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IL SIGNORE ERA CON GIUSEPPE »
I SOGNI DEL FARAONE »
GIUSEPPE IL PIÙ SAPIENTE E SAGGIO DI TUTTO L'EGITTO
Si è ad un punto di svolta.
Il faraone riconosce che l'intelligenza e saggezza di uno schiavo è superiore alla sua e a quella di tutti i più dotati del suo regno.
"E il faraone disse a Giuseppe: Dal momento che Dio ti ha manifestato tutto questo, non c'è nessuno intelligente e saggio come te. Tu stesso sarai il mio governatore e ai tuoi ordini si schiererà tutto il mio popolo: solo per il trono io sarò più grande di te. Il faraone disse a Giuseppe: Ecco, io ti metto a capo di tutta la terra d'Egitto. Il faraone si tolse di mano l'anello e lo pose sulla mano di Giuseppe; lo rivestì di abiti di lino finissimo e gli pose al collo un monile d'oro." (Genesi 41,39-42)
Qui il faraone ha necessità di rivolgersi al Dio di quel giovane servo ebreo.
Il re ovviamente ritiene che quello che Giuseppe aveva chiamato 'Elohim, parola che ha recepito e ripete, sia un complesso di divinità che comprende anche qualche dio che il faraone stesso non conosceva ancora, ma che Giuseppe sembra avere in confidenza, vista la sapienza che ne riceve.
Ciò che in definitiva voleva il Faraone era d'avere potere sugli dèi dell'Egitto, terra su cui secondo le credenze del tempo comandava di fatto quella complessa cosmogonia che era da tenere "buona" con arti magiche specifiche per ciascun componente, il che ho sottolineato, commentando il versetto Genesi 41,1 del racconto del sogno del faraone, facendo notare quella preposizione
rivelatrice, di mettersi sopra, sovrintendere, di gestirli e in definitiva di usarli a proprio tornaconto.
Quindi non fede, ma supestiziosa religiosità.
Al versetto Genesi 41,41 per il faraone si rivela ora possibile conseguire tale potere, pur se non direttamente, dando la gestione a chi era in relazione con quegli "'Elohim" in quanto gli pare che Giuseppe è l'uomo giusto come rivela la frase: "Ecco, io ti metto a capo di tutta la terra d'Egitto" in cui riappare nel testo ebraico del conferimento
appare quel
.
"Il faraone si tolse di mano l'anello" ci fu un'investitura vera e propria, perché l'anello del re conteneva il sigillo reale e, di fatto, questo dava a Giuseppe l'implicito potere di sigillare tutti i decreti che avesse ritenuto necessario promulgare.
Questa situazione porta il pensiero a quella nel Vangelo di Matteo "Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone." (Matteo 25,21)
Il Talmud collega questi onori ricevuti da Giuseppe con la sua virtù conservata nei riguardi della moglie di Putifarre: "Giuseppe meritava pienamente questi onoriper la sua esistenza virtuosa: la bocca che non peccò con la moglie di Potifar meritò di nutrire il popolo, le mani, il collo e il corpo (anello, collana e mantello) che avevano rifiutato di peccare ora erano adornati dai gloriosi simboli della regalità." (Bereshit Rabbà 90.3)