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GIUSEPPE VICE FARAONE D'EGITTO

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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GIUSEPPE E I SUOI FRATELLI
In Anatolia Giacobbe, figlio d'Isacco e nipote di Abramo, servì per 7 anni Labano, il fratello della propria madre Rebecca, per ottenerne in moglie la seconda figlia, Rachele, ma fu ingannato e, come s'accorse il mattino dopo la festa di matrimonio, così racconta il libro della Genesi, si accorse che di fatto, essendo velata, aveva prese in moglie Lia la prima delle figlie dello zio Labano che voleva maritare per prima.
Fu così che Giacobbe per avere in moglie Rachele dovette servire Labano per altri 7 anni.
Lia aveva una schiava, Zilpa. (Genesi 29,23-25)
Rachele aveva una schiava, Bila. (Genesi 29,26-30)
S'immagini la gelosia tra le due sorelle.
All'inizio però Rachele sembrò sterile.
Lia, invece, ebbe il primo figlio, Ruben, poi Simeone, indi Levi, infine Giuda.
Rachele allora offrì al marito la serva Bila, perché partorisse per conto di lei e nacquero Dan e Neftali.
Allora Lia che aveva cessato di far figli dette a Giacobbe la schiava Zilpa che partorì Gad e poi Aser.
Poi Lia riprese ad avere figli e partorì Isaccar e Zabulon e una figlia Dina.
Finalmente Dio si ricordò di Rachele e nacque Giuseppe. (Genesi 30,1-24)
Vari anni dopo Rachele morì di parto per il secondo figlio Beniamino.

Giuseppe, quindi, fu il primogenito di Giacobbe avuto dalla moglie Rachele amata in gioventù e v'era una palese preferenza per questi da parte del padre.
La preferenza fu plateale quando Giacobbe gli regalò una pregiata tunica, una "kotonoet" a più colori, variegata o anche con lunghe maniche, detta "passim" , da "abbondanza".
Questa è la seconda volta nella Genesi si trova il termine "kotonoet" ; la prima volta fu usato al versetto 3,21 "Il Signore Dio fece all'uomo e a sua moglie tuniche di pelli e li vestì."
L'umanità, dopo il peccato, fu rivestita da Dio con veste di pelle "e'or" , segno che aveva perduto un primitivo vestito, la primitiva dignità, una veste di luce "'aor" . (Vedi: "Il vestito d'Adamo")
Perciò la veste di Giuseppe la immagino dei colori dell'arcobaleno.
Giuseppe, comunque, aveva avuto una dignità particolare dal padre, una veste di distinzione e ciò contribuì ad accrescere l'invidia che portò ad essere mal visto dai fratelli.
Il nome Giuseppe in ebraico Yohsèf è forma abbreviata di Yohsifyàh cioè Yohsif-Yàh, che significa "aggiunto da Yah-Yahvè".
Lui, Giuseppe il sognatore, si rese antipatico ai fratelli anche perché riferiva sogni che mostravano una profetica supremazia sui fratelli stessi - i covoni raccolti dai fratelli che gli s'inchinavano - il sole la luna e undici stelle che si prostravano a lui - onde l'invidia nei suoi confronti era divenuta palpabile.
I sogni di Giuseppe erano, infatti, una profezia di Dio su ciò che sarebbe avvenuto, come ricorda il Salmo 105,17-22:

"Davanti a loro mandò un uomo, Giuseppe, venduto come schiavo.
Gli strinsero i piedi con ceppi, il ferro gli serrò la gola,
finché si avverò la sua predizione e la parola del Signore gli rese giustizia.
Il re mandò a scioglierlo, il capo dei popoli lo fece liberare;
lo pose signore della sua casa, capo di tutti i suoi averi,
per istruire i capi secondo il suo giudizio e insegnare la saggezza agli anziani."

I fratelli pascolavano le greggi del padre presso Sichem e, da Ebron dove abitava, il padre mandò Giuseppe a trovare i fratelli e li incontrò a Dotan.
Lo videro da lontano e complottarono di farlo morire.
Ruben s'oppose a spargere il sangue del fratello.
Propose di metterlo in una cisterna vuota che era nei pressi (intendeva venire a liberarlo in un secondo tempo); d'altronde Ruben oltre alla pietà personale, essendo il fratello più grande, sentiva d'essere il più responsabile degli altri di Giuseppe nei riguardi del padre: "Poi sedettero per prendere cibo. Quando ecco, alzando gli occhi, videro arrivare una carovana di Ismaeliti provenienti da Galaad, con i cammelli carichi di resina, di balsamo e di laudano, che andavano a portare in Egitto." (Genesi 37,25)
Strana questa descrizione di cosa trasportava la carovana; perché farla?
Di solito trasportavano quella gente trasportava nafta e catrame (Vedi: Bereshit Rabbà 84,17), ma come vedremo, Dio era con Giuseppe, quindi i profumi delle spezie lo preannunciano!
Presero Giuseppe gli tolsero la bella tunica e lo gettarono nella cisterna, quindi, Giuda propose di venderlo a mercanti madianiti di passaggio e così avvenne.
I fratelli lo vendettero per venti sicli d'argento.
Poi presero la bella tunica, la macchiarono col sangue di un capro, la portarono al padre che concluse che Giuseppe era stato sbranato da una bestia feroce e restò inconsolabile nel proprio dolore.
Quella tunica ci ricorda la tunica di Cristo, anch'essa particolare e macchiata di sangue della flagellazione: "I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d'un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca." (Giovanni 19,23s)
Quei mercanti, intanto, arrivati in Egitto avevano venduto Giuseppe a Potifar, "eunuco del faraone e comandante delle guardie" dice la traduzione C.E.I. (Genesi 37,36)
I termini esatti usati in ebraico in effetti sono "seris paro' 'at sher hattabbachim" quindi va bene per eunuco (ironicamente triste è per le palle ), mentre l'altra qualifica di sarebbe capo dei macellai o dei cuochi, ma poi si vedrà che va bene anche "capo delle guardie".

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