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LETTERE EBRAICHE E CODICE BIBBIA...

 
LO SPIRITO DI VERITÀ

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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LA PAROLA DI VERITÀ »

IL PROCESSO A GESÙ
"Verità" è parola che durante il processo in cui Gesù fu condannato alla crocifissione si trova in bocca sia allo stesso Gesù che a Pilato, ma questi appare scettico su tale termine.
Il Vangelo di Giovanni, infatti, evidenzia:
"Allora Pilato gli disse: Dunque tu sei re? Rispose Gesù: Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce." (Giovanni 18,37)

C'è stato un inquinamento della creazione in cui gli uomini sono stati succubi, tanto che Gesù al riguardo dice: "Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi." (Giovanni 8,31s)

Il problema è che in genere, pur se fortemente condizionato, l'uomo è cieco e si crede libero, quindi, alla replica "non siamo schiavi" Gesù là chiarisce "...avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna." (Giovanni 8,44)

Per Gesù in "questo mondo" di menzogna solo Dio è Verità.
Occorre un testimone "Gesù Cristo il testimone fedele" (Apocalisse 1,5) "...l'Amen, il Testimone fedele e verace, il Principio della creazione di Dio" (Apocalisse 3,14) perché l'inquinamento è stato generale e non si vede più traccia dell'originario splendore.

Egli è il Dio di verità il Dio fedele d'Isaia 65,16 che apre il tempo del giorno ultimo che crea "nuovi cieli e nuova terra" d'Isaia 65,17 che crea "Gerusalemme per la gioia" ove "non si udranno più in essa voci di pianto, grida di angoscia" di Isaia 65,18s.
Per gli antichi greci invece, la verità era un astratto; fa parte dei concetti.
Per i filosofi Socrate (470-399 a.C.) e Platone (428-347 a.C.) e per la loro scuola, infatti, è un assoluto e come tale si trova nel mondo delle idee.
Con Gesù la verità però non è più un astratto, ma è divenuta una persona.

Lui stesso, Gesù, è venuto a dare testimonianza proprio alla Verità.
Dice appunto al riguardo il Vangelo di Giovanni nel famoso Prologo: "Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo." (Giovanni 1,9)

Luce in ebraico è "'or" ed ecco che "luce vera" è , veniva la luce della verità, ed ecco che quelle lettere lette come icone separate portano a concludere "l'Unico si porta alla vista in un uomo "!
Il Padre ha mandato suo figlio che si è fatto uomo!
Gesù, infatti, dichiara che la verità è proprio Lui stesso in persona: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me." (Giovanni 14,6)
La verità per il cristianesimo, quindi, non è un concetto astratto, ma s'è fatta carne e si può vedere toccare, come precisa l'inizio della 1 lettera di Giovanni che tra l'altro connette l'idea della luce con quello della verità:
"Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (poiché la vita si è fatta visibile, noi l'abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi), quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta. Questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che ora vi annunziamo: Dio è luce e in lui non ci sono tenebre. Se diciamo che siamo in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, mentiamo e non mettiamo in pratica la verità." (1Giovanni 1,1-6)

Viene così attualizzata da Gesù la lettura della parola ebraica di "verità", "'emet" , "L'Unico (è) un uomo !" (il verbo "essere" si può sottintendere)
L'annuncio che la luce, è ciò che abbiamo udito e ciò che abbiamo sentito corrisponde all'asserzione:

  • "il Risorto vivente abbiamo visto ",
  • "il Risorto vivente abbiamo sentito ".
Le lettere ebraiche che descrivono tale annuncio tracciano sinteticamente la parola chiave del credo d'Israele, lo "Shema'" (Deuteronomio 6,4ss), ossia la fede, la verità d'Israele.
Quella fede s'è fatta carne ed è ormai un uomo, una persona vera da incontrare nella propria vita.

Pilato, però, nel processo a Gesù s'adegua alla maggioranza e piega la propria volontà alle decisioni della maggioranza stessa che chiede: "Crocifiggilo!".
È così da concludere che solo il consenso del pubblico è per lui la riconosciuta misura della verità.
Ciò, che pare una debolezza, e lo è, coincide con l'idea base del "relativismo", posizione filosofica che nega l'esistenza di verità assolute o la possibilità di pervenirvi, accontentandosi di avere il plauso della maggioranza.
Fu Protagora, padre della sofistica (486-411 a.C.) a concludere che misura del giusto e del bene non è l'individuo singolo, ma l'intera comunità onde giusto sarebbe ciò che appare alla maggioranza, ciò che giova ed ha il consenso più ampio possibile dei cittadini.
> È questa posizione nettamente contraria alla Torah: "...non presterai mano al colpevole per essere testimone in favore di un'ingiustizia. Non seguirai la maggioranza per agire male e non deporrai in processo per deviare verso la maggioranza, per falsare la giustizia. Non favorirai nemmeno il debole nel suo processo." (Esodo 23,1-3)

L'identità dell'Unico con "Colui che Egli ha mandato", il Figlio dell'uomo, sostiene in modo pieno il dogma trinitario e della duplice natura umana e divina di Cristo Redentore.
Il cardinale Ratzinger, allora, quale decano del collegio cardinalizio, sul relativismo in un'omelia ha affermato: "Si va costituendo una dittatura del 'relativismo' che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie. Noi, invece, abbiamo un'altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. È lui la misura del vero umanesimo." (Basilica di San Pietro, Lunedì 18 aprile 2005)

Per contro, in quel processo a Gesù resta chiara la posizione scettica della domanda: "Gli dice Pilato: Che cos'è la verità?
Pilato così si rivela, perché con quella propone indirettamente il proprio credo consolidato in tanti anni d'aridità e d'autorità in cui ha vissuto e che ha constatato nella più vieta prassi della politica romana.
La verità non essendo appunto una cosa che si può vedere e toccare può all'occorrenza essere stiracchiata a seconda delle opinioni e degli interessi personali o generali.
Per la massima espressione nel paese dell'augusta legge romana la verità non era quindi oggettiva, onde la giustizia amministrata è solo di facciata, senza solido contenuto e può essere orientata dal vento d'ogni maggioranza, il che fa venire alla mente il pensiero che si legge nella lettera agli Efesini, "...sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina..." (Efesini 4,14)

Il processo diviene così una burla; infatti, Gesù viene flagellato e vestito da re da commedia: "Pilato intanto uscì di nuovo e disse loro: Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui nessuna colpa. Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: Ecco l'uomo!" (Giovanni 19,4s)
Assurdo, "non trovo in lui nessuna colpa" e lo fa insultare e flagellare!
Gesù è tutto insanguinato, ha il mantello rosso, è il rosso, l'"'edom", parola che ha in ebraico le stesse lettere di "'Adam" "l'uomo", uno rosso, da cui la dichiarazione di Pilato "Ecco l'uomo!"
Lui Gesù, in effetti, è il vero re, il giudice della situazione che è dalla parte della verità e compie in quel momento il giudizio di "questo mondo".
In ebraico poiché "uomo" si può dire anche "met" , in genere usato al plurale "metim" , quella dichiarazione di Pilato porta a far concludere che Gesù, rosso di sangue, è proprio come il primo uomo , quindi l'evangelista fa così tornare all'idea della verità che si trova solo in Gesù.

In quella omelia del Papa emerito Benedetto XVI poi, pure si legge: "Nella misura in cui ci avviciniamo a Cristo, anche nella nostra vita, verità e carità si fondono. La carità senza verità sarebbe cieca; la verità senza carità sarebbe come "un cembalo che tintinna (1Corinzi 13,1)".

Il binomio inscindibile Verità e carità = verità e amore = "'emet ve'ahab" letto con i significati grafici delle lettere ci dice:
  • L'Unico in un uomo si portò per amore ;
  • Il primo uomo che portò amore ;
  • L'Unigenito ai viventi dalla croce portò l'amore .
D'altronde Giovanni pensava in ebraico e le lettere di tale alfabeto erano da lui considerate sacre ed apportatrici di messaggi divini; infatti, è evidente una sua visione anche enigmatica della Sacra Scrittura con i famosi numeri dei 153 grossi pesci, il 666 numero del maligno, i 144.000, nonché con l'esplosione di simboli nell'Apocalisse.

Giovanni stesso peraltro propone questa sintesi:
"Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui. In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati... Chiunque riconosce che Gesù è il Figlio di Dio, Dio dimora in lui ed egli in Dio. Noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi. Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui." (1Giovanni 4,8-16)
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