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RICERCHE DI VERITÀ...

 
PACIFICARSI
CON LA PROPRIA STORIA

di Alessandro Conti Puorger
 

LE DUE TAVOLE DELLA TESTIMONIANZA
L'uomo si trova in questo mondo non per propria volontà.
Ciascun uomo poi ha una storia diversa da ogni altro proprio simile ed è immerso in una realtà precostituita, sia fisica per i geni che gli sono stati forniti, sia familiare, sia sociale, sia storica e per altri eventuali fatti su cui non ha potuto avere alcuna influenza.
Aldilà delle esperienze personali tali condizioni esterne influiscono certamente sull'idea che l'individuo riesce a farsi sull'esistenza o meno di Dio, creatore del cielo, della terra e della storia.
Non indifferenti, poi, sono le conseguenze nelle proprie scelte di vita della conclusione personale a cui perviene su tale fondamentale tema.
L'uomo, infatti, può essere definito un essere religioso.
Disse San Paolo agli Ateniesi parlando del Dio ignoto: "...creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l'ordine dei tempi e i confini del loro spazio, perché cercassero Dio, se mai arrivino a trovarlo andando come a tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo." (Atti 17,26-28).

Le scelte che può fare l'uomo di fatto sono appunto in varia misura condizionate dalla famiglia, dalla società, dall'educazione e dalle esperienze, insomma da fatti che in qualche modo non sono tutti sotto il proprio controllo e che incidono sulla fermezza della stessa propria fede che poi, aldilà di tali condizionamenti e premesse, comporta la presa di coscienza dell'amore e dell'intervento di Dio stesso nella propria vita.
Ciascuno in definitiva è un caso speciale.
Chi non crede d'essere al mondo per effetto della casualità s'attende che solo la giustizia divina potrà giudicare sull'esito dell'operato del singolo, in quanto solo un essere di sapienza infinita potrà considerargli e valorizzargli quanto quelle condizioni che ha goduto o subito possano costituire attenuati del comportamento e giustifichino i risultati.
Ecco che tutti sono uguali per la legge divina che appunto terrà conto delle peculiarità di ciascuno garantendo l'equità soppesando tutte le situazioni.

Ciò premesso, per entrare nel discorso pratico di ciò che è la volontà di Dio per l'uomo e ciò che questi deve considerare importante, non posso che riferirmi ai comandamenti riconosciuti fondamentali nel mondo giudeo - cristiano in cui ci troviamo radicati.

Dice, infatti, il libro del Siracide:

"Rifletti sui precetti del Signore,
medita sempre sui suoi comandamenti;
egli renderà saldo il tuo cuore,
e il tuo desiderio di sapienza sarà soddisfatto." (Siracide 6,37)

Per chi appartiene al popolo cristiano, poi, la legge che è espressa nelle Sacre Scritture s'è fatta carne misericordiosa in Gesù Cristo che l'ha portata a compimento ed insegnata con le parole e con la propria vita, dando anche la forza per farla propria col dono della Sapienza attraverso lo Spirito Santo.
Questi comandamenti sono come picchetti di confine, che hanno un'enunciazione uguale per tutti pur se ciascuno parte e percorre la via della propria vita con handicap diversi.
Tutti comunque sono chiamati a percorrere il proprio tracciato entro le tracce di quei limiti, oltre i quali vi sono burroni ed abissi mortali.

Com'è noto sul Sinai, dopo il peccato del vitello d'oro, Mosè ruppe le prime due Tavole della Testimonianza.
Impetrato e poi ottenuto il perdono di Dio per il popolo, ricevette l'ordine di tagliare altre due tavole a testimonianza del patto, simili alle prime su cui Dio stesso scrisse le parole.
Tale fatto è raccontato:
  • in Esodo 34 - dopo che le parole del patto su quelle tavole erano state già enunciate in Esodo 20.
  • in Deuteronomio 10 - dopo che le parole di quel patto erano state riportate in Deuteronomio 5.
Dal combinato di tali eventi sotto l'aspetto temporale, essendo chiaramente il libro del Deuteronomio, appunto "Seconda Legge" come vuol dire il nome, successivo a quello dell'Esodo, l'interpretazione tradizionale è che il testo del patto scritto su pietra di Deuteronomio 5 sia la seconda versione.
Con ciò si tendono a spiegare alcune varianti rispetto alla stesura delle tavole di Esodo 20 che è considerata essere la prima.
In Deuteronomio 5 vi sono, infatti, parole in più, oppure delle omissioni.
Alcune norme poi sono presentate con parole diverse rispetto a quelle del decalogo di Esodo 20.
In "Ritorno al Sinai", nel paragrafo "Pensieri vari collegati alle Tavole"; ho evidenziato tra l'altro che il commentario Bàal Haturim mette in evidenza che in ebraico la seconda versione dei Dieci Comandamenti di Deuteronomio 5,6-22 per quelle varianti aggiunte e diminuzioni è più lunga di quella dell'Esodo 20 per un complessivo di 17 lettere originarie.
Questo numero 17 corrisponde alla somma del valore numerico delle lettere della parola "Tob" "bontà", "felicità"; ( = 2) + ( = 6) + ( = 9) = 17.
Accade poi che il concetto d'essere felici, che sottende appunto il valore gimatrico pari a 17, si trova proprio aggiunto circa a metà del decalogo nella seconda versione e per tale motivo nel testo del decalogo appare l'unica lettera "tet" del patto che non esiste in Esodo 20.
Questa lettera rappresenta il cuore, l'amore, l'utero di misericordia del Signore che ha concesso le seconde Tavole, con le quali ha stabilito di sposare, comunque, la propria innamorata, il popolo d'Israele, pur se s'era prostituita con gli idoli.
Tale aggiunta è inserita nel comandamento "Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio" di Esodo 20,12 che così risulta integrato di una promessa di felicità e nel testo di tale comandamento riportato in Deuteronomio 5,16 vi appare nel seguente modo: "Onora tuo padre e tua madre, come il Signore, tuo Dio, ti ha comandato, perché si prolunghino i tuoi giorni e tu sia felice nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà."
Questo comandamento per tale aggiunta è messo come in risalto e và particolarmente considerato.
Diviene questo così come il bandolo della matassa che permette di comprendere lo spirito e lo scopo dei comandamenti, perché la finalità di questi in definitiva, della felicità dell'uomo, che purtroppo mal sopporta i divieti.
Al riguardo, c'è stato chi ha commentato che se quella promessa di una vita felice fosse stata inclusa nella prima versione delle tavole, col venire queste rotte da parte di Mosè in occasione dell'episodio del peccato di idolatria del vitello d'oro, poteva pensarsi che per sempre fosse anche svanita la promessa al popolo di Israele di una vita felice.
Dio, invece, bontà sua, con quella promessa che ha voluto inserire scrivendola a Mosè nella durevole seconda versione delle Tavole, valida ormai in eterno per entrambi - Dio e popolo - ha rivelato tutto il suo cuore tenero per la sposa che ama d'amore infinito.
Il comandamento di onorare il padre e la madre, oltre che insegnare all'uomo come comportarsi nella propria vita familiare, è anche una legge che guida nel cammino spirituale.
Dalla Qabbalah o tradizione questa è chiamata la legge "del padre e madre", in ebraico "'Abba ve 'Ima".
Per una guida spirituale completa, efficiente ed efficace occorrono per il figlio, infatti, sia le qualità maschili, del padre, quelle cioè che implicano timore, rispetto, decisione, determinazione, forza spirituale e giustizia, nonché quelle femminili della madre come dolcezza, tenerezza, pazienza e misericordia, che destano confidenza, ma tutte mirate all'obiettivo unico dell'amore.

La tradizione poi ritiene che 5 dei 10 comandamenti scritti da Dio fossero sulla prima tavola e 5 sulla seconda.
Sulla prima vi sarebbero stati i comandamenti che riguardano Dio e sulla seconda quelli che riguardano il prossimo: "Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede." (1Giovanni 4,20)
Dall'ebraismo, poi, il comandamento di "Onorare il padre e la madre" è considerato inserito nella prima tavola, il 5° dei primi 5.
Accade così che i genitori si trovano in posizione intermedia tra Dio e il prossimo e poi spiegheremo il perché.


Tra le due tavole i sapienti d'Israele hanno scorto le seguenti corrispondenze tra i 5 comandamenti delle due tavole, secondo come vi sarebbero scritti per la tradizione ebraica, vale a dire il 1° con il 6°, il 2° con il 7°, il 3° con l'8° e così via, secondo la numerazione che danno a loro gli ebrei:
  • il 1°: "Io sono il Signore Dio tuo" con il 6°: "Non ucciderai", infatti, chi uccide è come se sopprimesse l'idea di Dio che ha fatto l'uomo a propria immagine e somiglianza;
  • il 2°: "Non avrai altri dèi" con il 7°: "Non commetterai adulterio", in quanto chi presta culto a divinità pagane è come se commettesse adulterio nei confronti del Creatore che ci ha sposati;
  • il 3°: "Non pronuncerai invano il nome del Signore" con l'8°: "Non ruberai", perché chi froda per difendersi è disposto anche a giurare il falso;
  • il 4°: "Ricordati del giorno del sabato" con il 9°: "Non pronuncerai falsa testimonianza", perché è come testimoniare che il Signore non è il creatore, in quanto "Voi siete i miei testimoni" (Isaia 43, 10);
  • il 5°: "Onora tuo padre e tua madre" con il 10°: "Non desidererai", perché il desiderio dei beni fa trascurare l'affetto e l'amore anche più importante, quello verso i propri genitori e tanto più verso il prossimo.
    Su tale ultimo però è da considerare altro come vedremo in seguito.
Come si può verificare, sulla prima tavola c'erano tutti comandi in positivo e sulla seconda quelli in negativo, vale a dire solo divieti comportamentali nei riguardi del prossimo, cioè quelli che in ebraico sono tutti preceduti da "l'o" , ossia da un "non".
Il "no" quindi diviene prerogativa del demonio.

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