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RITORNO AL SINAI
di Alessandro Conti Puorger

LA FUGA DAL SINAI
Tante e diverse sono state nel tempo le idee sul perché Dio, l'essere perfetto, avrebbe creato il mondo... per la propria gloria... per avere un luogo in basso ove abitare... per dilettarsi...
Ecco che per chi si rifà alle Sacre Scritture ebraico - cristiane è importante scrutare in esse per vedere se vi si trova traccia di una motivazione.
Proprio a tal fine la famosa prima parola della Torah nel libro del Genesi, "bereshit" , tradotta usualmente con "In principio", dai saggi d'Israele è stata letta in più modi.
Quelle sei prime lettere furono anche divise in "Barà" "creò" e "shit" "un fondamento", ossia la Pietra della Fondazione, "Even ha-Shetiyà", la prima pietra centro del creato a Sion nel Santo dei Santi su cui fu posta l'Arca.
L'interpretazione che va per la maggiore considerare quel "Principio" fosse la Sua Sapienza, infatti, cosa di più alto poteva conoscere l'uomo ispirato che scrisse la Genesi, cioè il Mosè della tradizione, della Sapienza di Dio?
Rispondono i maestri ebrei "con la Torah creò il mondo", ella era là come il progetto per l'architetto.
Dio "disse" e creò, quindi, creò con la Sapienza e con la Parola.
Il creato fu così opera della divinità unica e trinitaria.
Secondo il pensiero cristiano fu opera, infatti, della SS. Trinità, del Padre che genera l'Essere, del Figlio, il Verbo, la Parola che è la Torah che s'è fatta carne e tutto fu operato per amore, che è la Sapienza della vita, lo Spirito Santo.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica sintetizza poi che il mistero della creazione è proprio illuminato dal mistero di Cristo:

280 La creazione è il "fondamento" di "tutti i progetti salvifici di Dio", "l'inizio della storia della salvezza", che culmina in Cristo. Inversamente, il mistero di Cristo è la luce decisiva sul mistero della creazione: rivela il fine in vista del quale, "in principio, Dio creò il cielo e la terra": dalle origini, Dio pensava alla gloria della nuova creazione in Cristo.

Parte rappresentativa, ma sostanziale della Torah sono le Dieci Parole scritte sulle due Tavole della Legge, donate al popolo d'Israele, la cui fonte è l'Eterno, che si trovano in Esodo 20,2-17 e in un'altra forma in Deuteronomio 5,6-22.
Quelle due Tavole sono come le colonne per l'ingresso al Tempio con i suoi due comandamenti fondamentali.
Pur se quel patto d'alleanza fra Dio e l'umanità, accolto dagli antichi ebrei, pare rivestito anche di sapienza umana, perché vari analoghi comandi si possono rinvenire in legislazioni antiche dell'area geografica limitrofa, in quelle Tavole c'è vera sapienza.
Chi crede in Dio creatore, amico dell'uomo ed ordinatore, sa che

"Ogni sapienza viene dal Signore ed è sempre con lui." (Siracide 1,1)

Qual è quindi il problema se barlumi di sapienza sono stati dispensati in più tempi ed in diversi modi anche prima della rivelazione completa del Sinai con cui avvenne il "matàn Torah" o dono della Torah tutta intera?
Un "midrash" al riguardo sostiene che la parola di Dio fu proclamata nel deserto, in zona neutra, perché fosse retaggio di tutti gli uomini, onde nessuna nazione, popolo o gente possa mai sostenere d'averla lei sola creata o comunque d'averne l'esclusivo possesso.
Tutte le parole che là IHWH nel libro dell'Esodo pronuncia, tuttavia, non si limitano al Decalogo, ma proseguono per undici capitoli, da Esodo 20,18 fino a Esodo 31,17.
Poi Dio terminò di parlare e consegnò a Mosè le Tavole della Testimonianza, "luhòt ha-edùt", "tavole di pietra scritte con il dito di Dio". (Esodo 31,18)
Il testo prosegue con l'episodio del vitello d'oro e con Mosè che spezza le tavole, quindi con la preghiera al Signore, che parla con Dio come si parla con un amico, ma tenendogli testa, chiese di perdonare il peccato del popolo, indi nascosto nella cavità di una rupe vide passare la gloria di Dio (Esodo 33,22) che consentì di tagliare due nuove tavole come le prime, fa Mosè risalire sul monte (Esodo 34,4) e dopo quaranta giorni ridiscende con le nuove tavole in mano ed il volto raggiante (Esodo 34,29).

In passato di tali Tavole, dette "le Dieci Parole" o "i Dieci Comandamenti", mi sono interessato in modo specifico nei seguenti articoli, ma nonostante l'impegno lo fu pur sempre in modo marginale, per la vastità infinita della fonte:
Il mio approccio a tale tema, peraltro, come si può constatare è particolare, perché s'avvale anche di uno strumento di lettura inusuale del testo ebraico che è quello della decriptazione atto ad indagare in profondità il testo fino ad estrarre pagine di un messaggio di secondo livello.
Al riguardo, questi altri miei articoli parlano e propongono il perché e il come del metodo da me "ritrovato" per procedere a tale operazione:
Una tradizione antica degli ebrei sostiene che la Torah fu scritta senza alcuna parola compiuta e senza segni per le vocali, inseriti tardivamente e comunque nell'evo moderno.
Il testo primitivo, chiamato "Torah haShem" o Torah di Dio, era una serie ininterrotta di 304.805 lettere consonanti, appartenenti alle 22 dell'alfabeto ebraico, tutte egualmente distanziate.
Da questa fonte s'ottenne la Torah detta di Mosè ove fu compiuta una circoncisione di più lettere adiacenti atta a formare gruppi identificati come parole, il che si ottenne aumentando certi spazi e cambiando la forma di alcune lettere a fine parola, conseguendo, così, una suddivisione del primitivo testo in parole di senso compiuto in ebraico.
Un modo, peraltro, di dire "parola" in ebraico è "milah" che deriva, appunto, dal radicale "mul" di "tagliare o circoncidere" e significa "tagliata o circoncisa".
Ne consegue che si potrebbe:
  • circoncidere il testo in altro modo;
  • per l'originaria assenza di vocali si può dare anche più significati alle parole già circoncise;
  • ogni lettera potrebbe essere trattata come un'icona ed avere anche da sola un significato intrinseco a priori.
Ecco che queste sono tutte regole da me adottate nel mio metodo ritrovato e ne costituiscono il nocciolo duro per una "lettura come esplosione", metodo che la letteratura talmudica ha cercato in passato d'attuare.
Secondo il Talmud, in particolare da parte di Rabbi Yosef Rozin, fu osservato l'esistenza nella prassi dell'esegesi dei testi della Tenak o Bibbia ebraica di una limitazione che chiama una "fuga dal Sinai", proprio perché "non hanno voluto apprendere le lettere della Torah come entità separate, ma hanno preferito leggere e studiare parole intere" e consiglia di distinguere la lettura delle parole dalla lettura delle lettere per sondare in modo più esteso ed approfondito il testo il cui messaggio ha sfaccettature inattese.
Ciò è quanto di fatto ottengo, ma con la regola fondamentale che i significati nuovi che si conseguono non sono arbitrari soltanto se riguardano il soggetto nascosto dell'intera Tenak, ossia il Messia e le sue vicende, quindi, la storia di salvezza che per i cristiani è poi convalidata nei Vangeli.
Rabbi Nachaman di Breslav, pronipote di Baal Shem Tov fondatore del Chassidismo, ha scritto: "Anche un uomo semplice... se osserva le lettere della Torah potrà vedere nuove cose e nuovi significati; ossia osservando intensamente le lettere queste cominceranno a far luce, a mischiarsi e combinarsi e potrà vedere nuove combinazioni di lettere, nuove parole..."
Quella situazione tratteggiata Rabbi Nachaman per me fu una verità, perché mi trovai sbalzato in questa enorme ed affascinante ricerca, che non sarà mai del tutto esaustiva, attratto all'improvviso e impulsivamente dalla forma affascinante di quelle 22 lettere dell'alfabeto ebraico, viste e notate in un Seder di Pesach, segni che mi parvero veramente espressivi.
Fu per me destare un "déjà vu".

DESTARE LA MEMORIA
C'è poco da fare... ineluttabile conseguenza dell'esistenza di Dio è che:
  • "Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato." (Geremia 1,5)
  • "Sei TU che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre. Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio; sono stupende le tue opere, tu mi conosci fino in fondo. Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, intessuto nelle profondità della terra. Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi e tutto era scritto nel tuo libro; i miei giorni erano fissati, quando ancora non ne esisteva uno." (Salmo 139,13-16)
Questo Salmo 139 è stato poi da me decriptato e lo propongo nel prossimo paragrafo.

Scrivevo quanto in appresso in "Il "tempo" pedagogia di Dio, palestra d'eternità in attesa del Messia".
Tutto il tempo dalla creazione del mondo ad ora rispetto all'eternità è come un punto su una retta, così che quanto avviene nel tempo si può considerare contemporaneo, infatti: "Una cosa però non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo" (2Pietro 3,8) come dice il Salmo 90,4 "Ai tuoi occhi, mille anni sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte."
Il filosofo cattolico Antonio Rosmini (1797-1855) ebbe a dire: "Nulla si può dire che è, se non si possiede preventivamente l'idea dell'essere o dell'esistenza in generale. E poiché l'idea dell'essere precede non solo le sensazioni, ma tutte le altre idee, l'idea dell'essere non può essere frutto di un'operazione dello spirito umano... ma se non può essere un'operazione dello spirito umano, bisogna che l'idea dell'essere sia innata e posta nell'uomo direttamente da Dio... In generale parlando, l'origine delle idee viene da Dio, il quale le fa risplendere alla mente umana; ne possono venire dall'uomo o dalle cose esteriori, perché gli esseri finiti non hanno quei caratteri sublimi, e nessuno da quel che non ha." (Breve schizzo dei sistemi di filosofia moderna e del proprio sistema)
Per il Rosmini l'idea dell'eternità in noi non viene da un'estrapolazione visto che ritiene che in noi vi sia una scintilla divina che ci da l'dea del nostro essere.
Un midrash ebraico propone che si trascorre 9 mesi nel seno materno come con una candela accesa in testa; è l'arcangelo Gabriele che insegna tutta la Torah, orale e scritta, e quando si è pronti si esce alla luce del mondo.
Un istante prima della nascita l'angelo spegne con un soffio la fiammella e il bambino dimentica tutto; tutta la sua vita dovrà essere dedicata allo studio della Torah, a cercare di ricordarsi quello che aveva già imparato.
Il neonato alla nascita piange perché... perché non sa più, ha dimenticato tutto, e per tutta la vita cercherà di ricollegarsi al sapere perduto.
Questa idea è simile a quella della reminiscenza dell'anima di Platone.
Per gli ebrei, come per gli antichi greci, la vera sapienza è "recuperata" e sapienza, filosofia ed esperienza esistenziale sono un unicum"...
...infatti: "Bene e male, vita e morte, povertà e ricchezza, tutto proviene dal Signore. Sapienza, senno e conoscenza della legge vengono dal Signore; carità e rettitudine sono dono del Signore." (Siracide 11,14s)

Quel midrash di Rabbi Shimmai è il seguente:
"A cosa somiglia un embrione nel ventre della madre? A un documento arrotolato. Ha le mani sulle tempie, i gomiti tra le gambe e i talloni sulle natiche. La testa riposa tra le ginocchia, la bocca è chiusa e l'ombellico è aperto. Mangia ciò che mangia la madre, beve ciò che ella beve. Non produce escrementi, altrimenti l'ucciderebbe. Appena nasce gli organi che erano chiusi si aprono e ciò che era aperto si chiude. Se questo non avviene, il bambino non vivrebbe nemmeno per un istante. Un lume arde sopra la testa ed egli contempla il mondo da una estremità all'altra, poiché è detto: 'Potessi tornare com'ero ai mesi andati, ai giorni in cui Dio vegliava su di me, quando brillava la sua lucerna sopra il mio capo e alla sua luce camminavo in mezzo alle tenebre' (Giobbe 29,2.3)... Qual è in effetti il periodo che si conta in mesi e non in anni? La gravidanza, appunto! L'intera Torah viene insegnata all'embrione perché è detto: 'Egli mi istruiva e mi diceva: Il tuo cuore ritenga le mie parole; custodisci i miei precetti e vivrai.' (Proverbi 4,4) e anche: '...nei giorni del mio rigoglio, quando Dio proteggeva la mia tenda' (Giobbe 29,4) Qual è l'utilità di queste citazioni? Potresti pensare che si tratta unicamente del profeta? Allora ascolta: 'Quando Dio proteggeva' significa appena il bambino viene al mondo, un angelo si avvicina e gli dà una pacca sulla bocca che gli fa dimenticare tutta la Torah..."
L'angelo custode però se la ricorda, perché interamente istruito direttamente dal Signore e siede accanto a ciascuno per suggerire l'interpretazione volta per volta al momento che occorre!

San Paolo nelle sue lettere è convinto che ci sia un disegno di Dio sugli uomini:
  • Efesini 1,3-6 - "Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, 6secondo il beneplacito della sua volontà."
  • Romani 8,29s - "Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinati li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati."
La Predestinazione nel pensiero cattolico è la decisione presa per amore da Dio dall'eternità di una via di salvezza nella storia, onde tutti gli uomini, se lo vogliono, credendo in Dio ed amando, possano entrare nella gloria di figli, il che intendesi salvezza.
Il cammino di salvezza poi altro non è se non la mediazione salvifica di Gesù Cristo, diretta o tramite la Chiesa.
Dio stabilì questo suo disegno eterno includendo però la risposta libera di ogni uomo alla sua grazia.
La predestinazione è un termine che, in effetti, non compare nei libri del Nuovo Testamento, ma vi si parla, appunto, di disegno, proposito, elezione.
È lì però usato il verbo "predestinare", sia nel libro degli Atti degli Apostoli (Atti 4,28) che nelle lettere di San Paolo (Romani 8,29.30; 1Corinzi 2,7; Efesini 1,5.11).

Tornando alla Torah ed in particolare alle Dieci Parole, pare proprio che le stesse siano una dote pronta per l'uomo già da prima dei tempi e che l'amare Dio e il prossimo, loro sintesi essenziale, sia suscitabile rispetto all'istinto animale, perché ciascuno, in definitiva, è predisposto per essere pronto a riceverlo essendo essenziale per il felice esito della propria vita.
Pare trovarsi una conferma nel Deuteronomio quando è detto per conto di Dio: "Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire e lo possiamo eseguire? Non è di là dal mare, perché tu dica: Chi attraverserà per noi il mare per prendercelo e farcelo udire e lo possiamo eseguire? Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica." (Deuteronomio 30,11-14)
Tali parole dette da Mosè prima dell'episodio della sua morte sono come un lascito, un testamento spirituale e si possono interpretare almeno in due modi.
La Torah è per gli uomini e degli uomini, vicino alla loro bocca, perché sia trasmessa alle generazioni da padre a figlio, e al loro cuore per essere studiata con amore e assiduità.
Cuore in ebraico "leb" non è solo l'organo cardiaco, ma la mente, l'intelletto, l'organo pensante intimo dell'uomo.
L'altro modo, è quello del "déjà vu" e ci riporta a quel "midrash" del bambino che apprende la Torah già nell'utero, alla nascita la dimentica e compito principale è il suo studio per riportarla alla mente, quindi nel cuore e sulla bocca; infatti, posso leggere cuore "leb" come "il Potente vi abita "... ma attenzione... perché dopo il peccato di Adamo ed Eva è accaduto che... "il serpente vi abita ".
Accade così che lo studio della Torah, soprattutto il metterne in pratica i due comandamenti essenziali, compito di tutta una vita, è un ritorno, una "teshuva", perché è un riscoprire quanto già conosciuto nel proprio intimo più segreto, quindi non estraneo e non lontano da ciascun individuo, che può riemergere con l'aiuto di Dio cancellando l'opera del serpente giustappostasi.
È così da avvicinarsi a questa con continuità, umilmente e desiderosi di seguirla, quindi, ecco il "Ricorda il giorno di Sabato per santificarlo" (Esodo 20,8) giorno da dedicare particolarmente al ritorno.
Quel ricorda non è un imperativo, ma una forma grammaticale ebraica che implica una continuità dell'azione, vale a dire "Permani nel ricordo dello Shabbat", quindi, un imperativo del futuro e del mondo futuro, prepararsi cioè all'incontro col Messia.

SALMO 139 - DECRIPTAZIONE
Propongo la dimostrazione della decriptazione del versetto 16 del Salmo 139, poi presento il testo della traduzione C.E.I., quindi, tutto di seguito, il risultato della decriptazione dell'intero Salmo che pur se succinta, per la brevità del testo di soli 24 versetti, propone appunto la vittoria del Messia.
È il 139 un Salmo famoso che si recita nelle lodi mattutine, sinteticamente ricordato come "Signore tu mi scruti e mi conosci".
Tu mi scruti è e "Scrutare" è parola usata da Gesù che il Vangelo di Giovanni riporta in greco quando dice di dar credito a Mosè, però Gesù spesso lo contraddice, alcune volte stravolge i suoi insegnamenti, ma nel contempo asserisce che non cambia quanto Mosè ha scritto ed incita con lo "scrutate le Scritture... sono proprio esse che mi rendono testimonianza" (Giovanni 5,39)
Rispettivamente il testo greco e latino di quel Vangelo indica per "scrutare" "eranuate" e "scrutamini" l'azione per cercare nelle sacre Scritture ebraiche l'indicazione sulle Sue vicende e le prove che Lui rispetta ogni iota, perché infatti di singola lettera parla, o segno ('ajot) della Legge.
Sembra perciò che tale scrutare sia un'esperienza che supera la semplice lettura, ma è un'attività che deve tendere alla ricerca di un secretum che non appare al leggere normale.
Il radicale ebraico del verbo scrutare e è espressivo proprio usando le lettere come icone, perché ci dice "nel nascosto piegare/riversare la testa sui segni ".
L'attività specifica del decriptare è così disegnata come in un espressivo geroglifico e pare proprio di vedere uno a cercare con la testa piegata sullo scritto pronto a valutare ogni segno delle lettere, ogni iota.

La prima parola poi del versetto 16 del Salmo 139 evoca la fantasia del Golem , quel pupazzo di terra su cui si dice che i qabbalisti invocavano il Nome e combinazioni di lettere tratte dal "Sefer Yetzirah" per avere uno zombie senza anima che potesse servirli specialmente nello "shabbat" per i lavori che in quel giorno il ligio ebreo non può compiere.
Pare che il Golem di Praga avesse proprio come motivazione il desiderio di chi lo formò di poter disporre di uno "shabbos goi" per gli usi della comunità, così vengono chiamati gli stranieri assunti per tali compiti.

Salmo 139,16 - Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi; erano tutti scritti nel tuo libro i giorni che furono fissati quando ancora non n'esisteva uno.




Salmo 139,16 - A rivelarsi () ai viventi sarà col corpo quel primogenito . Si porteranno alla sorgente da cui ci fu la rettitudine e s'innalzeranno () nel foro del Verbo In quel corpo retto tutti i viventi staranno così . Da arca () porterà dai giorni i viventi ad essere sollevati con i corpi e li condurrà dal Potente uniti ; nell'Uno dentro entreranno a vivere .

Ecco il testo della traduzione in italiano della C.E.I. del Salmo 139:

Salmo 139,1 - Al maestro del coro. Di Davide. Salmo. Signore, tu mi scruti e mi conosci,

Salmo 139,2 - tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo, intendi da lontano i miei pensieri,

Salmo 139,3 - osservi il mio cammino e il mio riposo, ti sono note tutte le mie vie.

Salmo 139,4 - La mia parola non è ancora sulla lingua ed ecco, Signore, già la conosci tutta.

Salmo 139,5 - Alle spalle e di fronte mi circondi e poni su di me la tua mano.

Salmo 139,6 - Meravigliosa per me la tua conoscenza, troppo alta, per me inaccessibile.

Salmo 139,7 - Dove andare lontano dal tuo spirito? Dove fuggire dalla tua presenza?

Salmo 139,8 - Se salgo in cielo, là tu sei; se scendo negli inferi, eccoti.

Salmo 139,9 - Se prendo le ali dell'aurora per abitare all'estremità del mare,

Salmo 139,10 - anche là mi guida la tua mano e mi afferra la tua destra.

Salmo 139,11 - Se dico: Almeno le tenebre mi avvolgano e la luce intorno a me sia notte,

Salmo 139,12 - nemmeno le tenebre per te sono tenebre e la notte è luminosa come il giorno; per te le tenebre sono come luce.

Salmo 139,13 - Sei tu che hai formato i miei reni e mi hai tessuto nel grembo di mia madre.

Salmo 139,14 - Io ti rendo grazie: hai fatto di me una meraviglia stupenda; meravigliose sono le tue opere, le riconosce pienamente l'anima mia.

Salmo 139,15 - Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, ricamato nelle profondità della terra.

Salmo 139,16 - Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi; erano tutti scritti nel tuo libro i giorni che furono fissati quando ancora non ne esisteva uno.

Salmo 139,17 - Quanto profondi per me i tuoi pensieri, quanto grande il loro numero, o Dio!

Salmo 139,18 - Se volessi contarli, sono più della sabbia. Mi risveglio e sono ancora con te.

Salmo 139,19 - Se tu, Dio, uccidessi i malvagi! Allontanatevi da me, uomini sanguinari!

Salmo 139,20 - Essi parlano contro di te con inganno, contro di te si alzano invano.

Salmo 139,21 - Quanto odio, Signore, quelli che ti odiano! Quanto detesto quelli che si oppongono a te!

Salmo 139,22 - Li odio con odio implacabile, li considero miei nemici.

Salmo 139,23 - Scrutami, o Dio, e conosci il mio cuore, provami e conosci i miei pensieri;

Salmo 139,24 - vedi se percorro una via di dolore e guidami per una via di eternità.

Riporto la decriptazione tutta intera.

Salmo 139,1 - Perché l'angelo (ribelle) scese con la malattia dell'essere impuro nel sangue colpendo i viventi, si portò nel corpo il Signore. Nella prigione per andare allo scontro col drago fu a portarsi; alla fine, aiuterà agendo.

Salmo 139,2 - Venne ad essere d'aiuto nel sabato (della creazione). Fu a recare il rialzarsi dell'esistenza dentro dell'energia in tutti per l'uscita del serpente cattivo che s'era nei viventi nei corpi racchiuso. Si portò per rovesciarlo.

Salmo 139,3 - In un primogenito nel corpo visse e nella grande rovina fu. Dell'estraneo sarà la fine a recare e la rettitudine rinascerà nei corpi così sarà a rientrare la pienezza con la retta energia in tutti del mondo.

Salmo 139,4 - La rettitudine sarà ad annullare nei viventi il serpente entrato. Dentro a bruciare porterà l'angelo che c'è con la perversità. Ci risarà con l'aiuto dell'azione la perfezione.

Salmo 139,5 - Per i fratelli si portò per spargere il sangue. Giù dai corpi il drago sarà a recare alla fine col fuoco. Lo finirà l'Altissimo; la rettitudine del Verbo lo spengerà.

Salmo 139,6 - Il meraviglioso splendore nel tempo dei viventi visse. Del Figlio la luce camminò dentro al mondo. Il Potente con l'Unigenito desiderò rendere perfetto il mondò.

Salmo 139,7 - Incontrerà Dio con la rettitudine l'essere ribelle e un amo gli porterà. Inizierà l'angelo (ribelle) ad uscire dai viventi. In persona sarà ad affliggerlo per farlo fuggire. (Questo amo è un uomo da condannare pur se giusto che risorgerà vincendo la morte. Vedi: "Il midrash della pesca gloriosa")

Salmo 139,8 - L'Unico, la madre, di un primogenito riempì. Si versò dai cieli, alla luce dalla madre venne Lui. Giù fu alla vista nel mondo. Ad accendere un corpo entrò l'energia della rettitudine.

Salmo 139,9 - In una donna nel primogenito così inviò il Verbo. Fu la Luce a chiudersi in un corpo. Da una donna retta un angelo uscì. Dentro il primogenito in una grotta fu dalla prescelta a stare in vita.

Salmo 139,10 - Nel cammino salverà i viventi col forte aiuto della rettitudine che a tutti invierà. La grazia sarà a recare a tutti dell'Unico. Dal petto ad inviarla sarà nei giorni (quando sarà) ucciso.

Salmo 139,11 - Recherà quel primogenito la vita nei corpi delle origini con la rettitudine che dalle tombe risorgerà. Retti saranno simili al Verbo. Dell'angelo (ribelle) sarà a portarli di notte alla luce. A casa con l'Eterno tra gli angeli staranno.

Salmo 139,12 - Scapperanno i viventi dalle tombe per la risurrezione. Dalla prigione ove erano costretti risorgeranno come erano ad anelare. Vivo arderà il serpente. Sarà il serpente ad uscire per la rettitudine che sarà riportata ai viventi. Saranno con gli originari corpi vigorosi per il dono della rettitudine rientrata; retti nella luce usciranno.

Salmo 139,13 - Retti essendo, verranno riversati tra gli angeli. Essendo finito il maligno tutti saranno alla fine nella pienezza per la rettitudine angelica che sarà ad abitarli. Nel grembo dell'Unico i viventi staranno.

Salmo 139,14 - L'Unico portando in aiuto la rettitudine in azione nel cammino bruciature all'angelo recherà. Si vedrà portato alla fine, ad abortire sarà. Finito sarà nei viventi. Inviatogli dal Verbo il rifiuto nelle acque bollenti si vedrà bruciare, sarà ad ardere l'angelo superbo. Saranno dell'Essere alla conoscenza, integri sulla nube.

Salmo 139,15 - Rifiutato l'angelo, il vigore in aiuto dall'albero della vita ci risarà. Dai viventi la piaga bruciante del male bruciata sarà stata. Da tutti ove era dentro nascosto i corpi lo rovesceranno. I morti che erano dentro i sotterranei saranno riportati tutti in terra.

Salmo 139,16 - A rivelarsi ai viventi sarà col corpo quel primogenito. Si porteranno alla sorgente da cui ci fu la rettitudine e s'innalzeranno nel foro del Verbo. In quel corpo retto tutti i viventi staranno così. Da arca porterà dai giorni i viventi ad essere sollevati con i corpi e li condurrà dal Potente uniti; nell'Uno dentro entreranno a vivere.

Salmo 139,17 - Condotti al Potente saranno i viventi. Entreranno col diletto che li condurrà da pastore. Essendo retti Dio ai viventi riaprirà l'albero della vita e vedranno che dal Risorto è uscita la vita. (L'albero della vita è Cristo risorto)

Salmo 139,18 - Uniti nella pienezza col Verbo con i corpi vivranno. Nelle midolla si riporterà la potenza e le moltitudini saranno portate tra gli angeli ad entrare. Al risveglio saremo ancora con te.

Salmo 139,19 - Nell'Unico gli uomini si verseranno nel cuore. Nel Potente Dio si porteranno. Vi entreranno con i corpi i risorti. Vedranno portarsi ad incontrarli il Risorto che fu ad aiutare i viventi. Nei cerchi li condurrà in alto con gli angeli a stare.

Salmo 139,20 - In beati cambiati porterà tutti i viventi. Vivo entrerà l'angelo (ribelle) nel fuoco portato da Dio. La distruzione del nemico sarà così!

Salmo 139,21 - Dal mondo accompagnerà l'Unigenito i viventi da moglie bella essendo retta. Il Signore la donna bella condurrà a casa. Col Crocifisso in alto vivrà. Sarà così a venire lo sperato cuore a cuore.

Salmo 139,22 - Nella perfezione saranno tutti rinnovati dall'Unico. Entrerà del Risorto l'energia che viene dall'Essere (supremo). La pienezza sarà dentro a ristare nei viventi che dal mondo saranno portati dal Potente per l'esistenza.

Salmo 139,23 - Nell'assemblea piegati/seduti canti saranno a Dio portati. La conoscenza nei cuori dentro sarà ad abitare. La grazia inviata sarà a riportare la conoscenza. L'illuminazione delle menti sentiranno che dal Verbo è.

Salmo 139,24 - Portò nel corpo l'Unigenito nel mondo l'Unico a vivere. Strada si vedrà per salire a casa. Dentro la colomba della grazia ha inviato. V'è dentro la Via per l'eternità.

IL CREDO D'ISRAELE SI FA CARNE IN MARIA
(Vedi: "Padre Nostro chiave di volta contro la pena di morte", in particolare il paragrafo "Ascolta Israele")
Il credo d'Israele, vale a dire l'affermazione del monoteismo ed il chiedere all'uomo di amare Dio "con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze", com'è noto, è il contenuto della preghiera detta dello Shemà , che prende il nome dalla parola ebraica iniziale del comando "Ascolta , Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore", con cui s'apre Deuteronomio 6,4 e seguenti.
Tre sono i passi o le "pericopi" della Torah che costituiscono l'insieme di quella preghiera ebraica:
  • Deuteronomio 6,4-9;
  • Deuteronomio 11,13-21;
  • Numeri 15, 37-41.
Ciascuno di quei brani però, decriptati ed assemblati, come provato col richiamato articolo, forniscono tutti di seguito un'esauriente storia del Messia da cui s'evince che in definitiva quel "credo" poggia proprio sulla fede nel Cristo.

È evidente, perciò, che nel rapporto con Dio per Israele il verbo "ascoltare" è fondamentale come d'altronde lo è per i cristiani.
Oltre l'importanza che ha l'ascoltarsi reciproco che costituisce la base della comunicazione in ogni rapporto, si può capire di più guardando alle lettere ebraiche che con la loro grafica espressività aiutano a "scrutare" a fondo quanto viene proposto dal termine "Shemà" .
Questa parola ebraica "Shemà" , oltre che come "ascolta", si può leggere in tanti altri modi, guardandola come formate da tre lettere separate + + , o, infine, a gruppi biconsonantici, interpretando i due disaccoppiamenti + e + .

Invito il lettore a guardare con attenzione ed a memorizzare le schede relative a queste tre lettere cliccando nelle relative icone della colonna a destra delle pagine di questo Sito, da cui sinteticamente si ha:
  • = illuminazione, luce, fuoco, accendere;
  • = vita, vivente, madre, acqua;
  • = vedere, udire, sentire, ascoltare, agire.
(L'icona infatti ammette una rosa di significati che ampliano i concetti delle parole.)

Ecco che si può sviluppare in vari gradi, a seconda del livello di cammino intellettuale e spirituale percorso dal singolo uomo:
  • "accendere nel vivente il vedere ", il vedere con gli occhi l'altro che parla, ma ancora non capirne una parola;
  • "accendere nel vivente l'udire ", comprendere con le orecchie le parole;
  • "accendere nel vivente il sentire ", che provoca un moto dei sentimenti;
  • "accendere nel vivente l'agire " è il passare ad applicare quanto udito.
Per quanto riguarda poi quelle due biconsonanti e , queste da sole significano:
  • con = è vale a dire il "Nome";
  • () è "seno".
Accade così che è importante comprendere quando chi ci parla è Dio, perché lo fa nella storia e nell'intimo di ogni uomo, ma occorre essere preparati ed attenti.
Dio nell'ebraismo sinteticamente è detto "Ha-Shem", ( articolo e = ), cioè il Lui che sta nei cieli "shemaim" , il Nome che sta sulle acque o sul mare , il Nome che è vivente .
Passando a si può leggere allora che "Il Nome si vede ... si ode ... si sente si ascolta ".
Il massimo bene che può venirne all'uomo, però è: "per il Nome agire ".
Resta ora da esaminare la lettura delle lettere di "Shemà" quando si coinvolge la biconsonante di "seno".
Si ottiene: "accendere il seno ()".

Di fatto un fatto del genere "d'accendere il seno" è accaduto a Maria di Nazaret che "ascoltò" quanto diceva l'angelo da parte di Dio.
Il concepimento, infatti, non avvenne attraverso l'utero, bensì attraverso l'orecchio, come indirettamente ci propone il Vangelo di Luca 1,26-38 con l'episodio dell'Annunciazione.
Secondo Sant'Efraim (306-373) il Siro la prima donna, Eva, concepì un'umanità malata avendo ascoltato il serpente, ma attraverso l'orecchio di Maria all'umanità è tornata la vita con l'Unigenito figlio di Dio: "La morte è entrata per l'orecchio di Eva, la vita è entrata per l'orecchio di Maria".
La Vergine, attraverso l'orecchio, concepì per opera dello Spirito Santo e Sant'Agostino (350-430) scrive che Maria concepì "prius mente quam ventre".

Maria "ascolta" e accoglie lo Spirito Santo che le entra nell'orecchio

Maria "ascolta" e accoglie lo Spirito Santo che le entra nell'orecchio


(Sul portale nord della MarenKapelle di Wurzburg -1400 a.C.- è rappresentato Dio Padre che insuffla lo Spirito Santo nell'orecchio di Maria e la feconda mentre in terra c'è la contemporanea Annunciazione.)

Il soffio prima si posò sull'orecchio, Maria ascoltò, acconsentì, accolse e il Verbo si fece carne; vale a dire la maternità della vergine Maria, sta prima nell'orecchio che in seno.
Nel cristianesimo, quindi, lo "Shemà" è integrale, la Parola si fa carne tramite lo Spirito Santo.
L'accadimento di questo mistero è auspicato per ciascun fedele e, come in Maria, madre d'ogni cristiano, ciascuno è chiamato a far sì che in sé la Parola si faccia carne.
I figli così sarebbero simili alla madre.
L'interiorizzazione dell'ascolto della Parola, in Maria fu integrale, nacque il Verbo di Dio.
Maria, madre e icona escatologica della Chiesa, continua a generare figli, fratelli di Gesù Cristo, attraverso l'ascolto della predicazione del Kerigma.
San Paolo, infatti, conclude: "La fede dipende dunque dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo". (Romani 10,17)
Ricordo infine le seguente frasi di Gesù, attinenti al tema dell'ascolto:
  • "Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica". (Luca 8,21)
  • "...una donna alzò la voce di mezzo alla folla e disse: Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte! Ma egli disse: Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!". (Luca 11,27s)
  • "...chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre". (Matteo 12,50)
In definitiva la Chiesa è madre e sposa di Cristo, come pure lo è ogni cristiano autentico.

DIO CERCA MOGLIE
Quel mio modo continuo di investigare le lettere delle parole ebraiche e quella indiretta domanda iniziale del perché il creato m'hanno portato a guardare ancora una volta quella prima frase del Genesi che inizia con le sei lettere che sono lette come "bereshit" e ciò alla luce del suggerimento che viene dalla decriptazione del Salmo 139,21, quando dice "Dal mondo accompagnerà l'Unigenito i viventi da moglie bella essendo retta. Il Signore la donna bella condurrà a casa. Col Crocifisso in alto vivrà. Sarà così a venire lo sperato cuore a cuore."
Se si tiene conto che allo spazio aperto tra due lettere si può all'occorrenza ritenervi scritta una lettera che indica, appunto, spazio aperto si ha che:
  • le prime due di "bereshit" sono anche il radicale di "scegliere" ();
  • le altre due contigue si possono leggere come "moglie" ().
Ecco che viene fuori l'idea, invero diffusa poi in tutta la Bibbia che:
"Per scegliere () una moglie () fu alla fine "... Dio a creare il cielo e la terra.
Guardando con attenzione tra le parole della Genesi al termine del primo racconto della creazione pare proprio scorgervi che Dio intendesse sposare; l'umanità, infatti, il 6° giorno della creazione in Genesi 2,1-2 si trova: "Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando."
Il radicale da cui viene il portare a compimento, ripetuto in quei versetti a mo' d'avviso (la seconda volta poteva essere evitato), serve ad attirare l'attenzione del lettore.
Quel radicale può anche essere tradotto come "sposare", infatti sposa è "kallah" , quella che completa.
Dio perciò "sposò" in quel giorno ciò che aveva fatto e fece ciò con l'espressione massima del suo creato, la prima coppia umana, , ossia sposò la prima coppia.
Di fatto di tutte le creature visibili solo l'uomo è chiamato a condividere, nella conoscenza e nell'amore, la vita di Dio.
Santa Caterina da Siena in "Il dialogo della Divina Provvidenza, 13" si domanda e si risponde così: "Quale fu la ragione che tu ponessi l'uomo in tanta dignità? Certo l'amore inestimabile con il quale hai guardato in te medesimo la tua creatura e ti sei innamorato di lei; per amore infatti tu l'hai creata, per amore tu le hai dato un essere capace di gustare il tuo Bene eterno."

In "Lettere ebraiche segni celesti della Torah" tra l'altro ho riportato questa decriptazione di quei due versetti Genesi 2,1-2 che profetizzano la fine gloriosa dell'umanità sposa del Messia:

Genesi 2,1 - E sarà la sposa condotta dal mondo in cielo e fuori dalla terra la porterà con tutte le schiere a vivere.

Genesi 2,2 - E saranno tutti con Dio ad entrare a stare; gli vivranno dentro. Un giorno saranno ad uscire dalla prigionia. Dalle rovine saranno alla pienezza così alla fine condotti. L'Unigenito la risurrezione dei corpi con azione luminosa nel mondo porterà. Saranno un sabato da dentro ad essere portati i viventi fuori dalla schiavitù. A vedere saranno i viventi con tutti gli angeli il Crocifisso che si riporterà. Dell'Unico il Principe si vedrà risorto uscire.

Poi, proprio là, in Genesi 2 c'è, infatti, il racconto di un matrimonio vero e proprio quando il Signore presenta la donna all'uomo, e questi di fatto, così è un uomo nuovo, non essendo più quello di prima grazie all'uscita della donna dal suo fianco, figura profetica del Cristo, in quanto uomo figlio di Dio ancora senza peccato.
Questi in Genesi 2,23b la riconosce come pari a se stesso con l'espressione:

"La si chiamerà donna , perché dall'uomo è stata tolta."

I due e assieme sono immagine anche del roveto ardente di Mosè: fuochi in cui c'è "Iah" , ossia IHWH. (Vedi: "Lo sposo della coppia nel matrimonio, roveto ardente")
Il settimo giorno della creazione, quindi, appunto, come abbiamo dedotto da Genesi 2,1-2 è il giorno tuttora in corso, quello del matrimonio del e col Signore.
Tra le 10 parole, infatti, ha importante rilevanza il "Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te." (Esodo 20,8)
Se s'unisce il pensiero del matrimonio col Signore col comandamento del sabato questo assume la dimensione del pensare al proprio futuro, al compimento, al nostro essere sposa nel matrimonio col Signore.
Il sabato è così la festa del rinnovamento del matrimonio del Signore con la sposa detta "regina del sabato", cioè con il creato, con l'umanità, col singolo uomo o donna.
Non a caso in quel giorno nell'ebraismo è come se si rinnovassero le promesse matrimoniali e si banchetta in famiglia col vino e con un pane speciale che si chiama appunto "Kallah" .
È il tempo in cui l'uomo rinnova la festa nuziale con la propria moglie che ritorna ad essere in quel giorno festoso la "sposa".
Il venerdì sera in sinagoga, infatti, viene intonato il canto "Lekah dodì":

"Vieni mio amato, incontro alla sposa,
accogliamo insieme il volto dello shabbat.
"

Nel cristianesimo ciò si fa alla fine del sabato, nella domenica, giorno del Signore in cui si rinnovano le promesse battesimali e nuziali con Lui col vino e il pane dell'altare su cui c'è memoria del mistero pasquale.

Accadde però che il matrimonio - alleanza - patto con la prima coppia non andò a buon fine e fu l'uomo a chiamare la donna Eva dopo il peccato.
Di fatto Dio ai due componenti di questa prima coppia non aveva dato nomi singoli.
Ormai il patto col Signore era stato turbato, non era stato dato ascolto a Dio, la coppia umana era stata adultera nei riguardi del Signore ed aveva dato ascolto ad un estraneo.
S'attendeva una riappacificazione.
Ecco che questa tensione è accolta da un'altra coppia, i cui nomi però questa volta sono riconosciuti dall'angelo del Signore.
Questa coppia è ricordata nei Vangeli, in Matteo e in Luca, con i nomi di Giuseppe e Maria, che consentiranno l'avvento del tempo della grazia di poter accedere al matrimonio col Signore tramite Gesù Cristo nato dall'ascolto di Maria e dal suo sì, nonché dal sì di Giuseppe che lo introdusse in modo ordinato come ebreo nel mondo.

Altri miei articoli con varie angolature del matrimonio col Signore sono:
ASCOLTARE OGGI È SPOSARSI
La Bibbia ci dice che Dio ebbe a sancire un primo patto con Abramo quando gli promise di divenire una grande nazione ed in particolare, capostipite degli ebrei tramite Isacco.
Ai discendenti di Giacobbe - Israele, erede delle promesse rinnovate ad Isacco, usciti miracolosamente dall'Egitto, Dio poi propose presso il monte Sinai (Esodo 20) un patto di religione, con una fede e dei precetti.
Tutto ciò iniziò in questo modo: "Mosè salì verso Dio, e il Signore lo chiamò dal monte, dicendo: Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all'Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatto venire fino a me. Ora, se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa." (Esodo 19,3-6)
Le Dieci Parole, "'aseret hadevarim" che nel cristianesimo sono dette "i Dieci Comandamenti o Decalogo", furono date a Mosè mentre il popolo percepiva i tuoni, i lampi, il suono del corno e il monte fumante, quindi il popolo vide, fu preso da tremore e si tenne lontano ed il patto non fu ancora sancito.
Evidentemente il popolo non era ancora pronto ad ascoltare!
Aveva visto ed udito, ma non aveva ancora interiorizzato!
Eppure quelle dieci parole, furono date: "Al terzo mese dall'uscita degli Israeliti dalla terra d'Egitto, nello stesso giorno, essi arrivarono al deserto del Sinai. Levate le tende da Refidìm, giunsero al deserto del Sinai, dove si accamparono; Israele si accampò davanti al monte." (Esodo 19,1s)

In effetti, nella traduzione in italiano manca una parola che nel testo ebraico c'è e tale parola è un "questo" a cui l'ebraismo annette grande importanza.
Viene al riguardo argomentato: "in questo stesso giorno", "bayòm hazèh", vale a dire proprio oggi, in questo giorno, mentre siamo qui a leggere, anche noi che leggiamo arriviamo al Sinai e riceviamo la "Torah".
Sottolinea tale pensiero il Talmud quando chiede: "Perché non si dice in quel giorno? Affinché si considerino le parole della Torah come se fossero date oggi e sembrino sempre nuove." (Midrash ian-kumà 7,13; Talmud Bera khot 63b Rashi)
Tale modo di considerare pare essere accolto dal Salmo 95,7s quando proclama: "Se ascoltaste oggi la sua voce! Non indurite il cuore...".
Lo stesso pensiero è anche richiamato in Ebrei 3,7s, ed è sottolineato al versetto 13: "Esortatevi piuttosto a vicenda ogni giorno, finché dura questo oggi, perché nessuno di voi s'indurisca sedotto dal peccato."
Accade così che Dio tramite il testo scritto interpella direttamente il lettore.
Permane, infatti, nel pensiero rabbinico che tutti gli Ebrei, in quanto tenuti a studiare e interiorizzare la Bibbia, assistettero all'evento del Sinai.
Il fatto poi che le 10 parole furono scritte sulle tavole di pietra "'oeben" implica il pensiero di una trasmissione padre - figlio , perciò anche le anime degli Ebrei che dovevano ancora nascere erano là presenti in questo stesso giorno.
Il Seder di Pesach così dice al riguardo: "Ognuno di noi ha il dovere di considerare se stesso come personalmente presente nel giorno della promulgazione della Torah."

Il libro dell'Esodo riferisce che: "Dio pronunciò tutte queste parole..." (Esodo 20,1), ma il testo ebraico è il seguente:



In effetti c'è quel "l'emòr" che non è tradotto, ed il risultato sarebbe:

"Dio pronunciò tutte queste parole, per dire l'emòr."

La parola "l'emòr", cioè "per dire", significa che il messaggio espresso, deve essere comunicato e passato ad altri, ma poiché per la tradizione l'intero Popolo Ebraico era presente, anche come generazione future, quel "l'emòr" starebbe a significare che Dio diede a ciascuno del popolo presente e futuro il potere di pronunciare parole di Torà come Egli le pronunciò, così che fossero messaggeri di Dio per un messaggio di riconciliazione, quindi profeti per il mondo.
Ciò di fatto s'è verificato da parte dell'ebreo Gesù di Nazaret e l'annuncio di Cristo è arrivato ai cristiani.
San Paolo al riguardo ebbe a dire: "Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. è stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio." (2Corinzi 5,18-20)
Altro significato che ha "l'emòr" è quello di gerundio, cioè "dicendo".
Nel versetto, come ho evidenziato in rosso, si possono notare anche le tre lettere che indicano "sposa".
C'è poi indicato in verde un che indipendentemente dalle vocali non originariamente indicate si può anche leggere come "il giuramento".
A questo punto quei comandamenti possono vedersi anche come il patto scritto da Dio stesso, la "Ketuvah" per la sposa, vale a dire per un matrimonio di Dio con l'umanità tutta intera, leggendo: "E fu per pronunciare Dio a venire dalla sposa le parole del giuramento, dicendo..."
Che il matrimonio è sacro ed eterno allo stesso modo dell'alleanza di Dio col suo popolo è chiaro in Geremia 2,2, Ezechiele 16,6-8 e Osea 2,19-20.
La Ketubah - del nostro patto è poi stata confermata con quello che è considerato il "Mosè al quadrato", vale a dire il "discorso della montagna" del Vangelo di Matteo (5-7), onde chi l'accoglie è "sposa di Cristo" che ama fino alla morte di croce e quindi costruisce la propria casa sulla roccia: "Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa (la propria famiglia) sulla roccia (che è Cristo)." (Matteo 7,24)
Questo ulteriore patto, peraltro è profetizzato dal profeta Geremia con tali parole: "...questo è il patto che farò con la casa d'Israele, dopo quei giorni, dice l'Eterno: io metterò la mia legge nell'intimo loro, la scriverò sul loro cuore, e io sarò loro Dio, ed essi saranno mio popolo. E non insegneranno più ciascuno il suo compagno e ciascuno il suo fratello, dicendo: Conoscete l'Eterno! Poiché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice l'Eterno. Poiché io perdonerò la loro iniquità, e non mi ricorderò più del loro peccato." (Geremia 31,33-34)

L'OPERA DELLE NOSTRE MANI
Prima della consegna della legge è ricordato dal testo volutamente da dove proveniva il popolo e precisamente: Levate le tende da Refidìm.
Refidim , essendo in ebraico il radicale di "essere debole, infiacchire" e "yadim" "le mani", può tradursi "mani fiacche", quindi il popolo aveva levato le tende da un "luogo dove ci si lascia cadere le braccia".
Cosa era accaduto?
Lì il popolo aveva, infatti, protestato.
Là pure si verificò il miracolo della roccia che battuta dal bastone di Mosè scaturì acqua.
Accadde poi che pure là subito dopo gli Amaleciti li attaccarono.
In quella occasione la battaglia risultava a favore d'Israele solo quando Mosè, seduto su un masso sulla cima di un colle, teneva sollevate le braccia in preghiera, aiutato in ciò da Aronne e da Cur.
In "Attorno al santuario vicino all'Oreb, la montagna di Dio" scrivevo più o meno quanto segue.
Rashì al riguardo di "in questo giorno", prendendo spunto dal Seder di Pesach commenta: "Ognuno di noi ha il dovere di considerare se stesso come personalmente presente nel giorno della promulgazione della Torah."
Il dire "In questo giorno" serve a far sentire tutti partecipi all'evento.
Il senso è che sei fai parte del popolo di Dio e sei un uomo libero, è perché devi arrivare "oggi" a ricevere nuovamente la Torah.
Tale discorso ci avvicina ad un luogo, a Massa e Meriba, a Meriba di Kades. Dice il Salmo: "Ascoltate oggi la sua voce: Non indurite il cuore, come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri: mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere. Per quaranta anni mi disgustai di quella generazione e dissi: Sono un popolo dal cuore traviato, non conoscono le mie vie; perciò ho giurato nel mio sdegno: Non entreranno nel luogo del mio riposo". (Salmo 95,8-11)
Il Midrash Mechiltà interpreta il nome "Refidim" come "Rafu Yedeem Min HaTorà" ossia in Refidim indebolirono le loro mani verso la Torah.
Secondo questa interpretazione la guerra contro Amalek e la sfiducia per mancanza d'acqua sono causati da un indebolimento di studio e osservanza della Torah detto "indebolimento delle mani", perché queste non compiono più le "mizvot", quando ciò che conta non è la pia intenzione, ma la loro attuazione.
Quello che conta nell'ebraismo, infatti, è l'azione e sono le mani che compiono le "mizvot"; è inutile proclamarsi favorevoli alla Torah a parole.
Questo è anche un pensiero cristiano: "Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità." (1Giovanni 3,18)
La guerra con Amalek è vinta, infatti, per un "rafforzamento" delle mani di Mosè che tiene, appunto, alte le mani con l'aiuto di due del popolo.
Il popolo allora lascia lo stato d'abbandono morale di Refidim e si pone nel deserto e "si accampò Israele di fronte al Monte "in grado così di ascoltare la Voce dell'Eterno che proclama la Legge.
Il popolo, infatti, a Mosè che proponeva le parole del Signore disse "Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!" (Esodo 19,8)

Ma ancora non basta!
Il popolo, infatti, non dice ancora che ascolterà.
Il solo "fare" può essere anche atto compiuto da mercenari.
L'ascoltare è condividere e, in libertà, fare ciò che s'è ascoltato implica di più, perché comporta un accoglimento, una comunione!
L'opera delle nostre mani è rafforzata dal Signore quando si opera il bene e con tale pensiero s'apre il concetto espresso nel Salmo 90 che per ben due volte mette in evidenza quell'opera: "Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio: rendi salda per noi l'opera delle nostre mani, l'opera delle nostre mani rendi salda." (Salmo 90,17)

LA PRIMA ALLEANZA E IL COMANDAMENTO DELL'AMORE
Il capitolo 24 del libro dell'Esodo ci dice della conclusione dell'alleanza.
Il Signore chiamò Mosé, voleva consegnargli le tavole: "...Sali verso il Signore tu e Aronne, Nadab e Abiu e insieme settanta anziani d'Israele; voi vi prostrerete da lontano, poi Mosè avanzerà solo verso il Signore, ma gli altri non si avvicineranno e il popolo non salirà con lui." (Esodo 24,1s)
Prima di salire sul monte Mosè predispose la cerimonia della conclusione dell'alleanza ed in particolare: "...prese il libro dell'alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto". (Esodo 24,7)
È da notare che eseguiremo addirittura prima di ascolteremo, come a dire abbiamo compreso i sentimenti di Dio per noi.
Faremo ciò che ci dice anche se non avessimo a capire il motivo subito, poi mediteremo ed anche capiremo.
In definitiva, ci fidiamo, perché siamo certi che il Signore ci ama.
I saggi insegnano (Talmud Shabbat 88a-b) che quando il Santo udì gli Israeliti proclamare "lo eseguiremo e vi presteremo ascolto" esclamò: "Chi ha rivelato ai miei figli questo segreto. Il segreto che usano per sé gli angeli che sono coraggiosi esecutori dei miei ordini, obbedienti alla voce della mia parola?" (Tehillim 103.20)
Ed ecco fu così solo allora che, appunto, Dio permise farsi vedere da persone prescelte tra il popolo: "Mosè salì con Aronne, Nadab, Abiu e i settanta anziani d'Israele. Essi videro il Dio d'Israele: sotto i suoi piedi vi era come un pavimento in lastre di zaffìro, limpido come il cielo. Contro i privilegiati degli Israeliti non stese la mano: essi videro Dio e poi mangiarono e bevvero." (Esodo 24,9-11)
E non morirono all'istante!
Solo più tardi Nadab e Abiu, figli di Aronne, furono puniti, perché offrirono un fuoco illegittimo (Levitico 10,1).
Dopo la cerimonia dell'Alleanza accettata dal popolo in piena libertà, Mosè proprio mentre sul Sinai riceveva le Tavole del Patto, ai piedi del monte il popolo stesso commette il tradimento del peccato del vitello d'oro (Esodo 32).
Quel terribile momento fu superato grazie al comportamento illuminato di Mosè che ruppe le prime Tavole, contrattò con la giustizia del Signore, ed ebbe la meglio grazie alla Sua misericordia.
Fu così che: "Il Signore disse a Mosè: Taglia due tavole di pietra come le prime. Io scriverò su queste tavole le parole che erano sulle tavole di prima, che hai spezzato." (Esodo 34,1)
Mosè allora ebbe l'ardire di chiedere la presenza continua del Signore tra il suo popolo; era giusto che lo sposo coabitasse con la sposa!
Mosè in quella occasione, infatti: "Disse: Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa' di noi la tua eredità." (Esodo 34,9)
Nell'articolo "L'Incarnazione sotto il "velo" di Mosè" ho tra l'altro decriptato l'intero capitolo Esodo 34.

Dopo aver rotto le prime Tavole, un "midrash" riferisce che tra l'altro Mosè avrebbe detto anche questo al Signore: "Ora Tu non puoi più considerare il popolo ebraico colpevole di tradimento poiché il matrimonio non è ancora avvenuto. Certo, i comandamenti Israele li aveva ascoltati ed accettati, ma a voce non si contraggono matrimoni. Ci vuole un contratto e questo non esiste più, io l'ho spezzato e gli ebrei non lo hanno potuto vedere. Del resto non potevo certo lasciare la traccia di questo scritto nelle Tue mani. Non ho potuto fare altro che strapparlo con forza e portartelo via. Ora, se devi punire qualcuno, bene, questo sono io e nessun altro."
È un'ulteriore conferma che la rivelazione del Sinai è un vero e proprio matrimonio dove lo Sposo è il Signore ed Israele è la sposa.
L'episodio del Vitello d'Oro, perciò è un adulterio sotto il baldacchino nuziale!
Il Talmud (Taanit 26 b e 30 b ) insegna che il giorno di Kippur, Mosè scese per la seconda volta dal monte con le nuove Tavole del Patto.
Era sceso la prima volta il 17 di Tamuz, giorno del peccato del vitello, ed aveva infranto le prime tavole; il giorno successivo, dopo aver distrutto il vitello, era risalito sul monte dove era rimasto ottanta giorni, quaranta per pregare il perdono di Dio e altri quaranta per ricevere le nuove tavole.
Il peccato del vitello d'oro ha reso comunque ai posteri un servizio in quanto ha resa palese e provata la forza della "Teshuvà" o "Pentimento" che ha spinto la misericordia e longanimità del Signore ad accettare di ridare le Tavole del Patto in un rapporto ancora più vincolante e con una sposa che aveva dato prova di poca affidabilità.

Esaminiamo ora i due comandamenti essenziali della Torah di cui solo il primo pare trovarsi nelle Tavole del Patto mentre il secondo in modo evidente si trova nel libro del Levitico.
Pare proprio che il tutto possa in definitiva sintetizzarsi in un unico comandamento: AMARE.

Primo: "Tu AMERAI il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze." (Deuteronomio 6,5)
...
Qui il verbo amare è costruito con "'et" che è la forma dell'accusativo.

Secondo: "...amerai il tuo prossimo come te stesso..." (Levitico 19,18)
... ...
Il Verbo amare qui è costruito con "le" e comporterebbe tradurre:
"...amerai per il tuo prossimo come te stesso..."

Il comandamento verso il prossimo comporta, perciò, ogni volta il domandarsi cosa è da dare o da fare per l'altro e... poi compierlo.
Gesù nel "Discorso della Montagna" sintetizza in modo preciso questo comandamento, ove al riguardo con autorità dice: "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti." (Matteo 7,12)
In definitiva così Gesù, anche qui, al comandamento della Torah scritta porta un commento essenziale e concorde.
Ciò è analogo a quanto dal Talmud (TB Shabbat 31 a) risulta dicesse Hillel il Vecchio in forma negativa: "Quello che è odioso a te, non farlo al tuo prossimo, questa è tutta la Torà, il resto è commento, vai e studia."

Si sostiene poi che il livello profondo delle 613 mitzvot che la tradizione ebraica (Rabbì Saadià Hagaon) fa discendere dalle 10 parole o comandamenti di Esodo 20,2-17 è il dare che è da collegare a quel per il prossimo.
Si ricava, infatti, dalla prima e l'ultima parola delle 10 parole una forma mnemonica sintetica:

Io sono... per il tuo prossimo.

Infatti:
  • Esodo 20,2 prima parola "'Anochì"... Io sono
  • Esodo 20,17 fine versetto ultima parola, "leReechà'", per il tuo prossimo.
Si può così concludere che la legge è scritta per i doveri verso "Io sono" e "per il prossimo".
In questo modo il secondo comandamento è anche lui in modo evidente tra le 10 Parole, ne appare la sintesi, vale a dire emergono in quel testo anche i due comandamenti essenziali di cui dice così Gesù nel Vangelo di Matteo 22,35-40: "...un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento? Gli rispose: Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti".

PENSIERI VARI COLLEGATI ALLE TAVOLE
Il numero complessivo delle lettere ebraiche che si trovano nel Decalogo di Esodo 20,2-17 è 621.
Se si sottraggono le 4 lettere della prima parola e le 4 lettere dell'ultima si ottiene 613 che è proprio il numero delle "mitzvot" considerate dalla tradizione ebraica, che altro non sarebbero, quindi, che dettagli delle 10 Parole.
Dopo il peccato del vitello d'oro IHWH concesse a Mosè di riprendere delle nuove tavole della legge, come le precedenti, in ebraico "kar'ishonìm".
Eppure queste tavole e i comandamenti in esse contenuti non sono perfettamente identici ai precedenti.
Sono in varie parti diversi dai primi in quanto vi sono parole in più, oppure delle omissioni ed alcune norme sono presentate con parole diverse.
Il commentario Bàal Haturim mette in evidenza che la seconda versione dei Dieci Comandamenti che si trova in Deuteronomio 5,6-22 per quelle varianti aggiunte e diminuzioni è più lunga di quella dell'Esodo per un complessivo di 17 lettere.
Questo numero 17 corrisponde alla somma del valore numerico delle lettere della parola Tob" "bontà", "felicità"; ( = 2) + ( = 6) + ( = 9) = 17.
Accade poi che in effetti tale parola in più, di valore gimatrico pari a 17, si trova proprio nella seconda versione e così in questa appare appunto così l'unica lettera delle 10 Parole.
Questa lettera rappresenta il cuore, l'amore, l'utero di misericordia del Signore che ha concesso le seconde Tavole, quindi di sposare comunque la sua innamorata, il popolo d'Israele che s'era prostituita con gli idoli.
Il comandamento, infatti, "Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio" di Esodo 20,12 risulta integrato di una promessa di felicità nel testo dei comandamenti riportato nel Deuteronomio nel seguente modo: "Onora tuo padre e tua madre, come il Signore, tuo Dio, ti ha comandato, perché si prolunghino i tuoi giorni e tu sia felice nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà."(Deuteronomio 5,16)
Al riguardo, c'è stato chi ha commentato che se quella promessa di una vita felice fosse stata inclusa nella prima versione delle tavole, col venire queste rotte da parte di Mosè in occasione dell'episodio del vitello d'oro, poteva pensarsi che per sempre fosse anche svanita la promessa al popolo di Israele di una vita felice.
Dio, invece, bontà sua, con quella promessa che ha dettato a Mosè nella durevole seconda versione delle Tavole, valida ormai in eterno per entrambi - Dio e popolo - l'ha voluta inserire rivelando tutto il suo cuore tenero per la sposa che ama d'amore infinito.
Il Comandamento di "onora il padre e la madre", che insegna all'uomo come comportarsi nella propria vita familiare è anche una legge che guida a migliorare nel cammino spirituale, chiamata dalla Qabbalah legge "del padre e madre", "'Abba ve 'Ima" in ebraico.
Per una guida spirituale completa, efficiente ed efficace occorrono, infatti, sia qualità maschili, del padre, che implicano, timore, rispetto, decisione, determinazione, forza spirituale e giustizia nonché le femminili della madre, dolcezza, tenerezza, pazienza e misericordia, che destano confidenza, ma entrambe mirate all'obiettivo unico dell'amore.

In ebraico il male ed il prossimo si scrivono con le stesse lettere .
In pratica le stesse lettere individuano anche la compagna o l'amica nonché il pastore che ha, tra l'altro, la prerogativa di spostarsi da un luogo all'altro.
Per tale motivo alcuni hanno suggerito che la radice originaria dovesse sottendere concetti di instabilità e di oscillazione, onde si può pensare che "amerai per il tuo prossimo"... corrisponda... a rispetterai l'instabilità esistenziale dell'altro che ti ricorda la tua stessa instabilità.
Viene anche il pensiero "dell'albero della conoscenza del bene e del male" come "albero della conoscenza del bene e del prossimo"; di fatto se lo mangiassimo non esisterebbe più, invece lo dobbiamo accogliere così com'è.

Nell'ebraismo, in effetti, l'interpretazione corrente degli alberi della vita e della conoscenza del bene e del male è che i due alberi rappresentano le due modalità principali di servizio del Signore:
  • l'albero della vita, equivale a fare il bene e se ne può mangiare;
  • l'albero della conoscenza del bene e del male che non se ne può mangiare, equivale a fuggi il male, perché è bene non mangiarne.
A tale riguardo il Siracide commenta: "Non c'è sapienza nella conoscenza del male; non è mai prudenza il consiglio dei peccatori." (Siracide 19,19)
Tale pensiero lo ritroviamo nei primi versetti del Salmo 1:

Salmo 1,1 - Beato l'uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, non resta nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli arroganti,
(sono quelli che mangiano dell'albero della conoscenza del bene e del male)

Salmo 1,2 - ma nella legge del Signore trova la sua gioia, la sua legge medita giorno e notte.
(perché mangia dell'albero della vita)

Salmo 1,3 - È come albero piantato lungo corsi d'acqua, che dà frutto a suo tempo: le sue foglie non appassiscono e tutto quello che fa, riesce bene.

Non è possibile per servire Dio compiere solo il bene, ma prima di tutto è necessario allontanarsi dal male, quindi, il non mangiare di quel famoso albero non dà luogo ad ignoranza, ma è il modo per acquisire la conoscenza della santità.

Tra le due tavole si trovano poi le seguenti corrispondenze tra i 5 comandamenti come vi sarebbero scritti secondo la tradizione ebraica:
  • il 1°: "Io sono il Signore Dio tuo" con il 6°: "Non ucciderai", infatti, chi uccide é come se sopprimesse l'idea di Dio che ha fatto l'uomo a propria immagine e somiglianza;
  • il 2°: "Non avrai altri dèi" con il 7°: "Non commetterai adulterio", in quanto chi presta culto a divinità pagane è come se commettesse adulterio nei confronti del Creatore che ci ha sposati;
  • il 3°: "Non pronuncerai invano il nome del Signore" con l'8°: "Non ruberai", perché chi froda per difendersi è disposto anche a giurare il falso;
  • il 4°: "Ricordati del giorno del sabato" con il 9°: "Non pronuncerai falsa testimonianza", perché è come testimoniare che il Signore non è il creatore, in quanto "Voi siete i miei testimoni" (Isaia 43, 10);
  • il 5°: "Onora tuo padre e tua madre" con il 10°: "Non desidererai", perché il desiderio dei beni fa trascurare l'affetto e l'amore anche più importante, quello verso i propri genitori e tanto più verso il prossimo.
AGLI USCITI DALL'EGITTO SI PARLA CON I GEROGLIFICI
La prima parola pronunciata da Dio sul Sinai fu "'Anoki", "Sono lo".
L'Eterno non usò l'ebraico, ma la lingua egizia che Israele allora conosceva bene; dico ciò perché erano da poco usciti dall'Egitto ove i progenitori degli Israeliti s'erano insediati oltre quattro secoli prima e c'era "La gente raccogliticcia, che era tra il popolo" (Numeri 11,4) che non avrebbe compreso un bel nulla se avesse parlato solo in ebraico.
Così almeno la prima parola che è l'essenziale veniva compresa.
Ho, infatti, trovato i seguenti geroglifici che significano:



"Sei mia proprietà", "Sei un mio parente"


Trapela così subito l'idea di un patto di sangue, di un'adozione, la volontà di un apparentamento tra Dio e l'uomo, di un matrimonio.
A questo punto col mio metodo in "Parlano le lettere" provo a leggere le lettere ebraiche separate di "'Anoki", ed ottengo: "origine dell'energia nel vaso sono ".
Che vuol dire?
È colui che ha riempito d'energia un vaso particolare.
Questa idea mi dico doveva essere ben chiara nell'immaginario egizio.
Essendomi in più occasioni interessato di questioni egizie imbattendomi con una allegoria del genere, mi viene evidente l'idea dell'orcio della dèa del cielo egizio, la dèa NUT, il cui geroglifico è come un tavolino che rappresenta la volta celeste su cui c'è un orcio e un pane .
L'orcio è il NU ed è pieno evidentemente dell'energia .
Di ciò ho parlato in "Spirito creato in 7 tappe - Genesi codice egizio-ebraico" in occasione del 2° giorno della creazione.


L'orcio sta per NU formato da N + due Iod = U; quindi l'orcio si può immaginare pieno di energia N e di vita Iod.
Ora in ebraico due Iod e una N è IIN, in ebraico "iain" "vino", perciò l'orcio è pieno d'un vino spirituale.
Cosicché il cielo si può immaginare come una mensa su cui viene offerto vino che è nell'orcio e il pane T .
Tutti avevano visto quella teofania eccezionale e attendevano venisse riportata la prima parola di quel Potente che l'aveva provocata, che dice:
Il dire da parte di Questi:

"Origine dell'energia nel vaso sono"

era asserire che chi aveva parlato era al disopra del cielo, più grande di tutti gli dèi dell'Egitto.
Poi avrebbero capito anche il resto!
Così quella immagine dell'orcio-vino e della pagnotta su nel cielo era per un ebreo - egizio il segno del Dio Altissimo.
Tale pensiero è ben atto a spiegare anche l'incontro di Abram con Melchisedek, in cui: "Melchìsedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo." (Genesi 14,18)
(Rashi identifica Melchisedek con Sem figlio di Noè)

A quanto sto sostenendo c'è subito a supporto il fatto che appena dopo aver detto "'Anochi", il Signore ricordò proprio le vicende egiziane come a rafforzare anche l'idea di guardare il precedente termine "'Anochi" sotto l'aspetto egizio con queste parole: "Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile." (Esodo 20,2)
Dio, in quel modo conferma sono io l'Altissimo che ho vinto tutti gli dèi egizi, tema del resto asserito in lungo e in largo in queste citazioni attribuibili dalla tradizione a quel tempo storico:
  • Esodo 12,12 - "In quella notte io passerò per il paese d'Egitto e colpirò ogni primogenito nel paese d'Egitto, uomo o bestia; così farò giustizia di tutti gli dèi dell'Egitto. Io sono il Signore!"
  • Esodo 15,11 - "Chi è come te fra gli dèi, Signore? Chi è come te, maestoso in santità, tremendo nelle imprese, operatore di prodigi?"
  • Esodo 18,11 - "Ora io so che il Signore è più grande di tutti gli dèi, poiché egli ha operato contro gli Egiziani con quelle stesse cose di cui essi si vantavano."
  • Numeri 33,4 - "...mentre gli Egiziani seppellivano quelli che il Signore aveva colpiti fra di loro, cioè tutti i primogeniti, quando il Signore aveva fatto giustizia anche dei loro dèi."
Con quel pronome per "Io sono" peraltro, il Signore s'era rivolto ai patriarchi e gli Israeliti erano pronti a riconoscere la parola "'Anochi", infatti:
  • ad Abram era stata rivolta in visione questa parola dal Signore "Non temere, Abram. Io sono 'Anochi il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande". (Genesi 15,1)
  • ad Isacco era apparso una notte il Signore: "...e disse: Io sono 'Anochi il Dio di Abramo, tuo padre; non temere perché io sono con te." (Genesi 26,24)
  • a Giacobbe del pari accadde che gli disse: "Ecco io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai". (Giacobbe 28,15)
È stato osservato che l'altro più semplice pronome ebraico "'ani" "Io sono" può facilmente portare, con una permutazione delle lettere, all'idea di annullamento "'ain" , mentre per "'anoki" ciò non è possibile, il che appunto è proprio evitato dalla lettera K = Kaf.
È importante qui allora soffermarci sul significato grafico della lettera ebraica K = Kaf ed al proposito richiamo il contenuto della relativa scheda nella colonna a destra di questo Sito.
Il segno ebraico quadrato = = K sposa entrambi le tradizioni della tazza e della mano a coppa.
Ciò che li collega è il fatto che la mano a coppa fu il primitivo contenitore usato dall'uomo per bere.
C'è quindi il concetto di pulito, di accogliente, di liscio senza peli e del dare.
Nel segno a fine parola il segno si distende divenendo una grande "dalet" ; c'è anche il senso di potenziamento della mano, cioè, "come una mano".


Per i qabbalisti tra le 10 la Sefirot più alta è la corona Koetoer.
Questa è "Come un fregio = " sulla testa di Dio, ma arriva col proprio potere diffusivo fino ai piedi della creazione, cioè al regno malhut ed è portata dal Re .
Questa qualità è la K = che è l'essenza della divinità che appunto è come un fregio = , termine che appunto con le sue lettere come si comprende bene allude alla Torah , l'aureola che le cinge la testa.
La "kuppah", il copricapo a forma di coppa rovesciata che gli ebrei si pongono da segno sulla testa, è parola che inizia con quindi Dio è immaginato dai qabbalisti anche Lui come un ebreo, ma con una corona, che pur sempre è a forma di coppa che segna la testa.
Questa qualità, essenza della divinità, la sintetizzo col termine di rettitudine, qualità liscia, pulita, identificabile proprio con la lettera Kaf che proveniente da Dio, entrando nell'uomo, redime l'uomo e il mondo.
La Koetoer si attua portando al mondo la
Significati base di K = : Coppa, piano, vaso, mano aperta;
traslati: liscio; retto, rettitudine.

Ulteriori conferme:
  • Per l'Alfa beta de-rabbi 'Aqiva: "Kaf è il palmo della mano del giuramento e quindi è da considerarsi in collegamento con la mano di Dio".
  • Per Sefer ha-Temunah: "Kaf è l'attributo del Regno... è il recipiente della Shekinah."
  • Marc-Alain Ouaknin: La lettera Kaf è il palmo della mano.
La Kaf riinvia in definitiva alla mano che si apre e che porge a tutti nello stesso modo e non fa differenza di persona.
Dio consegna la Torah!
Al riguardo è poi da considerare che il perpendicolo, i filo a piombo, il piombino, vale a dire lo strumento per misurare la verticalità che con la tangente locale della terra forma l'angolo retto, in ebraico è detto "'anak" .
Tale strumento fa incontrare il retto (sottinteso angolo), il perfetto, perché equanime, in quanto non pende né a destra né a sinistra!
Questo pensiero richiama alla mente un modo per leggere il termine ebraico usato per definire il "Santo" in ebraico che graficamente si può vedere come al vertice , sulla cervice , in perpendicolo sulla testa, la luce, il sole , indi in Lui non vi sono ombre; è Santo, "Qadosh".
Alla base c'è il simbolismo sulla parola sole e lo possiamo vedere con il seguente disegno in cui è il sole, schematizzato con l'iniziale che sorge, va nell'acqua del Mar Mediterraneo ossia ad occidente per chi abita in Palestina e risorge .


A questo punto se si pensa che il radicale di "incontrare" è , il termine "'anochi" si può anche vedere come "per incontrare () a mano aperta sono ".
Dice di Dio il profeta Isaia: "Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle mie mani..." (Isaia 49,16)
Il segnare sul palmo delle mani nella parte interna richiama il termine di scrivere, in ebraico e di "ketuvah" documento nome con cui in sintesi è chiamato nella cultura di quell'area l'atto delle promesse nuziali dello sposo.
Tornando a quel geroglifico iniziale in cui si riconosce l'idea di "'anoki" si può immaginare il Signore, come il parente che va a cercare la sposa promessa nella sua famiglia e le consegna l'atto scritto con le promesse di matrimonio... che altro non è che la Torah tutta intera, il patto d'alleanza per eccellenza.

In "Tensione dell'ebraismo ad una Bibbia segreta", tra l'altro, ho riportato il versetto Esodo 24,12: "Il Signore disse a Mosè: Sali verso di me sul monte e rimani lassù: io ti darò le tavole di pietra, la legge e i comandamenti che io ho scritto per istruirli" e l'ho spezzato decriptandolo con le regole del metodo dei segni inserite in "Parlano le lettere" di "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche", a cui rimando per le regole ed i significati specifici delle lettere.
Come si può constatare, Il risultato è una chiara promessa d'incarnazione in cui per conseguire il risultato atteso ha grande parte la rettitudine di Dio.

"E disse il Signore a Mosè: Dall'alto entrerà la divinità a stare nel mondo, entrerà in un corpo. Del mondo porterà nell'esistenza la risurrezione ai viventi, porterà a venire l'energia ad entrare della potenza della RETTITUDINE che verrà il serpente a strappar via. Dell'Unico il Figlio, portato ad entrare in croce, la porterà dal corpo fuori ai viventi, su si riporterà da primo risorto con il corpo. L'ho scritto per istruirli!"

Presento ora decriptato l'intero capitolo 24 del libro dell'Esodo.

ESODO 24 - DECRIPTAZIONE
Esodo 24,1 - Il Signore disse a Mosè: Sali verso il Signore tu e Aronne, Nadab e Abiu e settanta anziani d'Israele; voi vi prostrerete da lontano,

Esodo 24,2 - solo Mosè si avvicinerà al Signore: gli altri non si avvicinino e il popolo non salga con lui.

Esodo 24,3 - Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose a una sola voce dicendo: Tutti i comandamenti che il Signore ha dato, noi li eseguiremo!

Esodo 24,4 - Mosè scrisse tutte le parole del Signore. Si alzò di buon mattino ed eresse un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d'Israele.

Esodo 24,5 - Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione, per il Signore.

Esodo 24,6 - Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l'altra metà sull'altare.

Esodo 24,7 - Quindi prese il libro dell'alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto.

Esodo 24,8 - Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: Ecco il sangue dell'alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!

Esodo 24,9 - Mosè salì con Aronne, Nadab, Abiu e i settanta anziani d'Israele.

Esodo 24,10 - Essi videro il Dio d'Israele: sotto i suoi piedi vi era come un pavimento in lastre di zaffìro, limpido come il cielo.

Esodo 24,11 - Contro i privilegiati degli Israeliti non stese la mano: essi videro Dio e poi mangiarono e bevvero.

Esodo 24,12 - Il Signore disse a Mosè: Sali verso di me sul monte e rimani lassù: io ti darò le tavole di pietra, la legge e i comandamenti che io ho scritto per istruirli.

Esodo 24,13 - Mosè si mosse con Giosuè, suo aiutante, e Mosè salì sul monte di Dio.

Esodo 24,14 - Agli anziani aveva detto: Restate qui ad aspettarci, fin quando torneremo da voi; ecco, avete con voi Aronne e Cur: chiunque avrà una questione si rivolgerà a loro.

Esodo 24,15 - Mosè salì dunque sul monte e la nube coprì il monte.

Esodo 24,16 - La gloria del Signore venne a dimorare sul monte Sinai e la nube lo coprì per sei giorni. Al settimo giorno il Signore chiamò Mosè dalla nube.

Esodo 24,17 - La gloria del Signore appariva agli occhi degli Israeliti come fuoco divorante sulla cima della montagna.

Esodo 24,18 - Mosè entrò dunque in mezzo alla nube e salì sul monte. Mosè rimase sul monte quaranta giorni e quaranta notti.

Esodo 24,1 - Si porterà Dio a salvare. Nel mondo in un primogenito a vivere nel corpo dall'alto entrerà la divinità del Signore. Verrà Lui partorito, inviato per l'angelo (ribelle) sbarrare. Dalla casa si porterà del padre il Signore desideroso di recare la risurrezione da dentro le rovine ai viventi. Nei viventi colpirà e rovescerà l'angelo che c'è con la forza che risorgerà i corpi. La divinità che porterà ad entrare lo brucerà completamente nel chiuso e risaranno integri dall'essere ribelle che dal nascosto si rovescerà.

Esodo 24,2 - Porterà l'angelo a scappare col fuoco che nei viventi accenderà. Uscirà dai cuori l'essere impuro maledetto dal Signore e rientrerà la pienezza che era fuggita. Il fuoco che avrà recato porterà ad uscire in azione nei viventi il rifiuto per spazzare il serpente ed in azione la vita si riporterà.

Esodo 24,3 - Riportata sarà stata dentro l'originaria vita avendo bruciata la perversità. Sarà a riempire il Verbo i corpi di potenza. Si vedranno in vita rivenire tutti. La Parola del Signore li porterà a divenire spose. La vita risorta del Verbo nei cuori sarà dei viventi a riportarsi. Spazzato l'angelo, la sposa dei popoli ad una voce, unita si porterà e saranno dell'Unico i viventi a saziarsi. Sposa della Parola saranno i viventi che nella Parola saranno ad entrare e porterà ad entrare tra gli angeli i risorti del mondo.

Esodo 24,4 - Recherà l'atto matrimoniale (la Ketuvah) ai salvati per divenire sposa della Parola. Sarà il Signore a condurre chi sarà stato risorto anelante a casa. Dentro si verseranno nel suo corpo essendo stato quel Figlio dai viventi sacrificato, dalla tomba, pur crocifisso, riuscito. Sul monte si porterà risorto il Crocifisso. Saranno in seno del Risorto con il corpo ad entrare i viventi. Li alzerà da dentro il mondo al Potente. Rinnovati saranno in quel seno del Risorto quei corpi. Accesa dentro i cuori sarà stata la rettitudine di Dio.

Esodo 24,5 - E sarà a riaccendersi il vigore. Riverranno giovani, essendo dentro l'energia a ristarci per la rettitudine di Dio riportata che avrà spazzato il serpente e l'agire del serpente avrà finito. Portato sarà al sacrificio e sacrificato che sarà li avrà salvati perché dai giorni la perversità uscirà per il soffio nei corpi che ci sarà stato di vita.

Esodo 24,6 - Portati saranno a versarsi nella quinta (costola). Entrati, si chiuderanno giù da dove fu ad uscire il sangue e saranno nel Risorto ad abitare, Dall'Unico ai giardini il Crocifisso li condurrà, nell'assemblea di lassù saranno ad entrare. Avrà aiutato i viventi che dalla ferita del corpo verserà l'innalzato dai viventi ucciso.

Esodo 24,7 - Riportati saranno obbedienti. Dal chiuso il foro fruttificherà. Ad uscire da dentro il corpo saranno dal Crocifisso e dal diletto al Padre Unico questi tra gli angeli saranno ad entrare. I Popoli condotti saranno all'Unico di vita a saziarsi. La sposa beata del Verbo sarà dal mondo condotta ad entrare e tra gli angeli lo vedrà nella luce. Gi entrati, si porteranno all'ascolto.

Esodo 24,8 - I portati saranno a piegarsi/sedersi nell'assemblea dei salvati Il primogenito crocifisso uscirà che il sangue aveva portato per i forti colpi al corpo. Lo versò da innalzato. Uscì alla vista con acqua per un'asta. A riportarsi fu quel primogenito vivo col corpo al mondo, tra gli angeli rientrò. Il sangue uscito da dentro al corpo fu alla fine ad originare la risurrezione dei corpi. L'Agnello segnato che è il Signore, vedranno i viventi. I viventi anelavano di salire. Sposa della Parola saranno i viventi del mondo, per la divinità entrata.

Esodo 24,9 - Portati saranno alla vista del Potente i salvati, dall'Unico che li ha generati angeli. L'energia in aiuto dentro ha riportato il Padre. Sarà Lui che li ha riportati dallo stare in esilio dalle rovine vivi. La vita in questi ha versato, angeli sono, retti per Dio.

Esodo 24,10 - E saranno alla vista portati dell'Unico, il Crocefisso che Dio del mondo era, sarà stato a risorgerne i corpi. La maledizione ha portato con la croce a strappar via dai corpi. Con la fuga del serpente sarà stato a riportare la rettitudine in seno. Per la risurrezione uscirono del Potente figli. Nel Crocefisso entrarono nel foro. Nel Verbo furono nel corpo e così vedranno salirsi vivi dal mondo al cielo. Il Potente per amore li ha rigenerati.

Esodo 24,11 - Aveva recato il rifiuto l'Unico giù all'esistenza del serpente in cui era dentro l'angelo (ribelle) a stare. Sarà stato bruciato nei corpi il maledetto dal rifiuto che avrà riacceso il vigore. Fu l'essere impuro, che portava a stare nelle tombe, colpito dal portarsi dell'Unigenito in croce, onde uscì la maledizione che c'era nei viventi. E sarà l'originaria potenza con la rettitudine a riportarsi. E sarà la risurrezione a tutti portata.

Esodo 24,12 - E disse il Signore a Mosè: Dall'alto entrerà la divinità a stare nel mondo, entrerà in un corpo. Del mondo porterà nell'esistenza la risurrezione ai viventi, porterà a venire l'energia ad entrare della potenza della rettitudine che verrà il serpente a strappar via. Dell'Unico il Figlio, portato ad entrare in croce, la porterà dal corpo fuori ai viventi, su si riporterà da primo risorto con il corpo. L'ho scritto per istruirli!

Esodo 24,13 - E fu la risurrezione per salvarli portata da Gesù ai viventi. Risorto, dalla croce il corpo portò e fu innalzato. Per i viventi il Risorto rientrerà. Dio sul monte uscirà. In Dio entreranno a stare i viventi.

Esodo 24,14 - Porterà a Dio dal mondo questi. Li verserà tra gli angeli per starvi a vivere l'originaria vita con i corpi risorti. Porterà al Potente il frutto di questi dal mondo nell'eternità. Nella beatitudine tra gli angeli torneranno per la divinità che essendo retti nei viventi si riporterà. Dal mondo inviati ad entrare nell'Unico, rigenerati, nei pascoli in lini bianchi vedranno. Dalla piaga (del Crocifisso) i viventi, da vivi, saranno a casa innalzati dal Verbo. Dai giorni fuggiranno. Dalla distruzione del serpente usciranno vivi.

Esodo 24,15 - Condotti saranno a vedere il Potente. I salvati, in Dio entrati, usciranno a saziarsi. Colui che è in trono apertamente vedranno tra gli angeli, (sarà) l'essere bello che crocifissero nel mondo sul monte!

Esodo 24,16 - E sarà stata la presenza nella gloria del Signore che avrà innalzati i corpi alla pienezza dall'oppressione in cui erano e saranno al trono portati. Uscito dai miseri l'angelo (ribelle) che nel sesto dei giorni nei viventi si portò, il diletto Unigenito di Dio li ha salvati nel giorno settimo. Negli uomini portò a spegnere il misero angelo (ribelle).

Esodo 24,17 - E l'essere ribelle delle origini uscì per la rettitudine dentro riportata in aiuto dal Signore afflitto dal fuoco che lo mangiò completamente. Ricreati dalla risurrezione usciranno rigenerati di potenza. Una sorgente ci risarà. Figli saranno retti di Dio.

Esodo 24,18 - E saranno a casa dell'Unico a vivere le pecore dentro dal Crocifisso condotte così dal mondo. Con azione energica tra gli angeli li ha portati, aiutati. Per la maledizione uscita, nei corpi si riporterà la forza che ad uscire fu. I viventi risorti entreranno a casa da mondo. Si vedranno le moltitudini dalle rovine ove vivevano, un giorno portati nella luce. Per le preghiere i viventi dalla notte usciranno.

LA SERVA AMATA, MADRE DEL SIGNORE
Gesù al riguardo dell'operare libero e cosciente di cui ho detto al paragrafo "L'opera delle nostre mani", dopo l'ultima cena, banchetto sponsale con la sua futura sposa, la Chiesa nascente, nel discorso di addio, agli apostoli, gli amici dello sposo, dice: "Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi." (Giovanni 15,15)
Ora, in ebraico per amare ed essere amico è usata la stessa parola e , parola chiave del rapporto con Dio.
Lo "Shemà", che in effetti è il comandamento fondamentale d'Israele, comporta proprio: "Amerai il Signore Dio tuo..."
Quelli che Gesù chiamò amici erano l'embrione della Chiesa, tutta d'ebrei in numero superiore a 10, quella che con i discepoli e Maria la madre di Gesù, nascerà nella notte di Shavuot del 30 d.C. con la discesa dello Spirito Santo.
Maria sotto la Croce era stata consegnata quale madre da Gesù "al discepolo che egli amava" prototipo d'ogni cristiano che grazie al battesimo è stato immerso nel mistero salvifico della morte con Cristo e risorto con Lui, rinasce come figlio di Maria e fratello di Cristo per una vita nuova.
Sia Maria, icona della Chiesa, sia gli apostoli erano tutti ebrei e chi nasce da madre ebrea è ebreo.
A Lei, secondo il racconto del Vangelo di Luca 1,28-38, Dio mandò un annuncio che svelava il disegno di salvezza, vale a dire le rivelò la venuta nella carne attraverso di Lei della Parola o Verbo, in sintesi della Torah vivente.
"Al sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te. A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L'angelo le disse: Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine. Allora Maria disse all'angelo: Come avverrà questo, poiché non conosco uomo? Le rispose l'angelo: Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio. Allora Maria disse: Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola. E l'angelo si allontanò da lei." (Luca 1,28-38)
Maria non era obbligata, ma accolse la richiesta e iniziò la gestazione che portò alla nascita del Figlio Unigenito dell'Altissimo.

L'accettazione della Torah da parte d'Israele, anche se ci sono "midrash" che affermano che fu una accettazione libera, in effetti, fu una scelta forzata, perché l'alternativa era schiavitù e morte.
Per quei fuoriusciti dall'Egitto l'unica possibilità era solo accettare la Legge, il patto con Dio con la promessa di formarsi come nazione, o tornare in Egitto come schiavi, il che sarebbe stato di fatto la morte sociale.
A sostegno di ciò un midrash del Talmud (Shabbat 88a) racconta che al momento della donazione delle Tavole della Legge Dio sollevò il Monte Sinai sulle teste del popolo ebraico e avrebbe detto loro: "Se accettate la Torà, bene, altrimenti questa sarà la vostra tomba".
Gianfranco di Segni, Rabbino di Roma, nella conversazione su Kolot del 7 giugno 2011 "Shavuot: La montagna rovesciata e l'identità ebraica" a tale riguardo porta all'attenzione quanto segue.

Il Maharal di Praga (in "Tiferet Israel" cap. 32 e altrove) dice che la Torah è qualcosa di troppo importante per l'esistenza del mondo intero perché venga lasciata alla libera volontà del popolo ebraico o di qualsiasi altro popolo e cita un altro "midrash", secondo cui se la Torah non fosse stata accettata il mondo intero sarebbe precipitato nel "tohu wa-vohu", nel caos primordiale.
Gli ebrei furono quindi costretti ad accettare la Torah per il bene di tutti, di loro stessi come di tutto l'universo.
Il mondo senza la Torah non poteva sussistere, e non era quindi possibile rischiare di mettere a repentaglio l'esistenza del mondo intero lasciando la libertà e; di scelta agli ebrei: questi dovevano essere obbligati in tutte le maniere ad accettare la Torah.
Il Maharal aggiunge anche che questa "violenza" che gli ebrei subirono fu in realtà un atto d'amore che Dio fece verso di loro, secondo una norma della Torah (Deuteronomio 22,28-29), onde colui che violenta una donna non sposata è obbligato poi a prenderla in moglie e non potrà mai più ripudiarla.
Dio quindi, che in un certo senso violentò il popolo d'Israele (paragonato come noto alla "sposa" di Dio), non potrà mai più respingerlo e disconoscerlo ed è "costretto", per così dire, dalla Sua stessa Torah a mantenere un legame particolare con il popolo ebraico, per quanto questo voglia allontanarsi da Lui.
(Vedi: "Vocazione irrevocabile del Popolo di Dio")

È senz'altro così anche per i figli di Maria, l'ebrea, madre e icona escatologica della Chiesa nata a Gerusalemme nel 30 d.C. che è viva e operante, tramite i suoi nati per opera dello Spirito Santo nel portare alta la fede di Cristo morto e risorto in tutto il mondo.

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