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LA LIBERTÀ È UN CAMMINO
di Alessandro Conti Puorger

PENSIERI IN LIBERTÀ
Molto è stato scritto e detto sulla libertà, perché tanti sono quelli che l'hanno desiderata, sperata e cercata almeno una volta nella vita prima di prendere atto che per l'uomo la libertà in questo mondo è sempre condizionata.
Siccome non si può incapsulare, proprio perché è libera, è vivisezionata in tante forme per tentare di poterne goderne almeno un qualche aspetto.
Ecco, quindi, che si parla di libertà fisica, morale, giuridica, economica, politica, di pensiero, metafisica, religiosa, ecc..
La libertà comporta però una piena conoscenza per fare le giuste scelte e di per sé non sopporta altri limiti!
E chi ha piena conoscenza di tutto?
Ossia chi veramente è pienamente libero di intendere e di volere?

"Libertà va cercando, ch'è sì cara..." (Purgatorio 1,71) sono le parole che nel poema della "Divina Commedia" Virgilio rivolge a Catone per presentargli il sommo Dante, ricercatore di libertà, che evidentemente in tale modo, in definitiva, si compiace di autodefinirsi.
L'Alighieri, per cercare la libertà, con quella superba opera poetica che appunto è la sua "Divina Commedia", avente anche l'intento di ricerca e di introspezione etico-metafisica, immagina addirittura d'uscire dalla terra ove vivono gli uomini e d'entrare nel regno dei morti e poi dei veramente vivi, per passare in rassegna inferno, purgatorio e paradiso onde udire dalla loro viva voce le dirette esperienze dei più grandi di tutti i tempi - peccatori, uomini e donne d'ingegno, poeti, guerrieri, eroi e santi.

La libertà, infatti, in forma nitida, piena e smagliante, per gli aristotelici come Dante, fa parte del mondo delle idee e solo lassù nell'empireo o mondo platonico vive in pienezza, onde Dante, grande ammiratore del platonismo, ma anche cristiano adulto in continua ricerca, va in definitiva fin anche dove i viventi non possono che fermarsi per esplorarne l'esistenza.
A monte di tutto ciò che è il brutto e l'efferato e di ciò che è il bello e il buono sta, infatti, la libertà, interpretata in modo errato e/o giusto.
Questa è intuitiva, spunta quando occorre, altrimenti risiede nascosta nelle pieghe della mente degli uomini.
Lei è come il sole, ma basta una nuvola per velarla.

"La libertà è come l'aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare." (Piero Calamandrei "Discorso sulla Costituzione" 1955)

Non sempre però l'idea della libertà in ogni tempo è sembrata essere chiara, perché il suo embrione, che pur c'era, ha preso gradualmente consistenza e corpo sempre meno timidamente nei pensieri degli umani con lo sviluppo delle menti dell'umanità fino all'attuale "homo sapiens sapiens".
I nostri progenitori comunque l'hanno da sempre avuta impressa almeno come desiderio nei propri recessi ed è emersa man mano che vi scavavano per qualche necessità o limite di cui prendevano coscienza.
La libertà, infatti, è il desiderio primo dell'uomo, ma ne diviene evidente la mancanza non appena si palesano eventi che ne limitano l'esplicazione.
Condizionamenti e limitazioni però sono d'ogni specie e i più sensibili li trovano ad ogni piè sospinto.

Ecco che libertà, nel senso comune di oggi, ormai purtroppo significa assenza di limiti, non avere impedimenti provenienti dall'esterno e ciò non sempre è un bene se non si ha anche un pieno e retto discernimento.
Chi non vorrebbe poter agire senza alcun tipo di costrizioni e di limitazioni?
Non c'è però persona al mondo che si possa ritenere o definire pienamente libera.
Nel contempo anche l'amore, come la libertà, non sempre riesce spontaneo, anzi se si va un poco a fondo, aldilà del sentimento, se non ci si vuole illudere, ci si rende conto che l'amore vero è merce assai rara.
Evidentemente libertà e amore sono strettamente connessi.
La prova assoluta dell'amore è il dare la vita per l'amato, ma il fatto oggettivo di non possedere la vita in pienezza, bensì condizionata, risulta essere il limite principale comune sia all'amore sia alla liberta.
Penso proprio che più l'uomo riesce a progredire nel conquistarsi il campo della vera libertà più riesce ad amare.
Se non c'è possibilità di scelta però non c'è libertà.
Del resto non poteva essere libero nemmeno Adamo nel Gan Eden se non avesse avuto almeno la possibilità di una scelta.
Lì nel Paradiso Terrestre al primo bivio che trovò davanti, quello di rispettare o meno l'ordine di non mangiare di uno degli alberi disponibili, quello della conoscenza del bene e del male, sbagliò strada.
Per scegliere bene peraltro occorre avere perfetta conoscenza di tutti i dati del problema sul tappeto e ciò comporterebbe l'onniscienza che invece è preclusa all'uomo che appunto è limitato.

Chi ha potuto scegliere di nascere, chi ha scelto il padre e la madre, i fratelli e le sorelle, e il dove vivere e in quale tempo?
Ed ancora chi ha potuto scegliere le proprie condizioni di salute, che dipendono in gran parte dall'ereditarietà, la propria condizione sociale ecc.?
Chi ha potuto evitare di invecchiare o comunque di morire?

È in primo luogo da considerare quale sia il bene del singolo che poi è il bene comune di ciascuno il cui rispetto è fondamentale.
La vita è il bene primo, unico ed essenziale, da difendere.
I nostri progenitori, già cacciatori, al contatto con la natura si sono abituati a vedere l'evento della morte negli animali ed hanno compreso in modo inequivocabile che a loro comunque erano associati, costretti, infatti, a sparire dalla presenza terrena nel ciclo delle nascite e delle morti per legge naturale.

C'è quindi un tetto, un vincolo ineluttabile che chiude l'orizzonte temporale dell'uomo e pare precludere ogni aspirazione all'eternità relegando l'uomo in un segmento più o meno breve della retta del tempo.
Non solo, ma altre mine s'incontrano nel percorso della vita.
Ogni limitazione che s'incontra, divenendo palese inevitabilmente prima o poi è catalogata quale mancanza di libertà.

Ecco che in aggiunta alla morte, nel corso della vita esistono limitazioni per mancanza o carenza di salute, con il palesarsi di malattie, e chi riesce a sopravvivere in genere si ritiene fortunato se è costretto comunque a subire gli insulti fisici della vecchiaia.
Quindi salute, malattia, vecchiaia e morte, sono, esperienza comune, strettamente legate allo sviluppo della vita su questa terra e costituiscono limiti ineluttabili per ciascun uomo.
Tutto ciò segnala la presenza di una mancanza di libertà congenita.

L'uomo primitivo sano o anche solamente giovane che non ha ancora riflettuto o ritiene ancora troppo lontani quei problemi della vecchiaia e della morte sente con maggiore peso altri condizionamenti quali quelli legati ad altre possibilità di sopravvivenza, connessi alle difficoltà di sostentamento per carente disponibilità di materie prime e di libertà di movimento per i limitazioni del territorio, familiari e/o sociali.
Difficoltà di trovare cibo, alloggio, di poter formare una famiglia, sono espressioni evidenti di libertà impedita.
L'uomo stesso, inoltre, in aggiunta a tutti i limiti che lo circondano e lo impacciano è, da tempo immemorabile, divenuto spesso aguzzino dei propri simili, dapprima addirittura col cannibalismo e poi, fino ad oggi, riducendoli in schiavitù più o meno velata per sottrar loro ciò che ritiene fondamentale: forza, beni, mano d'opera e capacità particolari.
L'uomo di ogni tempo ha inteso e tende, infatti, a imporre limitazioni aggiuntive ad altri uomini considerandoli come animali o addirittura strumenti ed oggetti, con vincoli che si esplicano in forme più o meno velate di schiavitù.
La schiavitù, poi, s'è evoluta in campo economico con l'istituto del prestito che comporta interessi e quindi tempo e lavoro da parte del debitore fino a che tutta la vita di questo è dedicata a pagare il debito.
La mente dell'uomo ha poi elaborato in se stesso, forme di malattie o disturbi, che possono limitare l'affermarsi della personalità con fatti psicofisici, paure, fobie e parossismi vari.
Ciascuno poi ha una propria individualità che lo differenzia dall'altro e, di fatto, lo fa vivere da separato dagli altri con relazioni misurate fino al limite dell'isolamento totale, non solo perché è civile, sociale ed etico rispettare la libertà dell'altro, ma alcune volte in modo pressoché patologico a strenua difesa della propria individualità per paura della morte e di limitazioni al proprio essere.

L'ESSERE LIBERO
Tutte queste limitazioni, di fatto, divengono un imperativo che limitano la libertà personale e spesso frenano la piena amicizia e non consentono la compenetrazione integrale con le persone che più si dovrebbero amare lasciandoci vivere come separati in un'ampolla impenetrabile, sfera che difende, ma impedisce... schiavi, perché non riusciamo a romperla a causa della vittoria dell'egoismo.
Alle aspirazioni di profonda e totale libertà che l'uomo da solo non riesce a conquistare, tentano, allora, di fornire una risposta filosofie e religioni.
Sta il fatto che uno solo, infatti, può agire senza costrizioni di qualsiasi genere, salvo quelle che eventualmente da se stesso s'impone e questi dalla teologia è definito col termine di Essere Assoluto... insomma l'entità che chiamiamo semplicemente Dio.
È quella di Dio un'idea estrapolata, un'utopia che s'infrange con la realtà sensibile relegandoci in definitiva ad essere tutti manifestazioni limitate nel tempo e nello spazio, seguendo solo le leggi naturali così come le conosciamo, o possiamo considerare Dio veramente un Essere concreto, la corona che nobilita e dà senso all'esistenza che altrimenti presenterebbe tutta la sua vacuità e così diviene la soluzione per l'uomo?
Troppo grande ed irrefrenabile è l'aspirazione alla libertà ed è da desiderarsi con tutto se stesso e se qualcosa nel proprio spirito suggerisce che questa è possibile è da andare alla fonte facendosi guidare da maestri retti e disinteressati e provarne le argomentazioni che ne comprovano l'esistenza nella storia, gli effetti sugli altri e soprattutto personalmente farne la prova.
Non a caso il primo evento che è alla base e il motore di tutto il contenuto dei sacri libri della Bibbia intesi a rivelare gli atti dell'Eterno e che hanno aperto le religioni abramitiche - ebraismo, cristianesimo ed islam - a cui almeno nominalmente appartiene il 50% dell'umanità, è l'evento della Pasqua, la liberazione di un popolo dalle schiavitù dell'Egitto, paradigma di una libertà totale che deve compiersi.

Il cristianesimo poi, ricorda martiri autorevoli e tanti testimoni attendibili che hanno testimoniato l'avvenuta incarnazione di Dio in Gesù di Nazaret.
Ciò è sostenuto da un fatto, che l'amore vince la morte anche quella fisica e che quegli era veramente il Cristo, il primo dei risorti dai morti.
La morte, infatti, non ha potuto trattenere Gesù in proprio possesso, ma avendo in sé amore infinito per tutti, l'amore stesso è stato la mina che l'ha distrutta.
Tale evento è presagio certo di vittoria per ciascun uomo, sì che già da solo l'annuncio di tale evento, il Kerigma ("Il Kérigma di Cristo risorto nell'Antico Testamento"), è capace di sciogliere i lacci che imprigionano per paura della morte.

Vale perciò la pena di seguire il filone della libertà nelle Sacre Scritture certi che quel rivolo ci porterà sicuramente alla fonte desiderata.
Queste Scritture in primo luogo sottolineano la stessa origine di tutta l'umanità da un'unica prima famiglia, la famiglia di Adamo, il cui padre e madre non sono umani, ma è Dio stesso, riscattati dalla disgrazia in cui sono caduti grazie a Gesù Cristo inviato per amore a servirci: "Tutti voi infatti siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c'è Giudeo né Greco; non c'è schiavo né libero; non c'è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. Se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa." (Galati 3,26-29)
Si conclude che chi entra in tale fede appartiene di fatto al popolo di Dio.
I profeti hanno annunciato la venuta di un tempo messianico.
In particolare il profeta Isaia richiamato in Matteo 11,5 così profetizzò: "Dite agli smarriti di cuore: Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio... viene a salvarvi. Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo..."(Isaia 35,4-7)
Chiaramente poi indica: "Ci sarà un sentiero e una strada e la chiameranno via santa; nessun impuro la percorrerà e gli stolti non vi si aggireranno." (Isaia 35,8)

Presentai decriptato l'intero capitolo Isaia 35 in "In cammino alla ricerca della perla preziosa".
Interessa ora dimostrare il decriptato del versetto 35,8 perché esemplificativo per il discorso che vado introducendo ed utile per dimostrare ulteriormente l'efficacia del metodo di decriptazione proposto da questo mio Sito.
Riporto così il testo ebraico del versetto Isaia 35,8:

Ci sarà un sentiero e una strada
e la chiameranno via santa
nessun impuro
la percorrerà
e gli stolti non vi si aggireranno.

"E uscito Iah , sorto dalla Madre . Alle tentazioni () del serpente si reca per toglierli prestanza (). Perla di rettitudine , porta una via al mondo di santità . È a versare dal corpo la divinità nel mondo . Il rifiuto è dal Servo all'angelo (ribelle) portato . Il Cuore ai viventi l'Unico ha recato . Lui stesso il Potente ai viventi si porta nel mondo da cammino , la Via . Reca all'empio che sta nei viventi il rifiuto . È dagli smarriti () a portarsi !"

E tutto di seguito esce il disegno del Signore.
"E uscito Iah (IHWH), sorto dalla Madre. Alle tentazioni del serpente si reca per toglierli prestanza. Perla di rettitudine, porta una via al mondo di santità. È a versare dal corpo la divinità nel mondo. Il rifiuto è dal Servo all'angelo (ribelle) portato. Il Cuore ai viventi l'Unico ha recato. Lui stesso il Potente ai viventi si porta nel mondo da cammino, la Via. Reca all'empio che sta nei viventi il rifiuto. È dagli smarriti a portarsi!"

LIBERTÀ NEL CLASSICISMO
In lingua greca il termine libertà è "Eleuteria" "Eleuteria" da "eleutheros" che significa "propriamente del popolo", quindi in sostanza sta a rappresentare lo status di un individuo che gode di pieni diritti civili e politici, non schiavo, ma "libero".
Al riguardo è da considerare che ogni popolo in genere ha avuto un nucleo iniziale d'origine per associazione di famiglie famose divenute i caposaldi, spesso quindi, "aristocratiche", che costituivano clan o tribù e tendevano a crescere anche per affrancamento degli schiavi che spesso rimanevano strettamente collegati con le famiglie in cui avevano servito.
Qualcosa del genere è accaduto anche nell'antica Roma.
Ecco che in latino il termine per libertà è "libertas" da "liber" che in lingua latina significa figlio.
Libertà, quindi, nel periodo classico, equivale all'appartenere ad una data famiglia grazie ad una paternità e per estensione al popolo formato da quelle famiglie, distinto per nascita dagli schiavi.
In definitiva, il figlio di una famiglia fondatrice era sicuramente un uomo considerato libero.
Gesù, pare proprio riferirsi ad un tale concetto, quando disse: "In verità, in verità vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora lo schiavo non resta per sempre nella casa, ma il figlio vi resta sempre; se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero." (Giovanni 8,35s)
La libertà così riguarda il cittadino che è sufficientemente libero da impegni di lavoro e di sopravvivenza onde non è limitato nell'adempiere ed esplicare essenziali funzioni politiche e religiose che gli spettano nella propria città.
È esemplificativo al riguardo quanto secondo Tucidite avrebbe detto Pericle: "Siamo i soli a considerare chi non partecipa (agli affari pubblici) non già inerte (apragmon) ma inetto (achreios)" (II 40,2)
L'essere libero, del popolo è definizione che contrappone ai nemici, esterni, es. Persiani, Ateniesi, Spartani ed interni, quali i tiranni cacciati dalla polis.
Il cittadino libero ha il diritto di non essere arrestato, di non essere tenuto in carcere, maltrattato o condannato a morte, se non transige alla legge definita dal popolo.
Ha altresì il diritto di poter esprimere la propria opinione, di scegliere il proprio lavoro e di esercitarlo, di disporre della propria proprietà, di associarsi con chi preferisce.
La libertà in senso greco e romano aveva quindi valore diverso da quello del mondo occidentale di oggi, ove libertà è associata ad uguaglianza di diritti ed al libero arbitrio.
Per il greco, e poi per il romano, libero è colui che può disporre del comando sull'altro, sulla donna, sullo schiavo, sulla figliolanza e solo questi ha pieno diritto nella polis.
Per contro l'uomo è considerato sempre sottoposto al Fato che è in quelle culture è personalizzato e divinizzato.

Il Fato in effetti è un termine di origine latina - "fatum", ovvero "ciò che è detto" - che sottintende implicitamente la decisione irrevocabile di un dio.
(Il plurale di "fatum" è "fata", onde nell'immaginario fantastico ecco le fate delle fiabe.)
Fu questo Fato immaginato cieco, poiché interviene nel corso della vita degli uomini senza ragione e fu personalizzato col Destino, figlio del Caos e della Notte, al quale nessuno, pare nemmeno gli dei secondari dell'Olimpo possono sottrarsi, almeno così afferma a Sibilla dell'Oracolo di Delfi, e sotto tale aspetto nessun uomo o semidio è libero.
Al limite, il fato, secondo gli antichi, può essere soltanto penetrato con oracoli e vaticini, ma mai può venire a modificarsi.
Le principali ministre del Destino per i greci sarebbero le tre Mòire o Parche (così chiamate dai Romani), figlie della Notte e dell'Erebo o "tenebre", una specie di abisso tenebroso.
Al momento della nascita queste distribuiscono agli uomini la sorte che spetta loro, buona o cattiva e sono chiamate:
  • Cloto la "filatrice", che con la conocchia dipana il filo della vita;
  • Lachesi, dispensatrice della sorte, che assegna a ciascuno il proprio destino;
  • Atropo, l'inflessibile, che taglia il filo della vita.
NELLE SACRE SCRITTURE GIUDEO-CRISTIANE
Nella traduzione della Bibbia in italiano della C.E.I. del 1975 il termine "libertà" è presente soltanto 39 volte.
Di queste 21 volte appare nei testi cristiani del così detto Nuovo Testamento e 18 nei libri del Antico Testamento.
Di queste 18 volte:
  • soltanto 3 nella Torah ed in particolare unicamente nel libro dell'Esodo 21 ai versetti 5, 26 e 27, quando si parla dell'affrancatura di uno schiavo;
  • 2 volte in Isaia, in 32,20 e 61,1;
  • 3 volte in Geremia tutte nel capitolo in 34 ai versetti 8.15 e17;
  • 10 volte nei libri deuterocanonici e precisamente in Giuditta 16,23, 1 Maccabei 10,33; 13,16; 14,26, 2 Maccabei 6,13; 10,21, Siracide 7,21, 25,25, 30,11 e 33,26.
Esaminando i testi del libro dell'Esodo si trova che viene tradotto con "libertà" il termine specifico di "chafeshi" che in esso vi si trova:
  • Esodo 21,5 - "Ma se lo schiavo dice: Io sono affezionato al mio padrone, a mia moglie, ai miei figli; non voglio andarmene in libertà ..."
  • Esodo 21,26-27 - "Quando un uomo colpisce l'occhio del suo schiavo o della sua schiava e lo acceca, gli darà la libertà in compenso dell'occhio. Se fa cadere il dente del suo schiavo o della sua schiava, gli darà la libertà in compenso del dente."
In pratica il padrone farà uscire lo schiavo dalla condizione di .
Lo stesso termine ebraico di "chafeshi" si trova nel testo ebraico anche per tre volte in Deuteronomio 15,12.13.18, sempre relativo agli schiavi ed è tradotto dalla C.E.I. con "lo rimanderai libero", in definitiva "affrancato", quindi anche "franco" da pesi civili e da tasse, secondo il radicale che si trova così usato anche in Levitico 19,20, per dire libero dal peso della "chafeshi".

Considerato che "chap" è 'innocente, puro" e "shi" è "dono" a quell'individuo è ridata la dignità, nel senso che sarà puro per dono .
Tale radicale , in effetti, ha anche altri significati, quali "investigare, cercare, esaminare, essere ricercato" e le lettere in forma grafica lo consentono in quanto fanno vedere uno che "del nascosto la faccia Illumina ", per riconoscerlo, quasi per farlo uscire dall'oscurità.
Infatti, "chuppa" è copertura e "sh" graficamente è luce, ossia "coperto per la luce", in definitiva, in ombra.
Ecco che il verbo ha anche l'accezione di "nascondersi" usato anche per chi ha un morbo o un'infermità particolare onde deve vivere in luoghi, in case separate "chafeshit" , come i lebbrosi.
Si pensi che "noefoesh" è "respiro, anima" e questa anima se è non ha più l'energia , ma è chiusa imprigionata.
In definitiva uscire dalla "chafeshit" non è l'accezione larga e totale della libertà, ma una liberazione da un vincolo particolare.

Scrive il profeta Isaia 58,6: "Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo?"

Lo stesso Isaia scrive quanto Gesù poi in Luca 14,18 proclamerà nella sinagoga di Nazaret: "Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri." (Isaia 61,1)

La libertà degli schiavi, lì, in Isaia 61,1 è "shabuim deror" .
"Shabuim" è una forma plurale di e "shebi" e "shebiiah" che sta per prigionia e schiavitù, mentre "deror" è usato per sinonimo di libertà degli schiavi, perché è anche il nome della "rondine", il noto passeriforme migratore, ricordato nel Salmo 84 quando recita: "Anche il passero trova la casa, la rondine il nido." (Salmo 84,4)

"Deror" o "dror" quindi fa presente la felicità che la rondine esprime col volare quando torna dopo l'inverno ai luoghi dove è nata.

Si trova scritto, infatti, nel libro centrale della Torah, il Levitico: "Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà (appunto come una rondine) nella sua proprietà e nella sua famiglia. Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo..." (Levitico 25,10s)
Sintomatico è il versetto "...il Signore vi ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri: il Signore vi ha fatti uscire con mano potente e vi ha riscattati liberandovi dalla condizione servile, dalla mano del faraone, re d'Egitto." (Deuteronomio 7,8)

Ora, "riscattati liberandovi dalla condizione servile"



che tradotto più letteralmente è:

riscattati dalla casa dei servi o schiavi .

Entrambe le parole che abbiamo visto "chafeshi/chofesh" e "deror/dror" sono strettamente legate alla mancanza di legami di schiavitù, alla fine di comandi cui chi è soggetto deve soggiacere.
Questi termini però non sono sufficienti, come vedremo, a definire la libertà in senso ampio e totalizzante.

LA TORAH, VIA VERSO LA LIBERTÀ
Le prime parole che Dio dice a Mosè al roveto ardente sono un attestato di volontà di liberazione, infatti, Dio disse: "...Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell'Egitto…" (Esodo 3,7s)"

Poi, nei cosiddetti 10 comandamenti o 10 parole Dio si presenta come Colui che compie ciò che promette, e si autodefinisce come Colui "che ti ha fatto uscire dall'Egitto, dalla terra della schiavitù" (Esodo 20,2).
In definitiva "...gli Israeliti sono miei servi; essi sono servi miei, che ho fatto uscire dalla terra d'Egitto. Io sono il Signore, vostro Dio." (Levitico 25,55)

In effetti, proprio nel dare quelle 10 parole è usata anche un'altra parola che fa aleggiare l'idea di "cherut" che nell'ebraismo serve per definire la libertà.
Questa però non si trova mai usata con tale vocalizzazione nella Torah e negli altri scritti della Tenak.
Nel Seder di Pesach, l'ordinamento della celebrazione ebraica familiare della Pasqua, festa madre di tutte le liberazioni, nell'"haggaddah" o racconto, però, è decantato che "Dio ci ha condotti dalla schiavitù alla libertà" ed è scritto "mea'vdut lecherut" ", perché, appunto, gli ebrei sostengono che quello della Pasqua è il prototipo e memoriale della libertà, ossia "il tempo della nostra libertà", "zman cherutenu" .
Quelle quattro lettere , comunque, si trovano con altra altro significato, in Esodo 32,16 quando là sono descritte le due tavole della legge: "Le tavole erano opera di Dio, la scrittura era scrittura di Dio, scolpita sulle tavole."
Precisamente viene solitamente tradotta con "scolpita" e nei testi ebraici come "registrata", "sigillata" "charut" .

Si trova scritto dai saggi d'Israele: " Non leggere scolpita 'cherut', ma libertà 'charut', perché non esiste uomo libero se non chi si impegna nello studio della Torah." (Avot 6,2)
Il perché voglia dire libertà lo spiego con le lettere in questo modo:

"dalle strette/della prigione del corpo si porta la fine ".

Tra l'altro "chor" è "foro, buco, caverna", quindi, con finalmente si vede la fine del tunnel; "del foro/caverna si porta la fine ".

Per quanto riguarda "charut" con l'accezione di "registrata", "sigillata", è da tenere presente che la parola "choeroet" , scritta con in finale la lettera tet , è parola che significa scalpello, che serve per incidere iscrizioni sulla roccia, od anche stilo, forse perché è come se "nascondesse il corpo una gemma ",
gemma capace di far nascere figure e parole.

Nel Nuovo Testamento nella lettera di Giacomo si trovano questi versetti: "Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi; perché, se uno ascolta la Parola e non la mette in pratica, costui somiglia a un uomo che guarda il proprio volto allo specchio: appena si è guardato, se ne va, e subito dimentica come era. Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla." (Giacomo 1,22-25)

Quella "legge della libertà" pare proprio essere una riprova di ciò che si diceva per quel "charut" e/o "cherut" nella descrizione delle tavole e come quella idea sia stata elaborata già in tempi antichi.
Aggiungo che quella "legge perfetta", tenuto conto che "rendere perfetto" in ebraico ha il radicale radicale da cui viene sposa, "kallah" , colei che ti completa, e porta al pensiero che quelle tavole sono proprio la "Ketubah", l'atto scritto consegnato per il patto di alleanza matrimoniale da Dio al suo popolo.
Quella considerazione della parola nascosta "libertà" scritta con quelle lettere in ebraico che apre la consegna delle Tavole porta come conseguenza che quelle 10 parole sulle Tavole stesse, e poi tutto quanto prescrive nei successivi capitoli il Signore, non vanno presi come costrizioni, bensì sono parole di libertà, cioè indicano un cammino che porta alla vera libertà.

Scrivevo per introduzione nell'articolo
"Dalle lettere ebraiche balbettii su Dio" sui 22 segni delle lettere ebraiche:

"Provo a sondare l'idea di Dio, non con metodi filosofici, ontologici, metafisici e/o teologici, ma col potente strumento della lettura delle parole importanti ricavate da alcuni versetti fondamentali dell'Antico Testamento con i significati grafici delle lettere ebraiche in linea coi criteri che porto avanti in questo mio Sito.

Negli scritti ebraici dell'Antico Testamento non solo conta ogni parola, ma ogni lettera; infatti, queste con la loro espressiva e voluta grafica evocano precise immagini e leggerò parole e versetti secondo i significati e le regole, sempre da me rispettati. (Vedi: "Parlano le lettere" e "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche")

Ne nascono idee, conferme e sviluppi interessanti perché in quelle parole con la lettura dei segni si svela il seme, in cui tutto è già perfetto, da cui poi s'è sviluppato l'albero delle Sacre Scritture, infatti, quella forma di lettura, che comporta di vedere ogni parola come un rebus, cioè una strip di immagini, tante quante sono le lettere da vedere nel loro ordine e correttamente da interpretare, è capace di denudare l'essenza facendo esplodere tutta una sfaccettatura di concetti latenti e connessi nei testi e fanno apparire un testo sottostante o di secondo livello.
Ognuno di quei segni delle lettere va dunque interpretato secondo il detto Voltali e rivoltali perché in loro è tutto
(Pirkè Avot) ritengo, infatti, che le immagini di quelle parole semplici dell'ebraico antico, sedimentate per la meditazione da parte di spiritualisti ebrei del passato, sono state capaci di provocare approfondimenti, considerazioni, collegamenti, racconti, accrescimenti e sviluppi che hanno portato alla formazione dei testi biblici. Il metodo che propongo è spontaneo, il classico uovo di Colombo, e riporta alla luce un criterio antico dimenticato col dilagante uso di testi dell'Antico Testamento 'tradotti' in greco, in latino e poi nelle altre lingue moderne."

Vera libertà è così il pieno accoglimento della volontà di Dio.
Il profeta Isaia (44,1-21) pone queste parole in bocca a Dio stesso: "Ora ascolta, Giacobbe mio servo, Israele da me eletto... Ricorda tali cose, o Giacobbe, o Israele, poiché sei mio servo. Io ti ho formato, mio servo sei tu; Israele, non sarai dimenticato da me."
(In "Tentazioni del figlio di Adamo, figlio di Dio, il Carpentiere", tra l'altro, ho presentato decriptato il capitolo Isaia 44)

PASSARE AL SERVIZIO DI DIO È ANDARE VERSO LA LIBERTÀ
Abramo, Mosè, e così... Maria e gli apostoli sono, infatti, tutti definiti servi di Dio e Gesù stesso è il servo di IHWH e il suo popolo è l'Israele di Dio e: "Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l'essere nuova creatura. E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l'Israele di Dio." (Galati 6,15s)
Essendo Dio il creatore e padrone del creato l'essere liberi se non passa attraverso di Lui implica una negazione del suo regnare e di conseguenza comunque il servire un pensiero negativo che porta alla non esistenza.

Certo è che non siamo soli nel mondo e la libertà assoluta di ciascuno confliggerebbe con quella degli altri, e sappiamo bene che è proprio così, se non sussistesse sopra a tutti il servizio comune a Dio che è "amore"; infatti, una società nella quale ognuno è libero di fare ciò che vuole non è una società libera.
La libertà, vista come assenza d'oppressione è già qualcosa, ma non risolve i problemi della società ed individuali, se non è associata ad un agire basato sui valori che ci fanno ad immagine e somiglianza dell'unico Padre.
Una società libera ha bisogno di leggi giuste e non sono sufficienti democrazie ed elezioni politiche, ma occorre aver anche l'illuminazione di sottoporsi alla legge del Signore che aiuta col suo Spirito.

Solo se i valori della legge divina sono "scolpiti" "charut" e "liberi" "cherut" nelle menti e nei cuori si può raggiungere una libertà collettiva senza sacrificare quella individuale.
Allora servire l'Unico vero Signore con la sottomissione alla volontà del Solo padrone del mondo rende liberi dai falsi dèi, in sintesi allegorizzati ed unificati nella figura del "Faraone", che schiavizzano l'umanità costringendola ai lavori forzati.
"Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli." (Matteo 7,21)
Si tratta di passare dalla servitù del proprio Faraone personale al servizio del Signore che ha ascoltato il lamento del proprio popolo oppresso e ha deciso di liberarlo rimanendo fedele alle sue promesse (Esodo 3,7-10) separandolo dagli altri popoli: "Ora, se vorrete ascoltare la mia voce a custodirete la mia Alleanza, voi sarete per me la proprietà fra tutti i popoli perché mia è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa." (Esodo 19,5-6)
La Torah ha in sé il seme della legge di vita, di giustizia e di amore e della carità verso il prossimo, raccomanda di non portare odio o rancore al prossimo o al nemico, di rispettarne la proprietà e di aiutarlo, il rispetto e la protezione dell'orfano e dello straniero e di chi è senza protezione.
In definitiva Dio prende il suo popolo dalla schiavitù, lo porta in un lungo cammino il cui scopo finale è la vera libertà.
In definitiva la libertà è il risultato di un lungo percorso al cospetto di Dio.

PRESCELTI PER LA LIBERTÀ
Dice il Talmud: "Tutto è in potere del cielo eccetto il timore del cielo." (Ber 33 b) vale a dire Dio crea l'individuo, ma lo lascia libero di temere o no Dio e di decidere di obbedirgli.
Tale criterio Dio l'adottò già col primo uomo.
Secondo il libro della Genesi, la scelta che fece Dio nel sesto giorno della creazione fu di creare la prima coppia umana a propria immagine e somiglianza.
Non poteva perciò che farla potenzialmente libera di scegliere la libertà.
Le donò il soffio del suo Spirito con il quale in embrione impresse le proprie stesse principali prerogative - amore e verità - col desiderio della conoscenza e della libertà - che però in pienezza sono un tutt'uno e si trovano solo in Lui.
Tali prerogative assolute garantiscono la conservazione dell'essere senza corruzione per l'eternità.

Il libro stesso della Genesi poi ci insegna che la stessa libertà a loro assicurata, ma male da loro interpretata, non consentì a quella prima coppia l'obbedienza...
ed avvenne un disastro, che Dio trasformò nella sua grande misericordia da eterno come poteva essere, in momentaneo, grazie alla dimensione tempo che appunto deve finire, con cui Dio dovette con una variante porre rimedio per difendere il proprio progetto di amore sull'uomo.
Ecco che iniziò la storia di salvezza che si articola in questo settimo giorno della creazione, giorno che cominciò con la promulgazione delle parole di libertà sul Sinai e terminerà con la vittoria sul male da parte del Messia.
(Vedi: "La durata della Creazione".)

Il Messia, secondo i Vangeli, altri non è che il Figlio di Dio che s'è incarnato in Gesù di Nazaret.
Com'è noto il Vangelo di Matteo inizia con la "Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo" ove è messo subito in evidenza il re Davide.
Nel capitolo il nome di Davide è infatti citato per ben sei volte: 1 nel versetto 1, 2 nel 6, 2 nel 17 e 1 nel 20 ove viene ben messo in chiaro:

"Giuseppe, figlio di Davide".

Il tempo da Abramo a Gesù è ivi suddiviso in 3 periodi di 14 generazioni ciascuno, ove il 14 è voluto per richiamare con la regola della gimatria o gimatrica della somma dei valori numerici delle singole lettere ebraiche che lo compongono proprio il nome di Davide che appunto vale 14.

= ( = 4 + = 6 + = 4) =14

Dalla genealogia stessa Davide, peraltro, come accennato, è il personaggio richiamato più volte nel testo che, infine, converge in "...Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo." (Matteo 1,16)
In tal modo, lo stesso Vangelo nel versetto successivo sottolinea che "...tutte le generazioni da Abramo a Davide sono 14, da Davide fino alla deportazione in Babilonia 14, dalla deportazione in Babilonia a Cristo 14."
Per l'ebraismo, e Matteo scrive con i pensieri di quella cultura, il Messia, ossia ilCristo, per la profezia di Natan in 2Samuele 7 e 1Cronache 17 era atteso che provenisse secondo la carne proprio dalla famiglia di Davide.
L'evangelista Matteo, dopo l'elencazione delle 42 (3x14) generazioni, entra subito nel vivo e riferisce al versetto 19 che: "Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo." (19)

La fidanzata, la promessa sposa, è incinta ed a Giuseppe nulla è stato detto.
Ecco che subito si agita un primo problema.
In tale situazione in cui converge tutta la tensione della storia della salvezza, Giuseppe, colui che sarà incaricato d'introdurre in modo ordinato il Dio-Uomo nel mondo viene interessato a cose fatte.
Giuseppe, infatti, è portato a conoscenza del fatto dell'attesa di un figlio da parte di Maria in via indiretta e non si sa come.
Forse attraverso la stessa fidanzata, perché ne avranno pur parlato.
Eppure, era da mettere sul tavolo anche che Giuseppe era libero di poter rifiutare la storia che gli era proposta?

Certo furono momenti difficili per Giuseppe!
Come definire ciò che era capitato a Maria?
Era un adulterio?
Per Giuseppe era compromesso il proprio onore?
Era incorsa Maria in una grave trasgressione della Torah?
Giuseppe mentre sapeva per certo che quel figlio che Maria aveva in grembo non era opera propria, aveva anche delle motivazioni a favore della promessa sposa:
  • sapeva che perla di fanciulla era Maria;
  • nel periodo di fidanzamento, trascorso sotto la tua tutela, senza coabitazione come certifica fil versetto Matteo 1,19, forse già da oltre 9 mesi, nessun segno c'era stato che avesse rivelato un'indebita intrusione.
Dando per scontato che Maria sapesse come stavano i fatti, perché secondo il Vangelo di Luca aveva ricevuto l'annuncio dell'angelo (Luca 1,26-38), da parte di Giuseppe il credere a Maria era però veramente "disumano", nel senso che era da ammettere nella migliore delle ipotesi un evento incredibile, che come tale resta per il "mondo".
Il matrimonio era ed è un dovere per ogni ebreo, salvo se avesse fatto il voto di nazireato e trova la sua istituzione già con la prima coppia che era chiamata Adamo.

Dio creò l'uomo (Adamo) a sua immagine, lo creò ad immagine di Dio, creò maschio e femmina. Dio li benedisse e disse loro: prolificate e moltiplicatevi e riempite la terra e assoggettatela.

La prima coppia, Adamo, non aveva un padre ed una madre, ma Dio solo era stato per loro padre e madre, quindi, secondo la terminologia umana, erano stati creati quali "figli" di Dio, ma da non confondere con il "Figlio di Dio" non creato, ma creatore come il Padre, della SS. Trinità che come "il Cristo" si renderà visibile in questo mondo risolvendo l'impasse in cui era caduta l'umanità col peccato di disobbedienza.

Quel precetto del prolificare indica l'unità pensata e voluta da Dio per la prima coppia, che ha in sé i principi maschile e femminile, ma fondata sull'amore verso il Dio unico, alla quale elargì il potere di procreare in modo corretto, cioè di aprire sulla terra generazioni e generazioni di "figli" di Dio, mentre di fatto, fu riempita di figli del maligno Dio addormentò la coppia di un maschio e di una femmina e quando questa si svegliò i due si conobbero come prima coppia di marito e moglie, vale a dire non più una coppia di umani la cui diversità era il sesso, quindi con una dipendenza basata sulla concupiscenza simile all'istinto animale, ma in un'unione d'amore piena, in vista di una collaborazione totale basata sull'integrazione delle precipue qualità di ciascuno dei due, sotto l'ombra dello Spirito di Dio garante del dono della gioia dell'amore reciproco, principio fondante della totalizzante libertà divina a cui erano chiamati.

In definitiva la donna non fu scelta dall'uomo, né l'uomo dalla donna, l'unione fu decisa da Dio solo.
L'uno accolse l'altra e viceversa essendo di fatto "unici", quindi, insostituibili, in un patto in cui Dio è parte essenziale.
Non fu quindi chiesto al primo marito se volesse la moglie, ma questi "obbedendo" di buon grado al Signore felice e beato l'accolse come moglie, tant'è che poi la parte maschile lo rinfaccerà a Dio stesso quando, interrogato dopo il peccato, dirà: " La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell'albero e io ne ho mangiato." (Genesi 3,12)
Per tale motivo fu prescritto - faccio notare, prima del peccato originale - che l'uomo uscisse dalla casa paterna e si unisse ("davaq" si incolli) alla propria moglie, sempre, sottinteso nel patto con Dio, per essere una sola carne (Genesi 2,24).

Il Talmud definisce, infatti, il legame che tiene unito l'uomo alla propria donna con il termine di "Kiddushin", dalla radice "kadosh" di Santo, perché in tale patto Dio, in definitiva il marito della intera coppia, opera nobilitandola perché la rende partecipe della propria santità facendo sì che il matrimonio diventi il "luogo" della sua presenza.
Nel primo matrimonio, insomma, gli attori erano tre Dio, l'uomo e la donna.

Dice il Signore tramite il profeta Osea a Israele, ma in definitiva all'umanità tutta intera ed al singolo uomo: "Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore." (Osea 2,21s)
Sono quelle di questo versetto le caratteristiche e la prerogativa che Dio s'era riservato al matrimonio della prima coppia in cui Lui era di fatto lo sposo che avrebbe garantito la nascita dalla coppia primigenia di "figli" di Dio e che fu impedita dalla rottura del patto da parte dei contraenti.
Le condizioni del patto che Dio aveva proposto già fin dal primo matrimonio è da presumere che fossero proprio quelle citate dal profeta Osea:
  • fedeltà in eterno, per sempre perché l'uomo non si fidanzi con una donna e viceversa ed entrambi col Signore con l'intento di ripudiarsi dopo qualche tempo.
  • con giustizia, ossia senza calunnie da parte d'alcuno per conseguire il ripudio.
  • con diritto, senza mai violare le norme anche se uno dovesse peccare.
  • con amore, che supera ogni rigore della legge.
  • con misericordia con comprensione e con larghezza d'animo.
La prima coppia avrebbe conosciuto il Signore perché, mi piace pensare, Dio stesso avrebbe reso concreta la possibilità, legata al "conoscere" in senso biblico, di procreare "Figli di Dio".

Accadde, invece, che il disegno di Dio subì una sosta e non poté intervenire l'incarnazione pur se "Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui." (Colossesi 1,16c)
La generazione dei figli di Adamo ed Eva, infatti, intervenne poi solo per iniziativa della prima coppia dopo la cacciata dal Gan Eden a causa del peccato originale, così non furono a nascere di figli di Dio, di cui avevano rotto l'alleanza, bensì creature, vale a dire furono a nascere generazioni tralignanti simili ai genitori, perché peccatori, tutti illegittimi rispetto al patto voluto da Dio.

Ciò s'evince dal libro della Genesi quando sottolinea all'inizio del Capitolo 5:
"Questo è il libro della discendenza di Adamo. Nel giorno in cui Dio creò l'uomo, lo fece a somiglianza di Dio; maschio e femmina li creò, li benedisse e diede loro il nome di uomo nel giorno in cui furono creati. Adamo aveva centotrenta anni quando generò un figlio a sua immagine, secondo la sua somiglianza, e lo chiamò Set." (Genesi 5,1-3)

Nell'ebraismo l'atto che apre al matrimonio è la formulazione degli "Erusin" (essere legati) o fidanzamento, con cui ha inizio il "kiddushin" o consacrazione, necessaria per la formazione del legame matrimoniale con una donna ed in cui è chiamata ad intervenire la fonte della Santità vale a dire Dio stesso, tant'è per la tradizione ebraica gli sposi in veste bianche formano una nuova entità che esce pura senza peccato alcuno dal rito del matrimonio.
L'atto del fidanzamento in genere avviene pur sempre nel rispetto della volontà di Dio, un anno prima del rito finale ("nisuim" o nozze) con un impegno reciproco dello sposo con i parenti della sposa.
La cerimonia attuale dell'"erusim" nell'ebraismo prevede che la "kallah", cioè la sposa e il "chatan", ossia lo sposo, bevano entrambi dallo stesso calice di vino su cui sono state pronunciate benedizioni, accettando così gioie e responsabilità, compresa quella della procreazione.
C'è una benedizione molto antica, nel Talmud Babilonese (Ketubbot 8a):

"Sammeach tesammach - Tu farai gioire
re'im ha'ahuvim - gli amici che si amano (cioè gli sposi)
kesammechakh jetzirakh - come hai fatto gioire la tua creatura
began e'den miqedem - nel giardino dell'Eden ad Oriente
barukh 'attà Hashem - benedetto sii Tu o Signore
mesammeach chatan wekallà. - che fai gioire lo sposo e la sposa.
"

"La tua creatura", è Adamo, la prima coppia di esseri umani.
La decisione di rinviare i rapporti sessuali è una scelta possibile della coppia e in genere trovava il suo fondamento nella ricerca di una discendenza propria certa da parte del maschio, ciò ovviamente per l'indurimento dei cuori per i sospetti di tradimento e per gelosia.
L'uomo, infatti, per essere certo che i figli fossero propri, custodiva la fidanzata preservandola da rapporti per il tempo pari a quello di una gestazione e così, trascorso quello, unendosi carnalmente con lei sarebbe stato certo di non avere figli illegittimi.

La Torah, peraltro, cerca di preservare la verginità della sposa per lo sposo e prevede:
  • Esodo 22,15 - "Quando un uomo seduce una vergine non ancora fidanzata e pecca con lei, ne pagherà la dote nuziale ed essa diverrà sua moglie."
  • Deuteronomio 22,23s - "Quando una fanciulla vergine è fidanzata e un uomo, trovandola in città, pecca con lei, condurrete tutti e due alla porta di quella città e li lapiderete così che muoiano: la fanciulla, perché essendo in città non ha gridato, e l'uomo perché ha disonorato la donna del suo prossimo. Così toglierai il male da te."
Dopo la caduta della prima coppia, ecco che di Dio prepara una soluzione che sviluppa e rivela nei secoli con le Sacre Scritture.
Dio stesso si fa uomo in una coppia di prescelti che Lui stesso sarà a prepararsi e chi nascerà sarà "salvezza", cioè Gesù il Cristo, perché "Lui solo è nato senza peccato, Lui che fu generato senza apporto umano, non dalla concupiscenza della carne, ma dall'obbedienza dello spirito." (Sant Agostino Discorsi 13)

Torniamo ora al Vangelo di Matteo alla descrizione di questa nascita da Maria.
"Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto." (Matteo,19)

Sono da sottolineare:
  • "suo sposo", che conferma come il fidanzamento conferiva già responsabilità di sposo del matrimonio;
  • "era uomo giusto", quindi, studioso delle Sacre Scritture, come avremo successivamente conferma, e rispettoso dello spirito della Torah interpretata con longanimità di cuore.
"Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo;" (20)

L'angelo, come ovvio, conosce perfettamente chi sia Giuseppe ed, indirettamente, con quel chiamarlo "Giuseppe, figlio di Davide" rivela che motivo precipuo perché Dio lo ha prescelto è proprio la sua appartenenza alla discendenza davidica e nel presceglierlo l'ha in qualche modo preparato, infatti, prima c'è stato quel commento al suo essere giusto che garantiva che avrebbe evitato atti sconsiderati.

Quella parola "giusto" sottende infatti come Dio stesso lo abbia preparato in un cammino di libertà con tutto quanto essa implica secondo i libri sapienziali della Bibbia, come:
  • Salmo 6,13 - "Signore, tu benedici il giusto: come scudo lo copre la tua benevolenza."
  • Salmo 37,37 - "Osserva il giusto e vedi l'uomo retto, l'uomo di pace avrà una discendenza."
  • Salmo 64,11 - "Il giusto gioirà nel Signore e riporrà in lui la sua speranza, i retti di cuore ne trarranno gloria."
  • Salmo 92,13 - "Il giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano."
  • Salmo 97,11"Una luce si è levata per il giusto, gioia per i retti di cuore."
  • Proverbi 20,7 - "Il giusto si regola secondo la sua integrità; beati i figli che lascia dietro di sé!"
  • Sapienza 2,18 - "Se il giusto è figlio di Dio, egli l'assisterà, e lo libererà dalle mani dei suoi avversari."
È certo, infatti, che Giuseppe fu benedetto e protetto, ebbe la discendenza attesa da Abramo, ne ha tratto gioia e gloria, è fiorito come palma, per lui s'è levata la luce del Cristo, si è regolato secondo la propria integrità e fu liberato dall'oppressione di Erode.
Dicevo che Giuseppe era evidentemente esperto di Sacre Scritture ed ecco la prova direttamente dall'angelo che gli dice nel sogno: "ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati. Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi." (21-23)

L'angelo rammenta a Giuseppe la profezia dell'Emmanuele fatta al davidico Acaz (736-713 a.C.) re di Giuda da Isaia nel libro omonimo in 7,10-15, profezia evidentemente ben nota e meditata da Giuseppe che attendeva il compiersi della promessa.
Era stato così preparato ad accogliere l'evento e l'angelo usò gli argomenti atti a far propendere Giuseppe, verso l'accoglimento dell'annuncio.
(Vedi: "Le Miriam della Bibbia e nella tradizione - Prima Parte" e "Le Miriam della Bibbia e nella tradizione - Seconda Parte")

"Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa; senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù." (24)

È subito da notare che, destatosi dal sonno, "prese con sé la sua sposa" proprio come fece la parte maschile di Adamo, la prima coppia, che quando si svegliò dal sonno prese con sé la moglie che gli aveva preparato il Signore.
Secondo fatto notevole è che Giuseppe obbedì e prese la sposa "come gli aveva ordinato l'angelo del Signore".
Viene in questo modo evidenziato che Giuseppe è "un servo del Signore" del pari della propria sposa ("Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola" Luca 1,38) entrato, quindi, assieme alla Vergine Maria nella libertà totale che è prerogativa sola di Dio, a riprova che solo obbedendo al Signore si entra in questa.
Sono la coppia perfetta e l'uno si completa con l'altra, come si evince dal libro del Siracide:

"Quanto sono amabili tutte le sue opere!
E appena una scintilla se ne può osservare.
Tutte queste cose vivono e resteranno per sempre
in tutte le circostanze e tutte gli obbediscono.
Tutte sono a coppia, una di fronte all'altra,
egli non ha fatto nulla di incompleto.
L'una conferma i meriti dell'altra,
chi si sazierà nel contemplare la sua gloria?"
(Siracide 42,22-25)

L'amore per la sposa è indice della libertà a cui è pervenuto il nostro caro San Giuseppe, perché libertà ed amore vanno in parallelo: sono come le due rotaie di uno stesso binario.
C'è, infatti, questo aforisma:

"Qualunque cosa distrugga la libertà non è amore.
Deve trattarsi di altro, perché amore e libertà vanno a braccetto, sono due ali dello stesso gabbiano.
"
(Osho Rajneesh, santone indiano)




Ciò è contrario all'idea che ha il mondo per libertà, considerata come il non dipendere da alcun padrone, mentre nell'ebraismo come nel cristianesimo la libertà nasce con l'adesione alla volontà del solo padrone del mondo.

L'ebraismo considera perfetta unione con il Creatore l'adesione alle leggi della Torah come insegnano i 40 anni di cammino nel deserto degli schiavi fuoriusciti dall'Egitto.
Interessanti e veramente esemplificativi al riguardo sono questi pensieri esperienze di un viaggio in un deserto roccioso: "Assetata e stanca, di fronte ai vertiginosi baratri, avevo ormai raggiunto la consapevolezza costante che senza la protezione divina ad ogni passo avrei potuto mettere il piede sulla roccia sbagliata, rotolando così giù come alcune pietre che avevo visto franare. Ad un certo punto scorsi però uno stambecco spiccare un salto senza esitazione tra due rocce, ed ecco allora che ebbi questa intuizione: compresi finalmente il significato della preghiera 'Hashem mia Roccia (Tzurì) e mio Salvatore (veGoalì)'. Dio può essere il tuo Salvatore quando scegli di vivere in uno stato di costante 'Teshuvà', pentimento. Questo ci permette di venire illuminati, di scegliere come l''ayal', lo stambecco tanto caro al re David, la roccia giusta, di collocarci cioè nell'adeguato stato di coscienza rispetto alla 'Roccia'. Dopo l'insegnamento dello stambecco cominciai a provare una fede vera nel Dio che nella mia esistenza diventava l'unica 'mia pietra (Hashem Tzurì)' che non vacillava. Man mano che proseguivo nella scalata (che non potevo interrompere dato il timore del baratro sottostante) facevo 'Teshuva'. Ogni volta che posavo il piede su una pietra poco rassicurante mi liberavo di ogni fantasia idolatra che mi poneva al centro del mondo. Ogni pietra un voto, di cui ne mantengo ancora stranamente molti. Ad un certo punto la stanchezza divenne tale che persino cento grammi nel mio sacco divennero zavorra insostenibile. Iniziai allora a lasciare dietro di me oggetti e cibo per proseguire solo con una bottiglia d'acqua. Così come accadde ai nostri Padri l'acqua era divenuta l'unica necessità per la mia sopravvivenza. E come insegnano i Saggi dell'ebraismo, l'acqua rappresenta la Torah, la Fede." (Daniela Abravanel scrittrice su Qaballah)

Nel cristianesimo la perfetta adesione alla volontà divina è seguire la Torah incarnata, cioè il Cristo, come vedremo nel prossimo paragrafo.

LA LIBERTÀ È GESÙ
Dice l'angelo del Signore in sogno a Giuseppe su Maria "...il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo." (20)
Essendo Dio - Padre, Figlio e Spirito Santo - tre persone eguali e distinte è da considerare che, come asserisce San Paolo "Il Signore è lo Spirito e dove c'è lo Spirito del Signore c'è libertà." (2Corinzi 3,17)
Ecco che seguire Gesù è andare verso la libertà.

A tale riguardo commenta così Sant Agostino "...lo Spirito di Dio, che ci fa giusti con il dono di sé e ci fa piacevole non peccare, è dove c'è la libertà, come senza questo Spirito è piacevole peccare e c'è la schiavitù, dalle cui opere ci si deve astenere, cioè si deve santificare il sabato. Questo Spirito Santo, mediante il quale si riversa nei nostri cuori la carità che è il pieno compimento della legge, viene chiamato nel Vangelo anche Dito di Dio. Poiché dunque dal Dito di Dio furono scritte quelle tavole e il Dito di Dio è lo Spirito di Dio che ci santifica, perché vivendo di fede operiamo il bene mediante la carità, chi non rimarrebbe colpito da questa coincidenza e insieme da questa differenza? Cinquanta giorni si contano dalla celebrazione della Pasqua che Mosè comandò di fare con l'uccisione dell'agnello simbolicamente a indicazione della futura passione del Signore fino al giorno in cui Mosè ricevette la legge in tavole scritte dal Dito di Dio. Similmente, compiuti cinquanta giorni dall'uccisione e risurrezione di colui che 'fu condotto all'immolazione come una pecora', il Dito di Dio, cioè lo Spirito Santo, riempì di sé i fedeli tutti radunati insieme. In tale mirabile coincidenza c'è questa grande differenza: là s'impedisce al popolo con orrendo terrore d'accostarsi al luogo dove la legge veniva data, qui invece lo Spirito Santo discende su coloro ai quali era stato promesso e che per aspettarlo si erano riuniti insieme in un sol luogo. Là il Dito di Dio operò in tavole di pietra, qui nei cuori degli uomini. Là dunque la legge fu proposta esternamente perché fossero da essa spaventati gli ingiusti, qui fu data interiormente perché gli ingiusti fossero da essa giustificati. Infatti tutto ciò che fu scritto su quelle tavole: 'Non commettere adulterio, non uccidere, non desiderare, e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: Amerai il prossimo tuo come te stesso. L'amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l'amore' (Romani 13, 9-10). L'amore non fu scritto nelle tavole di pietra, ma 'è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato' (Romani 5,5). Legge di Dio è dunque la carità. Alla carità non si sottomette la sapienza della carne e neanche lo potrebbe. Ma quando per spaventare questa sapienza della carne si scrivono nelle tavole le opere della carità, allora si ha la legge delle opere e la lettera che uccide il trasgressore; quando invece la carità stessa si diffonde nel cuore dei credenti, allora si ha la legge della fede e lo Spirito che dà vita al fedele esecutore della carità."
(Sant Agostino Lo Spirito e la lettera)

Nei Vangeli poche volte si trova tradotta dal greco la parola libertà.
Questa in particolare è detta da:
  • Gesù, quando in Luca 4,18s, all'inizio del proprio ministero pubblico, nella sinagoga di Nazaret, pronuncia la profezia di Isaia sulla promulgazione dell'anno di giubileo di "libertà degli oppressi".
  • Ponzio Pilato, quando in Marco 15,6-19 e nei passi paralleli degli altri Vangeli, nel processo a Gesù propone la liberazione di Barabba e poi in particolare in Giovanni 19,10 dice a Gesù "Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?", e in tale occasione Gesù conclude precisando che ogni libertà può venire solo dall'alto.
La libertà e un combattimento giornaliero che fa uscire dalla non esistenza e porta ad essere liberi cittadini del Regno di Dio, infatti, la richiesta fondamentale della preghiera del Padre Nostro insegnata da Gesù è "...venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra." (Matteo 6,10)

Di fatto tutto il creato fisico è soggetto ad un continuo divenire con un decadimento di energia, a cui lo stesso uomo da solo non può sottrarsi ed attende la liberazione.
Sostiene al riguardo San Paolo nella lettera ai Romani: "La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità - non per suo volere, ma per volere di colui che l'ha sottomessa - e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio.

"Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo." (Romani 8,18-23)

Gesù ci ha riaperto la via per arrivare al Padre: "Avendo dunque, fratelli, piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, per questa via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne..." (Ebrei 10,19s)
Ecco poi una sequenza di citazioni del Nuovo Testamento in cui le colonne fondamento della Chiesa, Pietro e Paolo, parlano di libertà:
  • Galati 5,1
  • - "Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi."
  • Galati 5,13
  • - "Perché, fratelli, voi siete stati chiamati a libertà; soltanto non fate della libertà un'occasione per vivere secondo la carne, ma per mezzo dell'amore servite gli uni agli altri..."
  • 1Pietro 2,16
  • - "Fate questo come uomini liberi, che non si servono della libertà come di un velo per coprire la malizia, ma come servi di Dio."
Gesù stesso chiarisce che la dimostrazione della schiavitù a cui è soggetto l'uomo è proprio l'impossibilità dell'uomo stesso di non cadere nel peccato, infatti "non c'è nessuno che non pecchi" (1Re 8,46) e "chiunque commette il peccato è schiavo del peccato" (Giovanni 8,34) occorre perciò seguire Lui per conoscere "la verità e la verità vi farà liberi" (Giovanni 8,32) e una sola è la verità infatti poi dirà: "Io sono la via, la verità e la vita." (Giovanni 14,6b)

Potendo oggi incontrare Cristo nel prossimo l'aforisma che recita "La mia libertà finisce dove comincia quella degli altri" è capovolto "La mia libertà comincia dove comincia quella degli altri", perché Lui solo è libertà e Lui si trova nel prossimo.

LA CHIESA E I PADRI SULLA LIBERTÀ
Sinteticamente concludo questa breve meditazione con alcuni pensieri e con la citazione di brevi estratti dal Catechismo e dallo scritto di uno dei primi martiri della Chiesa.
Dio ama l'uomo e cerca il suo amore libero, perché al cuor non si comanda.
Se l'uomo non fosse libero non potrebbe conseguire la felicità, che è la totale comunione d'amore con Dio.
Dio è onnipotente, ma è anche amore infinito, quindi, ha posto un limite al proprio potere per dare libertà all'uomo che può negarlo, onde per la libertà di questi tollera il male che l'uomo compie.
Se gli togliesse la libertà lo priverebbe anche della prerogativa di fare il bene.
Se l'uomo, infatti, non fosse ibero, le sue azioni, dal punto di vista etico, non sarebbero né buone né cattive, dato che non le compie in virtù di una decisione personale liberamente presa.
Se non ci fosse la malvagità non potrebbe nemmeno esserci il bene morale.
Se l'uomo non fosse libero di odiare e di uccidere non potrebbe nemmeno amare, donarsi e sacrificarsi per gli altri.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica in sintesi così si esprime sulla libertà:

1730 - Dio ha creato l'uomo ragionevole conferendogli la dignità di una persona dotata dell'iniziativa e della padronanza dei suoi atti. Dio volle, infatti, lasciare l'uomo "in balia del suo proprio volere" (Siracide 15,14) perché così esso cerchi spontaneamente il suo Creatore e giunga liberamente, con l'adesione a lui, alla piena e beata perfezione. (Concilio Vaticano II, 'Gaudium et spes', 17) "L'uomo è dotato di ragione, e in questo è simile a Dio, creato libero nel suo arbitrio e potere."
(Sant'Ireneo di Lione, "Adversus haereses" 4, 4, 3)


1731 - La libertà è il potere, radicato nella ragione e nella volontà di agire o di non agire, di fare questo o quello, di porre così da se stessi azioni deliberate. Grazie al libero arbitrio ciascuno dispone di sé. La libertà è nell'uomo una forza di crescita e di maturazione nella verità e nella bontà. La libertà raggiunge la sua perfezione quando è ordinata a Dio, nostra beatitudine.

S. Tommaso distingue tre tipi di libertà o libero arbitrio "Poiché la volontà si dice libera in quanto non è soggetta a necessità, la libertà della volontà si presenta sotto tre forme: in rapporto all'atto, in quanto può volere e non volere (velle vel non velle); in rapporto all'oggetto, in quanto può volere questa o quella cosa come pure il suo contrario (velle hoc velle illud et eius oppositum); e in rapporto al fine, in:
  • di esercizio (exercitii), che riguarda il potere che ha la volontà di esercitare oppure di non esercitare il proprio atto di volontà, cioè di volere oppure di non volere:
  • di specificazione (specificationis) è quella di poter di scegliere una cosa piuttosto che un'altra.
  • di contrarietà (contrarietatis) è quella di poter scegliere sia il bene sia il male.
Nel trattato Contro Noèto di sant'Ippolito, sacerdote (Cap. 9-12) sulla Rivelazione di Dio invisibile, infine, si legge: "Uno solo è Dio, fratelli, colui che noi non conosciamo per altra via che quella delle Sacre Scritture. Noi dobbiamo quindi sapere tutto quanto le divine Scritture ci annunziano e conoscere quanto esse ci insegnano. Dobbiamo credere al Padre, come lui vuole che gli crediamo, glorificare il Figlio come vuole che lo glorifichiamo, ricevere lo Spirito Santo come desidera che lo riceviamo. Procuriamo di arrivare a una comprensione delle realtà divine non secondo la nostra intelligenza e non certo facendo violenza ai doni di Dio, ma nella maniera in cui egli stesso volle rivelarsi nelle Sacre Scritture. Dio esisteva in sé perfettamente solo. Nulla c'era che fosse in qualche modo partecipe della sua eternità. Allora egli stabilì di creare il mondo. Come lo pensò, come lo volle e come lo descrisse con la sua parola, così anche lo creò. Il mondo cominciò ad esistere, perciò, come lo aveva desiderato. E quale lo aveva progettato, tale lo realizzò. Dunque Dio esisteva nella sua unicità e nulla c'era che fosse coeterno con lui. Niente esisteva se non Dio. Egli era solo, ma completo in tutto. In lui si trovava intelligenza, sapienza, potenza e consiglio. Tutto era in lui ed egli era il tutto. Quando volle, e nella misura in cui volle, egli, nel tempo da lui prefissato, ci rivelò il suo Verbo per mezzo del quale aveva creato tutte le cose. Poiché dunque Dio possedeva in sé la sua Parola, ed essa era inaccessibile per il mondo creato, egli la rese accessibile. Pronunziando una prima parola, e generando luce da luce, presentò alla stessa creazione come Signore il suo stesso Pensiero, e rese visibile colui che egli solo conosceva e vedeva in se stesso e che prima era assolutamente invisibile per il mondo creato. Lo rivelò perché il mondo lo vedesse e così potesse essere salvato. Questi è la Sapienza che venendo nel mondo si rivelò Figlio di Dio. Tutto fu creato per mezzo di lui, ma egli è l'unico che viene dal Padre. Questi poi diede una legge e dei profeti e li fece parlare nello Spirito Santo perché, ricevendo l'ispirazione della potenza del Padre, annunziassero il volere e il disegno del Padre. Così dunque fu rivelato il Verbo di Dio, come dice il beato Giovanni che sommariamente riprende le cose già dette dai profeti mostrando che questi è il Verbo, nel quale tutto fu creato. Dice Giovanni: 'In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Tutto è stato fatto per mezzo di lui, senza di lui nulla è stato fatto' (Giovanni 1,1-3). Più avanti dice: 'Il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo ha conosciuto. Venne presso i suoi, ma i suoi non lo hanno accolto' (Giovanni 1,10-11)."

In conclusione le Sacre Scritture ci parlano di Lui e Lui stesso ci parla attraverso le Sacre Scritture ed ivi propone il cammino da seguire.
Il cammino per essere riscattati ed entrare nella libertà dei Figli di Dio in definitiva è Lui stesso che ci dona la grazia attraverso il Battesimo e gli altri Sacramenti.
Pur tuttavia dopo errori del passato causati da eccessi per lo zelo nella diffusione del Vangelo i Padri del Concilio Vaticano II promossero da parte di Sua Santità Paolo VI il 7 dicembre 1965 la dichiarazione sulla libertà religiosa, Dignitatis Humanae, vale a dire il diritto della persona umana e delle comunità alla libertà sociale e civile in materia di religione.
La cui conclusione di detta enciclica è la seguente: "È manifesto che oggi gli esseri umani aspirano di poter professare liberamente la religione sia in forma privata che pubblica; anzi la libertà religiosa nella maggior parte delle costituzioni è già dichiarata diritto civile ed è solennemente proclamata in documenti internazionali (Giovanni XXIII, Encicl. "Pacem in terris", 11 aprile 1963). Non mancano però regimi i quali, anche se nelle loro costituzioni riconoscono la libertà del culto religioso, si sforzano di stornare i cittadini dalla professione della religione e di rendere assai difficile e pericolosa la vita alle comunità religiose. Il sacro Sinodo, mentre saluta con lieto animo quei segni propizi di questo tempo e denuncia con amarezza questi fatti deplorevoli, esorta i cattolici e invita tutti gli esseri umani a considerare con la più grande attenzione quanto la libertà religiosa sia necessaria, soprattutto nella presente situazione della famiglia umana. È infatti manifesto che tutte le genti si vanno sempre più unificando, che si fanno sempre più stretti i rapporti fra gli esseri umani di cultura e religione diverse, mentre si fa ognora più viva in ognuno la coscienza della propria responsabilità personale. Per cui, affinché nella famiglia umana si instaurino e si consolidino relazioni di concordia e di pace, si richiede che ovunque la libertà religiosa sia munita di una efficace tutela giuridica e che siano osservati i doveri e i diritti supremi degli esseri umani attinenti la libera espressione della vita religiosa nella società. Faccia Dio, Padre di tutti, che la famiglia umana, diligentemente elevando a metodo nei rapporti sociali l'esercizio della libertà religiosa, in virtù della grazia di Cristo e per l'azione dello Spirito Santo pervenga alla sublime e perenne 'libertà della gloria dei figli di Dio' (Romani 8,21)."

ISAIA 48 - TESTO C.E.I. E DECRIPTAZIONE
In "La SS. Trinità di Abramo, di Isacco e di Giacobbe", colpito dai versetti Isaia 48,12-18, ove sta parlando il Figlio facendo riferimento al Padre e allo Spirito Santo, che si legano perfettamente all'itinerario che prepone la libertà totale che Dio prepara, accompagnandoli, per i propri figli.

Ivi, infatti, tra l'altro dal Signore è detto: "Ascoltami, Giacobbe, Israele che ho chiamato: Sono io, io solo, il primo e anche l'ultimo. Sì, la mia mano ha posto le fondamenta della terra, la mia destra ha disteso i cieli... Ora il Signore Dio ha mandato me insieme con il suo spirito. Dice il Signore tuo redentore, il Santo di Israele: Io sono il Signore tuo Dio che ti insegno per il tuo bene, che ti guido per la strada su cui devi andare." (Isaia 48,12-18), presentai quei versetti decriptati desumendolo dai segni ebraici del testo in ebraico.

Il testo decriptato che riportai è il seguente: "Ad ascoltare Dio è stato! S'è in azione versato da casa ed è stato il Principe di Dio ai viventi versato alla vista. È stato da "Io sono" al mondo portato l'Unigenito, dall'Unico l'energia è stata al corpo di una Donna recata, ha inviato l'Unico il soffio, iniziò l'energia ad esistere, l'Unigenito chiuso nel corpo si portò da inviato. Inizia la Parola ad essere sbarrata. L'Essere è nei ceppi al mondo, la luce giù è dai viventi ad esistere, il Cuore in una trappola al mondo dal cielo. Versato nel corpo dell'Unigenito iniziano i lamenti, Dio è al mondo con la Madre, si è a dimorare portato, si è chiuso per l'aiuto portare.
Al mondo versato nel fango reca del Potente la rettitudine.
La Madre l'ha portato alla luce dal seno e a vivere è dentro nel mondo dei viventi.
Uscita in cammino è la mano dell'Unico per finire i principati e le potestà del mondo. Il Signore per amore portatosi è in azione alla luce del mondo. Dalle prigioni/chiusure a salvare si porta da casa dentro la casa del serpente. E la stirpe che porta la rettitudine dal demonio è con la Madre.

(Genesi 3,15b - "...questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno")

L'Unigenito inviato è stato, inizia la consolazione del Figlio finalmente ad esistere, inizia col volto a versarsi alla vista completamente, si è portato al mondo da casa. Inizia il segno che s'è portato ed in campo sceso dal serpente è, per chiudergli la strada si porta.
Versato in un corpo dentro si porta Dio, è la luce dei viventi alla vista portatasi, per questi iniziano i segni. Ha iniziato a vivere dal corpo della Donna in segreto la Parola, finalmente è dai viventi nel tempo uscita, è stata portata completamente fuori la luce ai viventi dell'Unico, l'energia è stata recata in azione tutta al mondo.
Dalla nube inviato è il Signore, a sorgere il vigore degli angeli è stato portato, lo Spirito ha recato.
Per spegnere il ribelle del mondo si porta fuori il Redentore, così per rovesciare all'impuro il fuoco che sarà a bruciargli il corpo. Dal primo serpente l'Unigenito inviato è, il Signore a scongiurare con maledizioni è così in vita perché l'aiuto alla sposa porti. Alle rovine del serpente dai viventi in giro è così con la rettitudine da solo, delicato, completamente in cammino.
Dal serpente si porta l'Unigenito al mondo, si versa di sabato. Del Potente in vita il precetto a completare è stato portato. È al mondo ad esistere la retta energia, uscita col corpo per bruciare il serpente, a portargli le piaghe. Si porta il giusto all'oppressione così a rivelare che Iah è vivente.

(Genesi 2,2 - "... nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto...")"

Presento ora sia il testo della traduzione in Italiano della C.E.I. di Isaia 48, sia che l'intera decriptazione con i criteri, regole e significati dei segni ebraici di "Parlano le lettere".

Testo C.E.I.
Isaia 48,1 - Ascoltate questo, casa di Giacobbe, voi che siete chiamati Israele e che traete origine dall'acqua di Giuda, voi che giurate nel nome del Signore e invocate il Dio d'Israele, ma senza sincerità e senza rettitudine,

Isaia 48,2 - poiché prendete il nome dalla città santa e vi appoggiate sul Dio d'Israele, che si chiama Signore degli eserciti.

Isaia 48,3 - Io avevo annunciato da tempo le cose passate; erano uscite dalla mia bocca, per farle udire. D'improvviso io ho agito e sono accadute.

Isaia 48,4 - Poiché sapevo che tu sei ostinato e che la tua nuca è una sbarra di ferro e la tua fronte è di bronzo,

Isaia 48,5 - io te le annunciai da tempo, prima che avvenissero te le feci udire, per timore che dicessi: Il mio idolo le ha fatte, la mia statua e il simulacro da me fuso le hanno ordinate.

Isaia 48,6 - Tutto questo hai udito e visto; non vorreste testimoniarlo? Ora ti faccio udire cose nuove e segrete, che tu nemmeno sospetti.

Isaia 48,7 - Ora sono create e non da tempo; prima di oggi tu non le avevi udite, perché tu non dicessi: Già lo sapevo.

Isaia 48,8 - No, tu non le avevi mai udite né sapute né il tuo orecchio era già aperto da allora, poiché io sapevo che sei davvero perfido e che ti si chiama sleale fin dal seno materno.

Isaia 48,9 - Per il mio nome rinvierò il mio sdegno, per il mio onore lo frenerò a tuo riguardo, per non annientarti.

Isaia 48,10 - Ecco, ti ho purificato, non come argento; ti ho provato nel crogiuolo dell'afflizione.

Isaia 48,11 - Per riguardo a me, per riguardo a me lo faccio; altrimenti il mio nome verrà profanato. Non cederò ad altri la mia gloria.

Isaia 48,12 - Ascoltami, Giacobbe, Israele che ho chiamato. Sono io, io solo, il primo e anche l'ultimo.

Isaia 48,13 - Sì, la mia mano ha posto le fondamenta della terra, la mia destra ha disteso i cieli. Quando io li chiamo, tutti insieme si presentano.

Isaia 48,14 - Radunatevi, tutti voi, e ascoltatemi. Chi di essi ha predetto tali cose? Colui che il Signore predilige compirà il suo volere su Babilonia e, con il suo braccio, sui Caldei.

Isaia 48,15 - Io, io ho parlato; io l'ho chiamato, l'ho fatto venire e ho dato successo alle sue imprese.

Isaia 48,16 - Avvicinatevi a me per udire questo. Fin dal principio non ho parlato in segreto; sin da quando questo avveniva io ero là. Ora il Signore Dio ha mandato me insieme con il suo spirito.

Isaia 48,17 - Dice il Signore, tuo redentore, il Santo d'Israele: Io sono il Signore, tuo Dio, che ti insegno per il tuo bene, che ti guido per la strada su cui devi andare.

Isaia 48,18 - Se avessi prestato attenzione ai miei comandi, il tuo benessere sarebbe come un fiume, la tua giustizia come le onde del mare.

Isaia 48,19 - La tua discendenza sarebbe come la sabbia e i nati dalle tue viscere come i granelli d'arena. Non sarebbe mai radiato né cancellato il suo nome davanti a me.

Isaia 48,20 - Uscite da Babilonia, fuggite dai Caldei; annunciatelo con voce di gioia, diffondetelo, fatelo giungere fino all'estremità della terra. Dite: Il Signore ha riscattato il suo servo Giacobbe.

Isaia 48,21 - Non soffrono la sete mentre li conduce per deserti; acqua dalla roccia egli fa scaturire per loro, spacca la roccia, sgorgano le acque.

Isaia 48,22 - Non c'è pace per i malvagi, dice il Signore.

Decriptazione
Isaia 48,1 - Il Nome in azione si porta, di questi inizia il segno, nel Tempio (la casa del Nome è il Tempio) si è versato dentro del Mondo. In una caverna l'Unigenito è con la Madre dentro Israele portatosi a vivere dai viventi, a stare in Giuda è sceso. L'Unico ha mandato/portato al mondo gli angeli con la stella/luce a far vedere che con la Madre in casa sorto in vita è il Signore. E dentro la divinità nel mondo, è all'esistenza il Principe, da Dio è in questi la rettitudine a stare in un corpo. L'ha mandato al serpente il Padre, la verità ha portato dal serpente.
Dell'Unico in casa la giustizia gli entra.

Isaia 48,2 - La rettitudine è in vita. Si vede stare col corpo al mondo la santità pura in un corpo che l'Unigenito reca in azione al serpente maledetto. È con la forza del fuoco il corpo di Dio d'energia pieno; dalle piaghe la recherà. Il Signore giù a casa inizia a portargli il segno che il fuoco in vita gli reca.

Isaia 48,3 - Partorito da Donna, bello puro inizia con questi al mondo a camminare la legge divina; si è portata dai viventi la Parola all'esistenza, è stata giù dall'Unico portata e sorta dai viventi è alla vista dalla Madre col volto. Finalmente l'Unigenito da un seno sorto esiste, indica che si è portato per scelta da casa per farsi incontrare.

Isaia 48,4 - Per i viventi la conoscenza completa è così all'esistenza versata dimessa. Inizia finalmente ad uscire, portata in cammino è stata la Parola. Questa a colpire il serpente in azione col corpo ad indebolirlo con la rettitudine si porta; ai vivi giù chiusi così gli angeli l'annunciano con una luce che esce.

Isaia 48,5 - Si portano per l'annuncio in cammino i viventi. L'Unico per questi in una casa bello dal corpo della Madre finalmente dentro ha portato l'Unigenito al mondo. Sorta in vita nel tempo è così la Parola inviata completamente dall'Unico a vivere. Pastori scesi alla casa sono per la vista della luce viva portata. Di faccia in pienezza sono condotti dagli angeli alla capanna. Sono scesi per portarli dalla Madre.

Isaia 48,6 - Alla luce in vita si vede finalmente al petto con tutto il desiderio l'Unigenito dalla prescelta Madre uscito al mondo. Il Potente ha portato l'Unigenito. Indica in cammino che è stato l'aiuto portato al mondo. Sorto in vita, si vede il segno che esiste l'amo che racchiude sbarrato il fuoco che reca un puro nel tempo al mondo. Ed il germoglio recato finalmente porta al serpente la calamità in azione per finirlo dai viventi.

Isaia 48,7 - In azione finalmente al mondo dagli angeli il Figlio ha portato l'Unico e dal serpente inizia a vivere l'Unigenito. Questi si porta dal serpente di persona; è la forza a recare per reciderlo. Inizia un fuoco a vivere nel tempo per i viventi. La Parola inviata ha indicato di vivere col corpo al mondo. Dagli angeli esce dell'Essere la conoscenza; completa è inviata.

Isaia 48,8 - Per retribuirlo gli inizia un fuoco a vivere. Indica maturato per la calamità il tempo che gli cammini in vita. Dai viventi l'Unico per colpire il serpente l'ira tutta ha chiuso nel mondo, inizierà a colpirlo con l'energia della rettitudine, bruciature gli saranno a conoscenza che ne segneranno l'esistenza, a casa all'orgoglio la legge divina al perfido gli porterà la Parola col fuoco in azione. In vita da dentro il seno gli rovescerà col corpo di Dio la rettitudine.

Isaia 48,9 - Per il serpente in vita la pena vivente esiste dell'Unico, inizia col corpo ad esistergli cosi l'ira che si è portata alla stoltezza, finalmente sarà l'Unigenito a raffrenare il serpente con la rettitudine. Il Cuore del Potente indica d'essere al mondo con l'Agnello che è all'oppressione.

Isaia 48,10 - Uscita dagli angeli al mondo giù col corpo la Parola ha indicato di esistere. La rettitudine porta nel cuore. Dal trono la Parola dentro una grotta indica di essere; così per il pianto si porta col corpo dai miseri.

Isaia 48,11 - Del Potente la confutazione è dal serpente a vivere da povero. Inizia ad operare alla luce nel mondo. Bruciature, guai con la retta esistenza per infiacchirlo porta per spegnere. Gli reca il basta! Per il serpente l'Unico ha chiuso in un corpo il 'no', con l'Unigenito alla fine l'ha inviato.

Qui si placca il brano Isaia 48,12-18 - decriptato che ho riportato colorato in seppia all'inizio di questo paragrafo.

Isaia 48,19 - Ed è uscito ad esistere la virtù la porta al serpente per colpire il male. Per bruciarlo giù inizia a scendere, con l'Unigenito è in vita, in azione è così a casa dei viventi per il peccare far finire. È a portare potenti guai; è stato per distruggerlo portato al serpente. Un uomo in vita a sbarrarlo col fuoco dai viventi si porta; vive dal serpente di persona l'Essere.

Isaia 48,20 - Giù l'Unico ha portato a vivere da casa, a casa del serpente, il Figlio. Ad annunciare che vive così alle mammelle è della Madre a casa. Voci di gioia a diffondere portano con la stella/luce ai viventi che si è vista. E questi inizia finalmente al mondo portarsi. Giù si è l'Unigenito recato al mondo dall'eternità. Alla fine uscito in terra ha iniziato a vivere col corpo il Redentore, il Signore. Alle caligini dell'impuro si è in azione versato da casa.

Isaia 48,21 - E dal serpente delle origini giù l'Unico porta l'Eletto a casa della desolazione ed al deserto del serpente. È dalla retta Madre in vita. È il Vivente a vivere giù portatosi col corpo. Al mondo questi si è dal potente serpente in vita portato e si è dentro versato dall'albero e col corpo portato è sgorgato in vita dagli esseri viventi.

Isaia 48,22 - Ad annullare il delitto si porta in vita. Iniziano le amarezze del Signore al serpente che dai corpi brucerà con l'ardore.

ISAIA 65 - TESTO C.E.I. E DECRIPTAZIONE
Il capitolo 65 di Isaia dopo aver riportato una ennesima lamentazione del Signore sui comportamenti del suo popolo, dal versetto 17 al 25 conclude con la promessa di una nuova creazione, "Ecco, infatti, io creo nuovi cieli e nuova terra" e con la promessa della venuta messianica, foriera della libertà attesa, riprendendo con un breve ma significativo accenno quanto al riguardo dal Capitolo 11 relativo al germoglio di Iesse.

Testo C.E.I.
Isaia 65,1 - Mi feci ricercare da chi non mi consultava, mi feci trovare da chi non mi cercava. Dissi: Eccomi, eccomi a una nazione che non invocava il mio nome.

Isaia 65,2 - Ho teso la mano ogni giorno a un popolo ribelle; essi andavano per una strada non buona, seguendo i loro propositi,

Isaia 65,3 - un popolo che mi provocava sempre, con sfacciataggine. Essi sacrificavano nei giardini, offrivano incenso sui mattoni,

Isaia 65,4 - abitavano nei sepolcri, passavano la notte in nascondigli, mangiavano carne suina e cibi immondi nei loro piatti.

Isaia 65,5 - Essi dicono: Sta' lontano! Non accostarti a me, che per te sono sacro. Tali cose sono un fumo al mio naso, un fuoco acceso tutto il giorno.

Isaia 65,6 - Ecco, tutto questo sta scritto davanti a me; io non tacerò finché non avrò ripagato abbondantemente

Isaia 65,7 - le vostre iniquità e le iniquità dei vostri padri, tutte insieme, dice il Signore. Costoro hanno bruciato incenso sui monti e sui colli mi hanno insultato; così io misurerò loro in grembo la ricompensa delle loro azioni passate.

Isaia 65,8 - Dice il Signore: Come quando si trova succo in un grappolo, si dice: Non distruggetelo, perché qui c'è una benedizione, così io farò per amore dei miei servi, per non distruggere ogni cosa.

Isaia 65,9 - Io farò uscire una discendenza da Giacobbe, da Giuda un erede dei miei monti. I miei eletti ne saranno i padroni e i miei servi vi abiteranno.

Isaia 65,10 - Saron diventerà un pascolo di greggi, la valle di Acor un recinto per armenti, per il mio popolo che mi ricercherà.

Isaia 65,11 - Ma voi, che avete abbandonato il Signore, dimentichi del mio santo monte, che preparate una tavola per Gad e riempite per Menì la coppa di vino,

Isaia 65,12 - io vi destino alla spada; tutti vi curverete alla strage, perché ho chiamato e non avete risposto, ho parlato e non avete udito. Avete fatto ciò che è male ai miei occhi, ciò che non gradisco, l'avete scelto.

Isaia 65,13 - Pertanto, così dice il Signore Dio: Ecco, i miei servi mangeranno e voi avrete fame; ecco, i miei servi berranno e voi avrete sete; ecco, i miei servi gioiranno e voi resterete delusi;

Isaia 65,14 - ecco, i miei servi giubileranno per la gioia del cuore, voi griderete per il dolore del cuore, urlerete per lo spirito affranto.

Isaia 65,15 - Lascerete il vostro nome come imprecazione fra i miei eletti: Così ti faccia morire il Signore Dio. Ma i miei servi saranno chiamati con un altro nome.

Isaia 65,16 - Chi vorrà essere benedetto nella terra, vorrà esserlo per il Dio fedele; chi vorrà giurare nella terra, giurerà per il Dio fedele, perché saranno dimenticate le tribolazioni antiche, saranno occultate ai miei occhi.

Isaia 65,17 - Ecco, infatti, io creo nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente,

Isaia 65,18 - poiché si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare, poiché creo Gerusalemme per la gioia, e il suo popolo per il gaudio.

Isaia 65,19 - Io esulterò di Gerusalemme, godrò del mio popolo. Non si udranno più in essa voci di pianto, grida di angoscia.

Isaia 65,20 - Non ci sarà più un bimbo che viva solo pochi giorni, né un vecchio che dei suoi giorni non giunga alla pienezza, poiché il più giovane morirà a cento anni e chi non raggiunge i cento anni sarà considerato maledetto.

Isaia 65,21 - Fabbricheranno case e le abiteranno, pianteranno vigne e ne mangeranno il frutto.

Isaia 65,22 - Non fabbricheranno perché un altro vi abiti, né pianteranno perché un altro mangi, poiché, quali i giorni dell'albero, tali i giorni del mio popolo. I miei eletti useranno a lungo quanto è prodotto dalle loro mani.

Isaia 65,23 - Non faticheranno invano, né genereranno per una morte precoce, perché prole di benedetti dal Signore essi saranno, e insieme con essi anche la loro discendenza.

Isaia 65,24 - Prima che mi invochino, io risponderò; mentre ancora stanno parlando, io già li avrò ascoltati.

Isaia 65,25 - Il lupo e l'agnello pascoleranno insieme, il leone mangerà la paglia come un bue, e il serpente mangerà la polvere, non faranno né male né danno in tutto il mio santo monte, dice il Signore.

Decriptazione
Isaia 65,1 - Per il sacrificio promesso con voto il fuoco finalmente è stato al serpente potente portato dall'Unigenito risorto. Al primo serpente si portò inviato da offerta l'Unigenito. Crocefisso, fu al potente serpente dal Padre rovesciato il fuoco. Rinviato fu l'Unigenito in vita col corpo dalla croce. Fu al mondo rinviato. Energici sono usciti all'angelo lamenti per il primo serpente dai popoli, il 'no' gli ha rovesciato dal corpo il Padre per bruciarne nei viventi l'esistenza.

Isaia 65,2 - Per la Parola dai corpi arso completamente dalle esistenze è stato per aiutare la sposa. Un giorno il primo serpente si vedrà vivo in un buco portare il capo/testa. Dai corpi uscì in campo il serpente per la rettitudine che risarà nei viventi. Fuori dalle generazioni in prigione per la carità l'ha portato dentro l'Unico. Consacrato allo sterminio rinchiuso col fuoco dentro finirà. Sarà ad uscire dai viventi.

Isaia 65,3 - Nel mondo, dai popoli uscito, a vivere dentro si vede in un buco stare. Il Vivente, l'Unigenito crocefisso è ad agire sul serpente di persona. È a finirlo dalla vita con forte mano, a sacrificarlo è dai viventi dentro al giardino ed a finire porterà la putredine del cuore che commette i misfatti. Escono dal serpente da dentro lamenti in vita.

Isaia 65,4 - Al mondo sono stati risorti dentro gli esseri viventi. Da dentro i sepolcri sono stati in vita riportati e dentro l'energia su ha riportati i corpi ad essere vivi. Sono stati i serpenti che opprimevano condotti fuori. Per l'Unigenito il maligno dai viventi dalla carne esce. Dalle tombe da questi si è col corpo portata a liberare la Parola, rivelatasi è ai viventi. La sposa n'è uscita viva.

Isaia 65,5 - Dal mondo l'Unigenito con Maria versano le moltitudini a Dio che sono rette. Di Dio finalmente in cammino alla luce a casa sono. Per la rettitudine ad ardere al fuoco completo è così il primo serpente, uscito si vede per la risurrezione. Inviata dentro l'ira è stata dall'Unico. Sorge del diletto con la perfetta il giorno!

Isaia 65,6 - Fuori con gli angeli escono retti per la croce portata dentro al mondo dalla potente Parola che ad inviare è stata il 'no' dell'Unico li ha racchiusi. Con la luce al mondo della rettitudine fu per liberare dal serpente dagli uomini. È stata a portare ad ardere il serpente dagli uomini che sono stati a Dio vivi versati i viventi.

Isaia 65,7 - L'iniquità finita è così dai viventi e si vedono portati dagli angeli finalmente al Padre e tutti sono con la retta Madre insieme portati dall'Unico in vita col corpo. Il Signore la beatitudine ha versato dal cuore, i corpi ha portato ad innalzare. Fuori i corpi sono dall'acqua (partoriti sono stati dalla Madre), portati con azione potente nel mondo in cammino, dentro il peccare ha recato alla fine. Nelle tombe ai corpi la Parola ha recato l'energia. È stata portata ai viventi la legge divina. Sono stati dalla Parola innalzati puri, i corpi dall'Unigenito risorti con gli angeli escono in alto in grembo alla Madre.

Isaia 65,8 - Così dal mondo iniziano in vita col corpo col Signore retti alla beatitudine ad essere i viventi saliti con l'Unigenito. Fuori alla fine sono stati i corpi portati risorti. Dentro iniziano alla luce così a portarsi con potenza. Porterà per la prima volta i viventi in vista del Potente. Finalmente sorgeranno in vita completamente. Dal mondo li porterà retti a stare dal Benedetto. Dal mondo a casa li porterà, così belli. Vedranno alla luce uscire il potente Amore. In un Servo fu il cuore del Potente totalmente ad esistere al mondo. Sorta alla vita finalmente esce la sposa.

Isaia 65,9 - E dal mondo condotti su dall'Unigenito alla fine sono i viventi. Si vede versare a casa la stirpe che ha riportato in vita. Sono lo splendore del mondo. Sono stati portati coi corpi, alla luce generati, sono stati condotti ad Essere col corpo, esseri simili all'Eletto sono stati portati. Col Servo sono ad abitare recati risorti in vita dal mondo.
(1Giovanni 3,2b -"Sappiamo però che quando lui si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è."
Romani 6,5 - "Se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua resurrezione."
Ebrei 2,17 "Perciò doveva in tutto essere simile ai fratelli...")

Isaia 65,10 - Portati fuori, sono usciti dal mondo. Il Principe li ha portati dagli angeli del Potente. Ai pascoli le greggi ha portato dei popoli. Versati si vedono in una fornace i serpenti giacere, dentro rovesciati i corpi dei serpenti si vedono a vivere stare. Dell'Unigenito il fuoco li domina, i corpi nel bruciare portano lamenti.

Isaia 65,11 - E l'Unigenito crocefisso i viventi vedono colpito/ferito a casa essere Iahvèh. Esce luminoso con vigore, è il Vivente Unico finalmente uscito col corpo santo. L'Essere esce alla vista; indebolito s'era in vita nel cammino per aiutare. Con una luce potente, racchiuso tra gli angeli, (ora) si porta fuori ai viventi in pienezza; è con la Madre. Dal serpente in vita s'inviò, fu ai viventi a provare la rettitudine.

Isaia 65,12 - E dai viventi inviato fu in croce. Fu l'Unigenito crocefisso. A vivere per il serpente dal chiuso del corpo dentro portò la sposa. Nella retta Madre il potente cuore le racchiuse. La fine così del male portò. Fu in azione l'energia versata nei corpi. Iniziò completamente ad essere portata con potenza ad originarsi nell'agire da angeli l'esistenza della purezza. Della parola completamente è stato portato il potente inizio dell'ascoltare finalmente ai viventi. Per le preghiere l'energia è stata portata dentro della beatitudine. Il Potente Unico ha racchiuso il soffio giù dalla croce, è stata scelta la Madre.
(I tre 'no' che si trovano nel testo sono diventate positività.)

Isaia 65,13 - Il serpente così ha ucciso. Dall'Unico dei viventi nei corpo giudicata è stata l'esistenza della perversità. Del mondo angeli usciti per servire sono stati. Saranno dall'Unigenito da sposa portati. E iniziarono finalmente per gli uomini pastori che dentro si portavano al mondo, da angeli ad uscire dalla caligine li aiutarono ad essere, furono alla luce completamente a condurli. E per l'Unigenito crocefisso dell'acqua al segno giù i viventi iniziarono. Si portò fuori l'energia al mondo del Servo. Fu dell'esistenza della risurrezione ai viventi l'annunciare e venne dei morti dentro la risurrezione portata.

Isaia 65,14 - Uscì, ecco, dal mondo in vista un solo essere (la sposa)! È stato un corpo di angeli condotto a vivere con la carità e dentro al cuore porta dell'Unico la purezza. Alla fine su si vedono risorti retti dal Padre; con potenza li ha portati a salvare il Figlio con lo spirito. A segno saranno stati di notte portati.

Isaia 65,15 - E fuori con energia dalle tombe il crocefisso Vivente ha risorto i viventi retti. Dai vivi i serpenti alla luce da dentro ha portato in vista fuori dai cuori. In vita i corpi sono stati riportati fuori. Il morire così dall'Unico giudicato è stato. È stata la calamità portata al serpente. Si vede a lui solo essere portata. È stato versato dai corpi in sacrificio di espiazione (gli inizia un fuoco vivo) per l'Unico in un buco.

Isaia 65,16 - Dell'Unico con la risurrezione dei corpi uscì per gli uomini la benedizione, per l'Unigenito col corpo che giù è stato in croce dentro un corpo retto. Dalla casa di Dio uscì a stare l'Unigenito tra i viventi ad abitare. Inviato per il giuramento dentro la terra è stato il settimo (giorno) a casa del maledetto (serpente); è stato Fedele! Retti sono stati gli apostoli la risurrezione così ad annunciare che il nemico ha portato alla fine. Uscì un corpo/popolo/Chiesa dalla Donna che l'energia gli portò per la fine. Portò la rettitudine ad esistere. L'energia da un foro in croce dal corpo ha portato con l'acqua a vedere: all'esistenza inviata è stata.

Isaia 65,17 - Retto è uscito per gli apostoli il frutto; l'ha portato col corpo/popolo/Chiesa la Donna in vita, sono viventi nuovi. Li conduce l'Unigenito trafitto alle mani che, risorto, esce portandoli con potenza. Viene il colpito Agnello con gli apostoli, esce in campo in vista con una luce d'angeli. E il segno porta della potenza l'Unigenito. Indica che all'Altissimo con gli angeli esce in alto alla potente casa.

Isaia 65,18 - Così sono stati dall'Unigenito salvati, ad essergli simili li ha portati e con gli angeli sono stati al Potente. Condotti all'Eterno per starvi in eterno beati. All'Unico il frutto ha recato in vista. Retti sono usciti inviati con gli angeli sono a casa portati col corpo. All'Unico venuti da Gerusalemme in cammino sono al Potente dal mondo portati in vista i viventi, usciti in vita risorti portati alla luce.

Isaia 65,19 - E si rivela che alla fine sono stati dentro la Gerusalemme (nuova) condotti risorti nella luce (cioè tutta una città nuova) tutti. Sono della casa in vista i viventi, sono stati portati al Potente. Dall'Unigenito è sorta dal seno (la sposa). Da dentro uscita si vede portata per mano. A versare l'ha recata dal cuore. Così si è stato portato da fune. Al Potente questa vi vede versata dal mondo.

Isaia 65,20 - Dal Potente l'Unigenito è uscito è in campo. In vita ha risorto i viventi. In vista li ha portati della conoscenza e dal Potente sono in vita. Sono stati con la Madre portati; questa li ha versati dagli angeli beati. Del Potente iniziano ad essere alla pienezza venuti a stare i viventi. Gli sono stati portati retti chi stava nel mondo, Inviate si vedono moltitudini di angeli a centinaia (miriadi) risorti inviati fuori ad esistere, dalla morte condotti, fuori dalle tombe portati all'amore dal Padre. Rinviati in vita, con l'Unigenito usciti alla luce che il canto funebre versò al potente serpente.

Isaia 65,21 - Ed i figli portati a casa finalmente sono stati dalla Madre. Recati alla dimora li ha portati. Ed a piantare hanno portato una vigna di esseri viventi e l'Unigenito con la sposa hanno portato il frutto in vita.

Isaia 65,22 - Al Potente l'Unigenito a casa ad abitare ha portato i fratelli. Col corpo sono stati risorti. Dentro la potenza dell'Unico è nei cuori in azione e li ha portati uniti stretti in un corpo. È dell'Unigenito la sposa retta all'esistenza. È così la forza della vita ad esistere; uscita dall'albero è della vita. Sono stati i popoli all'esistenza portati dal seno. Alla luce sono stati dalla porta dell'esistenza usciti. Dalla Madre sono al Potente portati.
(La porta dell'esistenza che fa uscire i popoli alla vita eterna è il fonte battesimale.)

Isaia 65,23 - Del Potente iniziano ad esistere in cammino i fanciulli. Col corpo sono stati versati, portati con potenza all'Unico, generati portati dal cuore usciti dal Potente (Giovanni 1,13c - "...da Dio sono stati generati.");
in campo retta è la stirpe di figli portati così a stare da Iahwèh, usciti in vita al mondo portati su dall'Unigenito. Saliti all'Unico sono dal mondo dalla Madre i venuti dall'acqua.
(Luca 18,17 - "In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà.")

Isaia 65,24 - E dal mondo sono usciti per carità, dal corpo dalla Madre del diletto, dall'Unigenito portati ed all'Unico inviati sono stati. L'Unico li ha esauditi, in azione portò per aiuto ad entrare in un vivente per i viventi la Parola. Furono dalla Madre portati; per 'Io sono' (Le) iniziarono a sorgere dal seno.

Isaia 65,25 - Per questa il Padre ha portato il cuore potente. Ad entrare è stato in corpo in azione per portare così ai fratelli l'aiuto. E l'Unigenito col corpo è uscito, la rettitudine da dentro ha versato, dal corpo fu dell'Unigenito la rettitudine per il serpente in croce. Al Figlio ha riportato l'energia, dalla tomba l'ha risorto. In azione, la Parola con un corpo/popolo/Chiesa la guerra ha portato, il 'no' al male è stato recato, portatogli per i Potente da un uomo. A vivere dalla croce ha portato da dentro la sposa. Partorita la santità è stata; iniziò a vivere dal corpo del Signore.

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