specifico se voler esistere o semplicemente vivere.
La scelta era fondamentale, tra luce, Dio, e le tenebre, la mancanza di Dio!
Così perlomeno sintetizza la questione il prologo di Giovanni (1,4s) che si rifà al capitolo 1° del libro della Genesi: "In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta."
L'uomo, formato da Dio, doveva sì ricevere un insegnamento, ma all'inizio doveva sottostare solo a regole semplici ed una era basilare: obbedire al maestro.
Per poter effettuare una scelta con criterio, infatti, occorre conoscere bene i vari aspetti del problema.
Occorreva una scuola per conoscerli.
La lettera agli Ebrei comprova che l'apprendimento della Torah, perché questa poi in fin dei conti si trattava di fare propria, in effetti, era un'iniziazione ed avveniva e doveva avvenire, per gradi: "Infatti voi, che a motivo del tempo trascorso dovreste essere maestri, avete ancora bisogno che qualcuno v'insegni i primi elementi delle parole di Dio e siete diventati bisognosi di latte e non di cibo solido." (Ebrei 5,12)

L'uomo perciò che doveva mangiare dell'albero "della conoscenza del bene e del male", che fu piantato nel giardino fu così però avvertito di non mangiarne.
Non poteva, infatti, ancora digiuno com'era d'ogni esperienza, mangiarne avrebbe potuto anche morirne... il che puntualmente accadde.
Era l'uomo semplicemente un figlio che deve apprendere.
San Paolo nella lettera ai Galati presenta questo esempio: "...per tutto il tempo che l'erede è fanciullo, non è per nulla differente da uno schiavo, pure essendo padrone di tutto; ma dipende da tutori e amministratori, fino al termine stabilito dal padre." (Galati 4,1s)
È evidente che se l'albero era stato volutamente piantato nel giardino era perché prima o poi sarebbe tornato utile, ma al momento opportuno, sotto lo sguardo vigile, il permesso e l'istruzione del Signore, quando l'uomo fosse in grado di digerire quel cibo.
Quella del succo della Torah, infatti, era la materia base del corso d'istruzione, da acquisire col continuo insegnamento dell'istruttore, del Signore stesso, che si faceva presente nel giardino nella veste di pedagogo.
Aveva detto di non mangiarne, ossia l'uomo non doveva mangiare da solo di quel albero, finché evidentemente non gli sarebbe stato consentito.
A mangiarne però fu portato condizionato da un altro istruttore, uno spirito malvagio e ribelle che furtivamente, camuffandosi da serpente, s'era introdotto nel giardino e così l'uomo ricevette una conoscenza artefatta.

Quel "midrash" ci dice anche che, allora, dallo stare al cospetto di Dio nel paradiso terrestre, l'umanità s'è trovata in esilio in un mondo in cui Dio pare essersi eclissato.
Dio ha così rispettato il volere espresso dall'uomo e dalla donna, la coppia dei nostri primi progenitori, in cui fu inserito il dubbio che Dio non volesse che vivessero per sempre.
Dio perciò sa bene che all'origine ci fu un evento che, invero, impedì all'umanità una scelta in piena coscienza.
Un serpente, personificazione di uno spirito avverso, intervenne e interpretò la conoscenza deducibile da tale albero, di cui l'unico istruttore giusto ed imparziale voleva restare solo Dio.
Di fatto quella che mangiò la prima coppia non fu altro che una conoscenza fallace, indi tutto il prosieguo non fu una scelta libera, ma condizionata.
Dio perciò vide che l'uomo era stato abbindolato, perché ostaggio di uno spirito avversario che era entrato in lui come il verme con l'atto del mangiare.
Occorreva un intervento risolutivo che però fosse solo benefico per l'uomo senza cioè che l'uomo ne subisse conseguenze.
Occorreva comunque che finisse l'errore, ma... non si poteva buttare il bambino con l'acqua sporca.
Occorreva perciò una morte e una rinascita.
La morte causata dal fuoco dell'energia divina avrebbe ucciso il parassita, ma avrebbe ridato la vita all'essere umano delle origini.
La conoscenza, che poteva portare poi alla scelta del bene e che si sarebbe potuta perpetrare in modo indolore con una graduale ed attenta iniziazione partendo dal bene e mostrando cosa provoca l'assenza di questo, è avvenuta, così, invertendo i tempi e l'uomo ha appreso prima il male.
Ora, deve passare al bene... si deve convertire.
È vero che nell'uomo c'è l'originaria scintilla di Dio che è bene assoluto, quindi c'è la possibilità che stando nella sofferenza cerchi comunque il bene.
C'è però un pericolo, che da schiavo e prigioniero del maligno diventi suo collaborazionista ed imiti in modo pieno il prototipo del malvagio che lo schiavizza, come un dei "kapos" dei "lager".
In tal caso anche lui, l'uomo, diviene un vero malvagio e un percorso di redenzione fa presa con piò difficoltà.
Solo Dio è in grado del giudizio definitivo, di soppesare giustizia e misericordia, e di valutare se v'è ancora del salvabile nell'uomo o se ormai è possesso pieno ed irrecuperabile dell'avversario.

Dio perciò, per il rispetto della libertà che voleva garantire, evitò d'interloquire con chi non lo voleva piò sentire, "eccelso è il Signore e guarda verso l'umile, ma al superbo volge lo sguardo da lontano." (Salmo 138,6)
Il superbo è colui che vuole essere come Dio e viene guardato da lontano in attesa che si converta come nella parabola detta "del figliol prodigo": "Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò." (Luca 15,20)
L'umile invece è chi sta nel giusto; prende cioè atto d'essere una creatura.
Di fatto, così, in linea con quanto in quel versetto, Dio intrattenne rapporti con alcuni "giusti", in genere con i primogeniti della discendenza di Adamo che lo invocavano ed, in particolare, come vedremo, con Enoch e poi con Noè.

Nel frattempo, poiché "quando manca il gatto i topi ballano", il demonio con i suoi angeli, i topi dell'allegoria, ha portato avanti il proprio gioco fino a prodursi con l'ultimo macabro ballo che porta a tutti la morte.
Ora, il concetto di gatto, sintetizza ed implica tante qualità che lo caratterizzano.
È furbo, scattante, veloce, attento, sornione, ma sarebbe riduttivo dire che il gatto è una di queste qualità, ma è una particolare sintesi di tutte.
Del pari, l'eclisse di Dio, mi si scusi il parallelo, è mancanza di tutto ciò che lo contraddistingue, rettitudine, giustizia, pace, verità, misericordia, amore, vita vera, sapienza, eternità, ecc... e per di piò ciascuna in pienezza.
L'eclissarsi di Dio, perciò, fa sì che nel mondo ci sia un'eclisse di tutte quelle qualità tanto più che quelle umane sono solo pallide espressioni, spesso illusorie.
Ecco che mentre stavo in questi ragionamenti m'ha colpito, per la sua linearità e verità, questo pensiero attribuito a Don Oreste Benzi: "Quando il mondo non agisce secondo giustizia, chi ha la capacità di fare qualcosa, ha la responsabilità di farlo."
Se il mondo agisse con giustizia vi sarebbe anche la pace!
Nel mondo però è palese che ciò non esiste.
Giustizia è pace, infatti, non sono di questo mondo, vengono da Dio.
La situazione della pace nel mondo così risulta è un termometro che misura la fede in Dio degli uomini.
Sul Signore IHWH dice, infatti, il Salmo 85: "La sua salvezza è vicina a chi lo teme e la sua gloria abiterà la nostra terra. Misericordia e verità s'incontreranno, giustizia e pace si baceranno. La verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo." (Salmo 85,10-12)
Cioè, la giustizia può venire solo dal cielo e quando comincia ad apparire è segno di "salvezza".
E la "sua salvezza " è il "suo Gesù"; Gesù è il Signore.
Quel pensiero di Don Benzi ha quindi senso, solo perché oggi ci può essere chi ha la capacità di fare qualcosa.
Lo è chi consciamente vive nel periodo nuovo istaurato dall'avvento del Messia figlio di Dio, ma nato da donna, in cui chi ha ricevuto l'annuncio della salvezza può, grazie allo Spirito Santo, aver ricevuto il germe dei doni della divinità, quindi, anche la capacita di perseguire la giustizia avendone conosciuto l'autore e divenire così "operatore di pace", ma sono ancora pochi: "Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!" (Matteo 9,38)
Giustizia e pace sono perciò doni messianici, peculiarità di un Regno che è in fase di attuazione, sta venendo nel mondo, quello del Figlio dell'Altissimo, che ha iniziato la sua irruzione con le vicende di Gesù di Nazaret che ha aperto il tempo della vittoria sulla morte e della risurrezione finale.
Il libro della Genesi lo prefigurò presentando l'enigmatico Melchisedek che "...offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo." (Genesi 14,18)
La lettera agli Ebrei presenta proprio tale figura come profezia sul Figlio di Dio: "Melchìsedek, infatti, re di Salem, sacerdote del Dio Altissimo, andò incontro ad Abramo mentre ritornava dalla sconfitta dei re e lo benedisse; a lui Abramo diede la decima di ogni cosa; anzitutto il suo nome tradotto significa re di giustizia; è inoltre anche re di Salem, cioè re di pace. Egli è senza padre, senza madre, senza genealogia, senza principio di giorni né fine di vita, fatto simile al Figlio di Dio e rimane sacerdote in eterno." (Ebrei 7,1-3)
Gesù, infatti, disse al procuratore romano Pilato: "Il mio regno non è di questo mondo." (Giovanni 18,36)

Perché giustizia e la pace non sono presenti nelle creature create da Dio e quindi ne pare carente questo mondo?
Cosa è accaduto?
Il libro della Sapienza sintetizza che tutti gli uomini sono peccatori e malvagi, perché "Abbiamo deviato dal cammino della verità; la luce della giustizia non è brillata per noi, né mai per noi si è alzato il sole. Ci siamo saziati nelle vie del male e della perdizione; abbiamo percorso deserti impraticabili, ma non abbiamo conosciuto la via del Signore." (Sapienza 5,6s)
Questo pensiero porta a considerare che nemmeno nel giorno in cui fu formato, quando stava ancora faccia a faccia con Dio, l'uomo non s'era reso conto che brillava per lui il sole di giustizia, che è eterno come il creatore.
Anzi l'uomo fu spinto subdolamente a credere che Dio stesso fosse ingiusto quando il serpente disse alla Donna: "Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male". (Genesi 3,4s)
Lo ritenne geloso della propria divinità e l'uomo fece il sacramento di mangiare ciò che gli era stato proibito.
Quel giorno sorto per essere eterno per il rifiuto della giustizia, infatti, declinò.
Quella, infatti, che sarebbe potuto essere la Domenica eterna senza tempo, quando la giustizia avrebbe potuto brillare e convivere per sempre con l'uomo, divenne solo il sesto giorno della creazione che fu mutato nell'inizio del tempo della decadenza, perché l'uomo, creato col dono della libertà, fu subito ingannato e divenne preda di un parassita che scelse l'esistenza dell'uomo per proseguire a suo discapito la propria vita di disobbedienza verso Dio. (Vedi: "La durata della Creazione")

Era accaduto, dice la tradizione, che un angelo era divenuto ribelle.
Non sopportava d'essere secondo, già scacciato dall'assemblea divina, aveva trovato degli accumulatori di vita, gli uomini, carichi dell'energia di Dio, da cui succhiare ciò che ormai a lui era negato. (Vedi: "Tempo-eternità")
Questo angelo ribelle, nella sua malvagità aveva però considerato che certamente Dio, giustizia infinita, non avrebbe spento l'uomo che, di fatto, era solo succube di quella situazione.
Dio, però, era rimasto saldo nel proprio intento di preparare un giorno nuovo, l'8° giorno, la Domenica eterna che era stata bloccata all'origine: "...secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia." (2Pietro 2,13)
Il profeta Malachia, nell'ultimo capitolo del suo libro riguardante il giorno finale, scrive: "Per voi invece, cultori del mio nome, sorgerà il sole di giustizia con raggi benefici e voi uscirete saltellanti come vitelli di stalla. Calpesterete gli empi ridotti in cenere sotto le piante dei vostri piedi nel giorno che io preparo, dice il Signore degli eserciti. Tenete a mente la legge del mio servo Mosè, al quale ordinai sull'Oreb, statuti e norme per tutto Israele. Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore, perché converta il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri; così che io venendo non colpisca il paese con lo sterminio." (Malachia 3,20-24)
Ciò, in sintonia con il Benedictus che proclamò Zaccaria padre del Battista anche lui in attesa di questo sole di giustizia: "...E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade, per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati, grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio, per cui verrà a visitarci dall'alto un sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace". (Luca 1,76-79)
Dio, infatti, nel suo disegno d'amore ha previsto che, comunque, la storia dell'ingannatore ribelle abbia un termine.

Questo è il senso, il perché della creazione della dimensione tempo.
Fu questo atto d'estrema misericordia nei riguardi dell'uomo, affinché se avesse errato la scelta per mancanza di piena conoscenza avesse poi un tempo per redimersi e non rimanere schiavo in eterno.
È quello della creazione del tempo dopo il peccato, infatti, atto di magnanimità che comporta la fine del mondo, con cui verrà sancito il termine di quella dimensione provvisoria e la fine del male.
"Poiché dunque tutte queste cose devono dissolversi così, quali non dovete essere voi, nella santità della condotta e nella pietà, attendendo e affrettando la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli si dissolveranno e gli elementi incendiati si fonderanno! E poi, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia. Perciò, carissimi, nell'attesa di questi eventi, cercate d'essere senza macchia e irreprensibili davanti a Dio, in pace. La magnanimità del Signore nostro giudicatela come salvezza..." (2Pietro 3,11-15)

Il commento del Signore nel libro della Genesi al momento della decisione del diluvio fu il seguente: "Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni intimo intento del loro cuore non era altro che male, sempre." (Genesi 6,5)
Il cuore, in ebraico "leb" , non è solo l'organo fisico che pompa il sangue, ma la sede del sentire, del pensare, del volere, perciò è casa del senno e dell'intelligenza.
Secondo la gimatria ha il valore di 32 = (2 = ) + (30 = ), vale a dire proprio quanti sono i sentieri della sapienza divina, le 10 "sefirot" corrispondenti ai 10 numerali + i 22 segni delle lettere dell'alfabeto ebraico.
Il cuore d'ogni uomo dovrebbe, perciò, essere anche la casa della Torah, perché in essa vi è tutta la Sapienza divina rivelata all'uomo in attesa del Messia che appunto completerà la rivelazione stessa con la sua vita.
Nel Talmud tra le "massime dei padri", i Pirkei Avot, della Torah è scritto: "Girala e rigirala ché tutto è in essa".
Accade, peraltro, che la prima lettera della Torah è la "Beit" di Bereshit, con cui inizia il libro della Genesi, e l'ultima è la "Lamed" di "Israel", ultima lettera con cui chiude il capitolo 34 del libro del Deuteronomio.
Sono queste proprio le due lettere che formano la parola ebraica cuore, il che sta a ribadire che tutta questa Torah deve stare sempre nel cuore dell'uomo.
Il serpente che fece mangiare dell'albero della conoscenza del bene e del male in pratica aveva messo il proprio verme nel cuore della prima coppia.
Vi era entrato un tarlo che svuotò il cuore dell'uomo della Torah, quindi anche dell'attesa del Messia.
Ecco che restò solo l'esterno, come un baccello svuotato, il "leb" che divenne "del serpente la casa " luogo di "Vanità delle vanità , dice Qoèlet, vanità delle vanità, tutto è vanità." (Qoelet 1,2)
Guarda caso che appena dopo la cacciata dal paradiso terrestre del capitolo 3 della Genesi, il capitolo 4 così inizia: "Adamo si unì a Eva sua moglie, la quale concepì e partorì Caino ... Poi partorì ancora suo fratello Abele ..." (Genesi 4,1s)
Quei due nomi già da soli sono in grado di raccontarci una storia:
  • Caino "a versarsi fu l'angelo (ribelle)" e "riversò l'opprimere ()".
  • Abele "nel mondo abitò il serpente " ed ecco che fu "dal mondo negato " e s'instaurò un "mondo negativo ".
Caino fu concepito e partorito e dopo fu partorito Abele; erano gemelli.
In loro si sviluppò il primo attacco evidente del male col risultato che la morte entrò nel mondo.
Il libro della Sapienza sottolinea "Sì, Dio ha creato l'uomo per l'immortalità; lo fece a immagine della propria natura. Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo..." (Sapienza 2,23-24)
Caino fu il primo uomo che ne uccise un altro; così il fratello uccise il fratello.
La prima volta che la parola fratello entra nella Bibbia è così in occasione di un fratricidio, che rimase senza perdono, perché il fratello che poteva perdonare era morto, ma "La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!" (Genesi 4,10), cosa chiedeva: giustizia.
Si dovrà attendere che un fratello, ucciso dai fratelli, li perdoni!
Ciò ci riferisce la Bibbia avvenne, dapprima come in profezia con Giuseppe che fu venduto schiavo dai fratelli e li perdonò, e poi in croce da parte di Gesù.
Gesù nostro fratello, crocifisso ed ucciso dai fratelli, pur in croce tra le sofferenze ebbe a dire "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno". (Luca 23,34)
Lo stesso Gesù ebbe anche a dire "voi che avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin da principio." (Giovanni 8,44) con che, tra l'altro, conferma che chi ispirò Caino, fu proprio il diavolo che si può considerare il padre spirituale di Caino stesso.
Il demonio s'era messo a prolificare figli che avessero il proprio spirito nel mondo per provocare una discendenza di malvagi.
Aveva previsto il Signore le due stirpi.
Nel maledire il serpente Dio, infatti, ebbe a dire: "Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno". (Genesi 3,15)

Bastarono sette generazioni e Dio constatò che questa prolificazione era stata completa.
L'oppressione era totalizzante e commentò: "Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni disegno concepito dal loro cuore non era altro che male." (Genesi 6,5)
Questo versetto in ebraico è così concepito:




Da quelle lettere, con le regole e i significati di decriptazione inseriti in "Parlano le lettere" si ricava questo intimo pensiero che costata la piena invasione nei cuori degli uomini da parte della malvagità, la "raa't" , cioè "il male li aveva segnati ".

"Ed il timore del Signore con la rettitudine fu dai corpi da dentro ad uscire per il cattivo completamente entrato nell'uomo . Dentro la terra portò il maligno la tribolazione (). Le macchinazioni nei cuori portò . Nei corpi versò il male . In tutti nel mondo fu a portarsi a vivere ."

Ecco che il Signore cambia strategia, è il momento d'inondare il mondo di grazia e decide il diluvio... evento tutto spirituale!

"E il Signore si pentì di aver fatto l'uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo." (Genesi 6,6)




Con gli stessi criteri, da queste lettere ebraiche s'ottiene il seguente pensiero:

"Ma fu a sentire compassione il Signore . La rettitudine per spazzarlo () bruciandolo dal mondo venne in un uomo . Dentro la terra portò la forza per finire l'idolo . Dio dal serpente a casa si portò ."

Quel pentirsi , che non è da Dio, in effetti nasconde l'idea di "sentire compassione", e così dovrebbe tradursi.
Era l'idea che Dio aveva nella mente quando scelse Enoch .
Nelle prime due lettere di quel nome balenò la parola grazia e Dio la concretò con "Noach" cioè Noè il "condottiero" della divina compassione ossia e così ci fu "Noè , il vivente " su cui esercitarla.
Nel contempo la compassione prefigura profeticamente che torna a noi come grazia, infatti, lette le lettere di da sinistra a destra è profezia che per i "viventi la grazia ( = )".

La grazia comporta l'incarnazione, la soluzione finale, cioè finire il male con la divinità; eliminare cioè le tenebre con la luce totale.
Questo, infatti, fu il saluto dell'angelo Gabriele alla vergine Maria "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te". (Luca 1,28)
Dio aveva preparato tale evento sin dalle origini attraverso quei due uomini Enoch e Noè, come ho già accennato e come del resto ricorda il libro della Sapienza.

"Enoch piacque al Signore e fu rapito,
esempio istruttivo per tutte le generazioni.
Noè fu trovato perfetto e giusto,
al tempo dell'ira fu riconciliazione;
per suo mezzo un resto sopravvisse sulla terra,
quando avvenne il diluvio.
Alleanze eterne furono stabilite con lui,
perché non fosse distrutto ogni vivente con il diluvio." (Sapienza 44,16-18)

Il diluvio fu sì un evento distruttore.
Distrusse però solo la maledizione sulla discendenza di Caino, altro o altri non furono distrutti e nessuno vi perì.
(Vedi: "Cosa nasconde il racconto di Noè e del Diluvio?")

Fu, di fatto, un evento spirituale che rimase tra Lui, Dio stesso, e la generazione dei salvati, nel senso che questi erano ormai coscienti che non v'era nessuna maledizione che separava Dio dagli uomini.
Nel contempo fu un avviso: "Il Signore veglia sul cammino dei giusti, ma la via degli empi andrà in rovina." (Salmo 1,6)
Subito dopo l'evento distruttore detto del "mabbul maiim" , il "diluvio", in Genesi 8,21 c'è, infatti, il commento: "Non maledirò più il suolo a causa dell'uomo, perché ogni intento del cuore umano è incline al male fin dall'adolescenza; né colpirò più ogni essere vivente come ho fatto."
Tra prima e dopo il diluvio sembra così che nulla sia cambiato; malvagi prima e malvagi dopo.
Accade, però, che c'è una parte, che poi è il resto di tutti i viventi saliti nell'arca, che trova grazia come risulta da: "Il Signore disse: Sterminerò dalla terra l'uomo che ho creato: con l'uomo anche il bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito d'averli fatti. Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore. Questa è la storia di Noè. Noè era uomo giusto e integro tra i suoi contemporanei e camminava con Dio." (Genesi 6,7-9)
La conclusione che se ne può trarre è che il nostro mondo si regge e si conserva perché vi sono dei "giusti ed integri", un insieme di fratelli, che "camminano con Dio", onde la decisione che poteva comportare una distruzione totale viene cambiata.
C'era stata, infatti, un'avvisaglia che uomini del genere c'erano.
Il 7° nella genealogia dei primogeniti di Adamo, il famoso "...Enoch camminò con Dio e non fu più perché Dio l'aveva preso." (Genesi 5,24) fu esonerato dalla fine comune nel sepolcro.
Aveva la sua esistenza fatto spostare nel tempo la decisione della distruzione dell'umanità e contribuì a modificare questa in una pioggia di Spirito Santo, vale a dire di grazia, definito "diluvio" "mabbul maiim" "per i viventi frutto di vita saranno le acque ", anticipo di perdono tramite il battesimo, ma anche "in un vivente ad abitare si porterà la potente vita , vi starà il Vivente ".
Considerato che ogni atto del Signore è sintesi perfetta di giustizia e misericordia, evidentemente l'autore materiale di quella Sacra Scrittura che è il primo libro della Torah, ci vuol dire che queste, giustizia e misericordia, col diluvio sono state compiute.
Proviamo a sciogliere l'arcano.
È da ricordare che dopo il peccato di Adamo ed Eva, di cui al capitolo 3 della Genesi, di fatto, solo il serpente ne uscì "maledetto": "Allora il Signore Dio disse al serpente: Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita." (Genesi 3,14)
L'uomo non venne maledetto, ma fu maledetto solo il suolo "maledetto sia il suolo per causa tua!" (Genesi 3,17b)
Abele ebbe a credere a quella maledizione e Caino no, come s'evince da questa annotazione di Genesi 4,2: "Ora Abele era pastore di greggi e Caino lavoratore del suolo."
Dopo l'omicidio d'Abele, ucciso dal fratello Caino, la maledizione però passò anche ad un uomo, infatti: "La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto, lontano dal suolo che ha aperto la bocca per ricevere il sangue di tuo fratello dalla tua mano." (Genesi 4,10-11)
C'era un evento che chiedeva vendetta e che non era stato punito.
Dio aveva posto un segno su Caino, perché gli uomini evitassero di non compiere vendetta: "...il Signore gli disse: Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte! Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato." (Genesi 4,15)
(Vedi: "I primi vagiti delle lettere ebraiche nella Bibbia")
Riprendendo questo pensiero, nella lettera ai Romani San Paolo esorta: "Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all'ira divina. Sta scritto infatti: A me la vendetta, sono io che ricambierò, dice il Signore." (Romani 12,19)
Nella Torah (Deuteronomio 32,35) Dio, infatti, aveva detto "Mia sarà la vendetta e il castigo."
Ecco che, tra l'altro, nel mio articolo "Visione su Abele, il pastore gradito al Signore" dicevo "non può certo considerarsi una combinazione che l'elenco della genealogia di Caino presenti nel complesso 7 livelli di discendenza (da Genesi 4):
  • Caino;
  • Enoch;
  • Irad;
  • Mecuiaèl;
  • Metusael;
  • lamech,
  • Iabal, Iubal e Tubalkain.
Non arriva cioè alla pienezza, figura d'eternità, del numero 8.
Se però si va alla discendenza di Set, il figlio nato dalla prima coppia dopo la morte di Abele e la cacciata di Caino, il capitolo 5 della Genesi ci informa che all'ottavo posto dei primogeniti si trova Noè:
  • Set;
  • Enos;
  • Kenan;
  • Maalalèel;
  • Iared;
  • Enoch;
  • Matusalemme;
  • Lamech;
  • Noè.
Evidentemente era arrivato il momento del giudizio sulla precedente generazione di malvagi secondo Genesi 6,5 e iniziava il perdono per il resto dell'umanità schiavizzata dal male Genesi 8,21.
Quindi il diluvio è avviso di giudizio finale, profetica attesta di punizione dei malvagi e di premio per i giusti, ma anche di chiamata a conversione per tutti, invito a salire su un'arca di salvezza.

Un particolare, quel commento di Dio dopo il diluvio: "Non maledirò più il suolo a causa dell'uomo, perché ogni intento del cuore umano è incline al male fin dall'adolescenza; né colpirò più ogni essere vivente come ho fatto" in effetti dice "non colpirò più tutti i viventi come ho fatto", però non esclude che vi possano essere catastrofi locali, infatti, accadrà che: "...gli uomini di Sòdoma erano malvagi e peccavano molto contro il Signore" (Genesi 13,13) e si verificò la distruzione e l'inabissamento di località del Mar Morto.
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