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RACCONTI A SFONDO BIBLICO...

 
FILIPPO E IL CARRO
DELLA PRIMA EVANGELIZZAZIONE

di Alessandro Conti Puorger
 

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FILIPPO IL DIACONO
Ovunque si cerca su Filippo, si trova che non è da confondere la figura di Filippo Apostolo, sviluppata soprattutto nel Vangelo di Giovanni, col Filippo diacono che evangelizzò la Samaria secondo la narrazione riportata dagli Atti degli Apostoli.
Evidentemente anche autorevoli Padri antichi erano entrati in confusione a causa della omonimia.
Gli stessi Atti, infatti, prima citano anche loro il Filippo apostolo, al 5° posto nel numero degli apostoli tra gli spettatori e testimoni dell'ascensione del Signore: "Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in giorno di sabato. Entrati in città, salirono nella stanza al piano superiore, dove erano soliti riunirsi: vi erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo figlio di Alfeo, Simone lo Zelota e Giuda figlio di Giacomo. Tutti questi erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui." (Atti 1,12-14)
Gli apostoli, che ormai erano 11, cooptarono poi, quale numero 12, Mattia (Atti 1,26), indi, il capitolo 6 degli Atti parla di un ulteriore Filippo.
"In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell'assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove. Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola. Piacque questa proposta a tutto il gruppo e scelsero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timone, Parmenàs e Nicola, un prosèlito di Antiòchia. Li presentarono agli apostoli e, dopo aver pregato, imposero loro le mani." (Atti 6,1-6)
Quindi l'autorevole testo degli Atti ci propone tra quei sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza anche un Filippo, diverso dal Filippo che appartiene al gruppo dei 12 apostoli, su cui, quindi, impose le mani lo stesso Filippo apostolo.

Da questa elezione di quei sette nel Cristianesimo primitivo nacque la figura del diacono, dal greco "diákonos", diakonoV, vale a dire servitore.
Inizialmente erano addetti alle mense come camerieri, ma fornivano anche un servizio amministrativo ed assistenziale subordinato al Vescovo (Vedi: Filippesi 1,1 e 1Timoteo 3,8-12).
Nello svilupparsi degli Atti si realizza che in definitiva distribuivano l'eucaristia, leggevano i testi sacri e predicavano.
Tali funzioni sono tutte quelle rimaste ai diaconi, della Chiesa Cattolica; infatti, il diaconato è il primo grado degli ordini sacri: diaconato, presbiterato, episcopato.

Questo Filippo, già 2° di quei sette ellenisti eletti diaconi per servire la distribuzione alle mense dei poveri, dopo il martirio di Stefano, restò il primo e il più importante di quel gruppo.
Era questo Filippo uno dei sette addetti alla distribuzione del cibo, divenne uno dei primi missionari ubbidendo al comando di Gesù di portare il Vangelo ad ogni nazione e fu un attento studioso della Bibbia, capace di spiegarne il significato autentico alla luce di Cristo.

Dopo la morte di Stefano, infatti, Filippo il diacono predicò in Samaria come riferisce il capitolo 8 degli stessi Atti degli Apostoli (8,5-13), poi all'eunuco etiope prima di arrivare a Cesarea (Atti 8,26-40).
Su tutto ciò dirò qualcosa nel successivo paragrafo.
Questo Filippo dopo quasi 20 anni si ritroverà a Cesarea, dove abitava con quattro figlie che erano profetesse e vi ospitò Paolo, l'antico persecutore, che si recava a Gerusalemme: "Ripartiti il giorno seguente, giungemmo a Cesarèa; entrati nella casa di Filippo l'evangelista, che era uno dei Sette, restammo presso di lui. Egli aveva quattro figlie nubili, che avevano il dono della profezia." (Atti 21,8-9)
Luca, autore degli Atti lo definisce evangelista in quanto il termine evangelista indicava chi predicava il Vangelo, cioè la Buona Notizia di Gesù Cristo, come si evince dalla 2Timoteo 4,5 "Ma tu sii vigilante in ogni cosa, sopporta le sofferenze, svolgi il compito di evangelista, adempi fedelmente il tuo servizio". Solo più tardi il termine evangelista fu restretto a coloro che riportavano per iscritto il Vangelo.
E chissà se Filippo non avesse prodotto una traccia scritta della sua predicazione!
Per quanto riguarda profeta e profetessa è da ricordare che nel Nuovo Testamento non ha più senso il parlare di profeti di Dio com'erano intesi prima della venuta del Cristo, perché quanto doveva essere rivelato e conosciuto è divenuto palese con Gesù di Nazaret ed il suo Vangelo.
Il termine greco projhtaV usato nel Nuovo Testamento non è nemmeno per uno che preveda il futuro, ma sta per "proclamatore", ossia di un cristiano che ha il carisma riconosciuto di parlare in pubblico, ispirato dalla lettura della Sacra Scrittura, sotto l'impulso dello Spirito Santo.
È questo però un carisma diverso da quello di maestro.
Il capitolo 12 della 1Corinzi parla proprio dei vari carismi del Corpo di Cristo:

  • 1 - "Riguardo ai doni dello Spirito...
  • 4 - Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito...
  • 7 - A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune...
  • 27-28 - Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue."
Chiarificante al riguardo della profezia e dei profeti delle prime comunità cristiane è la prima parte, versetti 1-5, del capitolo 14 della 1Corinzi: "Aspirate alla carità. Desiderate intensamente i doni dello Spirito, soprattutto la profezia. Chi infatti parla con il dono delle lingue non parla agli uomini ma a Dio poiché, mentre dice per ispirazione cose misteriose, nessuno comprende. Chi profetizza, invece, parla agli uomini per loro edificazione, esortazione e conforto. Chi parla con il dono delle lingue edifica se stesso, chi profetizza edifica l'assemblea. Vorrei vedervi tutti parlare con il dono delle lingue, ma preferisco che abbiate il dono della profezia. In realtà colui che profetizza è più grande di colui che parla con il dono delle lingue, a meno che le interpreti, perché l'assemblea ne riceva edificazione."

In definitiva, nelle comunità della prima ora profeta è chi parla sotto ispirazione dello Spirito dopo lettura della Scrittura, e lo fa in modo estemporaneo, diverso da un insegnante che parla pubblicamente in modo sistematico ed autorevole.
La parola ascoltata nelle liturgie agisce su chi ascolta e suscita una reazione spontanea atta a provocare una predicazione interattiva con interventi che edificano, esortano e consolano, come ha affermato 1Corinzi 14,3.
Pare proprio che "il profeta" avesse una funzione nella riunione liturgica, infatti: "Si lasci che i profeti esprimano il loro ringraziamento secondo la loro volontà." (Didache 10,7)
Di fatto tutti i fratelli della comunità cristiana possono essere profeti in certe occasioni.
Non erano perciò una categoria particolare, ma ciascuno aiutato dallo Spirito poteva costituire prezioso veicolo di verità per chi l'ascoltava, perché ciascun cristiano partecipa al dono di Cristo, re, sacerdote e profeta.
Pur tuttavia alcuni avevano il dono d'essere più incisivi di altri, capaci di suscitare l'ascolto e la comunità gli riconosceva tale carisma.
Quel capitolo di 1Corinzi, infatti, precisa che nelle riunioni: "I profeti parlino in due o tre e gli altri giudichino. Ma se poi uno dei presenti riceve una rivelazione, il primo taccia: uno alla volta, infatti, potete tutti profetare, perché tutti possano imparare ed essere esortati. Le ispirazioni dei profeti sono sottomesse ai profeti, perché Dio non è un Dio di disordine, ma di pace." (1Corinzi 14,29-33)
Varie donne avevano seguito Cristo nel suo ministero (Luca 8,1-4), e tante donne parteciparono alla costruzione delle prime comunità cristiane.
Al riguardo, è istruttiva questa notazione di Clemente di Alessandria: "Gli apostoli lavorarono senza tregua alla predicazione evangelica come si confaceva al loro ministero, presero con loro le donne, non solo le mogli ma anche le sorelle, per coinvolgere nel loro ministero le donne che vivevano con loro; per mezzo di esse l'insegnamento di Dio raggiunse le altre donne nelle loro case senza destare sospetto." (Stromata 3, 6, par. 53)
Ora torniamo al nostro Filippo l'Evangelista che aveva quattro figlie che "avevano il dono della profezia" (Atti 21,9) vale a dire avevano il carisma di profetare.
Ciò significa che queste ebbero certamente una partecipazione nel lavoro di predicazione evangelica.
Il profetizzare di una donna non era un fatto speciale, come s'evince da: "Ogni uomo che prega o profetizza ...ogni donna che prega o profetizza..." (1Corinzi 11,4-5)
Varie donne, peraltro, risultano, coinvolte nelle prime comunità con svariati compiti, come ad esempio ricorda San Paolo nelle sue lettere:
  • Romani 16,1 "Vi raccomando Febe, nostra sorella, che è al servizio (ministra diakonos) della Chiesa di Cencre... è stata d'aiuto a molti e anche a me stesso."
  • Romani 16,6 "Salutate Maria, che ha faticato molto per voi."
  • Romani 16,12 "Salutate Trifena e Trifosa, che hanno faticato per il Signore. Salutate la carissima Pèrside, che ha tanto faticato per il Signore."
  • Romani 16,13-15 "Salutate Rufo, prescelto nel Signore, e sua madre, che è una madre anche per me. Salutate Asìncrito, Flegonte, Erme, Pàtroba, Erma e i fratelli che sono con loro. Salutate Filòlogo e Giulia, Nereo e sua sorella e Olimpas e tutti i santi che sono con loro."
  • Filippesi 4,2s "Esorto Evòdia ed esorto anche Sìntiche ad andare d'accordo nel Signore. E prego anche te, mio fedele cooperatore, di aiutarle, perché hanno combattuto per il Vangelo insieme con me, con Clemente e con altri miei collaboratori, i cui nomi sono nel libro della vita."
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