IL KÉRIGMA DI CRISTO RISORTO
NELL'ANTICO TESTAMENTO
di Alessandro Conti Puorger
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UNA RIPROVA NEL LIBRO DI GIONA
Dopo tanti anni che procedo ad investigare nelle Sacre Scritture anche con lo strumento della decriptazione, mi sono reso conto che i risultati che ottengo con tale aiuto sono sempre meno impacciati e più limpidi e scorrevoli.
Vari anni fa presentai l'articolo "Il miracolo del Mare e il libro di Giona" nel quale presentai decriptato i 4 capitoli di quel libro.
Ora propongo di confrontare il risultato del capitolo 3 di Giona con quello di Ezechiele 23.
Perché?
Per due ragioni.
Il libro di Giona inizia così: "Fu rivolta a Giona figlio di Amittai questa parola del Signore..."
Allora?
"Amittai" è scritto così in ebraico:
.
A me è venuto così spontaneo connetterlo ai pensieri che hanno mosso il paragrafo "Il primogenito dei morti" di questo articolo; infatti, si può leggere con i segni separati:
= primo
dai morti
che rifù
!
Questi per quanto mi riguarda è Gesù Cristo e di fatto tutta la decriptazione riguarda Lui.
Il terzo capitolo di Giona poi è ricordato di fatto da Gesù stesso nei Vangeli sinottici quando ricorda il segno di Giona che come ho detto in precedenza è da collegare al Kèrigma, perché alla "predicazione" di Giona i Niniviti, che non erano stinchi di santo, si convertirono come asserisce Gesù stesso.
Giona gettato al grande pesce
Catacombe dei Santi Marcellino e Pietro, Roma (IV secolo).
Giona, infatti, non rispose alla prima chiamata di Dio d'andare a predicare la conversione a Ninive, anzi fuggì per mare in direzione opposta, verso Tarsis località biblica che si raggiungeva per mare rimasta sconosciuta.
(Vedi: "
Da isole, navi di Tarsis e Tiro, il Messia")
Ecco che, come noto, Giona fu gettato in mare per la salvezza di tutti in quanto a bordo della nave su cui fuggiva dalla volontà di Dio ritennero che la tempesta che s'era scatenata si verificava per causa sua.
In mare fu inghiottito da un grosso pesce, che l'immaginario collettivo ha ritenuto essere la coreografica balena, che dopo tre giorni e tre notti lo vomitò all'asciutto.
Il testo di Giona annuncia la possibilità di salvezza per i pagani che precederanno Israele nella fede.
I marinai (Giona 1,4-16), si convertono al placarsi della tempesta e riconoscono il Dio di Giona e gli abitanti di Ninive, indicata da Naum (3) come città sanguinaria, simbolo dell'infamia del peccato umano sedimentato nelle grandi città, credono al Dio che predica Giona e fanno penitenza.
Nel libro di Giona, perciò, gli stranieri vi fanno una bella figura e l'unico che pare tetragono e restare nella propria mentalità, invidioso che Dio sia stato misericordioso, clemente, longanime, di grande amore e che si lasci impietosire riguardo al male minacciato nei riguardi degli stranieri, è proprio lo stesso profeta israelita Giona.
Nelle leggende ebraiche su Giona si trova che il grande pesce: "...
correva il pericolo di essere mangiato dal Leviatano, ma Giona spaventò il mostro marino annunciandogli che nell'età del Messia egli, Giona, lo avrebbe catturato, e lo avrebbero mangiato durante il banchetto messianico... Da bambino Giona era stato risuscitato dalla morte dal profeta Elia e al termine della sua vita entrò vivo nel paradiso". (Dizionario di usi e leggende ebraiche di A. Unterman)
All'epoca della Vulgata alcuni Rabbini sostenevano che "Giona figlio di Amittai" fosse quel figlio della vedova di Sarepta risuscitato da Elia.
Il racconto in 1Re 17,19-24 è il seguente: "Elia le disse: Dammi tuo figlio. Glielo prese dal seno, lo portò al piano di sopra, dove abitava, e lo stese sul letto. Quindi invocò il Signore: Signore mio Dio, forse farai del male a questa vedova che mi ospita, tanto da farle morire il figlio? Si distese tre volte sul bambino e invocò il Signore: Signore Dio mio, l'anima del fanciullo torni nel suo corpo. Il Signore ascoltò il grido di Elia; l'anima del bambino tornò nel suo corpo e quegli riprese a vivere. Elia prese il bambino, lo portò al piano terreno e lo consegnò alla madre. Elia disse: Guarda! Tuo figlio vive. La donna disse a Elia: Ora so che tu sei uomo di Dio e che
LA VERA parola del Signore è sulla tua bocca."
(Vedi: "
Da Elia a Eliseo: il mio Dio è Iahwèh, il Signore Gesù")
Ora Amittai
in ebraico vuol dire "è verità", quindi "figlio di Amittai" significa "figlio delle mie verità".
Essendo stato risorto da Elia il padre nella nuova condizione del risorto, era certo che il rinato lo fosse per verità posseduta da Elia; questo potrebbe essere il filo conduttore del pensiero rabbinico che porta a considerare Giona il figlio della vedova di Sarepta di Sidone.
Nella tradizione Elia è atteso ad annunciare il tempo della venuta del Messia e della risurrezione dei morti.