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TRARRE IL BENE DAL MALE
Da tale ultima elencazione appare veramente notevole e radicale il combattimento che i Vangeli presentano tra Gesù di Nazaret e il demonio.
La stessa morte in croce è suggerita come atto ispirato da Satana, che trapela come istigatore del tradimento di Giuda, a cui Gesù si abbandona perché è stato il modo definitivo di vincere l'accusatore degli uomini davanti a Dio.
Scrittura e la Tradizione della Chiesa intravedono, infatti, l'espressione di un angelo caduto - satana, il diavolo, il divisore - capo di schiere angeliche create da Dio naturalmente buone, ma da sé trasformatisi in malvagie in quanto con libera scelta hanno rifiutato Dio.
Quel peccato è stato radicale ed irrevocabile, cioè dopo la caduta non v'è possibilità col loro pentimento di rientrare nel suo Regno, come non v'è possibilità di pentimento per gli uomini dopo la morte.
Reso cieco per odio al disegno divino chi accusava gli uomini di essere non giusti compie il più grande dei fallimenti, istigare e far uccidere in croce un giusto.
Grazie a Gesù ogni potere del male viene a cadere, ivi compresa la morte, prova n'è la sua stessa risurrezione, anticipo per tutti gli uomini.
L'amore che ha profuso per noi è più forte della morte, infatti:

"Forte è la morte, che è capace di privarci del dono della vita. Forte è l'amore, che è capace di ricondurci ad un miglior uso della vita. Forte è la morte, che è in grado di spogliarci del vestito di questo corpo. Forte è l'amore, che è capace di strappare le nostre spoglie alla morte e restituircele. Forte è la morte, a cui nessun uomo è in grado di resistere. Forte è l'amore, al punto da trionfare su di essa, spuntarne il pungiglione, smorzarne la forza, vanificarne la vittoria. Verrà il tempo in cui sarà insultata, quando si potrà dire: Dov'è, o morte, il tuo pungiglione? Dov'è la tua forza? (Osea 13,14; 1Corinzi 15,55) "Forte come la morte è l'amore" (Cantico 8,6), perché l'amore di Cristo è la fine della morte. Perciò dice: Io sarò la tua fine o morte; io sarò il tuo flagello, o inferno (Osea 13,14). L'amore, infatti, che portiamo a Cristo, anch'esso è forte come la morte, perché deve essere una specie di morte, in quanto è distruzione della vecchia vita, abolizione dei vizi e abbandono delle opere morte. Sia questo amore una specie di contraccambio a Cristo, anche se dobbiamo ammettere che sarà sempre impari al suo amore per noi e come una sua sbiadita immagine. Egli infatti ci ha amato per primo (1Giovanni 4,10) e con l'esempio del suo amore è diventato per noi come un richiamo per renderci conformi alla sua immagine, spogliarci dell'uomo terreno e rivestirci dell'uomo celeste. Come ci ha amati, così dobbiamo amarlo. Ci ha lasciato, infatti, un esempio perché seguiamo le sue orme (1Pietro 2,21). Per questo dice: "Mettimi come sigillo sul tuo cuore" (Cantico 8,6). Come se dicesse: Amami come io ti amo. Abbimi nella tua mente, nei tuoi ricordi, nei tuoi desideri, nei tuoi sospiri, nei tuoi lamenti, nei tuoi gemiti.
Non dimenticarti, o uomo, che da me viene tutto quello che sei. Ricorda come ti ho preferito a tutte le altre creature, a quale dignità ti ho innalzato, come ti ho coronato di gloria e di onore, come ti ho fatto poco meno degli angeli, e tutto ho posto sotto i tuoi piedi
(Salmi 8,6-7). Ricordati non solo di quanto ti ho donato, ma quante cose terribili ed immeritate ho sofferto per te. Solo allora potrai capire quanto sei ingiusto verso di me privandomi del tuo amore. Chi infatti ti ama come ti amo io? Chi ti ha creato, se non io? Chi ti ha redento, se non io?"
(Dai "Trattati" di Baldovino di Canterbury, vescovo)

Con la morte e risurrezione di Cristo tutto è cambiato.
"Pace a voi..." in pratica "vi ho salvati" furono le prime parole del Risorto.
Ecco che, ciò che era l'impedimento mortale, in realtà diviene il motore della storia di salvezza preparata da Dio per l'uomo grazie al mistero pasquale.
Con la risurrezione di suo Figlio rende, infatti, palese che "tutto concorre al bene di coloro che amano Dio" (Romani 8,28)
Quella dei nostri progenitori fu una "felice colpa", felix culpa come s'esprime l'Exultet pasquale del Rito romano.
Sant Agostino, infatti, sostiene che: "Dio non permetterebbe il male se non fosse così onnipotente e buono, da trarre anche dal male un bene" e San Tommaso parlando della Divina Provvidenza argomenta che il male può così rientrare nell'ordine universale delle cose.

Il male e il peccato vengono a costituire ora sì un attrito nell'esistenza, ma nel contempo sono asserviti e domati.
Il demonio quindi è l'attrito dell'esistenza, e come in fisica l'attrito provoca l'entropia e il decadimento dell'energie più raffinate in calore così, lo spirito del male intende annullare il rapporto dell'uomo con Dio, con conseguenza del non senso della vita e tende a farlo regredire ad un insieme di impulsi di istinto ed al massimo di superstizione.
Come le automobili, però, non si muoverebbero se non vi fosse l'attrito, così la crescita nella vita spirituale non vi sarebbe senza il superamento di tentazioni con l'aiuto che viene dal Signore.
L'aiuto è concreto, con l'effusione della grazia e dello Spirito Santo e permette all'uomo di rialzarsi nelle cadute grazie ai sacramenti del battesimo e della penitenza, trasformando la propria vita in un servizio con i sacramenti del matrimonio e dell'ordine.
Questo aiuto rende la vita un'eucaristia e restituisce la gioia all'esistenza.

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