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VANGELI E PROTOVANGELI...

 
VANGELI INIZIO, PRIME PAROLE DI GESÙ
E ULTIME DALLA CROCE

di Alessandro Conti Puorger
 

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L'INIZIO DEI VANGELI CANONICI »

LE PRIME FRASI DI GESÙ NEI VANGELI
In Matteo
Il Vangelo di Matteo, di fatto, la prima frase detta da Gesù la riferisce in occasione dell'episodio del battesimo al Giordano con una risposta di Gesù stesso nel colloquio con Giovanni il Battista.
Precisamente, all'eccezione che gli mosse il Battista, che riteneva che Gesù non avesse bisogno del suo battesimo, Gesù gli rispose "Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia."
Questo è il preciso riferimento delle prime parole uscite dalla bocca di Gesù riferite dal Vangelo di Matteo:
"Allora, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me? Ma Gesù gli rispose: Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia. Allora egli lo lasciò fare. Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento." (Matteo 3,13-17)

Che cosa è questa giustizia da compiere?
Gesù ha una missione e tutti i suoi atti ormai sono ad essa mirati.

Gesù con quelle parole, in pratica, chiede al Battista di venire trattato come un qualsiasi altro ebreo che voleva prepararsi a rientrare in comunione con Dio, (probabilmente per la festa di Jom Kippur (vedi: "Le Feste Ebraiche della venuta del Messia "), quindi, - per ora - si deve comportare con lui come con tutti gli altri, procedendo al battesimo.
Lo stesso Battista pertanto è accomunato a questa opera di giustizia, perché prepara gli uomini ad accogliere la giustizia misericordiosa di Dio.
Implicito poi nella risposta di Gesù, c'è che la missione di Messia, secondo il disegno di Dio, prevede solidarietà con i peccatori.
Il Battista, infatti, definirà Gesù "l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!" (Giovanni 1,29)
Perché questa definizione?
Evidentemente con riferimento all'agnello fornito da Dio in sostituzione di Isacco che doveva venire sacrificato da Abramo in Genesi 22.
Gesù uomo, così, si presenta al Giordano in fila con tutti gli uomini bisognosi di salvezza per ricevere quel "battesimo di conversione".
Tale atto è in linea con la missione che annuncerà poi lui stesso quando più avanti ai farisei proclamerà: "Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori" (Matteo 9,13)
In definitiva, la prima frase che dice Gesù nel Vangelo di Matteo rivela la determinata volontà d'immergersi pienamente nell'umanità da salvare dal peccato che conduce alla morte.
Tale pensiero è in linea proprio con quanto considera la lettera agli Ebrei nel seguente passo: "Infatti, non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato" (Ebrei 4,15).
Deve però esistere uno stretto collegamento tra l'inizio del Vangelo "Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo." (Matteo 1,1) e quella prima frase che pronuncia Gesù nello stesso Vangelo: "Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia."
Vediamo allora quando nel libro della Genesi, nella storia di Abramo c'è un esplicito riferimento alla giustizia, tenendo conto che "giustizia" in ebraico ed in aramaico è "tzedeqah" .
Tale situazione si verifica proprio quando quel libro, la Genesi, il primo della Torah, per la prima volta esprime la parola "giustizia", e tale fatto si verifica al capitolo 15 in occasione delle promesse divine ad Abramo stesso, ormai vecchio sposato a Sara sterile.
Onde questa giustizia si sta compiendo per Abramo e per la sua discendenza attraverso Gesù. "Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. Per fede soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso." (Ebrei 11,8-10)
Le parole esatte della Genesi ad Abramo allora furono: "Ed ecco, gli fu rivolta questa parola dal Signore... uno nato da te sarà il tuo erede. Poi lo condusse fuori e gli disse: Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle; e soggiunse: Tale sarà la tua discendenza. Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia." (Genesi 15,4-6)
Per il verbo tradotto con "accreditò" il testo ebraico usa il radicale di "stimare, giudicare, macchinare", e dallo stesso radicale viene artefice, disegnatore e il "chashoeb" la fascia dell'Efod del sommo sacerdote.
Il Signore macchinava, di fatto, un piano di salvezza che attuerà proprio con Gesù, figlio di Abramo.
San Paolo commenta tale brano in questo modo:

  • Romani 4,18-25 - "Egli ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: Così sarà la tua discendenza. Egli non vacillò nella fede, pur vedendo già come morto il proprio corpo - aveva circa cento anni - e morto il seno di Sara. Per la promessa di Dio non esitò con incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento. Ecco perché gli fu accreditato come giustizia. E non soltanto per lui è stato scritto che gli fu accreditato come giustizia, ma anche per noi, ai quali sarà egualmente accreditato: a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore, il quale è stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione."
  • Galati 3,6-8 - "Fu così che Abramo ebbe fede in Dio e gli fu accreditato come giustizia. Sappiate dunque che figli di Abramo sono quelli che vengono dalla fede. E la Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato i pagani per la fede, preannunziò ad Abramo questo lieto annunzio: In te saranno benedette tutte le genti" come dice Dio stesso in Genesi 12,3 al momento della chiamata di Abramo.
  • Ebrei 2,14-18 - "Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all'impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita. Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo. Infatti, proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova."
Gesù stesso poi nel Vangelo di Giovanni dice su Abramo: "Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò." (Giovanni 8,56)
Il termine giustizia va inquadrato secondo il pensiero ebraico originario che come quello greco è centrato sulla corrispondenza in una relazione o patto tra due parti decisa dal "giudizio", vale a dire dalla conclusione di una lite pubblica in cui una delle due parti viene deciso dal giudice se sia o meno nel "giusto", quindi se l'attore è da ritenersi giusto.
In greco "giustizia" è "dikaiosyne" ed il giusto è "dikaios" dal sostantivo "dike" che significa direttiva, indicazione, ordine.
Il giusto, quindi, è la parte vincente di una parte querelante che s'appella ai giudici, per chiedere i propri diritti secondo la legge e venirvi reintegrato, ad esempio nella propria eredità, ecc., onde al giusto spetta la ricompensa.
Quando Abramo fu dichiarato giusto per fede (Genesi 15,6) è, quindi, da sottintendere che risultò giusto negli adempimenti verso Dio, sì che per logica conseguenza ottenne i benefici del patto con colui che, adesso, era riconosciuto per fede Dio e Padre, quindi avrebbe ricevuto una ricompensa.
Se con i criteri di "Parlano le lettere" vado a guardare le singole lettere ebraiche di giustizia "tzedeqah" come icone che apportano significati grafici, ottengo "su dalla polvere uscire " che fa intravedere l'effetto pratico del riconoscimento di giustizia da parte di un giudice, quindi essenzialmente viene riconosciuto che il suo stato prossimo alla schiavitù era ingiusto e che altri debbono pagare per tale ingiustizia.
Se ci si riferisce poi al riconoscimento di Dio, vale a dire alla sua giustificazione, implicito c'è ovviamente il perdono dei peccati con la conseguente uscita dalla corruzione, cioè dalla polvere, implicita alla condizione umana dopo la caduta, ed il reintegro nella possibilità di godere della vita eterna rubataci dal serpente maledetto di Genesi 3 con l'inganno: infatti, Gesù nel Vangelo di Luca dice: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno". (Luca 23,34)

Per il cristiano, la giustificazione da parte di Dio cambia il suo stato da "condannato" a "coerede di Cristo" (Romani 8,17).
Questo cambiamento ha inizio col ricevere il kerigma di Gesù Cristo e con l'accoglimento di lui come Salvatore e Signore.

In Marco
Marco riferisce la prima frase detta da Gesù in occasione dell'inizio del suo ministero pubblico dopo l'arresto del Battista.
"Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo." (Marco 1,14s)
Questa frase è in stretto collegamento proprio con l'inizio dello stesso Vangelo, Marco 1,1, che come ho evidenziato recita: "Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio."
Ora, il termine "vangelo" in greco eu-angelion "eu anghélion", che arriva nella nostra lingua come derivato dal latino "evangelium", letteralmente sta a definire un "lieto annunzio", una "buona notizia".
Il termine "buona notizia" è più volte menzionato dal profeta Isaia, tutte le volte in profezie messianiche:
  • Marco 40,9 - "Sali su un alto monte, tu che rechi liete notizie in Sion; alza la voce con forza, tu che rechi liete notizie in Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annunzia alle città di Giuda: Ecco il vostro Dio!"
    Ove lieto annunzio è "mebasshroet".
  • Marco 52,7 - "Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi che annunzia la pace, messaggero di bene che annunzia la salvezza, che dice a Sion: Regna il tuo Dio."
    Ove è scritto per due volte "mebassher" .
  • Marco 61,1-3 - "Lo spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri a promulgare l'anno di grazia del Signore, il giorno di vendetta del nostro Dio, per consolare tutti gli afflitti, per dare agli afflitti di Sion una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell'abito da lutto, veste di lode invece di uno spirito mesto. Essi si chiameranno querce di giustizia, piantagione del Signore, per manifestare la sua gloria."
    Ove è scritto per "bassher" .
Il radicale ebraico è appunto relativo ad "annunziare cose liete" e "recare buone novelle" nonché "ricevere una lieta novella" come in 2Samuele 18,31 ove è scritto "itebassher" "Ed ecco arrivare l'Etiope che disse (a Davide): (ricevi) Buone notizie per il re mio signore! Il Signore ti ha reso oggi giustizia, liberandoti dalle mani di quanti erano insorti contro di te"; si trattava della vittoria sui rivoltosi seguaci di Assalonne.
Lieta novella è anche "beshorah" .
Oltre che in Marco 1,3, i Vangeli parlano di buona notizia in Matteo 11,5, in Luca 4,17-21, ove è richiamato Isaia 61,3 e in Luca 7,22.
Nella lettera ai Romani, in Romani 10,15 è richiamato Isaia 52,7.
Interessante è che le stesse lettere , ma con altra vocalizzazione, "basher", in ebraico indicano "carne" e "ogni carne" sta ad indicare ogni uomo e ogni animale (Genesi 6,13 e 7,21) da intendersi con le lettere ove "dentro brucia (è caldo) un corpo ".
Implicito allora è che la venuta della divinità nella carne è la buona notizia per antonomasia.
Gesù è l'incarnazione della buona notizia, il Vangelo vivente.
È lo stesso Regno di Dio che viene.

"Ciò che era impossibile alla legge, perché la carne la rendeva impotente, Dio lo ha reso possibile: mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e in vista del peccato, egli ha condannato il peccato nella carne, perché la giustizia della legge si adempisse in noi, che non camminiamo secondo la carne, ma secondo lo Spirito." (Romani 8,3s)

Nel Vangelo di Marco seguono la chiamata di Simone ed Andrea, di Giacomo e Giovanni, poi nella sinagoga di Cafarnao guarisce un indemoniato.
Inizia la liberazione!
"Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio! E Gesù gli ordinò severamente: Taci! Esci da lui!" (Marco 1,24s)

In Luca
Il Vangelo di Luca riferisce le prime parole di Gesù quando questi ha ormai già compiuto i 12 anni.
Questo è il racconto del fatto:
"I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel Tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo. Ed egli rispose loro: Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio? Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro." (Luca 2,41-50)

In effetti, Gesù nel quarantesimo giorno dopo la nascita era stato portato già al Tempio di Gerusalemme come segnala lo stesso Vangelo di Luca:
"Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore - e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore." (Luca 2,22-24)

Il rito poteva riguardare i compiti del primogenito (Esodo 13 e Numeri 8,14-16) e la purificazione della puerpera dopo la nascita di un maschio.
Per il rito della la purificazione, infatti, era previsto che: "Quando una donna sarà rimasta incinta e darà alla luce un maschio, sarà immonda per sette giorni; sarà immonda come nel tempo delle sue regole. L'ottavo giorno si circonciderà il bambino. Poi essa resterà ancora trentatré giorni a purificarsi dal suo sangue; non toccherà alcuna cosa santa e non entrerà nel santuario, finché non siano compiuti i giorni della sua purificazione." (Levitico 12,2-4)

In effetti, poi, secondo la Torah, ogni primogenito maschio è consacrato al Signore, com'è precisato nel libro dell'Esodo:
"Consacrami ogni primogenito, il primo parto di ogni madre tra gli Israeliti - di uomini o di animali -: esso appartiene a me" (Esodo 13,2) altrimenti è da riscattare "Riscatterai ogni primogenito dell'uomo tra i tuoi figli." (Esodo 13,13)

Il testo del Vangelo non si sofferma però sul prezzo del riscatto del primogenito, ma solo sull'offerta per la purificazione della puerpera.
Il primogenito, se non si riscatta, resta consacrato al Dio.
D'altronde per la tradizione Gesù è nazireo consacrato al Signore.
Di ciò v'è traccia in Matteo quando sugli eventi della Santa Famiglia quel Vangelo racconta che Giuseppe "Avvertito poi in sogno, si ritirò nelle regioni della Galilea e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: Sarà chiamato Nazareno". (Matteo 2,22s)

Nei profeti però questa profezia di nazireato per il Messia non si trova in forma esplicita.
In questo modo forse è stata interpretata quella in Isaia 11,1 quando parla del virgulto, in ebraico "netzoer" , "Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici", ove si parla proprio del Messia e la parola "netzoer" per assonanza richiama sia Nazaret, sia il nazireato, ma ciò che è più importante sottolinea l'attuarsi della profezia.
Riferito al Messia il termine virgulto "netzoer" è evocativo ed allude "all'energia (divina) di questi nel corpo ".

Tornando al racconto di Gesù nel Tempio con i dottori, come abbiamo visto, l'evangelista sottolinea che Gesù aveva compiuto i 12 anni.
Questa notazione certamente non è a caso.
Si avvicinava, infatti, nell'ebraismo per il ragazzo l'età della maturità religiosa, quando con il rito della "bar mitzvah" (a 13 anni e un giorno) si diventa "figli del precetto", rituale secondo cui si entra da adulti nel patto dell'alleanza col Signore e per le questioni religiose si esce dall'ambito della responsabilità paterna.
(Vedi: www.bibbiaweb.net/bibbia89.pdf "I santi biscugini alla conquista del Regno")

Pronto Gesù subito esprime appena ha "voce in capitolo" che Dio è suo padre con la dichiarazione: "Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?"

La fede in Dio che è padre è, peraltro, insita nell'ambito dell'ebraismo ed a tale riguardo ricordo:
  • Tobia 13,3s - "Lodatelo, figli d'Israele, davanti alle genti; Egli vi ha disperso in mezzo ad esse per proclamare la sua grandezza. Esaltatelo davanti ad ogni vivente; è lui il Signore, il nostro Dio, lui il nostro Padre, il Dio per tutti i secoli."
  • Isaia 63,16b - "Tu, Signore, tu sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore."
Evidentemente però ciò era proclamato, ma per molti restava lontano dal trovare la conseguente applicazione radicale nella vita pratica.
Il demonio, perciò, certo di trovare campo facile, prende occasione da tale situazione per cercare di tentare lo stesso Gesù e distoglierlo da quella idea; infatti, nell'episodio delle tentazioni in Matteo 4,3.6 il demonio per due volte gli dice "Se sei Figlio di Dio...", mettendo così in dubbio quella realtà, ma viene ogni volta rintuzzato da Gesù con citazioni dalle Scritture.

In Giovanni
Il Vangelo di Giovanni propone al lettore le prime parole di Gesù solo dopo il battesimo al Giordano.

Questo è il racconto: "Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: Ecco l'agnello di Dio! E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: Che cosa cercate? Gli risposero: Rabbì - che, tradotto, significa Maestro - dove dimori? Disse loro: Venite e vedrete. Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro." (Giovanni 1,35-40)

"Cosa cercate? ...Venite e vedrete" sono parole profetiche che richiamano passi e passi delle Sacre Scritture.
"Cosa cercate?"
La conoscenza del Signore comporta un movimento non solo intellettuale, ma di tutto il proprio essere, occorre mettersi in cammino verso di lui e poi con lui.

"Ascoltatemi, voi che siete in cerca di giustizia, voi che cercate il Signore; guardate alla roccia da cui siete stati tagliati, alla cava da cui siete stati estratti. Guardate ad Abramo vostro padre, a Sara che vi ha partorito; poiché io chiamai lui solo, lo benedissi e lo moltiplicai." (Isaia 51,1s)
"Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino. L'empio abbandoni la sua via e l'uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona." (Isaia 55,6s)

Il "Venite e vedrete" richiede di farne esperienza con tutto se stessi, con tutti i propri sensi, con gli occhi e le orecchie del corpo e dello spirito.
Ecco alcuni brani esemplificativi evocati dall'invito a venire da lui:

"Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà eretto sulla cima dei monti e sarà più alto dei colli; ad esso affluiranno tutte le genti. Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri. Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli sarà giudice fra le genti e sarà arbitro fra molti popoli." (Isaia 2,2-4)

Siamo evidentemente agli ultimi tempi!
Il Vangelo, infatti, che inizia ricordando la pagina della creazione - primo giorno... secondo giorno... - della Genesi, continua a scandire il tempo, perché appunto con la venuta di Gesù si è entrati nella nuova creazione.

Il Vangelo di Matteo peraltro riporta queste parole: "E Gesù disse loro: In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele." (Matteo 19,28)

Questa nuova creazione è "rigenerazione" in latino e "palingenesi" in greco.

"La Sapienza si è costruita la casa,
ha intagliato le sue sette colonne.
Ha ucciso gli animali, ha preparato il vino e ha imbandito la tavola.
Ha mandato le sue ancelle a proclamare sui punti più alti della città:
Chi è inesperto accorra qui! A chi è privo di senno essa dice:
Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato.
Abbandonate la stoltezza e vivrete, andate diritti per la via dell'intelligenza". (Proverbi 9,1-6)

Il Salmo alfabetico 34 proprio al versetto 9 dedicato alla lettera tet dell'amore dice:

"Tet. Gustate e vedete quanto è buono il Signore; beato l'uomo che in lui si rifugia."

Cristo, con la sua venuta, non solo si è fatto ascoltare e vedere, ma ci nutre col suo pane e il suo vino per farci divenire suo corpo e suo sangue.
In ebraico venite è "leku" e vedete è "re'u" e profeticamente, riferiti al Messia evocano:
  • "Del Potente la rettitudine reco ";
  • "I corpi all'origine riporterò ".
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