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IL GIUSTO E I GIUSTI
di Alessandro Conti Puorger

I PRIMI GIUSTI
Questo versetto 16 del Salmo 71 potrebbe essere il sottotitolo dell'intera Bibbia:

"Dirò le meraviglie del Signore, ricorderò che tu solo sei giusto".

Entrato in tale insieme di libri con tale pensiero, mi sono reso conto che la prima volta che la Genesi - vale a dire il primo dei cinque libri della Torah o Pentateuco, libro d'inizio sia nella Tenak, o Sacre Scritture canoniche ebraiche, sia nella Bibbia cristiana - riporta le lettere ebraiche , tradotte in italiano solitamente col termine di "giusto", si verifica nell'ambito del racconto biblico del diluvio universale.
Com'è noto, la narrazione di tale evento prende spunto dalla considerazione/ constatazione del Signore che "...la malvagità degli uomini era grande sulla terra e ogni intimo intento del loro cuore non era altro che male, sempre" (Genesi 6,5).
Questa era l'opinione Dio stesso ed era pura verità in quanto: "Tu sei giusto in tutto ciò che hai fatto; tutte le tue opere sono vere, rette le tue vie e giusti tutti i tuoi giudizi." (Daniele 3,27)
Per la regola dei pesi e dei contrappesi della bilancia della giustizia, infatti, non v'era possibilità di pareggio né attenuanti in favore dell'umanità.

Di fatto, addirittura, può parere che fosse stata superata la pazienza divina!
Primo pensiero che se ne può trarre è che la creazione era in divenire come lo è un vaso in formazione sotto le mani di un vasaio in cui era prossima però la decisione di rimpastare l'argilla per dargli una forma più adatta.
Riprese però la stessa argilla, cioè la stessa umanità e la bagnò con un diluvio di grazia!
(Vedi: "Cosa nasconde il racconto di Noè e del Diluvio?")
Nella Sua immensa giustizia misericordiosa o misericordia giusta Dio, il Signore IHWH , ritenne, infatti, d'attingere all'istituto della grazia, provvedimento questo, appunto, nei pensieri terreni, al limite tra giustizia e misericordia.
Ci fu così un diluvio d'acqua spirituale per lavare i peccati di quell'umanità.
La decisione prese spunto dal comportamento di un solo uomo, Noè.
Il testo, infatti, prosegue:
"Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore". (Genesi 6,8)



Le stesse lettere di "a'in" , "occhio" in ebraico, indicano anche "sorgente", il che rende lecito poter pensare che è come se nel Signore fosse disponibile una sorgente da cui spunta , sgorga come acqua, "acqua giù origina ", la "grazia" "chen" che altro non è che la "nascosta energia " propria di Dio, la Sua divina e angelica natura. ("Parlano le lettere")
Vi è però un diaframma che va aperto per farla sgorgare.
Da ciò un'altra conclusione se ne può trarre.
Il libro della Genesi intende sancire così che la terra, con tutta la sua vita compresa l'intera umanità attuale che aveva ben motivo di venir distrutta, sussistono solo per grazia di Dio.
Dio, perciò, nel contempo è giusto e salva; "Dio è giudice giusto." (Salmo 7,12)
Essendo Dio "il Giusto", il racconto avverte anche di un'altra realtà.
Si aprì il diaframma e cadde la grazia dal cielo in forma di pioggia, un'acqua purissima, profezia di un evento futuro, di una grazia in grado di assicurare una nuova natura, quella che poi il cristianesimo riconoscerà propria del battesimo che scenderà dal "Giusto".
Era l'embrione della profezia che poi pronunciò anche il profeta Ezechiele, "Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri idoli, vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere in pratica le mie norme. Abiterete nella terra che io diedi ai vostri padri; voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio. Vi libererò da tutte le vostre impurità..." (Ezechiele 36,25-29)
Il diluvio, con Noè che si salva con la propria famiglia poi sta a sancire il fatto che Dio fa distinzione tra chi vuole redimersi e chi osserva la sua parola, e forse da solo nemmeno ce la fa, e chi è ribelle e che nemmeno ci prova.
Appena ci fu uno che volle obbedire al Signore, nella fattispecie Noè, questi fu da Lui considerato già un giusto, infatti, è detto "Signore, tu benedici il giusto: come scudo lo copre la tua benevolenza." (Salmo 5,3)
E fu così!
Si salvò perché Dio ritenne che: "Noè era uomo giusto e integro..." (Genesi 6,9a) e Dio stesso che è "...un Dio giusto e salvatore" (Isaia 45,21) nel libro dell'Esodo (23,7) insegna: "Ti terrai lontano da parola menzognera. Non far morire l'innocente e il giusto, perché io non assolvo il colpevole".
La sorgente del Signore si presenterà poi col racconto di Numeri 20 nel deserto di Sin a Qades ove, secondo la parola del Signore stesso, sgorgò acqua dalla roccia indicata a Mosè e ad Aronne.
Il Signore stesso poi per quel fatto in varie occasioni è definito la Roccia:
  • Deuteronomio 32,4 - "Egli è la Roccia; perfetta è l'opera sua
    ; tutte le sue vie sono giustizia; è un Dio verace e senza malizia;
    Egli è giusto e retto."
  • Deuteronomio 32,18 - "La Roccia, che ti ha generato, tu hai trascurato;
    hai dimenticato il Dio che ti ha procreato!"
  • Isaia 17,10 "Perché hai dimenticato Dio tuo salvatore e non ti sei ricordato della Roccia, tua fortezza."
Giovanni nel suo Vangelo mette in risalto come dal Signore Gesù crocefisso e morto in croce, colpito al fianco destro dalla lancia di un soldato romano, sgorgò una sorgente d'acqua e sangue.
Era il segno dell'avvento della grazia e del perdono per tutti, infatti: "Venuti da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate." (Giovanni 19,33-35)

A prima vista come detto pare che nell'occasione del diluvio il merito della salvezza sia venuto da un solo uomo giusto!
Questo però del diluvio è il "midrash" o parabola, profetico di quella salvezza totale che sarà merito del Messia, per i cristiani Gesù, il nuovo Noè, che traghetterà l'umanità redenta in un mondo nuovo in assenza ormai del male e del peccato vinto definitivamente dal Messia stesso in un combattimento apocalittico.
Nelle lettere di quel versetto "Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore",



peraltro, col metodo di "Parlano le lettere", si poteva pur leggere: "Ma per guidare () i viventi giù in un fratello ad inviare per le preghiere l'energia sarà il Signore ".

Nel caso specifico del diluvio Dio ebbe a affermare una prima alleanza con una nuova umanità, cioè con Noè e la sua famiglia e i loro discendenti, nonostante che dovette nuovamente constatare "...ogni intento del cuore umano è incline al male fin dall'adolescenza..." (Genesi 8,21)
Più tardi così reciterà il Salmo 14,1-3 scritto da David: "Lo stolto pensa: Dio non c'è. Sono corrotti, fanno cose abominevoli: non c'è chi agisca bene. Il Signore dal cielo si china sui figli dell'uomo per vedere se c'è un uomo saggio, uno che cerchi Dio. Sono tutti traviati, tutti corrotti; non c'è chi agisca bene, neppure uno."

Il che rivela ancora una volta che il diluvio sotto l'aspetto del peccato non aveva risolto la situazione, ma era stato palesato da parte del Signore l'intento di salvezza di questa umanità che cercava di obbedire.
Dio, conscio del disastro della ribellione nella prima umanità - Adamo ed Eva -provocata dal serpente tentatore di cui al racconto in Genesi 3, aveva detto a Caino, il loro primo figlio "...il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dòminalo." (Genesi 4,5)
Cioè, il peccato ormai era una realtà entrata nel mondo e il serpente avrebbe tentato l'umanità avido della sua vita.
Dal cuore dell'uomo usciva il male e il bene, ma questi veniva combattuto dal serpente: "Dal cuore, infatti, provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adultéri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie. Queste sono le cose che rendono immondo l'uomo". (Matteo 15,19s)
C'era poco da fare, per portare a compimento il primitivo disegno, di creare un uomo che nella libertà amasse Dio, occorreva che per un tempo l'umanità convivesse col peccato finché non avesse compreso la necessità della conversione.
Quando la messe fosse cresciuta sarebbe stato facile sradicare la zizzania senza rovinare il grano buono e senza sprecare il seme!
Dio, l'Eterno, nell'eternità avrebbe poi saputo come ricompensare le temporanee sofferenze dei malcapitati!
Il mondo, infatti, e purtroppo l'umanità, erano stati invasi da un nemico, uno spirito maligno a cui non poteva sottrarsi nemmeno Noè!
D'altronde l'uomo doveva poter pur scegliere tra Dio e il suo contrario.
Al riguardo valgono i seguenti versetti:
  • "Non c'è infatti sulla terra un uomo così giusto che faccia solo il bene e non pecchi." (Qoelet 7,20)
  • "Che cos'è l'uomo perché si ritenga puro, perché si dica giusto un nato di donna?" (Giobbe15,14)
  • "L'uomo pio è scomparso dalla terra, non c'è più un giusto fra gli uomini: tutti stanno in agguato per spargere sangue; ognuno con la rete dà la caccia al fratello." (Michea 7,2)
Eppure questo altro versetto "Può il mortale essere giusto davanti a Dio o innocente l'uomo davanti al suo creatore?" tratto da Giobbe 4,17, pare non avere applicazione nel caso di Noè che invece nel prosieguo del racconto è definito "giusto" da Dio stesso.
Del pari, la Bibbia sancisce anche molti altri come giusti.
Esiste, infatti, una giustizia assoluta, quella di Dio, ed una relativa.
Per Dio il desiderio di un uomo che perpetra l'intento di cercare di essere giusto è già un gran passo avanti rispetto al peccatore che non si pente, ed ogni giusto, se è tale, è perciò in un continuo cammino di conversione.
Gesù ebbe al riguardo a sottolineare: "Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione." (Luca 15,7)
Noé, in particolare, nella propria vita col suo comportamento aveva suscitato evidentemente l'interesse di Dio onde dal trono di Dio Padre scese il dono della grazia per lui e per la sua famiglia.
Aveva mostrato Noè segni di conversione e ciò s'arguisce anche dalla conversione che Dio fa col suo nome.
Con la conversione lo stesso nome Noé "Noach", peraltro, era suscettibile con un'inversione delle lettere ebraiche che lo costituiscono, di trasformarsi per lui in "chen" = , vale a dire la "grazia" che, in effetti, procede da un atto unilaterale di Dio verso il colpevole, perdono che non potrebbe ottenersi col solo comportamento umano, pur quanto ottimo di per sé che sia, essendo la colpa contro Dio irrimediabile e solo Lui ha potere di rimetterla.
Condizione poi necessaria per ottenere la grazia di Dio è che l'uomo si sforzi a preservarsi dal male e si rialzi ogni volta per camminare con Dio e non permanga nella volontà di aderire all'istinto malvagio.
Un agire del genere rispetto al generalizzato negativo comportamento non può non destare un compiaciuto interessamento da parte di Dio stesso.
Dico però che quella è solo condizione necessaria, ma non sufficiente, perché quanto manca tra rimedio e colpa può essere colmato solo dalla grazia di Dio!
E se la colpa ha misura infinita?

Il libro della Genesi, però, accenna che prima di Noè, tra i discendenti di Set, il terzo figlio della prima coppia, s'era già trovato un uomo che aveva camminato con Dio e che da Lui fu preso come avvisaglia che un comportamento virtuoso era gradito a Dio.
Questo antenato era Enoch il bisnonno di Noè (Enoch-Matusalemme-Lamech-Noè).
Si legge, infatti, che "Enoc aveva sessantacinque anni quando generò Matusalemme. Enoc camminò con Dio; dopo aver generato Matusalemme, visse ancora per trecento anni e generò figli e figlie. L'intera vita di Enoc fu di trecento sessanta cinque anni. Enoc camminò con Dio, poi scomparve perché Dio l'aveva preso." (Genesi 5,21-24)
Dio cioè lo accompagnava nelle sue azioni.
Accompagnare ha il radicale ebraico ed è utile ricordarlo per quando in un prossimo paragrafo accennerò al tema dei 36 giusti.
Ed anche nel nome di Enok c'è una profezia in quanto fanno bella mostra di sé le due lettere iniziali che definiscono appunto il termine ebraico di grazia.
"Giusto è il Signore, ama le cose giuste; gli uomini retti vedranno il suo volto." (Salmo 11,7)

Quella stessa condizione necessaria per ricevere la grazia da Dio fu ritrovata poi in Noè a dimostrazione che l'insegnamento di quel avo giusto aveva lasciato tracce in famiglia.
La narrazione, infatti, prosegue con questo commento in Genesi 6,9:

"Noè era uomo giusto e integro    
tra i suoi contemporanei              
e camminava con Dio ".     ".        

Tale pensiero viene poi confermato all'inizio del capitolo successivo quando, nel riprendere la descrizione, il racconto dice: "Il Signore disse a Noè: Entra nell'arca tu con tutta la tua famiglia (8 in tutto), perché ti ho visto giusto dinanzi a me in questa generazione." (Genesi 7,1)
È confermato così che Dio, nella sua giustizia, fa distinzione tra gli uomini, preda dello spirito maligno, e gli angeli ribelli tanto che i primi possono venire salvati.
Afferma, infatti, la 2a lettera di Pietro: "Dio, infatti, non risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li precipitò negli abissi tenebrosi dell'inferno, serbandoli per il giudizio; non risparmiò il mondo antico, ma tuttavia con altri sette salvò Noè, banditore di giustizia, mentre faceva piombare il diluvio su un mondo di empi..." (2Pietro 2,4-5)

Ancora prima di Enoch c'era stato Abele, il secondo figlio della prima coppia, ucciso dal fratello Caino geloso del fatto che "Il Signore gradì Abele e la sua offerta" (Genesi 4,4).
(Vedi: "Visione su Abele, il pastore gradito al Signore")
Di Abele Gesù stesso dirà che era un "giusto": "Serpenti, razza di vipere, come potrete scampare dalla condanna della Geenna? Perciò ecco, io vi mando profeti, sapienti e scribi; di questi alcuni ne ucciderete e crocifiggerete, altri ne flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città; perché ricada su di voi tutto il sangue innocente versato sopra la terra, dal sangue del giusto Abele..." (Matteo 23,33-35)
Anche la figura di Abele è da intendere che fu la profezia della venuta di un "giusto" che sarà ucciso dai fratelli, come fa ben comprendere l'autore della lettera agli Ebrei (12,22-24): "Voi vi siete invece accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all'adunanza festosa e all'assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione, al Mediatore della Nuova Alleanza e al sangue dell'aspersione dalla voce più eloquente di quello di Abele."
Dirà al riguardo il vescovo Sant Agostino nel libro delle "Confessioni" (Lib. 10, 43. 68-70; CSEL 33, 278-280): "Il vero mediatore, che la tua segreta misericordia ha quel "mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù", apparve come elemento di congiunzione tra i malfattori mortali e il giusto immortale, lui mortale con gli uomini, giusto con Dio. Ora la rivelato agli umili e che hai inviato perché dal suo esempio imparassero, fra l`altro, la stessa umiltà, ricompensa della giustizia è la vita e la pace. Per questo Cristo con la giustizia, che lo accomunava a Dio, eliminò la morte che, per sua libera scelta, lo accomunava con gli empi giustificati. Quanto ci hai amati, o Padre buono, che non hai risparmiato il tuo unico Figlio, ma lo hai dato per noi peccatori!"
In definitiva Abele, Enoch e poi Noè furono tutte figure di colui che doveva venire, il vero "Giusto" dal sacrificio perfetto, di valore eterno ed infinito, perché della stessa natura divina.
Tutti gli altri giusti così definiti nella Bibbia sono uomini che hanno il merito di aver cercato di evitare il male e di camminare con Dio.
Generazioni e generazioni sono susseguite dal tempo di Noè e quello della prima venuta del Cristo e del pari molti furono i giusti che vissero nel mondo e di ciò era ben consapevole il Signore Gesù quando ebbe a dire: "Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!" (Matteo 13,16s)
Fu così che Gesù, il maestro, illuminò chi lo seguiva con parabole sul Regno dei Cieli, poi con quella del "seminatore" spiegò ai discepoli: "Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!" (Matteo 13,37-43)

IL GIUSTO LOT
Lot era figlio di Aran, che morì in Ur dei Caldei, ed Aran era uno dei due fratelli di Abramo, l'altro si chiamava Nacor.
Il padre di Abramo, Terach, poi con Abramo e Lot si trasferì a Carran in Anatolia.
Qui Terach morì e qui Abramo sentì la chiamata del Signore che lo invitò ad andare verso il paese che gli avrebbe indicato.
Fu così che Abramo con la moglie Sarai e il nipote Lot e tutti gli averi si mise in viaggio verso la terra promessa.
Ora Abramo e Lot divennero assai ricchi con molti greggi, armenti, tende e mandriani e fu così che dovettero separarsi.
Abramo gli propose di scegliere dove risiedere e Lot scelse la valle del Giordano, quindi risedette a Sodoma.
La valle del Giordano, infatti, fu poi chiamata la Valle di Lot.
(Vedi: "Vittoria sul drago - Sanati nel Giordano")
Una coalizione di 4 re orientali attaccarono le città della valle e tra l'altro saccheggiarono Sodoma e fecero prigioniero Lot, ma Abramo riuscì a liberarlo.
Sodoma, Gomorra ed altre 3 città, Adamar, Zoar e Zeboim, tutte della valle di Sittim, così si chiamava allora la valle del Giordano a sud dell'attuale Mar Morto, paragonata al giardino dell'Eden, (Vedi: "Il giardino dell'Eden") erano tra loro coalizzate e avevano maturato agli occhi del Signore gravi colpe per il peccato di sodomia, ma secondo il pensiero ebraico, soprattutto, non ottemperavano al precetto dell'ospitalità allo straniero.
Fu così che ad Abramo si presentarono tre uomini; in effetti era il Signore stesso in aspetto trinitario.
Il Signore gli profetizzò la nascita di Isacco e gli riferì la maturata decisione di distruggere le città della valle di Sittim.
Qui, allora, ci fu la famosa intermediazione di Abramo che contrattò con furbizia tutta umana in questo modo col Signore: "Quegli uomini partirono di lì e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora davanti al Signore. Allora Abramo gli si avvicinò e gli disse: Davvero sterminerai il giusto con l'empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lungi da te il far morire il giusto con l'empio, così che il giusto sia trattato come l'empio; lungi da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia? Rispose il Signore: Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell'ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutta la città. Abramo riprese e disse: Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere ... Forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città? Rispose: Non la distruggerò, se ve ne trovo quarantacinque. Abramo riprese ancora a parlargli e disse: Forse là se ne troveranno quaranta. Rispose: Non lo farò, per riguardo a quei quaranta. Riprese: Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta. Rispose: Non lo farò, se ve ne troverò trenta. Riprese: Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti. Rispose: Non la distruggerò per riguardo a quei venti. Riprese: Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola; forse là se ne troveranno dieci. Rispose: Non la distruggerò per riguardo a quei dieci. Poi il Signore, come ebbe finito di parlare con Abramo, se ne andò e Abramo ritornò alla sua abitazione." (Genesi 18,22-33)
Il risultato fu che Sodoma venne distrutta perché non vi erano i 10 giusti numero minimo il "Minyan" necessario a celebrare come comunità il Signore.
Solo Lot con le sue due figlie vennero salvate.
Lot a Sodoma è uno straniero, ma solo lui offrì ospitalità a viaggiatori sconosciuti, nella fattispecie i due angeli.
I concittadini però pretendono la consegna degli sconosciti e Lot, addirittura, per non rompere il sacro dovere dell'ospitalità è pronto ad offrire le proprie figlie pur se era certo che n'avrebbero abusato.
Il peccato per cui furono punite Sodoma e le altre città della valle secondo il profeta Ezechiele fu però proprio di non essere ospitali: "Ecco, questa fu l'iniquità di tua sorella Sodoma: essa e le sue figlie avevano superbia, ingordigia, ozio indolente, ma non stesero la mano al povero e all'indigente: insuperbirono e commisero ciò che è abominevole dinanzi a me: io le vidi e le eliminai." (Ezechiele 16,49)
La seconda lettera di Pietro così riconosce Lot come un giusto: "Liberò invece il giusto Lot, angustiato dal comportamento immorale di quegli scellerati. Quel giusto infatti, per ciò che vedeva e udiva mentre abitava in mezzo a loro, si tormentava ogni giorno nella sua anima giusta per tali ignominie. Il Signore sa liberare i pii dalla prova e serbare gli empi per il castigo nel giorno del giudizio, soprattutto coloro che nelle loro impure passioni vanno dietro alla carne e disprezzano il Signore." (2Pietro 2,7-10)
Lot, quindi, fu salvato più volte, perché: "Molte sono le sventure del giusto, ma lo libera da tutte il Signore..." (Salmo 34,20)
Come a Noè accadde che dopo che fu salvato Lot si ubriacò, anzi fu fatto ubriacare dalle figlie che s'unirono a lui per avere una discendenza e nacquero i progenitori dei Moabiti e degli Ammoniti.

E se Lot fu giusto, che dire di Abramo!
Il Signore dopo che si presentò ad Abramo alle querce di Mamre in figura di quei tre uomini fu accolto con grande ospitalità.
Poi, mentre due di loro andavano per distruggere Sodoma, diceva: "...devo io tener nascosto ad Abramo quello che sto per fare, mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra? Infatti io l'ho scelto, perché egli obblighi i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui ad osservare la via del Signore e ad agire con giustizia e diritto, perché il Signore realizzi per Abramo quanto gli ha promesso. Disse allora il Signore: Il grido contro Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!" (Genesi 18,17-20)
Fu così che iniziò la contrattazione che prima ho accennato di Abramo col Signore.
La benedizione discese sui discendenti di Abramo, Isacco e poi Giacobbe-Israele e tutti sono definiti servi del Signore:
  • "Ti benedirò e moltiplicherò la tua discendenza per amore di Abramo, mio servo". (Genesi 26,24)
  • "Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo e tutto questo paese, di cui ho parlato, lo darò ai tuoi discendenti, che lo possederanno per sempre". (Esodo 32,13)
Nell'ambito del libro del profeta Isaia il Signore conferma l'elezione di Israele e definisce così Abramo: "Ma tu, Israele mio servo, tu Giacobbe, che ho scelto, discendente di Abramo mio amico ..." (Isaia 41,8)
In ebraico quel "mio amico" corrisponde a "mio amato", perché il radicale del verbo è "amare".

LA FONTE DELLA GIUSTIZIA
Nella visione rabbinica lo "sadiq" (leggasi tsadik) è l'uomo, ebreo, studioso della "Torah", che cercando di adempiere all'insegnamento ed ai relativi precetti spera che i propri meriti superino i demeriti delle inadempienze e dei torti commessi.
"La giustizia consisterà per noi nel mettere in pratica tutti questi comandi, davanti al Signore Dio nostro, come ci ha ordinato." (Deuteronomio 6,25)
"Disse: Se tu ascolterai la voce del Signore tuo Dio e farai ciò che è retto ai suoi occhi, se tu presterai orecchio ai suoi ordini e osserverai tutte le sue leggi, io non t'infliggerò nessuna delle infermità che ho inflitte agli Egiziani, perché io sono il Signore, colui che ti guarisce." (Esodo 15,26)
Ciò che è retto è scritto e viene tradotto anche con giusto.
Si trova infatti citato un "libro del Giusto" in Giosuè 10,13 e 2Samuele 1,18.
Israele perciò è il retto, il giusto di Dio!
Lo scopo di essere giusto e retto infatti l'ebreo osservante lo ritiene raggiungibile attraverso la volontà e l'impegno personale, ossia, opera nelle dimensioni umane.
L'essere giusto per l'ebreo sta perciò nell'osservanza e non necessita di un dono sovrannaturale.
Esiste poi il termine di "Chasid", da "chased" "amore benevolenza", relativo a chi non si limita ad assolvere ai doveri della legge, ma va oltre per amore di Dio e del prossimo.
Il passaggio dalla dimensione di "tzadik" a quella di "hasid" avviene attraverso l'assoluta devozione o "devekut", stadio che si raggiunge però non solo con lo zelo, ma per un dono superiore che viene da Dio.
La giustizia considerata dalla Torah, e di conseguenza dagli altri libri della Tenak o Bibbia ebraica, è il compimento corretto dell'aspettativa di una relazione.
La relazione può essere con Dio o con altri uomini, ad esempio il Re con il popolo, il giudice con le parti in causa, i sacerdoti con i fedeli, gli uomini o donne con le proprie famiglie, i capi tribù con la comunità, la comunità con il residente straniero ed il povero e la vedova, e tutti costoro con Dio; ognuna di queste relazioni porta in sé una specifica aspettativa.
Il compimento di essa costituisce la giustizia e colui che la realizza correttamente è giusto.
In questo senso Gesù è la giustizia di Dio per relazionarsi col "peccatore" (Marco 2,17) e la Giustizia, come il regno dei Cieli, è dono di Dio, attraverso la grazia (Matteo 5,6 e 6,33).
Nel trattato "Il saluto dell'Angelo" (Tratt. 7; PL 204, 477-478) del vescovo Baldovino di Canterbury, si legge: "Cristo, seme di Abramo, nacque da David secondo la carne. Egli solo fra gli uomini si trova perfetto in ogni bene. A lui lo Spirito fu dato senza misura, perché da solo potesse adempiere ogni giustizia. La sua giustizia infatti è sufficiente per tutti i popoli, secondo quanto sta scritto: "Poiché, come la terra produce la vegetazione e come un giardino fa germogliare i semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutti i popoli" (Isaia 61,11). Questo infatti è il germe della giustizia, che il fiore della gloria abbellisce dopo che è stato arricchito di benedizione."

Dice il profeta Michea (6,8) riferendosi a qualsiasi uomo, non solo ai figli d'Israele: "Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia (fare cose giuste), amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio."
"Ogni uomo è tenuto a fare il bene e ne è per questo ricompensato." (Sifrà; TB Bava Kamà 38a).
Michea ci ricorda così i doveri verso il prossimo con l'essere socievoli, giusti e corretti, pronti a fare azioni buone, perché "chi ha la benevolenza degli uomini, ha certo anche quella di Dio" (Avot, 3,13) e poi di servire Dio senza orgoglio e senza mettersi in mostra.

Vorrei allora provare a dare una definizione di giusto.
Ovviamente un vero giusto non saprà mai di esserlo, perché la mancanza di umiltà annullerebbe i molti meriti.
Un uomo insomma che cerca di impostare la vita e il proprio comportamento al cospetto del Signore si deve pur sempre ritenere un "peccatore" che ha un continuo bisogno dell'aiuto di Dio.
Ciò l'ha chiarito Gesù con la nota parabola detta del Fariseo e del Pubblicano pronunciata "per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri." (Luca 18,9) propone: "Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato". (Luca 18,10-14)

Nel libro deuterocanonico del Siracide ho trovato questo pensiero:

"14 - Bene e male, vita e morte, povertà e ricchezza provengono dal Signore.
15 Sapienza, scienza e conoscenza della legge vengono dal Signore; l'amore e la pratica delle opere buone provengono da lui.
16 - Errore e tenebre sono creati per i peccatori; quanti si vantano del male, il male li accompagna nella vecchiaia.
17 - Il dono del Signore è assicurato ai suoi fedeli e la sua benevolenza li guida sempre sulla retta via." (Siracide 11,14-17)

In luogo di fedeli il versetto 17 in greco porta "i giusti" e la precedente traduzione C.E.I. "i pii".
Questo brano può servire per dare una definizione riassuntiva di giusto.
In primis il comportarsi in modo retto è di per sé già un dono indotto del Signore che è la fonte da cui sgorga l'esistenza e come abbiamo già sottolineato "Egli è la Roccia... Egli è giusto e retto ." (Deuteronomio 32,4)
Il fatto che Dio sia giusto è, infatti, una costante che si trova in tanti libri della Bibbia come risulta chiaro da questi versetti estratti a titolo esemplificativo, ma ovviamente non esaustivo:
  • Signore "tu hai mantenuto la tua parola, perché sei giusto." (Nemia 9,8)
  • "Tu sei giusto, Signore, e giuste sono tutte le tue opere." (Tobia 3,2)
  • "Ora abbiamo peccato contro di te e ci hai messi nelle mani dei nostri nemici, per aver noi dato gloria ai loro dèi. Tu sei giusto, Signore!" (Ester 4,17n)
  • "Allora i capi di Israele e il re si umiliarono e dissero: Giusto è il Signore!" (2Cronache 12,6)
In pratica vale quanto disse in modo ispirato Davide quando benedì così il Signore davanti a tutta l'assemblea "Sii benedetto, Signore Dio di Israele, nostro padre, ora: e sempre. Tua, Signore, è la grandezza, la potenza, la gloria, lo splendore e la maestà, perché tutto, nei cieli e sulla terra, è tuo. Signore, tuo è il regno; tu ti innalzi sovrano su ogni cosa. Da te provengono la ricchezza e la gloria; tu domini tutto; nella tua mano c'è forza e potenza; dalla tua mano ogni grandezza e potere. Ora, nostro Dio, ti ringraziamo e lodiamo il tuo nome glorioso. E chi sono io e chi è il mio popolo, per essere in grado di offrirti tutto questo spontaneamente? Ora tutto proviene da te; noi, dopo averlo ricevuto dalla tua mano, te l'abbiamo ridato." (1Cronache 29,10-14)
Così è il comportamento del giusto; è il restituire con la propria vita un'ombra del dono ricevuto da Dio.
Questo consiste:
  • in sapienza e scienza delle cose di Dio che discendono da un continuo approfondimento e sgorgano da una aumentata conoscenza delle Sacre Scritture che fanno accrescere l'amore per Dio;
  • la pratica delle opere buone che sono l'esplicitarsi del comandamento dell'amore per il prossimo;
  • cerniera e condimento di quanto sopra è il dono della preghiera quale colloquio personale continuo sia nella meditazione delle Scritture, che come meditazione dei fatti della propria vita alla luce della Parola di Dio e come momento di forza per le opere che il Signore regala di compiere al fedele.
Davanti a Dio, senz'altro, vi saranno tanti altri giusti, perché non tutti sono stati posti nella condizione di conoscere e studiare le Sacre Scritture giudeo cristiane.
Ecco che vi saranno giusti, che nella situazione in cui si trovano, comunque, rispettano i due principi essenziali del rispetto amorevole per Dio e per il prossimo.
In pratica, infatti, la prima alleanza fatta da Dio con Noè era al di fuori del contesto delle Sacre Scritture e riassumeva così i comportamenti essenziali da evitare: "non mangerete la carne con la sua vita, cioè con il suo sangue. Del sangue vostro, ossia della vostra vita, io domanderò conto; ne domanderò conto a ogni essere vivente e domanderò conto della vita dell'uomo all'uomo, a ognuno di suo fratello." (Genesi 9,4.5)
Sono leggi naturali essenziali che separano il popolo di Dio dalle genti che non le osservano.
La lettera apostolica inviata alle prime comunità cristiane sulle astensioni minimali da parte dei pagani che volevano aderire alla Chiesa cristiana nascente furono simili: "Astenetevi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue (cioè dall'uccidere), dagli animali soffocati e dall'impudicizia" (Atti 15,20).
In definitiva sono le così dette le 7 leggi Noachiche.

La prima è l'obbedienza alle autorità e l'osservare la giustizia sociale che si riassume in "costituire tribunali" e i pagani, leggi romani e greci, l'avevano già.

Le altre 6 sono:
  • Non commettere idolatria,
  • Non bestemmiare,
  • Non avere rapporti sessuali illeciti,
  • Non commettere omicidio,
  • Non commettere furti,
  • Non smembrare un animale vivo.
Al riguardo è infine da ricordare che dopo la seconda guerra mondiale, nel 1953 la Knesset, cioè il parlamento Israeliano, stabilì la fondazione a Gerusalemme dell'istituto Yad Vashem - museo della rimembranza e centro studi per la conservazione della memoria della Shoah e dell'eroismo ebraico durante lo sterminio nazista - nonché l'onorificenza dei cosiddetti Giusti tra le Nazioni, coloro che "hanno rischiato la propria vita per salvare degli ebrei".

Dice il Talmud (Tosefta, Sanhedrin,13):

"I Giusti fra le nazioni hanno parte nel mondo che viene."

Ciò vela l'attesa totalizzante la salvezza radicale che attende il fedele vale a dire il dono della vittoria sulla morte con la risurrezione dei corpi.
Ecco l'attesa del "Giusto" che provveda a tale liberazione gli schiavi della morte.
Quel ... Egli è giusto e retto peraltro, con le lettere nasconde un messaggio: "Che scenderà in aiuto c'è la speranza ; ci sarà la risurrezione dei corpi per Lui ."
Del vero "Giusto" "sarà a risorgere il corpo " e questi "sarà a risorgere i corpi ".

IL MONDO DEI MORTI
Adamo ed Eva, secondo il racconto del libro del libro della Genesi, erano nati senza un padre ed una madre terreni, perché erano i primi.
Il loro padre e la loro madre, quindi, era proprio Dio stesso.
La prima coppia, infatti, dal punto di vista umano era di figli di Dio come coglie Luca nel suo Vangelo: "...figlio di Adamo, figlio di Dio." (Luca 3,38)
In ebraico figlio è "ben" e tali lettere ci dicono che i figli hanno "dentro l'energia " dei genitori, che nella fattispecie di Adamo ed Eva era un soffio di quella energia indistruttibile promanata da Dio, (Genesi 2,7) che si manifesta con la "noefoesh" , ma soprattutto con la "nishmat" .
(Entrambe tali parole ebraiche "noefoesh" e "nishmat" appunto iniziano con la lettera = che graficamente indica una energia. Vedi. schede delle lettere ebraiche nella colonna destra delle pagine di questo mio Sito.)
Secondo l'ultima traduzione C.E.I. in italiano del libro della Genesi si legge:
"Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male . Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino..." (Genesi 2,9-10)
Il senso, comunemente accettato, è che Dio donò all'uomo la libertà di una scelta, vale a dire il famoso libero arbitrio, ma l'uomo non scelse Dio, il bene, bensì l'assenza di Dio, il male, cioè di vivere come se Dio non esistesse.
Il racconto tra l'altro presenta la figura allegorica dell'albero, pensiero che si apre grazie alle lettere ebraiche.
Le lettere con i loro valori grafici di icone dicono che:
  • bene "tob" è "il cuore/l'amore portando dentro " nel vivere;
  • male "ra'" è "col corpo sentire ", dando importanza alle cose materiali.
Non essendo stato creato nulla di cattivo pare impossibile che vi potesse essere chi suggerisse all'uomo un consiglio cattivo, eppure nel racconto è uscita la parola male "ra'" .
Ora, in ebraico, albero = "e's" ci fa passare all'idea di consiglio = "iae's" ; così si può immaginare il consiglio come il frutto che scende da un albero.
Nell'uomo vi era poi la possibilità di conoscenza cioè di scegliere tra un consiglio buono e uno cattivo.
Ma Dio non avrebbe mai dato un consiglio non buono, da cui la tradizione dell'angeologia che vi fosse già stata una defezione in quelle schiere.
Il fatto che nel racconto della formazione dell'uomo è introdotto il concetto di conoscenza "ha da'at" implica che in Adamo questa non era ancora piena, ma sarebbe stata acquisita appunto nel giardino dell'Eden, la primitiva scuola dell'umanità, in cui l'unico insegnante però voleva essere Dio stesso ad evitare insegnamenti distorti.
In fondo, se si spezza la parola conoscenza, "da't" , viene suggerita l'idea di un supporto che aiuta, che "dà una mano , nel tempo ", ossia finché non si arriverà ad una comunione completa col Signore.
Il fanciullo, d'altronde, è soggetto a regole pur essendo figlio stando nella casa del padre.

Dio, pur tuttavia, dice di non mangiare di quel albero, ritengo da solo, cioè senza l'istruzione del Signore, come se in effetti potenzialmente ci fosse già qualcuno che potesse effettivamente dare all'uomo un consiglio cattivo!
Di fatto c'era, e puntualmente si presentò in figura di serpente.

La lettera ebraica "wau" graficamente è come un bastone, un asta, ed ha il significato di "portare".
Grammaticalmente poi è la congiunzione "e" ed anche l'avversativa "ma".
Con queste idee provo a leggo in variante in grassetto: "Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene, ma il male si portò dal fiume che usciva da Eden per irrigare il giardino..."
Il male poi si presentò a Eva, sotto forma di serpente, che era risalito dall'acqua nel giardino, ma incarnava un intruso, un angelo ribelle precipitato sulla terra.
(Vedi: "Il midrash della pesca gloriosa")
La prima volta poi che si parla del morire è nel libro della Genesi, all'atto dell'inserimento dell'uomo nel giardino dell'Eden, con questi versetti: "Il Signore Dio diede questo comando all'uomo: Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire". (Genesi 2,16s)
Propongo ancora un'altra lettura:
"Il Signore Dio diede questo comando all'uomo: Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino e dell'albero della conoscenza del bene, ma del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire".
L'uomo poteva mangiare di tutti gli alberi del giardino e dell'albero della conoscenza del bene, ma non del male, albero e consiglio che di certo non veniva dal Creatore.
La prima coppia mangiò quanto dava il serpente e l'umanità ebbe a credere alla catechesi del demonio, perché ebbe a prendere per buono quello che gli veniva detto, cioè che Dio non lo amava, ma che anzi voleva renderlo schiavo.
Se ne può dedurre che il male esisteva; da qui l'idea che ho prima accennato di una precedente lotta in cielo tra il male, gli angeli ribelli precipitati sulla terra, e il bene.
Dio non piantò l'albero della conoscenza del male, infatti non da Lui viene il consiglio al male!

Le lettere ebraiche sono le seguenti:
  • e del male              
  • non devi mangiare  
  • affatto                    
  • perché                  
  • nel giorno              
  • che tu ne mangerai
  • certamente            
  • di morte morirai    
Andando all'essenza delle lettere si ha:

"ma/se del cattivo serpente verrai () a mangiare certamente la rettitudine che c'è dentro sarà a portarsi nei viventi a mangiare anelando () la vita angelica che portano i viventi portandola alla fine segnandoli di morte ."

Ecco a cosa mirava il serpente, ad entrare nell'uomo per assorbire l'energia divina che gli era ormai negata, era ormai un parassita e la sua vita dipendeva dalla capacità di assoggettare altri.
L'uomo fu così ad invecchiare, ad ammalarsi e a morire, restando schiavo del male, cioè della non esistenza.
Ebbe così a costituirsi come un diaframma, una separazione, tra Dio e l'uomo.
Dopo morti, infatti, gli uomini secondo il pensiero deducibile dai testi dell'Antico Testamento venivano a trovarsi negli inferi, lo Sheol, un mondo a parte, idealmente come l'Ade dei pagani, quindi come sotterraneo, lontano dai cieli, prossimo alla non esistenza, comunque separati da Dio, schiavi ancora del demonio, perché l'energia nell'uomo, pressoché annullata, non era del tutto finita anche se non più in grado di farli restare nel mondo ed era ancora utile ai demoni per sopravvivere.
L'intervento liberatorio divino perciò doveva essere duplice ed operare sia nel campo dei vivi, sia in quello dei morti.
Dio stesso avrebbe così dovuto fare pulizia in terra ed agli inferi.
Dice il Signore: "Anche se penetrano negli inferi, di là li strapperà la mia mano; se salgono al cielo, di là li tirerò giù; se si nascondono in vetta al Carmelo, di là li scoverò e li prenderò..." (Amos 9,2-3)
Eppure si credeva che "Una nube svanisce e se ne va, così chi scende agl'inferi più non risale..." (Giobbe 7,9)
Dio giusto e salvatore non poteva lasciare i giusti assieme agli empi: "Odiate il male, voi che amate il Signore: lui che custodisce la vita dei suoi fedeli li strapperà dalle mani degli empi. Una luce si è levata per il giusto, gioia per i retti di cuore. Rallegratevi, giusti, nel Signore, rendete grazie al suo santo nome." (Salmo 96,10-12)

La Bibbia tiene in gran conto il giusto, il giustificare, la giustizia, parole che derivano dalla stessa radice.
Viene tradotto col termine giustizia quanto in ebraico è scritto che si legge "sadik" mentre in greco si trova la parola "dikaios", scritta più di duecento volte nel Nuovo Testamento.
La giustizia implica "fare cose corrette", "non arrecare danno ad alcuno".
Ora, lo Sheol, gli inferi della Bibbia, erano abitati dadai giusti e Dio, il sommo giusto, non poteva consentire a lungo questa situazione.
Aveva così fissato una fine dei giorni come dicono i profeti:
  • Isaia 2,2 e Michea 4,1 - "Alla fine dei giorni, il monte del tgli empi, ma anche empio del Signore sarà eretto sulla cima dei monti e sarà più alto dei colli; ad esso affluiranno tutte le genti."
  • Geremia 23,19s e Geremia 30,24 - "Ecco la tempesta del Signore, il suo furore si scatena, una tempesta travolgente si abbatte sul capo dei malvagi. Non cesserà l'ira del Signore, finché non abbia compiuto e attuato i progetti del suo cuore. Alla fine dei giorni comprenderete tutto!"
  • Daniele 12,13 - "Tu, va' pure alla tua fine e riposa: ti alzerai per la tua sorte alla fine dei giorni".
Si attendeva l'avvento del "Giorno del Signore", la cui citazione si trova 25 volte nella Bibbia a partire dal profeta Isaia, 18 nell'Antico Testamento e 7 nel Nuovo Testamento:
  • "Poiché ci sarà un giorno del Signore degli eserciti contro ogni superbo e altero, contro chiunque si innalza ad abbatterlo..." (Isaia 2,12)
  • "Il sole si cambierà in tenebre e la luna in sangue, prima che venga il giorno del Signore, grande e terribile. Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato, poiché sul monte Sion e in Gerusalemme vi sarà la salvezza, come ha detto il Signore, anche per i superstiti che il Signore avrà chiamati." (Gioele 3,4s richiamati in Atti 2)
Il giorno del Signore è da presumere che avrà una durata come uno dei giorni della creazione e quindi sarà un lungo periodo di tempo nel quale il Signore cambierà il mondo e il cuore degli uomini.
Quello sarà il periodo in cui vi sarà il combattimento finale contro il male e si verificherà la fine del mondo.
In definitiva avverrà la raccolta della zizzania e la mietitura del grano.
(Vedi: "La durata della Creazione")
L'Apocalisse, infatti, parla in modo convenzionale di periodi di mille anni, visto che per il Signore: "Ai tuoi occhi, mille anni sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte." (Salmo 90,4)

In questa vicenda s'inserisce con autorità Gesù di Nazaret.
Il Vangelo di Giovanni, per bocca di Gesù, attesta dell'ultimo giorno quello della risurrezione e del giudizio:
  • 6,40-44 - "E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell'ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell'ultimo giorno. ...Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno."
  • 6,54 - "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno."
  • 11,24 - "Gli rispose Marta: So che risusciterà nell'ultimo giorno".
  • 12,48 - "Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunziato lo condannerà nell'ultimo giorno."
Dopo avverrà la fine del mondo:
  • "Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno, e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!" (Matteo 13,40-43)
  • "...Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo". (Matteo 28,20)
Per concludere questo paragrafo propongo la mirabile sintesi di San Paolo apostolo nella lettera agli Efesini:
"Anche voi eravate morti per le vostre colpe e i vostri peccati, nei quali un tempo viveste alla maniera di questo mondo, seguendo il principe delle potenze dell'aria, quello spirito che ora opera negli uomini ribelli. Nel numero di quei ribelli, del resto, siamo vissuti anche tutti noi, un tempo, con i desideri della nostra carne, seguendo le voglie della carne e i desideri cattivi; ed eravamo per natura meritevoli d'ira, come gli altri. Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati salvati. Con lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù. Per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo." (Efesini 2,1-10)

E fu così che Gesù come recita il credo apostolico scese agli inferi.
Nel silenzio del Sabato Santo, sulla terra è giorno di dolore, ma agli inferi è già Pasqua, perché Cristo con la veste sfolgorante della resurrezione vi scende come il sole che dissipa per sempre le tenebre della morte e tende la mano liberatrice ai progenitori della stirpe umana ed ai giusti dell'Antico Testamento.
Cristo liberatore annuncia il Vangelo ed ogni cristiano è partecipe di questo atto apostolico per coloro che in questo mondo sono nelle tenebre e nell'ombra della morte.

I 36 GIUSTI
Secondo una leggenda ebraica, in ogni epoca il mondo si reggerebbe sulle spalle di 36 giusti la cui identità nessuno conosce.
Grazie a loro, generazione dopo generazione, Dio risparmia al mondo la punizione per gli innumerevoli peccati commessi dagli uomini.
Secondo la tradizione ebraica i 36 rimangono in numero costante in quanto al venir meno di uno si eleva un altro, come nel caso di Eli e Samuele o di Elia ed Eliseo, il che garantirebbe il permanere di un pilastro di salvezza per l'umanità intera.
La prima fonte di tale leggenda è il Talmud di Babilonia: "Ci sono almeno 36 giusti in ogni generazione che manifestano di contenere la Shekinah. È scritto felici chi attende di Lui l'arrivo." (Abaye, Sanhedrin 97b)
Il 36 è definito dalle lettere ebraiche "lamed" = 30 e "wau" = 6 quindi sinteticamente l'accoppiata li viene a rappresentare.
Nel salmo 37, peraltro alfabetico, ai relativi versetti si trova:

"21 - Lamed L'empio prende in prestito e non restituisce,
ma il giusto ha compassione e dà in dono.
10 - Wau Ancora un poco e l'empio scompare,
cerchi il suo posto e più non lo trovi."

Nelle storielle folkoristiche dei secoli XVI e XVII troviamo il termine in yiddish "lamedvovnik" assegnato a un Giusto, una figura ignota dai poteri miracolosi e segreti, capace di sconfiggere i nemici del popolo d'Israele e che, una volta compiuta la sua missione, ritorna nell'anonimato.
In definitiva se ne deduce che il giusto è stabile, mantiene il suo posto, grazie al fatto che Dio evidentemente l'assiste e l'accompagna () nei propri atti, insomma è sempre in buona compagnia.
Gesù poi ebbe ad insegnare: "Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e m'avete dato da bere; ero forestiero e m'avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me." (Matteo 27,31-40)
Il regno dei cieli è per le pecore della destra, i giusti!

Al riguardo richiamo poi quanto riportato in "Le 22 Sacre Lettere - Appunti di un qabalista cristiano" sulla lettera iniziale di giusto "sadiq" :

Sadi Numero 90, nome Sadi

Il valore di per le lettere che ne formano il nome è 104 ( = 90; = 4; = 10)
Sadìah è "intenzione", Numeri 25,20-22
Porta all'idea di giusto "sadiq" che si comporta con buona intenzione.
Per la Qabalah la lettera rappresenta giustizia e umiltà.
Il valore gematrico di "sadiq" è 204 perché a 104 si aggiunge il 100 di .
Fede "'amunah" vale 102 ( = 1; = 40; = 6; = 50; = 5) quindi il giusto ha valore doppio della fede, perché vi crede e di conseguenza opera fedelmente.
La parte superiore della lettera Sadi è molto simile a quella di una 'Alef .
La parte inferiore invece è un prolungamento del segno trasversale che incorpora il piede inferiore della .
C'è come l'intento di una comunicazione dal sotto a sopra e viceversa.
Il giunto si avvicina al cielo e le sue preghiere e le sue opere vi salgono e la giustizia scendere sulla terra, perciò salire e scendere, giù e su, sono una lettura della lettera.
I giusti aiutano nella risalita e tengono l'ago della bilancia e consentono l'equilibrio del bene contro il dilagare del male.
"Il giusto è il fondamento del mondo" (Proverbi 10,25)
Il fondamento è Yesod e si dice che il mondo appunto si regge sui giusti, altrimenti verrebbe distrutto.
Per i Chassidim ogni generazione ha 36 giusti nascosti e 36 palesi pari a 72 che è il valore numerico della parola "chesed" che vuol dire "Amore".
Quando Abramo chiese di salvare Sodoma per i giusti che vi vivevano, per i giusti "sadiqim" si trova scritto in Genesi 18,24 e non allora "I giusti che vivevano in Sodoma non erano giusti in assoluto, ma solo confrontati con la popolazione locale". (Kol Ha Torah) e deduco:
  • , intenzioni () alte ,
  • , intenzioni () in spiga ().
Il tema del giusto rifiutato dagli uomini era stato sviluppato dal profeta Isaia nei quattro canti detti "del servo del Signore" (Isaia 42,1-9; 49,1-11; 50,4-11; 52,13; 53,12).
Platone (427-347 a.C.) nel dialogo sullo stato ideale detto della Repubblica, tratta della rettitudine che in un uomo è veramente perfetta se accetta ogni ingiustizia per amore della verità.
Scrive Platone che l'uomo sommamente giusto deve essere "...un uomo semplice e generoso che, dice Eschilo, vuole non apparire, ma essere onesto. E l'apparire bisogna appunto eliminare. Se infatti vorrà apparire, potranno derivarne onori e vantaggi, appunto perché appare giusto. E non si potrà allora scorgere se è giusto per causa di giustizia o per causa di vantaggi e d'onori. Ecco, di tutto facciamolo ignudo. Sola in lui giustizia ...Effigiamolo dunque opposto al precedente e pur non commettendo nessuna ingiusta azione abbia sicura fama di ingiustizia. Così sarà fatta prova del suo amore per la giustizia, se davvero non si lascia flettere da cattiva fama e da conseguenze che da quella derivano. Incrollabile andrà sino alla morte, per tutta l'esistenza sembrando ingiusto, mentre è un giusto... il giusto sarà flagellato, sarà torturato, posto in ceppi sarà, gli si bruceranno gli occhi, da ultimo, sottoposto ad ignominia estrema, sarà impalato." (Platone, La Repubblica o Politéia, libro II°, Rizzoli 1953, p.122-123)
L'intuizione filosofica di Platone coincide in modo impressionante col IV Canto del Servo del Signore nel libro del profeta Isaia.

Il libro del profeta Isaia è costituito da 66 Capitoli, nella forma pervenutaci nel canone ebraico del testo masoretico che poco si discosta dalla copia nei papiri fatti risalire al II Secolo a.C. trovata tra i manoscritti del Mar Morto.
Ora la critica letteraria e l'esame storico dei fatti raccontati hanno riconosciuto che i primi 39 capitoli sarebbero da attribuire al Proto - Isaia, profeta vissuto tra il 765 e il 700 a.C. che secondo una tradizione ebraica sarebbe stato fratello di del re di Giuda Amaziah e fu martirizzato da suo nipote, il re Manasse, figlio della figlia di Isaia, andata sposa a Ezechia.
Gli altri 27 capitoli sono detti Deutero-Isaia, e tra questi gli ultimi 11 dal 56 al 66 sono di discepoli di chi ha scritto il Deutero e si parla di un Trito - Isaia, comunque antecedente all'epoca di Platone.

Storicamente, semplificando, il Proto - Isaia sarebbe dell'VIII secolo a.C., il Deutero - Isaia del dopo esilio, cioè del VI secolo a.C. e subito dopo del V il Trito - Isaia, contemporaneo di chi scrisse il testo del libro del Genesi, e comunque antecedente d'almeno un secolo ai Dialoghi di Platone.
Questa del servo sofferente d'Isaia e che era nella mente dei pagani del tempo per influsso del grande Platone fu riconosciuta come profezia attuata in Gesù di Nazaret dal primo cristianesimo e usata come bandiera nella evangelizzazione dei pagani, perché dal giusto verrà la salvezza per l'uomo.
Dice il 4° Canto del Servo "Così molti si stupirono di lui - tanto era sfigurato per essere d'uomo il suo aspetto e diverso la sua forma da quella dei figli dell'uomo" (Isaia 52,14) ove sfigurato - deformato ha in sé le lettere di Messia, il Cristo, l'Unto, sintesi profetica di riconoscimento in Gesù del servo sofferente.
Quelle lettere infatti portano all'idea di un Messia in croce .
Nella lettera ai Filippesi (del 60 d.C.) San Paolo con somma chiarezza scrive quanto segue sul Cristo che ha incarnato la figura del giusto sofferente sia per il mondo ebraico, della profezia d'Isaia, sia del greco, nell'intuizione di Platone: "Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l`ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre." (Filippesi 2,5-12)
In "Visione su Abele, il pastore gradito al Signore" ho riportato il decriptato quei 4 canti del Servo di Isaia senza deroghe alle regole del metodo e dei significati delle lettere riportati in "Parlano le lettere".

PER MOLTI O PER TUTTI
Recentemente, precisamente il 14.04.2012, SS. Benedetto XVI con una lettera ai vescovi della Germania, tra l'altro, ha precisato che nelle parole della consacrazione sul vino sarebbe da dire per come in latino nel vecchio testo del rituale: "Hic est enim calix sanguinis mei... qui pro vobis et pro multis effundetur", mentre le nuove versioni postconciliari hanno in pratica letto quel "pro multis" come un "pro omnibus" ed hanno tradotto "per tutti".
È noto che le fonti della eucaristia, sono nei Vangeli sinottici e in 1Corinzi 11:
  • Matteo 26,25-28 - "Giuda, il traditore, disse: "Rabbì, sono forse io? Gli rispose: Tu l'hai detto. Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: Prendete e mangiate; questo è il mio corpo. Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati."
  • Marco 14,20-24 - "Ed egli disse loro: Uno dei Dodici, colui che intinge con me nel piatto. Il Figlio dell'uomo se ne va, come sta scritto di lui, ma guai a quell'uomo dal quale il Figlio dell'uomo è tradito! Bene per quel uomo se non fosse mai nato! Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: Prendete, questo è il mio corpo. Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse: Questo è il mio sangue, il sangue dell'alleanza versato per molti."
  • Luca 22,19-20 - "Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo:Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me. Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi. Ma ecco, la mano di chi mi tradisce è con me, sulla tavola. Il Figlio dell'uomo se ne va, secondo quanto è stabilito; ma guai a quel uomo dal quale è tradito!"
  • 1Corinzi 11,23-29 - "Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me. Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga. Perciò chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna."
Il testo del vecchio rituale pertanto è conforme al testo dei Vangeli di Matteo e di Marco.
Certo, Gesù ha versato il suo sangue per tutti, ma non tutti nel proprio libero arbitrio vogliono accettare la sua salvezza, che di fatto diviene produttiva solo per molti.
Quei testi peraltro mettono tutti in evidenza che era presente Giuda il traditore che non accettò tale salvezza.
Particolarmente importante per il tema che si sta trattando nell'ambito del IV Canto del Servo di Isaia è il versetto 53,11 che recita:

"Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce (vale a dire risorgerà)
e si sazierà della sua conoscenza (vale a dire starà al cospetto di Dio);
il giusto mio servo GIUSTIFICHERÀ MOLTI,
egli si addosserà le loro iniquità."

Le lettere ebraiche sono le seguenti e d'appresso riporto la dimostrazione della mia decriptazione.




Isaia 53,11 - Dal seno () (della madre) in vita la potente anima (cioè lo Spirito del Potente) ha portato all'esistenza nel corpo dell'Unigenito . Nel mondo è il settimo (giorno della creazione). Dentro la conoscenza completa ha portato ad esistere . Dal Giusto l'insidia (l'esca portata dall'amo, vedi: "Il midrash della pesca gloriosa") ha versato per servire . È dal Potente per le moltitudini nell'esistenza la Madre portata . Dal peccato la purezza al mondo reca dell'Unico , è per convertire () al Potente ."

Ora Gesù parlava in aramaico ed i testi dei Vangeli sono in greco.
Quale fu allora la parola che usò Gesù nell'ultima cena per dedicare il versamento del suo sangue?
Tutto fa ritenere che disse, in conformità alla profezia del IV canto del Servo di IHWH di Isaia: "le rabbim" per molti, anzi per le moltitudini.

IL SACRIFICIO DEL GIUSTO
Il Salmo 58, come peraltro tanti altri passi dei libri sapienziali della Bibbia, lamenta la mancanza di giustizia sulla terra da parte dei potenti che hanno la delega di comandare sugli uomini.
Ad esempio si legge nel Salmo 58, versetti 2 e 3:

"Rendete veramente giustizia o potenti,
giudicate con rettitudine gli uomini?
Voi tramate iniquità con il cuore,
sulla terra le vostre mani preparano violenze..."

L'attesa di giustizia era ed è grande, sì che maturò l'idea che l'agire in modo giusto non sarebbe stato irrilevante e che Dio sarebbe sceso a fare giustizia, come peraltro dice lo stesso Salmo al versetto 12:

"Gli uomini diranno: C'è un premio per il giusto,
c'è Dio che fa giustizia sulla terra!"

Il Salmo 72 poi attende un re giusto ed eterno, il Messia:

"Il suo regno durerà quanto il sole,
quanto la luna, per tutti i secoli.
Scenderà come pioggia sull'erba,
come acqua che irrora la terra.
Nei suoi giorni fiorirà la giustizia
e abbonderà la pace,
finché non si spenga la luna." (Salmo 75,5-7)

E questi, il re Messia, sarà discendente di Davide!

"Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:
egli annunzia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli,
per chi ritorna a lui con tutto il cuore.
La sua salvezza è vicina a chi lo teme
e la sua gloria abiterà la nostra terra.
Misericordia e verità s'incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
La verità germoglierà dalla terra
e la giustizia si affaccerà dal cielo." (Salmo 85,9-12)

Era altresì attesa la vittoria della giustizia sulla morte:

"...la giustizia libera dalla morte." (Proverbi 10,2 e 11,4)

"Chi pratica la giustizia si procura la vita,
chi segue il male va verso la morte." (Proverbi 11,19)

Perché la giustizia è salda per sempre!

D'altronde di Dio "il Giusto", "sadiq" , già le lettere lo dicevano "scenderà in aiuto di chi è rovesciato ".

La lettera agli Ebrei al capitolo 10 così chiaramente propone:
"Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo - poiché di me sta scritto nel rotolo del libro - per fare, o Dio, la tua volontà. Dopo aver detto prima non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato, cose tutte che vengono offerte secondo la legge, soggiunge: Ecco, io vengo a fare la tua volontà. Con ciò stesso egli abolisce il primo sacrificio per stabilirne uno nuovo. Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre." (Ebrei 10,5-10)

Quello del Signore Gesù è l'unico sacrificio gradito a Dio, sacrificio che si compie sull'altare del suo corpo.
Lui è il Giusto che tutti giustifica, cioè rende giusti.
Chi si ispira a quel sacrificio diviene giusto e ben accetto a Dio.
Chi lo segue e appartiene alla sua Chiesa, perciò fa parte del suo corpo: "Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo?" (1Corinzi 6,15)

In forza di ciò sussiste l'antifona del rituale delle lodi al salmo 51.
"Tu gradisci il sacrificio del giusto, sopra il tuo altare, Signore."

Il Salmo 51, infatti, nel ricordare che il Signore non gradisce olocausti e sacrifici propone:

"Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode.
Tu non gradisci il sacrificio; se offro olocausti, tu non li accetti.
Uno spirito contrito è sacrificio a Dio;
un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi.
Nella tua bontà fa' grazia a Sion, ricostruisci le mura di Gerusalemme.
Allora gradirai i sacrifici legittimi, l'olocausto e l'intera oblazione;
allora immoleranno vittime sopra il tuo altare." (Salmo 51,17-21)

San Paolo nella lettera ai Romani 12,1-2 esorta i fedeli cristiani in questo modo: "Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto."

Il Salmo 118 prevede una porta per l'entrata dei giusti:

"Apritemi le porte della giustizia:voglio entrarvi e rendere grazie al Signore.
È questa la porta del Signore, per essa entrano i giusti .
Ti rendo grazie, perché mi hai esaudito, perché sei stato la mia salvezza.
La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d'angolo;
ecco l'opera del Signore: una meraviglia ai nostri occhi." (Salmo 118,19-23)

Ed è lui, Gesù, la porta e la pietra angolare!
"In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore." (Giovanni 10,7)
"Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù." (Efesini 3,19s)

Ciò si collega all'idea di un sacrificio spirituale che veniva detto "sacrificio di lode" a cui era associato il pensiero di ricevere la salvezza di Dio il cui anticipo s'attuava evidentemente col perdono dei peccati:
  • "Offri a Dio un sacrificio di lode e sciogli all'Altissimo i tuoi voti; invocami nel giorno della sventura: ti salverò e tu mi darai gloria". (Salmo 50,14s)
  • "Chi offre il sacrificio di lode, questi mi onora, a chi cammina per la retta via mostrerò la salvezza di Dio." (Salmo 50,23)
Dal libro del Levitico s'apprende che c'erano sacrifici cruenti di animali e incruenti, frumento, vino ed olio.
I sacrifici cruenti potevano essere dati in olocausti totale, cioè arsi completamente o parziali cioè, bruciata una parte, il resto era lasciato nella disponibilità del sacerdote sacrificante.
A questi si aggiungeva lo stato d'animo dell'offerente.
Levitico 7,11-27 accenna ai sacrifici di lode, intesi come ringraziamento.
Ciò che pare intenerire particolarmente il Creatore è che sia riconosciuto il suo amore; quindi è buona entratura un rendimento di grazie con animo lieto e nella gioia: "Acclamate al Signore, voi tutti della terra, servite il Signore nella gioia, presentatevi a lui con esultanza." (Salmo 100,2)
Dice la lettera agli Ebrei: "Noi abbiamo un altare del quale non hanno alcun diritto di mangiare quelli che sono al servizio del Tabernacolo. Infatti i corpi degli animali, il cui sangue vien portato nel santuario dal sommo sacerdote per i peccati, vengono bruciati fuori dell'accampamento. Perciò anche Gesù, per santificare il popolo con il proprio sangue, patì fuori della porta della città. Usciamo dunque anche noi dall'accampamento e andiamo verso di lui, portando il suo obbrobrio, perché non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura. Per mezzo di lui dunque offriamo continuamente un sacrificio di lode a Dio, cioè il frutto di labbra che confessano il suo nome." (Ebrei 13,10-15)
La fede nella risurrezione ha fatto comprendere che l'essenza del sacrificio di lode è quello che l'umanità celebrerà nel "mondo che deve venire" al banchetto eterno della comunione con il Signore, nella pienezza della rivelazione e nella vittoria definitiva sulla morte (Isaia 25,6-9).
"Nella sera in cui fu tradito", Gesù accettò di compiere la volontà del Padre, donando se stesso fino alla morte di croce e "Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nella carne, ma reso vivo nello spirito." (1Pietro 3,18)
Con l'ultima cena anticipò con chi l'aveva seguito quel sacrificio di lode che egli avrebbe aperto, con la sua risurrezione, per l'eternità.
La Chiesa così, con lo stesso spirito celebra l'eucaristia.
È la comunità del Risorto di quaggiù che si unisce al suo Signore nella lode perenne di lassù.
In ogni eucaristia i cristiani si propongono perciò di aderire al sacrificio di Gesù unendo il proprio sacrificio di lode nella certezza che il loro dare la vita per Cristo e il Vangelo è la via che conduce alla risurrezione propria ed è propiziatoria per l'umanità intera.

APPENDICE MICHEA 6 e 7 - DECRIPTAZIONE
Nella precedente trattazione mi sono imbattuto in due interessanti versetti del profeta Michea:
  • 6,8 - "Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la bontà, camminare umilmente con il tuo Dio."
  • 7,2 - "L'uomo pio è scomparso dalla terra, non c'è più un giusto fra gli uomini: tutti stanno in agguato per spargere sangue; ognuno con la rete dà la caccia al fratello."
Mi sono chiesto se, come accade per gli altri profeti, anche il libro detto del profeta Michea oltre ad avere un testo con un racconto esterno leggibile per tutti non sia in grado grazie all'uso delle lettere ebraiche come icone di avere intrinseco un criptato con un racconto messianico sviluppabile da parte degli esperti del tempo con una lettura più raffinata.
Ecco che provai a saggiare quei due versetti col metodo di "Parlano le lettere".
Riporto il testo ebraico dei due versetti e una lettura che ne deriva con quel metodo:

Michea 6,8




"Fuori dal cammino è stato sbarrato il serpente . Retti gli uomini vivi entratigli nel cuore ha recato a casa . Li ha portati a vivere . Nel mondo il Signore l'essere impuro () dai corpi ha bruciato . Dall'acqua della piaga () retti sono rioriginati nel seno () del Risorto i saliti . Puri i risorti il Verbo nel cuore ha condotti per amore . Tutti i rinchiusi dai ceppi ha recato fuori . Su ha inviato in alto retti tutti i popoli . Da Dio uscita è la rettitudine ."

Michea 7,2




"Alle origini da casa sbarrato a rifugiarsi () fu nel sangue . L'angelo (ribelle) al mondo iniziò nei corpi a scendere e la rettitudine dentro l'uomo annullò . La vergogna partorì () in vita , furono le matrici ad essere insidiate , ed iniziò ad esistere l'esaltazione del primo nella vita (), la perversità () fu giù portata con l'essere impuro () che racchiuse il verme ()."

Tali risultati sono evidentemente entrambi inquadrabili in un racconto sulle cause prime del male nel mondo quale istinto bestiale delle origini nemico di Dio che si oppone a far entrare nell'uomo una nuova natura e non consente di staccarsi dal regno animale e sull'intervento del Messia.
In particolare il capitolo 7 inizia con due versetti che aprono il racconto evangelico del fico seccato.

Gesù è lo spigolatore che esclama:
"Ahimé! Sono diventato come uno spigolatore d'estate, come un racimolatore dopo la vendemmia! Non un grappolo da mangiare, non un fico per la mia voglia." (Michea 7,1)

In effetti cerca il frutto dei figli dell'uomo, ma non ne trova e subito dopo così commenta: "L'uomo pio è scomparso dalla terra, non c'è più un giusto fra gli uomini: tutti stanno in agguato per spargere sangue; ognuno con la rete dà la caccia al fratello." (Michea 7,2)

Il Vangelo di Marco riporta così la vicenda del fico: "La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, ebbe fame. E avendo visto di lontano un fico che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se mai vi trovasse qualche cosa; ma giuntovi sotto, non trovò altro che foglie. Non era infatti quella la stagione dei fichi. E gli disse: Nessuno possa mai più mangiare i tuoi frutti. E i discepoli l'udirono." (Marco 11,12-14)

Gesù sapeva bene che quella non era la stagione dei fichi eppure lo maledisse come segno per avvertire dell'avverarsi della profezia di Michea, esplicita e implicita col criptato!
Subito dopo, infatti, è detto della cacciata dei mercanti dal Tempio, credo a segnalare che il fatto del fico era servito a proporre che erano in atto le conseguenze della profezia di Michea con l'espandersi del male addirittura anche nel Tempio del Signore, onde per Gesù era arrivato un momento importante della sua missione terrena che era da portare la soluzione finale.

"Andarono intanto a Gerusalemme. Ed entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e comperavano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe e non permetteva che si portassero cose attraverso il tempio... La mattina seguente, passando, videro il fico seccato fin dalle radici. Allora Pietro, ricordatosi, gli disse: "Maestro, guarda: il fico che hai maledetto si è seccato".(Marco 11,15-21)

Gesù in effetti ce l'ha con lo spirito del male che ha ridotto in schiavitù gli uomini e non ce l'ha con gli uomini stessi, anzi è disposto a perdonarli come si evince dal seguito:
"Gesù allora disse loro: Abbiate fede in Dio! In verità vi dico: chi dicesse a questo monte: Lèvati e gettati nel mare, senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avverrà, ciò gli sarà accordato. Per questo vi dico: tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato. Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi i vostri peccati." (Marco 11,22-25)

Ho così proceduto a decriptare quei due capitoli 6 e 7 di Michea per complessivi 36 (16 + 20) versetti.
Riporto la ultima traduzione C.E.I. dei due capitoli e di seguito la decriptazione senza interruzioni.

MICHEA 6 - TESTO C.E.I. E DECRIPTAZIONE
Michea 6,1 - Ascoltate dunque ciò che dice il Signore: Su, illustra la tua causa ai monti e i colli ascoltino la tua voce!

Michea 6,2 - Ascoltate, o monti, il processo del Signore, o perenni fondamenta della terra, perché il Signore è in causa con il suo popolo, accusa Israele.

Michea 6,3 - Popolo mio, che cosa ti ho fatto? In che cosa ti ho stancato? Rispondimi.

Michea 6,4 - Forse perché ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, ti ho riscattato dalla condizione servile e ho mandato davanti a te Mosè, Aronne e Maria?

Michea 6,5 - Popolo mio, ricorda le trame di Balak, re di Moab, e quello che gli rispose Balaam, figlio di Beor. Ricòrdati di quello che è avvenuto da Sittìm a Gàlgala, per riconoscere le vittorie del Signore.

Michea 6,6 - Con che cosa mi presenterò al Signore, mi prostrerò al Dio altissimo? Mi presenterò a lui con olocausti, con vitelli di un anno?

Michea 6,7 - Gradirà il Signore migliaia di montoni e torrenti di olio a miriadi? Gli offrirò forse il mio primogenito per la mia colpa, il frutto delle mie viscere per il mio peccato?

Michea 6,8 - Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la bontà, camminare umilmente con il tuo Dio.

Michea 6,9 - La voce del Signore grida alla città e chi ha senno teme il suo nome: Ascoltate, tribù e assemblea

Michea 6,10 - della città. Ci sono ancora nella casa dell'empio i tesori ingiustamente acquistati e una detestabile efa ridotta?

Michea 6,11 - Potrò io giustificare le bilance truccate e il sacchetto di pesi falsi?

Michea 6,12 - I ricchi della città sono pieni di violenza e i suoi abitanti proferiscono menzogna; le loro parole sono un inganno!

Michea 6,13 - Allora anch'io ho cominciato a colpirti, a devastarti per i tuoi peccati.

Michea 6,14 - Mangerai, ma non ti sazierai, e la tua fame rimarrà in te; metterai da parte, ma nulla salverai; e se qualcosa salverai, io lo consegnerò alla spada.

Michea 6,15 - Seminerai, ma non mieterai; frangerai le olive, ma non ti ungerai d'olio; produrrai mosto, ma non berrai il vino.

Michea 6,16 - Tu osservi gli statuti di Omri e tutte le pratiche della casa di Acab, e segui i loro progetti, perciò io farò di te una desolazione, i tuoi abitanti oggetto di scherno e subirai l'obbrobrio del mio popolo.

Michea 6,1 - Per bruciare dai viventi il peccare, inviato dall'Unico, viene l'Unigenito per risorgere i corpi. Il Signore inizierà dei viventi i corpi a risorgere. I corpi saranno da dentro a venire fuori, ripartoriti saranno i viventi. La perversità completamente bruciata in seno dall'energia entrata uscirà dal cammino. Dentro l'oppressione ad abbattere recherà la potenza della rettitudine.

Michea 6,2 - La risurrezione i viventi in azione riporterà rigenerati. Risaranno le centinaia tutte col corpo. Saranno dentro al Signore a portarsi. Nel mondo per l'Unigenito il drago nell'acqua bollente in un foro sbarrato è stato. Riinizia nei corpi a scendere la rettitudine. Dai corpi è la corruzione ad uscire ha portato fuori l'agire dal seno ai viventi e reca i popoli che sono stati risorti col corpo. Da Dio è stato completamente riportato il vigore.

Michea 6,3 - I viventi escono alla vista risorti. Sono nel Crocefisso ad esistere. In cammino porta i viventi dal mondo. Entrata la potenza che rivenuta è con la rettitudine. Si vedono angeli, entrati dentro gli sono.

Michea 6,4 - Così sono usciti innalzati dal Crocefisso. Sono i retti viventi nell'Unigenito col corpo saliti. Dall'angustia sono i viventi portati vivi, dentro sono alla fine nel servo, i viventi salvati, aiutati sono stati dal Crocefisso. È stato ad ardere dall'Unigenito al fuoco potente il nascosto serpente. Di persona è così venuto i viventi a risorgere al mondo. All'Unico ha partoriti angeli, li ha portati Maria.

Michea 6,5 - I popoli sono puri col corpo. Angeli dell'Unigenito i viventi del mondo si vedono su a casa del Potente, versati in cammino, a vivere portati al Padre. Ed i viventi escono dall'essere oppressi, all'Unico tornano. Dal Potente si vedono i viventi col Figlio a casa risvegliarsi per vivere con gli angeli. Usciti risorti, belli sono dal Vivente, nell'eternità entrati, gli ha rivelato il potente amore, li ha aiutati nel tempo, giusti li ha portati alla fine il Signore.

Michea 6,6 - A casa i viventi escono rioriginati allo stato primitivo, sono usciti condotti dal mondo dall'Unigenito, così sono stati separati dalla maledizione. Sono i viventi in alto rientrati dall'Unico, davanti agli angeli portati, a casa fanciulli condotti dal Crocefisso. Dentro, lo vedono rivelarsi, è il Vivente, il Figlio è che la risurrezione ha inviato al mondo.

Michea 6,7 - Usciti sono col corpo su dal mondo col Signore. A casa, le migliaia sono dall'Unico a stare. Guizzati sono i viventi a casa, le moltitudini dentro ha recato il Crocefisso, l'energia della malattia ha bruciato dai viventi con l'energia originata dal drago. Al pianto l'ha recato, il corpo è del superbo alla rovina, il Verbo per la lite dal cuore l'energia sarà per il peccato del drago soffiata, ne brucerà l'esistenza.

Michea 6,8 - Fuori dal cammino è stato sbarrato il serpente. Retti gli uomini vivi entratigli nel cuore ha recato a casa. Li ha portati a vivere. Nel mondo il Signore l'essere impuro dai corpi ha bruciato. Dall'acqua della piaga retti sono rioriginati nel seno del Risorto i saliti. Puri i risorti il Verbo nel cuore ha condotti per amore. Tutti i rinchiusi dai ceppi ha recato fuori. Su ha inviato in alto retti tutti i popoli. Da Dio uscita è la rettitudine.

Michea 6,9 - Una fune potente è uscita, li ha portati fuori con potente azione, è stato il corpo del diletto Unigenito che li ha condotti alla salvezza. Sono nel corpo dall'Unigenito entrati i risorti nella piaga. Il risorto in seno ha portato i viventi, nel cuore gli entrati ha condotti a vivere dall'Essere, sono all'eternità usciti.

Michea 6,10 - Si vedono portati alle porte del mondo dall'Unigenito. La schiavitù finita nel corpo, risorti si vedono su coi corpi portati. Finita l'ingiustizi, li ha recati dai guai il Verbo che ha finito il terrore dai viventi nel mondo.

Michea 6,11 - Dal mondo con l'Unigenito puri entrati a casa i viventi, all'Unico questi invia ad ereditare. Si vedono portati dal pianto all'esistenza piena dal Padre. Angeli sono i viventi col corpo alla vita usciti.

Michea 6,12 - Dall'Unigenito, che ha bruciato il male, risorti sono stati col corpo. È uscito dai viventi il serpente delle origini che portavano racchiuso. A vivere in un buco l'ha recato, un forte fuoco dentro è entrato dalla porta. Puri li ha portati la risurrezione che si è riversata nei corpi che ha recato la potenza simili agli angeli. Dell'amarezza della vita il carico per il Verbo è uscito dai viventi.

Michea 6,13 - Ha portato in cammino i viventi all'Unico, angeli sono usciti, la malattia finita è, uscita per la rettitudine recata, l'oppressione ha aperto, ha bruciato nei viventi il misfare, il peccato ha recato alla fine, sono retti.

Michea 6,14 - Venuti escono alla fine dall'Unigenito tutti recati, portati a guizzare dall'Unico alla fine del settimo (giorno) e sono risorti dalle tombe; rette dentro ha versato le moltitudini, così le ha portate il Crocefisso dal foro che in cammino recò un serpente all'Unigenito in croce, nel meraviglioso cuore li ha condotti beati, completamente salvati dal serpente, li ha chiusi nel corpo, a casa vengono dagli angeli.

Michea 6,15 - L'Unigenito alla fine del mondo tutta la stirpe ha portato, il negativo ha completamente mietuto, venuti col crocefisso che via per questi è stato, tutti li ha recati e il serpente l'Unigenito alla fine in un foro ha recato, con la rettitudine l'ha bruciato, ai viventi l'energia ha recato, alla fine sono stati col corpo portati (a Lui) simili per potenza, venuti risorti tutti dal mondo sono all'esistenza degli angeli.

Michea 6,16 - Portati sono stati per la risurrezione puri i corpi. Le tombe ha rovesciato, ha portato alla fine i popoli nel corpo, sono stati recati dalla vergogna a vedere la luce. Rientrati a casa sono alla fine i fratelli dal Padre, portati dal Crocefisso in cammino recati dentro al seno. Ha bruciato dai viventi il serpente. Nei viventi in azione l'energia completa alla fine c'è stata, vengono tutti risorti i viventi. Riusciranno, fuori portati saranno dalla schiavitù. Il serpente ha bruciato nei corpi, abbattuta la perversità in una caverna il Verbo l'ha finito, i popoli sono stati tutti alla luce dell'Unico condotti.

MICHEA 7 - TESTO C.E.I. E DECRIPTAZIONE
Michea 7,1 - Ahimé! Sono diventato come uno spigolatore d'estate, come un racimolatore dopo la vendemmia! Non un grappolo da mangiare, non un fico per la mia voglia.

Michea 7,2 - L'uomo pio è scomparso dalla terra, non c'è più un giusto fra gli uomini: tutti stanno in agguato per spargere sangue; ognuno con la rete dà la caccia al fratello.

Michea 7,3 - Le loro mani sono pronte per il male: il principe avanza pretese, il giudice si lascia comprare, il grande manifesta la cupidigia, e così distorcono tutto.

Michea 7,4 - Il migliore di loro è come un rovo, il più retto una siepe di spine. Nel giorno predetto dalle tue sentinelle, il tuo castigo è giunto, adesso è il loro smarrimento.

Michea 7,5 - Non credete all'amico, non fidatevi del compagno. Custodisci le porte della tua bocca davanti a colei che riposa sul tuo petto.

Michea 7,6 - Il figlio insulta suo padre, la figlia si rivolta contro la madre, la nuora contro la suocera e i nemici dell'uomo sono quelli di casa sua.

Michea 7,7 - Ma io volgo lo sguardo al Signore, spero nel Dio della mia salvezza, il mio Dio mi esaudirà.

Michea 7,8 - Non gioire di me, o mia nemica! Se sono caduta, mi rialzerò; se siedo nelle tenebre, il Signore sarà la mia luce.

Michea 7,9 - Sopporterò lo sdegno del Signore perché ho peccato contro di lui, finché egli tratti la mia causa e ristabilisca il mio diritto, finché mi faccia uscire alla luce e io veda la sua giustizia.

Michea 7,10 - La mia nemica lo vedrà e sarà coperta di vergogna, lei che mi diceva: Dov'è il Signore, tuo Dio? I miei occhi gioiranno nel vederla: sarà calpestata come fango della strada.

Michea 7,11 - È il giorno in cui le tue mura saranno riedificate; in quel giorno più ampi saranno i tuoi confini.

Michea 7,12 - In quel giorno si verrà a te dall'Assiria fino alle città dell'Egitto, dall'Egitto fino al Fiume, da mare a mare, da monte a monte.

Michea 7,13 - La terra diventerà un deserto a causa dei suoi abitanti, per il frutto delle loro azioni.

Michea 7,14 - Pasci il tuo popolo con la tua verga, il gregge della tua eredità, che sta solitario nella foresta tra fertili campagne; pascolino in Basan e in Gàlaad come nei tempi antichi.

Michea 7,15 - Come quando sei uscito dalla terra d'Egitto, mostraci cose prodigiose.

Michea 7,16 - Vedranno le genti e resteranno deluse di tutta la loro potenza. Si porranno la mano sulla bocca, i loro orecchi ne resteranno assorditi.

Michea 7,17 - Leccheranno la polvere come il serpente, come i rettili della terra; usciranno tremanti dai loro nascondigli, trepideranno e di te avranno timore.

Michea 7,18 - Quale dio è come te, che toglie l'iniquità e perdona il peccato al resto della sua eredità? Egli non serba per sempre la sua ira, ma si compiace di manifestare il suo amore.

Michea 7,19 - Egli tornerà ad avere pietà di noi, calpesterà le nostre colpe. Tu getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati.

Michea 7,20 - Conserverai a Giacobbe la tua fedeltà, ad Abramo il tuo amore, come hai giurato ai nostri padri fin dai tempi antichi.

Michea 7,1 - Al primo serpente di notte furono bruciature al mondo, fu ad esistergli la fine, fu la rettitudine nel buco soffiatagli, fu versata con forza giù così dall'alto la potenza, lo finì dentro, l'idolo annullò, l'Unigenito col fuoco arse il potente serpente, divorato dentro la fornace; al mondo l'Unigenito gli ha recato la fine, uscito l'angelo superbo è."

Michea 7,2 - Alle origini da casa sbarrato, a rifugiarsi fu nel sangue. L'angelo (ribelle) al mondo iniziò nei corpi a scendere e la rettitudine dentro l'uomo annullò. La vergogna partorì in vita, furono le matrici ad essere insidiate, ed iniziò ad esistere l'esaltazione di (essere) il primo nella vita, la perversità fu giù portata con l'essere impuro che racchiuse il verme (nei viventi).

Michea 7,3 - Per l'agire del serpente uscì il male, così soffiato fu ai viventi, uscì l'esistenza della carità, fu dentro ad entrare l'ardore nei corpi, la devastazione il serpente recò al mondo, uscì la luce, soffiò ai cuori dentro il delitto e la vita portò al mondo ad un grande deserto, la perversità completa l'angelo superbo recò. Al mondo portò l'Unico ad esistere una fune (intrecciata), la recò al mondo.

Michea 7,4 - Il Cuore portò da casa ai viventi. L'Uno lo versò all'esistenza, alla luce nel corpo. Della vita alla prova recò la rettitudine al mondo, fu portato dalla Madre a vivere giù il Verbo, fu per deprimerlo versata la legge divina, da casa l'Unigenito uscì nel tempo al mondo, indicò al mondo che era uscito in vita, in una casa si recò così mite.

Michea 7,5 - Dio alla fine con l'Unigenito in vita è. Il frutto nel corpo si vede. Dio in un'arca il cuore ha racchiuso, e in una casa Dio ha recato il Verbo ai viventi. Con la luce così dentro ha indicato di vivere il Santo, i viventi guarirà completamente, in vita il Verbo è con la rettitudine.

Michea 7,6 - Così fu il Figlio a vivere inviato a casa del serpente dal Padre. In una casa indicò di versarsi nella Madre la vita. Al mondo dentro l'Unigenito in vita uscì dalla sposa. Dentro a chiudersi alla fine dai viventi entrò. Dal nemico fu da uomo ad incontrarlo. In dono a casa è la fine a recargli.

Michea 7,7 - E dell'Unico il frutto fu al mondo. Recò fuori con l'Unigenito giù il volto. Uscì da primogenito portato coi dolori del parto. Uscì al serpente la maledizione. Fu Gesù all'esistenza, fu alla luce dal seno, con i lamenti dal primo serpente al mondo è.

Michea 7,8 - Della maledizione il segno sorge dai viventi in vita dal nemico finalmente nell'esistenza. Il serpente sarà per la rettitudine ad essere un aborto. Alla fine sarà rovesciato dagli uomini, gli saranno bruciature per l'Unigenito, una favilla nella prigione sorge così, è la calamità che l'Unico reca col corpo dal serpente all'esistenza.

Michea 7,9 - L'ira esiste per la perversità. Dell'Unico il fuoco inizia così ad esistere. Del peccato finirà l'esistenza. Dal serpente si reca l'Eterno. Da Donna col corpo lanciata è stata della purità la forza. Da una casa è stata portata alla vista una luce al mondo. Per i viventi sorge il Verbo, il Cuore è all'esistenza recato, giù è 'io sono' dal negativo, gli reca alla vista un profeta, a casa della giustizia il segno gli reca.

Michea 7,10 - E il segno in vista al nemico completamente è recato. Indica che la rettitudine in pienezza al mondo in un casa si porta alla luce. Esce l'Unigenito in vita col corpo, dal primo serpente è, guai reca, gli saranno calamità, maledizione, rovine con lamenti; alla fine col corpo per annullarlo esce in un casa al mondo nel tempo, esce per finire l'esistenza del serpente, dell'amarezza, dalla prova. Dentro al fango della prigione gli reca dei precetti il segno.

Michea 7,11 - Si è portato a vivere dal serpente il Figlio, e per finirlo in cammino in giro è con la rettitudine. Per il giorno (finale) al mondo Lui sarà col corpo alla prigione per versargli la legge.

Michea 7,12 - È a portarsi dai viventi al mondo, reca a desiderare l'eternità con l'esistenza della rettitudine. S'è a casa portato dal primo serpente a vivere, inviato è stato da Donna, portatosi nel corpo reca dal nemico ad esistere in vita i precetti. Col corpo reca del Potente la manna ad esistere dai viventi. Giù reca il corpo, si porta dall'Eden, esce ad inebriare gli esseri viventi. In vita è dalla Madre portato, partorito esce al mondo col corpo.

Michea 7,13 - E al mondo è alla fine uscito in campo l'Unigenito col corpo, giù dal serpente alla desolazione. Dell'Altissimo alla luce in una casa è uscito dai viventi il frutto, per il misfare del serpente è uscito in vita.

Michea 7,14 - Col corpo in azione esce dai popoli la rettitudine. Abita unl fuoco dentro al cuore retto. Giù per incontrare l'angelo (ribelle) si chiude del serpente all'oppressione, per bruciarlo così inviato è. Guizzato da solo per aiutare è in azione dalle moltitudini. Per finirlo reca la rettitudine l'Agnello in vita al serpente, la forza del male che si porta dentro brucerà, l'energia portata rivelerà l'eterno. Così è in vita, "è un fanciullo con la madre".

Michea 7,15 - Dalle Pleiadi è sceso, viene così dai viventi l'Unigenito da ambasciatore, giù all'angustia è in vita. L'Unico nel corpo di un primogenito il Figlio meraviglioso ha recato alla fine.

Michea 7,16 - Si è col corpo l'Unigenito portato dai popoli. S'è dai viventi recato ad abitare. La piaga del serpente camminerà nella fossa. Per finirgli la vita è col fuoco, è ai viventi a recare la forza per aiutare ad illanguidirlo. Dall'Unico per colpirlo inviato è al mondo in un uomo; in un carpentiere ha inviato l'energia.

Michea 7,17 - È al serpente un amo a recare in vista della bocca, con un corpo retto, l'angelo la chiuderà, il fuoco della rettitudine lo colpirà di malattia. L'Unigenito col corpo giù è, dai corpi lo toserà dai viventi, vivo lo chiuderà, ne finirà l'esistenza, uscirà dalla vita la maledizione. Il Signore dal serpente esce, si è dagli angeli recato bello alla prigione dall'impuro, porta ad esistere nei corpi il desiderare ai viventi di vivere rettamente.

Michea 7,18 - Da vivente è l'Unigenito in cammino, in vita reca la rettitudine. Ha inviato la luce l'Unico a vedere, l'ha recata con gli angeli portandola dagli Ebrei. Dall'alto dal superbo in azione guizzato nella carne è alla fine, inviato per stringere il serpente, per finirlo. Ed il 'no' esce alla prigione, questi è stato versato dall'eternità, l'Unico il Verbo gli reca così ad esistere puro giù, a chiudere nei ceppi la perversità inizierà.

Michea 7,19 - È stata la luce recata in una casa. Si è col corpo chiuso tra i viventi, l'energia ha recato dentro per bruciare il peccare, in dono l'ha recata per finire il delitto. È così a casa dei viventi per arrostirlo, reca tutta ad esistere in vita la rettitudine, del serpente il peccato finirà nei viventi.

Michea 7,20 - Per finire il drago l'Unigenito da uomo dal serpente è stato. Il fraudolento chiuderà in un buco, lo sbarrerà. Il negativo mangerà, dei viventi inizierà la resurrezione dei corpi con l'energia il settimo segno (giorno). Dal potente Padre alla fine saranno con gli angeli portati i viventi a vivere, saranno al vertice della vita.

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