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ATTESA DEL MESSIA...

 
GIOBBE IN PROSA, SATANA E IL MESSIA

di Alessandro Conti Puorger
 
 

SATANA NEL LIBRO DI GIOBBE
Questo articolo è la continuazione di "Un testo in 'geroglifici' ebraici; il Libro di Giobbe" in questo mio Sito ove ebbi ad interessarmi di quel personaggio mitico e del suo dramma ed in cui, tra l'altro, presentai i capitoli 38-42, decriptati con criteri, regole e significati delle lettere ebraiche di "Parlano le lettere".
La finalità è d'apportare un ulteriore elemento di prova di come nel testo ebraico della Bibbia ebraica, detta Tenak, in virtù di quelle espressive lettere che ne formano l'alfabeto, l'epopea del Messia permea ogni parte ed è ordito e trama di ogni pagina e non solo questione di qualche sporadica profezia.
Questa epopea, peraltro calzante con l'essenza dei Vangeli, può essere estratta se si fa ricorso ai testi originari scritti con quei segni e con una lettura particolare, non solo con le regole della grammatica ebraica, ma anche utilizzando quei segni come immagini.
Tale, infatti, è il filone principale della mia ricerca iniziata tanti anni or sono, esplosa alla fine degli anni 90 e che presentai in Internet a partire dal 2003-4 con "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche".
Per comprendere vastità e il significati del tema propongo questi articoli:
Quel libro detto di Giobbe, che è "parola di Dio" per l'ebraismo e per il cristianesimo, di ben 42 capitoli, inserito tra i libri poetici e sapienziali della Bibbia è un testo composito, ispirato e scritto a più mani e in più tempi, quasi tutto in forma poetica che riporta discorsi sui rapporti di Dio con la giustizia, il male e la sofferenza dei giusti tramite discorsi di più personaggi - Giobbe, gli amici - Elifaz, Bildad e Sofar -, di un certo e misterioso Eliù e infine di IHWH stesso.
Del libro di Giobbe ho già provveduto a numerose decriptazioni:
Le uniche parti in prosa di tale libro sono un totale di 46 versetti:
  • il capitolo 1, di 22 versetti (Decriptazione in Appendice A);
  • il 2°, di 13 versetti (Decriptazione in Appendice B);
  • la II parte del capitolo 42,7-17, di 11 versetti. (Decriptazione in Appendice C)
In queste parti in prosa e solo nei capitoli 1 e 2 si parla del personaggio Satana che è nominato 14 volte nella traduzione in italiano della C.E.I. del 2008.
Questo Satana in tale testo appare come collaboratore di giustizia dell'Eterno, o meglio quasi un Pubblico Ministero, ma nel racconto già si scorgono elementi di dissidio con l'aspetto misericordioso del Signore.
Oltre quei complessivi 46 versetti, nella parte poetica interna vi sono poi alcuni brevi inclusi in prosa intesi a collegare in un unicum tra loro i discorsi dei vari personaggi.

La prosa tende a rivestire con una storia di carattere "midrashico", cioè con una parabola con sfondo di ricerca, il personaggio di Giobbe di cui parla il testo poetico.
Il periodo storico in cui idealmente si svolgerebbe la storia è indefinito e nemmeno è detto che Giobbe fosse ebreo; si sa solo che era "un figlio d'oriente" (Giobbe 1,3).
Questi comunque rappresenta il "giusto" di quei tempi, almeno tra gli uomini di questo mondo e tale, come vedremo, è riconosciuto dal Signore.
È però da tenere presente che l'Antico Testamento dichiara: "...non v'è uomo che non pecchi" (1Re 8,46) e "Tutti hanno traviato, sono tutti corrotti; più nessuno fa il bene, neppure uno." (Salmo 14,3), onde San Paolo precisa: "Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio" (Romani 3,23).
Perciò è un giusto relativo, ma fa intravedere l'attesa di un giusto assoluto.
Questo "Giusto", è stato visto dai padri della Chiesa quale prefigurazione del Cristo, il prescelto, l'eletto da Dio, che come Giobbe verrà perseguitato ingiustamente da Satana, ossia il diavolo, fino alla morte in croce, ma risorgerà.
(Girolamo, Gregorio Magno, Tommaso d'Aquino lo considerano figura di Cristo e Clemente Romano e Agostino, Origene e Cirillo di Gerusalemme vedono nel finale di Giobbe un anticipo della risurrezione.)

Giobbe pur se "giusto", infatti, è colpito da grandi disgrazie, onde s'agita il problema del perché del male fisico e spirituale.

Il male fisico gli venne, narra il testo, perché il Signore acconsentì di sottoporlo alle prove suggerite da Satana.
Giobbe, per contro, con santa rassegnazione e pazienza, disse con le labbra "...Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremmo accettare il male?" (Giobbe 2,10), ma nel suo intimo iniziò un combattimento.
Si fece viva in lui una serie di domande assieme ad un esasperato desiderio d'avere una risposta dal Creatore che per Giobbe è ora l'unica realtà concreta che gli è rimasta e in cui crede e vi s'abbarbica con tenacia per non essere travolto.
Questa lotta interiore è esplicitata nelle sue risposte ai discorsi dei vari personaggi nella parte poetica.

La parte poetica è però una raccolta di più testi, e nel complesso, appunto, propone all'attenzione un tema fondamentale, il problema del male, ma anche della conoscenza di Dio con un'esperienza concreta e non solo teorica o per sentito dire.
Il male cade in modo sconsiderato sui giusti e sugli ingiusti?
Spesso attraverso il male, che implica, come reazione il ricorso a Dio, Dio consegue il bene col rafforzamento e la purificazione della fede messa a prova nei giusti.
Qual'è in definitiva il motivo che contrariamente alla legge della "retribuzione", nonostante si comporti da giusto, Giobbe, subisce la punizione che la logica del tempo era pronta ad attribuire al fatto di non essere giusti?
Evidentemente non era giusto!
Questa è la semplicistica conclusione dei suoi amici andati per consolarlo.
Giobbe invece sostiene non spiegabile la sofferenza del giusto, ma gli amici lo ritengono peccatore e per la sapienza tradizionale, giustamente punito.
Elifaz anziano, parla con severità, Zofar giovane è più impulsivo e Bildad è moderato, ma tutti convengono che se Giobbe soffre è perché ha peccato e che agli occhi di Dio, pur se si ritiene giusto, non lo è.
Più Giobbe protesta innocenza, più s'irrigidiscono.
In pratica gli interventi degli stessi amici nella sostanza ritengono che Giobbe deve aver compiuto qualche ingiustizia e quindi divengono suoi "accusatori" in quanto per loro la legge della "retribuzione" è un assoluto.
Ma allora dovrebbero domandarsi chi dovrebbe essere esentato da ricevere punizioni, visto che ogni uomo è passibile di colpe e non vi sono, per il testo in prosa, uomini più giusti?

Si attua comunque così in pieno il destino del nome Giobbe , le cui lettere derivano dal radicale , "essere nemico, avversare, osteggiare", in una forma dubbia, simile ad un passivo, con valore di "osteggiato" o "avversato".
È quindi il tipico "avversato".
Prima tutto avversato dalla sorte, in quanto "guai si portano sulla casa ".
Poi, addirittura, gli si oppongono anche gli amici.
Secondo la parte in prosa però c'è di più; c'è appunto uno che l'avversa nei cieli, addirittura nell'assemblea celeste, e questi è Satana.

Giobbe è accusato di ritenersi giusto e di non esserlo... tanto più che è poco umile il dichiarare di esserlo.
Il personaggio misterioso di Eliù che "Si accese di sdegno contro Giobbe, perché si considerava giusto di fronte a Dio" (Giobbe 32,3) presenta presumibilmente la voce del Dio della giustizia 'Elohim.
Peraltro il nome di questo Eliù echeggia il nome di 'Elohim e un lettura particolare informa "da Dio è Lui ".
Che Giobbe sia poi considerato un giusto dal testo poetico non si può nemmeno evincere dal fatto che IHWH stesso poi gli parla.
Si pensi che IHWH nel roveto ardente si presentò a Mosè che in definitiva era stato un omicida.
Questa, così, non è una prova che Mosè fosse stato giusto, ma solo che IHWH può giustificare.
IHWH il Signore, infatti, è il nome che l'ebraismo associa all'aspetto "misericordia" della giustizia di Dio che prevede anche l'istituto della grazia.
Gesù, il Signore, misericordia incarnata, dirà: "Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori". (Matteo 9,13)

Dice, infatti, un midrash sui nomi di Dio: "Mosè avrebbe detto: Ecco, d'accordo io vado dai figli d'Israele a parlare a Tuo Nome. Se mi chiedono chi mi manda, io devo sapere qual'è il Tuo Nome. Rispose il Signore: Tu dunque vuoi sapere il Mio Nome. Sappi dunque che Io sono conosciuto secondo le mie opere. Ora mi chiamo El-Shaddai, ora Shabaot, ora Elohim, ora IHWH: allorché Io esercito la giustizia mi chiamo Elohim, allorché combatto contro la malvagità degli uomini mi chiamo Shabaoth, quando indulgo al peccato mi chiamo El Shaddai, quando mostro la pietà verso il mio mondo mi chiamo IHWH." (Shemòth Rabbà)

Giobbe, peraltro, chiede di parlare con lui, ma fino allora ciò non era mai avvenuto e lo chiede in questo modo:

"Allora un giusto discuterebbe con lui
e io per sempre sarei assolto dal mio giudice.
Ma se vado a oriente, egli non c'è,
se vado a occidente, non lo sento.
A settentrione lo cerco e non lo scorgo,
mi volgo a mezzogiorno e non lo vedo." (Giobbe 23,7-9)

La parte in prosa invece evidentemente, postuma alla poetica, asserisce chiaramente che Giobbe è giusto, anche se non usa tale termine, infatti questa è l'introduzione "Viveva nella terra di Us un uomo chiamato Giobbe, integro e retto, timorato di Dio e lontano dal male." (Giobbe 1,1)
Era pio, pregava e faceva sacrifici e purificava i figli "Quando avevano compiuto il turno dei giorni del banchetto, Giobbe li mandava a chiamare per purificarli; si alzava di buon mattino e offriva olocausti per ognuno di loro. Giobbe infatti pensava: Forse i miei figli hanno peccato e hanno maledetto Dio nel loro cuore. Così era solito fare Giobbe ogni volta." (Giobbe 1,5)

Il racconto prevede che vi fu una assemblea celeste: "Ora, un giorno, i figli di Dio andarono a presentarsi al Signore e anche Satana andò in mezzo a loro." (Genesi 1,6) e i figli di Dio sono i "beni 'Elohim" , i membri dell'Assemblea "'Elohim".

In quella riunione il Signore stesso, IHWH, evidentemente il capo dell'assemblea celeste, è convinto che Giobbe sia il migliore uomo della terra: "Il Signore (IHWH) disse a Satana: Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, timorato di Dio e lontano dal male." (Giobbe 1,8)
Nessuno è come lui sulla terra pone in evidenza però che Giobbe era il più giusto in modo relativo, ma non era la perfezione assoluta, cioè il "Giusto".
Se ne deduce che per l'autore Giobbe visse probabilmente prima di Abramo, Isacco e Giacobbe, visto che Giobbe, a quei tempi, è il migliore della terra, ma ciò nonostante è inviso a Satana.
Se ne deduce ancora che IHWH aggiunse poi a Giobbe, come ai patriarchi, con la rivelazione personale quanto mancava per la giustizia desiderata.
Giobbe è perciò un esempio di fede approvata da Dio, perché Dio stesso ce lo presenta come il migliore e come "il mio servo", parola questa che Dio ci propone in Giobbe 1,8 e si ripete sulla bocca di Dio anche alla conclusione del libro in Giobbe 42,8.
Si profila al riguardo evidentemente l'inizio di uno scontro tra Dio e Satana... e Giobbe ne farà provvisoriamente le spese!

Satana è quindi un angelo del Signore tra i "figli" "ben" , perché come tutti gli angeli ha ricevuto "dentro l'energia " del Signore stesso e per questo fa parte della divinità anche se ne verrà poi escluso.
Ecco che il testo in prosa ha personalizzato gli amici, avversari finali, inconsapevoli di Giobbe, nell'angelo Satana che appunto è colui che contraddice, l'accusatore in giudizio, colui che si oppone e che nell'angelologia ebraica prende il nome di "Satanael", angelo al quale Dio dà il compito di verificare le vere intenzioni dell'Uomo, la purezza del suo amore e della dedizione a Dio e di riportare al Signore i peccati degli uomini.
Nel giorno di Yom Kippur in vista del perdono e dell'espiazione dei peccati, infatti, è pregato Dio di far tacere Satan.
Le lettere del nome parlano di un'energia (in egiziano antico la N era un'onda ), di un angelo, quindi, di una luce, ossia di illuminare , e di un occhio socchiuso , perciò è un angelo che scruta con attenzione l'operato di qualcuno.
Giobbe era un uomo "fortunato", "Gli erano nati sette figli e tre figlie; possedeva settemila pecore e tremila cammelli, cinquecento paia di buoi e cinquecento asine, e una servitù molto numerosa. Questo uomo era il più grande fra tutti i figli d'oriente." (Giobbe 1,2-3)
Ci sono tutte le condizioni di far nascere un dubbio: buono, retto perché fortunato o fortunato perché veramente buono ed integro.
C'è poi quella notazione "il più grande fra tutti i figli d'oriente".
Credo che questo fatto disturbi molto colui che vuole essere il più potente almeno della terra, l'angelo che si è preso cura in particolare di questa, proprio Satana... quello che per la tradizione si era mascherato da serpente in Genesi 3, il più furbo.
Di fatto questi s'era preso la briga di verificare la terra in lungo e in largo, infatti: "Il Signore chiese a Satana: Da dove vieni? Satana rispose al Signore: Dalla terra, che ho percorso in lungo e in largo." (Giobbe 1,7)

A questo punto nel "midrash" di Giobbe accade che Satana tenta di far nascere nel Signore l'idea che Giobbe abbia un comportamento interessato e suggerisce che forse, se non avesse tutti i beni e gli affetti che il Signore nella vita gli ha concesso, il beneficato mostrerebbe l'istinto egoista e la falsità del proprio essere religioso.
In definitiva, in questo caso è Satana che propone al Signore di "mettere alla prova" Giobbe per verificare se è veramente giusto.
La prova è portata in modo esasperato e drammatico non solo sui beni, ma addirittura con la morte dei sette figli e delle tre figlie di Giobbe.
Pur se Giobbe resta saldo e fermo nella propria fede, Satana non si ferma, e propone al Signore di colpire Giobbe nella salute, ma condizione unica da parte del Signore e che lo preservi in vita.
Così avviene!
Giobbe ricevette una malattia della cute, forse un "pemfigo volgare", malattia autoimmune a carattere cronico e progressivo che, come riconosciuto dalla medicina ufficiale, colpisce alcuni casi su un milione.
(L'etnia più colpita è l'ebrea - Ahmed, A. R.; Wagner, R.; Khatri, K.; Notani, G.; Awdeh, Z.; Alper, C.A.; Yunis, E. J 1991. "Major histocompatibility complex haplotypes and class II genes in non-Jewish patients with pemphigus vulgaris". Proc. Nat. Acad. Sci. 88: 5056-5060).

Giobbe resta saldo e paziente e proclama: "Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!" (Giobbe 1,21), nonostante che la moglie "insensata" lo tenta a maledire Dio.
Giobbe chiama in gioco direttamente IHWH che poi gli parlerà e Giobbe conclude "Ti ho conosciuto per sentito dire, ma ora ti ho visto!" (Giobbe 42,5).
Giobbe ha fatto un salto notevole passare dalla spiritualità razionaleggiante alla comunione con la divinità.
Per grazia gli fu restituita la primitiva posizione, riebbe 7 figli e 3 figlie e l'agiatezza con il doppio dei beni e altri 140 anni di vita... preludio alla resurrezione finale.
Dice appunto la lettera di Giacomo 5,11: "Ecco, noi chiamiamo beati quelli che hanno sopportato con pazienza. Avete udito parlare della pazienza di Giobbe e conoscete la sorte finale che gli riserbò il Signore, perché il Signore è ricco di misericordia e di compassione."
(Giobbe è ricordato anche dal profeta Ezechiele al capitolo 14)

L'autore ultimo del libro di Giobbe, in conclusione, negli eventi biblici in cui il Signore mette alla prova qualcuno, pare invitare a meditare sull'azione indiretta di Satana, che nel caso di Giobbe opera in definitiva col permesso del Signore.
Il discorso a questo punto si fa difficile e merita un approfondimento.
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