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LETTERE EBRAICHE E CODICE BIBBIA...

 
IL KÉRIGMA DI CRISTO RISORTO
NELL'ANTICO TESTAMENTO

di Alessandro Conti Puorger
 

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UBRIACATI DI MOSTO
Alcuni ebrei di Gerusalemme all'annuncio del 1° Kérigma da parte di San Pietro in Atti 2,13 ebbero a deridere e sottolinearono che l'annuncio potesse essere una manifestazione di ubriachezza.
Perché sottolineare ciò da parte del testo?
Forse quel dire nasconde un pensiero ormai lontano da noi.
Se ci fossero due modi di leggere il testo ebraico delle Sacre Scritture, uno in modo ufficiale, rituale, certificato e consolidato, e l'altro per decriptazione usato solo da certi studiosi, i primi direbbero che i secondi ci vedono doppio quindi... sono brilli, si sono ubriacati.
Nella tradizione degli ebrei c'è, infatti, che Mosè avrebbe ricevuto una rivelazione, che non si legge nel modo usuale nella Torah, tramandata ad un'élite che comprende la notizia della risurrezione.
Eredi di tale rivelazione s'erano eretti i Farisei, ma a ciò e alla risurrezione che ne deducevano non credevano i Sadducei, persone autorevoli che bene conoscevano i testi, ma s'attenevano alla sola lettura esterna del canone ebraico in quanto la risurrezione non la rinvenivano con certezza, perché, (tolti i libri dei Maccabei che non fanno parte del canone ebraico) secondo loro nei pochi testi che ne parlerebbero può essere variamente interpretata.
I Farisei rispondevano, infatti, alla questione fondamentale della giustizia di Dio spiegando che il successo dei cattivi e la sventura dei buoni in questo mondo non è l'ultima parola, perché alla fine dei tempi gli uomini saranno risuscitati per un castigo od un premio eterno.
La fede nella resurrezione fu, poi, pienamente accolta:

  • dal Talmud come dedotta dalla Torah: "Le seguenti persone non prenderanno parte al mondo futuro: chi dice che la risurrezione dei morti non può essere dedotta dalla Torah..." (Sanhedrin X,1);
  • da Gesù nei Vangeli sinottici (Matteo 22,23-33; Marco 12,18-23; Luca 20,27-30), che precisa ai Sadducei, non citando la Toràh orale, che la risurrezione viene proprio dalle Scritture, dicendo: "Voi v'ingannate, non conoscendo né le Scritture né la potenza di Dio" (Matteo 22,29), cioè li chiama a
    "conoscerle "

    in modo più approfondito, attraverso un ulteriore via, scrutandole

    aiutarsi guardando i segni .
Il midrash Numeri Rabbah XIII,15 associa la Torah al vino:

"Come il valore del vino è settanta, così la Torah ha settanta volti".

Secondo la gimateya o gimatria, regola omiletica che associa parole o frasi della Bibbia ebraica o Tenak che hanno lo stesso valore numerico vale a dire eguale somma dei valori delle lettere a ciascuna delle quali è associato anche un numero, si ha, infatti che il vino in ebraico è pari a 70.

"iainn" = ( = 10) + ( = 10) + ( = 50) = 70

C'è da domandarsi perché quel detto cita il vino?
Non sarà proprio per il fatto che il vino fa vedere doppio?
Viene in aiuto un detto b'Eruvin 65° evocato da una frase talmudica che dice:

"Quando entra il vino esce il segreto."

Questa frase, che al primo impatto sembra un proverbio sensato, perché a chi beve si scioglie la lingua, sottende che come il "vino" per la gimatria equivale a 70 anche la parola "segreto" equivale a 70:

= ( = 4) + ( = 6) + ( = 60) = 70

Dire, quindi, che la Torah a 70 volti sta anche a dire in modo allusivo che nella Torah c'è un testo segreto.
È da tenere presente al riguardo ciò che sostiene la tradizione ebraica.
Quella tradizione prevede, infatti, per l'esegesi delle Sacre Scritture quattro metodi:
  • Peschat , interpretazione letterale corrispondente al significato semplice della Scrittura.
  • Remez , accenno, o interpretazione, significato suggerito tende a trovare nessi tra le parole ed espressioni uguali situati in punti diversi del testo e li collega tra loro in modo riflessivo o narrativo secondo i casi, onde sottolineare l'unità dell'insieme, ogni parte della quale è strettamente collegata a tutte le altre.
  • Dèrasch , midrash, haggadah, interpretazione, omiletica, allegorica.
  • Sod significa segreto; la via segreta per indagare la Scrittura!
L'acrostico dei nomi di quelle 4 vie dà luogo alla parola Pardes parola d'origine persiana che indica giardino, frutteto e Paradiso.

Ognuna di queste quattro modalità di ricerca ha eguale validità nel proprio campo, dato che la Bibbia (Sanhedrin 34) è vista "come una roccia che può essere divisa in molti pezzi dal martello dell'interpretazione".
Aggiungo che nel sentiero segreto "Sod" entra il metodo di scrutatio con la decriptazione che propongo, descritto in altra parte, il quale resta aderente ai testi con deduzioni collegate in modo rigido con tutte lettere, e per la grande estensione con ripetizioni dei testi, le interpretazioni hanno riprove.
Dire 70 sottende così in questo campo una lettura segreta che è sempre riferita al Messia, esito cui mira tutta la storia della salvezza oggetto della Torah.
Cioè quando la Torah è letta in modo particolare - usando il vino cioè il metodo segreto per cui si perviene alla lettura doppia - ne viene una illuminazione, esce il segreto, ne esce una luce e la Luce per antonomasia è il Cristo, il Messia e la risurrezione che reca: "Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo." (Govanni 1,9)
C'è poi un altro detto ebraico: quando entra la luce esce il mistero.
Questo è il mistero legato al Kérigma di cui parla Paolo in Romani 16,25-27.

Per la gimatria pure luce "'or" e "raz" mistero hanno tra loro lo stesso valore 207:

= ( = 200) + ( = 6) + ( = 1) = 207
= ( = 7) + ( = 200) = 207

Il numero 70 poi ricorda il midrash della traduzione in greco della Bibbia detta appunto dei settanta, traduzione che in sostanza assicura che il segreto = 70 fu mantenuto perché la traduzione in greco non consente di rivelarlo.
In effetti, per la precisione, quella traduzione si dovrebbe dire Bibbia dei 72 perché a Tolomeo furono mandati 72 esperti di Torah - Elasar gli mandò 72 anziani, sei per ogni tribù - dai quali uscì un unico progetto di traduzione, come ricorderò anche più avanti.
Tornando alla Pentecoste cristiana ed all'annuncio del Kérigma, accade che com'è noto, il vino porta ad essere brilli ed a vedere doppio e, dopo quanto detto nell'ambito di questa tematica, il dire di bere vino s'adatta bene all'idea del leggere un testo doppio nell'Antico Testamento.
In effetti gli scettici, che credono ai miracoli solo se sono stati presenti, all'idea della lettura di un secondo testo possono considerare ubriaco chi ne asserisce l'esistenza se prima non hanno visto qualcosa che gli confermi la veridicità di ciò che legge.
Con quella frase la gente e i dotti di Gerusalemme era come se dicessero degli annunciatori del Kèrigma: questi affermano che il mito incredibile raccontato della lettura segreta dei testi delle nostre Sacre Scritture s'è verificato!
Una metafora diffusa fu quella del vino con la Torah, perché nell'insegnamento scritturale, come nel vino, è insita un'energia e nel Cantico rabbah I.19 si legge: "il vino lascia un segno quando viene bevuto, e così lo lasciano le parole della Torah e la gente può indicare col dito, dicendo: Ecco uno studioso."
Lo vedono come uno che è ubriacato, perché legge doppio!
Nel noto episodio delle nozze di Cana (Giovanni 2,1-11) si ha un simile accostamento al vino; le nozze evocano l'immagine delle profezie (Osea 2,21-25; Geremia 2,2; Isaia 54,5; 62,5) sul Signore che negli ultimi tempi sposerà Israele: "E avverrà in quel giorno - oracolo del Signore - io risponderò al cielo ed esso risponderà alla terra; ...la terra risponderà con il grano, il vino nuovo e l'olio..." (Osea 2,23,24a) ed i versetti del Vangelo dicono che l'acqua che stava nelle giare di pietra (oggetti che provenendo dalla roccia richiamano la terra) è mutata in vino, compiendo la profezia d'Osea, quindi Gesù è il Messia e questo miracolo però nasconde anche un'allegoria.
Nella descrizione delle nozze appare il personaggio, citato due volte, del maestro di tavola che parla con lo sposo; seguendo l'idea del matrimonio di Iahweh con Israele quel maestro rappresenta l'autorità rabbinica, che parla con familiarità con lo sposo tramite la Torah, e si congratula che "ha riservato per gli ultimi tempi il vino (= segreto) migliore" mentre i servi che sono testimoni che l'acqua diviene vino sono i rabbini e i loro discepoli che dal materiale che vedono versare, acqua lustrale (cioè dalle pagine della Torah relative a prescrizioni rituali, ad esempio, come verificato, dalla decriptazione del Levitico) vedono, senza manipolazioni, ma tramite Gesù, uscire vino nuovo.
Ormai siamo pronti, il vino 70 richiama il segreto 70 e c'è anche il concetto che ora che non c'è più vino per divenire brilli, è dato il vino migliore, quello che esce direttamente dal paradiso.
Vale a dire non si vede più doppio.
Le profezie che si leggono nei testi nascosti si stanno attuando e quello che è acqua nelle pagine della Torah sono base del segreto palesato.
Gli stessi Vangeli sinottici che parlano del "Vino nuovo in otri nuovi" (Matteo 9,17; Marco 2,22; Luca 5,37) si possono interpretare sotto questa visuale e portano a pensare a questa problematica e, pur se non sono così espliciti, vi sono tutti gli ingredienti (Gesù attesta che è presente lo sposo - lui stesso - ci sono i farisei e discepoli di Giovanni e ci sono il vino nuovo e vecchio).

C'è infine il discorso chiaro d'Isaia 29,11-12: "Per voi ogni visione sarà come le Parole di un libro sigillato; si dà ad uno che sappia leggere dicendogli: Leggilo. Ma quegli risponde: Non posso perché è sigillato. Oppure si dà il libro a chi non sa leggerlo dicendogli: Leggilo, ma quegli risponde: Non so leggere." che è in linea con quanto sostengo.

Isaia parla chiaro, c'è un I° ed un II° livello di lettura, uno normale, cioè il saper leggere usuale ed uno speciale, per leggere il sigillato, per il quale occorre avere una particolare iniziazione e, chi non sa leggere, non supera il I° livello e chi legge soltanto quanto ufficiale, non supera il II°.
In definitiva è da tornare al motore che ha originato la ricerca.
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