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LA LUCE DEL SERVO
di Alessandro Conti Puorger

IL SIMBOLISMO DEL NUMERO 8
Per quanto vado poi a esporre è utile una premessa pur succinta sul simbolismo del numero otto.
In ebraico, il numero otto si dice "shemonoeh" e, senza segni di vocalizzazione, si scrive con le seguenti lettere tutte consonanti, .
Quell'alfabeto di 22 segni, infatti, non contempla la presenza di vocali, che furono introdotte molto dopo che era stato completato il canone delle Sacre Scritture della Tanak o Bibbia ebraica con delle puntature sotto le singole lettere.
Otto, "shemonoeh", deriva dal radicale "essere grasso, diventare grasso, impinguarsi", da cui discende anche il termine "olio" "shoemoen", che quindi è come fosse una ridondanza del numero 7 numero che serve ad annunciare la pace dello "Shabbat", di grande importanza nel campo biblico.
L'olio d'olivo nella Bibbia la fa da padrone rispetto ad altri oli vegetali e serviva come nutrimento, per illuminare, in profumeria e nella cosmetica unito ad altre essenze, a curare le ferite e, infine, per l'unzione di sacerdoti e re.
Il numero 8 in campo biblico per i cristiani ha assunto anche un aspetto escatologico proprio perché viene connesso all'unzione, quindi all'Unto, in ebraico il Messia, in greco il Cristo, che deve completare la sua missione donandosi per tutti gli uomini da cibo, come luce e a curare le ferite.
Tale numero 8, infatti, porta a pensare oltre i limiti di questa creazione, che secondo il libro della Genesi, il primo della Torah o Pentateuco, ha la durata di un periodo convenzionale definito di 7 epoche chiamati giorni e fa così profilare l'uscita di un ulteriore giorno della creazione stessa, detto "Domenica Eterna", appunto l'ottavo, giorno senza tramonto, inizio di nuova creazione, in cui l'uomo, con piena dignità potrà vivere la vita in pienezza ed in cui non vi sarà più l'affronto della morte e ove verrà annullata la dimensione tempo.
Non a caso il numero 8 in matematica e in fisica, ruotato di 90°, è stato convenzionalmente usato per rappresenta l'infinito e se l'estrapoliamo alla dimensione tempo fa presente in modo sintetico l'idea della vita eterna, la pienezza, la vita senza confini, quella propria che si attribuisce a Dio.


La creazione, attuata in quei 7 giorni, ha trovato nel 6° giorno un inciampo e, mentre è parso che Dio nel 7° giorno si stesse riposando, con la storia che ha predisposto intende cancellare quell'inciampo ed è iniziata la fase finale di questa operazione che, infatti, impegna tutta la tensione del procedere della salvezza che sviluppano le Sacre Scritture dette "Bibbia".
Quanto connesso all'evento in Genesi 3, detto il "peccato originale", relativo all'inganno dell'uomo che, convintosi che Dio non lo ama, di fatto vive come se Dio non esistesse, verrà annullato da una prova inconfutabile, la risurrezione dai morti che alcuni hanno ricevuto e sigillato nel proprio cuore dallo Spirito Santo.
L'amore vero totale trova, infatti, un limite esistenziale in questa creazione... quello della morte.
Constatazione generale è che non si può passare all'altro più di tanto per paura di questa.
Un fatto nuovo, però, incontrovertibile come importanza, è intanto intervenuto quasi 2000 or sono: la risurrezione di Cristo e su questo furono tanti i testimoni di quell'evento.
Ecco perché questo dell'ottavo giorno ormai, oggi, è un pensiero del tutto "cristiano", perché legato all'evento della risurrezione di Gesù, primizia di un evento che coinvolgerà tutti.

Gesù ha dato un comandamento nuovo da Lui compiuto e ha donato lo Spirito per compierlo nella gratuità: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri". (Giovanni 13,34s)
E ancora: "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici." (Giovanni 15,12s)
Sull'amore vero è facile ingannarsi.
La parola amore risulta ormai abusata nel significato in quanto il suo contenuto viene spesso confuso con questioni che poco hanno a vedere con tale nobile concetto che comporta il dare gratuitamente vita, tempo, denaro, per una altra persona come per se stesso.
L'amore di Gesù Cristo è stato tanto grande che ha donato la propria vita per gli uomini che l'hanno ucciso e chiama i suoi discepoli a essere oggettivi e a non ingannarsi sull'amore che spesso si ritiene di provare e a verificare... se si darebbe la vita per quello che si ama come ha fatto lui?
Con ciò ha fatto divenire un fatto concreto quanto è impossibile all'uomo, l'amore vero.
D'altronde l'amore di Dio è infinitamente giusto e ama buoni e cattivi.
Solo un amore che ha del divino supera i sentimentalismi umani pieni di inganni e di lacci e l'evento della risurrezione se passa a certezza, cancellando la paura della morte, aiuta l'uomo a passare all'amore nella dimensione divina.
Solo l'amore al nemico poi è la cartina al tornasole, ossia la prova rivelatrice, che è stato raggiunto il livello dell'amore vero, perché è certo che se si prova, supera la paura della morte.
Chi ama fa il bene dell'altro gratuitamente, inteso a un'unione che supera ogni limite, onde manifesta i carismi Trinitari, il buono del Padre, la gratuità del Figlio e l'unione che dona lo Spirito Santo.
In ogni atto d'amore vero si dovrebbero trovare quei tre aspetti.
Un amore del genere è ora a disposizione per tutti, anche per chi fosse debole caratterialmente, infatti, non è un vestito o un'attitudine che si può conseguire con lo sforzo o andando a scuola, ma quando viene dato è un anticipo e dono del Regno dei Cieli.
Tale amore totalizzante apre il tempo di una nuova creazione e a prova di ciò c'è il segno della risurrezione.
Chiave di volta del mondo nuovo è la pace, frutto dell'amore.
In ebraico, "amare", ha il radicale e il numero che s'ottiene dal valore numerico di quelle lettere è proprio il numero = ( = 2) + ( = 5) + ( = 1) = 8.
Quel verbo presenta l'Uno che esce da se stesso, che si espande che entra dentro al secondo per diventare una unità.
Disse Gesù nell'ultima cena agli apostoli rimasti dopo l'uscita del traditore Giuda: "Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi." (Giovanni 15,15)
Siamo ora suoi amici e in ebraico amico è amato.
Quella è la sua sposa e Lui è lo sposo!
Nei primi tempi della Chiesa, sin dai primi secoli vi fu l'attesa della liberazione finale e per i battisteri e le fonti battesimali era preferita la forma ad ottagono.
Tale attesa evidentemente ha più antiche radici.
Nel così detto Antico Testamento il numero 8 in più occasioni è collegato a pensieri di consacrazione o d'attesa messianica, come:
  • Enoc, l'ottavo dopo Adamo, scomparve, preso da Dio (Genesi 5,22);
  • 8 furono le persone salvate nel mondo nuovo che esce dal Diluvio;
  • Davide è l'ottavo figlio di Jesse;
  • la purificazione del Tempio avviene all'ottavo giorno, dura otto giorni e termina al sedicesimo (2Cronache 29,17);
  • i figli di Abramo erano sette nati dalla carne, Ismaele da Agar (Genesi 16,15), Zimran, Ioksan, Medan, Madian, Isbak e Suach da Chetura (Genesi 25,1-2) e uno, il figlio dalla promessa, Isacco, nato dalla vecchia e sterile Sara (Genesi 21,2.3);
  • la circoncisione, richiesta da Dio ad Abramo per lui e per i suoi figli, che gli Ebrei continuano ad osservare, deve avvenire l'ottavo giorno dopo la nascita;
  • la consacrazione di Aronne e dei suoi figli avveniva nell'ottavo giorno dopo sette giorni di attesa nella Tenda del Convegno (Levitico 8,35; 9,1);
  • in Israele la festa di "Sukkot", ossia delle Capanne, detta anche dei Tabernacoli, dura otto giorni, incluso il "Shemini Atzeret" (Levitico 23,36);
  • in 2Cronache 6,21 e nel parallelo in 1Re 8, proprio otto sono gli appelli di Salomone perché la sua preghiera sia ascoltata;
  • in Isaia 5,1-2 sette sono le frasi descrivono la viga e una ne indica il risultato.
Nel Vangelo di Matteo si trova questo importante detto di Gesù: "In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele." (Matteo 19,28)
Gesù lì sostiene che sta lavorando per una nuova creazione, l'avvento del Regno, e la nuova creazione certamente si apre con l'evento della sua gloriosa risurrezione, che in termini del genere, non fu come il tornare semplicemente in vita dalla morte per poi morire di nuovo in altro tempo, ma fu un rialzarsi con un corpo radioso che anticipò nell'episodio della Trasfigurazione.
Gesù parlava in quel modo agli ebrei del suo tempo in cui la fede nella risurrezione dai morti pur se era viva, almeno nella setta dei Farisei, era ancora vaga, ma tale fede nella resurrezione dei morti, era stata colta come una conseguenza della fede nel Dio Creatore.
Onde la resurrezione è intesa come una nuova creazione dell'uomo per portarlo o riportarlo al disegno finale.
Del resto l'attesa del Regno di Dio era una forte speranza per Israele.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica accoglie pienamente l'idea dell'ottavo giorno e di una creazione nuova come ben si coglie da vari articoli del suo Catechismo, quali i seguenti.

349 - L'ottavo giorno. Per noi, però, è sorto un giorno nuovo: quello della Risurrezione di Cristo. Il settimo giorno porta a termine la prima creazione.
L'ottavo giorno dà inizio alla nuova creazione. Così, l'opera della creazione culmina nell'opera più grande della Redenzione. La prima creazione trova il suo senso e il suo vertice nella nuova creazione in Cristo, il cui splendore supera quello della prima.
(Messale Romano, Veglia Pasquale: orazione dopo la prima lettura)

1166 - Secondo la tradizione apostolica, che trae origine dal giorno stesso della Risurrezione di Cristo, la Chiesa celebra il Mistero pasquale ogni otto giorni, in quello che si chiama giustamente Giorno del Signore o domenica. (Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 106) Il giorno della Risurrezione di Cristo è ad un tempo - il primo giorno della settimana - memoriale del primo giorno della creazione, e l'ottavo giorno in cui Cristo, dopo il suo "riposo" del grande Sabato, inaugura il Giorno "che il Signore ha fatto", il "giorno che non conosce tramonto" (Liturgia bizantina).

2174 - Gesù è risorto dai morti "il primo giorno della settimana". (Marco 16,2) In quanto primo giorno, il giorno della risurrezione di Cristo richiama la prima creazione. In quanto ottavo giorno, che segue il sabato, esso significa la nuova creazione inaugurata con la risurrezione di Cristo. È diventato, per i cristiani, il primo di tutti i giorni, la prima di tutte le feste, il giorno del Signore, la domenica, "dies dominica: Ci raduniamo tutti insieme nel giorno del sole, poiché questo è il primo giorno" (dopo il sabato ebraico, ma anche il primo giorno) nel quale Dio, trasformate le tenebre e la materia, creò il mondo; sempre in questo giorno Gesù Cristo, nostro Salvatore, risuscitò dai morti." (San Giustino, Apologia, 1,67)

Sant'Agostino d'Ippona (V secolo) ebbe a scrivere quanto segue riguardo all'ottavo giorno: "La domenica invece è stata indicata chiaramente come giorno sacro non per i Giudei, ma per i Cristiani per causa della risurrezione del Signore e da allora si cominciò a celebrarla come giorno di festa... Di questa attività è simbolo l'ottavo giorno, ch'è pure il primo, poiché la risurrezione non elimina, ma glorifica il riposo... Prima della risurrezione del Signore ai santi patriarchi pieni di spirito profetico non era certo nascosta l'allegoria dell'ottavo giorno con cui viene significata la risurrezione; infatti qualche salmo è intitolato "per l'ottava" e i bambini venivano circoncisi l'ottavo giorno dopo la nascita, e nell'Ecclesiaste (Qoelet 11,2), per simboleggiare i due Testamenti, si dice: Dà loro sette parti e a quelli otto. Tale significato simbolico però rimane riservato e segreto e fu insegnato solo che si doveva celebrare il sabato. Infatti i morti godevano già il riposo, ma non v'era ancora la risurrezione di nessuno fino a quando venisse chi risorgendo dai morti ormai non morisse mai più e la morte non dominasse più su di lui. Solo dopo avvenuta la risurrezione del corpo del Signore... si sarebbe cominciato a celebrare ormai la Domenica, ossia l'ottavo giorno, che è pure il primo." (Epistolae, IV, 13)

Quando Gesù, in quel Vangelo di Matteo prima citato, dice "siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele" parla evidentemente del Messia e richiama certamente alla mente dei discepoli, tutti ebrei, la Nuova Gerusalemme, la città del Messia figlio di David ove "Là sono posti i seggi del giudizio, i seggi della casa di Davide." (Salmo 122,5 detto delle ascensioni)
In definitiva ebrei e cristiani hanno una comune attesa, l'avvento nella gloria del Messia, che per i cristiani è già venuto una prima volta assumendo la condizione del Servo di IHWH di cui ai 4 canti del profeta Isaia (1° in 49,1-11; 2° in 49,1-11; 3° in 50,4-11; 4° in 52,13; 53,12).

IL CANDELABRO A NOVE BRACCIA
Il candelabro o lucerniere a nove braccia con altrettanti lumi o lampade, ove in genere è fatto ardere dell'olio d'oliva, è un arredo liturgico della religione ebraica che è usato sia in famiglia, sia in sinagoga.
Nella lingua ebraica quel candelabro con 8 + 1 lumi è detto "Chanukkiyah " ed è usato ogni anno negli otto giorni della festa detta appunto di "Channukkah" o "Channukkat" o anche "Chanukkah", che con le "sacre lettere" di quell'alfabeto, perché usate nei testi liturgici di libri ritenuti ispirati da Dio, si scrive o .
Il termine "Channukkah" che significa "dedicazione, consacrazione", deriva dal radicale relativo al "consacrare, dedicare, iniziare (in modo retto, ossia "kasher")" una casa, un tempio, ma anche relativo allo "ammaestrare, indirizzare, esercitare", come è usato in Proverbi 22,6 quando è detto "Indirizza il giovane sulla via da seguire; neppure da vecchio se ne allontanerà".
Il "chanik" è l'iniziato, il consacrato, quindi, il provato, lo sperimentato l'esercitato, insomma l'esperto, usato in tal senso in Genesi 14,14.
Nella Tanak o Bibbia ebraica, in effetti, per "dedicazione" si trova scritto sempre "Channukkat" , parola impiegata complessivamente 11 volte, quattro nella Torah, solo in Numeri al capitolo 7 versetti 10, 11, 84, 88, poi in 2Cronache 7,9, in Neemia 12,27, nel Salmo 30,1, due volte in Esdra 6,16-17 e due pure in Daniele 3,2-3.


Channukkiyah della Sinagoga di Budapest
(la lampada segnala che è il 7° giorno di Channukkah)

Le prime volte usata in Numeri riguarda il dedicare dell'altare davanti alla Tenda del Convegno: "I prìncipi presentarono l'offerta per la dedicazione dell'altare, il giorno in cui esso fu unto; i prìncipi presentarono la loro offerta di fronte all'altare. Il Signore disse a Mosè: Offriranno la loro offerta per la dedicazione dell'altare, un principe al giorno." (Numeri 7,10-11)
Le prime due lettere di quella parola, richiamano alla mente la parola "chen" (ove = ) che in ebraico vuol dire "grazia, benevolenza", ma anche "bellezza".
Trovare grazia agli occhi di Dio è essere riconosciuti belli agli occhi suoi e... il Signore "...si compiace di chi ha una condotta integra." (Proverbi 11,20)
Tutto è opera di Dio, quindi da parte sua tutto è stato predisposto per la bellezza secondo i suoi canoni, quindi è la parte aggiuntiva che noi apportiamo che deve trovare grazia ai suoi occhi.
Questo riconoscimento è a disposizione se il nostro comportamento è giusto e retto, secondo la sua volontà, quindi se è bello il nostro cuore, il nostro intimo.
Dice, infatti, il Signore in 1Samuele 16,7b, quando Samuele doveva scegliere tra i figli di Iesse e consacrare re Davide e lo cercava tra i più robusti: "L'uomo guarda l'apparenza, il Signore guarda il cuore".

Il consacrare è, quindi, un chiedere grazia in modo retto, liscio.
Equivale al preparare un contenitore idoneo e con tale azione chi lo compie rivela l'intenzione retta del proprio cuore.
È come predisporre un vaso pulito adatto per riceverla, concetti tutti richiamati dalla penultima lettera di , la detta "Kaf , che è concava come un vaso e serve per formare appunto la parola "Kaf", il palmo della mano, che è la faccia concava di questa, liscia e senza peli.
(Vedi: "Parlano le lettere")

"Channukkah", o "Festa delle Luci", fa memoria di un particolare evento, che poi vedremo, di dedicazione e di consacrazione dell'altare del Tempio del Signore.
In tale occasione gli ebrei osservanti ogni giorno di quella festa, che dura di 8 giorni, per prima accendono la lampada centrale delle 9 lampade della "Channukkah" e con questa lampada centrale accendono in sequenza le altre fino al numero che spettano a quella giornata, 1 per la 1a, 2 per la 2a ecc... fino ad 8 per l'8a.
Si parte ad accendere dal lato di destra e per prima si accende con il servente la lampada del giorno.
La lampada centrale per questo suo servire ad accendere le altre, in ebraico è chiamata "shammash" , "il servo o il servente", dal radicale aramaico usato in Daniele 7,10 di "servire, ministrare".
Ecco che questa immagine porta alla mente di ebrei e cristiani tutto quanto relativo all'aspetto del "Servo" nella Bibbia e in particolare i canti del Servo di IHWH del profeta Isaia.
Ai cristiani ricorda anche tutte le vicende relative a nostro Signore Gesù di Nazaret, risorto e asceso al cielo e l'attesa del suo ritorno nella gloria.
La festa di "Channukkah" non è commemorativa della consacrazione del primo altare degli Israeliti usciti dall'Egitto, ma di un miracolo avvenuto nel 161 a.C. al momento di una riconsacrazione del Tempio di Gerusalemme.
Accadde in quell'occasione del miracolo, che una certa quantità d'olio, appena sufficiente per tenere accesa nel Tempio di Gerusalemme per un giorno la "menorah" o candelabro a sette braccia, questo olio ebbe invece a durare per ben otto giorni.
(Vedi: "Il candelabro a sette braccia e l'attesa del Messia")

In definitiva si verificò proprio quanto le lettere ebraiche della parola olio indicano per la sua sorte.
In ebraico, infatti, come ho già ricordato olio è "shoemoen" e discende da dallo stesso radicale da cui viene il numero "otto", "shemonoeh" , che appunto è considerato il numero della pienezza.
Le lettere di "shemonoeh" , ancora una volta, aiutano all'attesa, perché può riguardare quando "risorti i viventi tra gli angeli entreranno ".

L'EVENTO DI CUI È MEMORIA
La storia degli eventi che portarono al miracolo e poi all'istituzione della festa si trovano raccontati nel primo libro dei Maccabei, libro deuterocanonico in greco non accolto dalla Bibbia ebraica o Tanak.
La narrazione, invece, del miracolo vero e proprio si trova nel Talmud Babilonese (Shabhath 21b e seg.).
Hanno là insegnato i Maestri degli ebrei: "Il 25 del mese di Kislev iniziano gli otto giorni di Hanukhah, giorni in cui non si possono fare manifestazioni di lutto e non si può digiunare. Quando i greci entrarono nel Tempio, resero impuro tutto l'olio, e gli Asmonei, dopo aver sconfitto il nemico greco, cercarono e non trovarono che una sola ampolla d'olio, che era rimasta pura, perché ancora chiusa con il sigillo del Sommo sacerdote. Questa ampolla sarebbe bastata per illuminare il Tempio un solo giorno. Accadde un miracolo con quell'ampolla, e così essi poterono accendere il lume per otto giorni. L'anno seguente stabilirono di rendere quei giorni, giorni di festa e di lode." (Talmud Shabbath 21b)

È da fare un minimo di premessa.
V'è stato un tempo in cui vi fu forte tensione tra le culture greca ed ebraica.
La civiltà greca, anche per ammissione da parte dei Romani che dominavano il loro mondo, era considerata, superiore a quella dei vari popoli del loro grande impero e dei vicini.
I patrizi romani dapprima, e poi i più ricchi borghesi romani e dei popoli soggetti, mandavano i figli a "studiare" in Grecia, oltre perché era snob, per dare loro una buona istruzione e un buon contegno.
Alla cultura greca non s'inchinavano però tutti gli Israeliti ritenendo, per grazia di Dio, d'aver ricevuto una cultura ancora superiore.
Erano certi e orgogliosi di ciò in forza di quanto asserisce il libro del Deuteronomio 26,19 "Egli ti metterà, per gloria, rinomanza e splendore, sopra (e'lyon ) tutte le nazioni che ha fatto e tu sarai un popolo consacrato al Signore, tuo Dio, come egli ha promesso."
La parola "e'lyon" - superiore, elevato - si può anche pronunciare in ebraico "a'l yavan" + , e "yavan" è la Grecia (1Cronache 1,5), ovvero, concludono, anche "superiore a'l yavan" alla Grecia.
D'altronde a Sud-Est dell'odierna Gerusalemme nella Città di Davide avevano l'altura di Sion che li confortava, anche quelle lettere così divise + dicevano loro ancora una volta "sopra la Grecia ".
Del resto pure nei riguardi dell'estetica di cui i greci erano ritenuti maestri, grazie al Dio d'Israele, la Grecia doveva lasciare il passo a Israele, perché "Da Sion, splendore di bellezza, Dio rifulge." (Salmo 50,2)
Nel 333 a.C. Alessandro Magno conquistò anche la Giudea e impose su tutto il territorio leggi e statuti che erano in vigore in Grecia, pur tuttavia permise agli ebrei di mantenere le proprie tradizioni lasciando un'autonomia religiosa e nazionale.
Al proposito, il Talmud in Yoma riporta questo fatto che gli storici greci non riportano, perché secondo l'ebraismo non lo vogliono ammettere:

"Alessandro Magno, allievo di Aristotele, è il capostipite della futura potenza greca. Nella sua campagna militare si stava recando a Gerusalemme quando alcuni ebrei ellenizzati lo raggiunsero per descrivere il Tempio di Gerusalemme come un covo di reazionari. Alessandro Magno vi credette e decise di raderlo al suolo. Shimon Ha-Zaddik, il Cohen Gadol - Sommo Sacerdote - e leader degli ebrei decise di incontrarlo per cercare di placarlo. All'uscita di Gerusalemme, appena Alessandro vide Shimon Ha-Zaddik vestito con l'abito sacerdotale, compì un atto che mai aveva compiuto e mai più avrebbe ripetuto nella sua vita.
Scese dal suo carro imperiale e davanti agli occhi sbigottiti sia dei greci che degli ebrei s'inginocchiò ai piedi del Cohen Gadol. Perché un imperatore come te s'inginocchia davanti ad un semplice ebreo? chiesero i suoi soldati. La notte prima di ogni battaglia mi è sempre apparso in sogno un santo individuo che mi esortava alla vittoria e nel cui merito ho conquistato mezzo mondo. Fino ad oggi non sapevo chi fosse, ma ora lo so: Shimon Ha-Zaddik!
"

L'atteggiamento degli ebrei, non servile rispetto alla loro cultura, nei secoli successivi non piacque ai greci.
I popoli vicini che da secoli erano nemici d'Israele, assoggettati dai greci sobillarono tanto i greci stessi che anziché accettare Israele nel proprio pantheon culturale, come facevano con tanti altri popoli, desiderarono distruggerne la religione vietando l'osservanza dello Shabbat e delle feste, la circoncisione e lo studio della Torah.
Ora è da ricordare che dopo la morte di Alessandro Magno il suo vasto impero si divise e Seleuco, uno dei generali macedoni, si proclamò signore della Siria, dell'Asia Minore e della Mesopotamia e fondò la dinastia dei Seleucidi.
Israele fu invece a entrare nel dominio di Tolomeo, un altro generale di Alessandro che si nominò re d'Egitto e fondò la dinastia dei Tolomei.
La Palestina, com'era accaduto nei secoli precedenti tra i Faraoni e gli Assiro-Babilonesi, divenne territorio conteso tra le due potenze dei Seleucidi e dei Tolomei.
Nel 200 a.C. la Palestina fu conquistata da Antioco III, re seleucide di Siria, anche con l'aiuto degli Ebrei, tanto che garantì agli ebrei dei privilegi fiscali.
I rapporti con gli Ebrei s'incrinarono quando Seleuco IV nel 187 a.C., in difficoltà finanziarie desiderava attingere ai depositi del Tempio di Gerusalemme e 2Maccabei 3 riferisce di un intervento miracoloso che l'avrebbe fatto desistere.
Si arrivò all'aperta rottura col successore Antìoco IV Epifane, figlio di Antìoco III, che nel 175 a.C. poté regnare grazie all'aiuto dei Romani.
  • nel 169 a.C. saccheggiò il tempio e lo profanò;
  • nel 167 ordinò la costruzione nel Tempio di un altare a Zeus.
L'Epifane intendeva ellenizzare gli ebrei e li costringeva a convertirsi alla religione greca. (Epifane sta a significare "manifestazione di Dio", ma lo chiamavano Epimene che significa pazzo.)
Proibì la circoncisione e la celebrazione delle feste ebraiche, incluso il sabato, pena la morte, tanto che se erano sorpresi a studiare la Torah venivano uccisi.
Vietò lo studio dei libri sacri dell'ebraismo e n'ordinò la distruzione; così intendeva introdurre le istituzioni efebiche greche, forte in Palestina dell'appoggio del sommo sacerdote pro tempore e di un partito di rinnegati filo-ellenisti.
Gli Ebrei più ligi opposero resistenza passiva andando incontro al martirio per mantenersi fedeli alle tradizioni dei padri.
In 2Maccabei 7 ad esempio è narrato del supplizio di una madre e dei suoi sette figli.
Antioco, tra l'altro, aveva spento la grande "Menorah", il candelabro a sette braccia del "Bet Hamikdash", ossia del Tempio di Gerusalemme.
A questo punto si accese la rivolta detta dei Maccabei, che scoppiò violenta a Modiìn, un piccolo villaggio montano vicino a Gerusalemme, capeggiata dal sacerdote Mattatia, capo di una famiglia ebrea che guidò poi la ribellione e diede vita alla dinastia che in seguito regnò sulla Giudea con il nome di Asmonei, dal nome di un loro antenato.
L'Epifane aveva inviato i suoi soldati per costringere gli abitanti a partecipare alla celebrazione in onore di Zeus con una festa del maiale, altrimenti avrebbero distrutto villaggi e sinagoghe.
Entrati a Modiìn, riunita la gente nella piazza, su un'ara fatta costruire appositamente, il vecchio sacerdote Mattatia avrebbe dovuto sacrificare un maiale che poi la cittadinanza avrebbe dovuto mangiare.
Al rifiuto di Mattatia, un uomo del villaggio s'offrì di sacrificare la bestia, ma Mattatia uccise quel collaborazionista.
I cinque figli di Mattatia - Giovanni, Simone, Giuda, Eleazaro e Gionata - presero le armi, colpirono i soldati e fuggirono col padre sui monti.
Si unirono a loro molti altri giudei e assieme iniziarono una rivolta contro il potente impero greco-siriano.
Alla morte di Mattatia (166 a.C.) il figlio Giuda che assunse il soprannome di Maccabeo, da "martello', in ebraico "maqqabah" , termine usato i Geremia 10,4, che starebbe ad indicare l'energia di Giuda nel colpire i nemici, guidò i ribelli prima con la guerriglia e poi in campo aperto alla vittoria contro l'esercito seleucide.
Quel martello ha anche un intrinseco valore allegorico: "la putredine/il marcio da dentro uscirà ".
Il gruppo prese il nome dal suo capo il cui nome e fu adottato come acronimo "Mi Camòca Baelìm Hashem" "chi è come te, oh Signore" che pare fosse il motto di Giuda e del suo esercito.
Questi, pur se in netta inferiorità numerica, riuscirono a riportare la libertà in Israele.
Il miracolo dell'olio rimette al giusto posto i fatti.
I Maccabei non hanno vinto per la loro bravura, ma è tutto l'evento che è miracoloso e a sottolinearlo è il miracolo dell'olio.

Nel terzo anniversario della dedicazione a Zeus, i Maccabei ridedicarono il Tempio a IHWH.
In effetti, il testo di 1Maccabei racconta che: "Giuda e i suoi fratelli dissero: Ecco, sono stati sconfitti i nostri nemici: andiamo a purificare il santuario e a riconsacrarlo. Così si radunò tutto l'esercito e salirono al monte Sion. Trovarono il santuario desolato, l'altare profanato, le porte arse e cresciute le erbe nei cortili, come in un luogo selvatico o montuoso, e le celle sacre in rovina. Allora si stracciarono le vesti, fecero grande lamento, si cosparsero di cenere, si prostrarono con la faccia a terra, fecero dare i segnali con le trombe e alzarono grida al Cielo. Giuda ordinò ai suoi uomini di tenere impegnati quelli della Cittadella, finché non avesse purificato il santuario. Poi scelse sacerdoti senza macchia, osservanti della legge, che purificarono il santuario e portarono le pietre profanate in luogo immondo. Tennero consiglio per decidere che cosa fare circa l'altare degli olocausti, che era stato profanato. Vennero nella felice determinazione di demolirlo, perché non fosse loro di vergogna, essendo stato profanato dai pagani. Demolirono dunque l'altare e riposero le pietre sul monte del tempio in luogo conveniente, finché fosse comparso un profeta a decidere di esse. Poi presero pietre grezze, secondo la legge, ed edificarono un altare nuovo, come quello di prima. Restaurarono il santuario e consacrarono l'interno del tempio e i cortili; rifecero gli arredi sacri e collocarono il candelabro e l'altare degli incensi e la tavola nel tempio. Poi bruciarono incenso sull'altare e accesero sul candelabro le lampade che splendettero nel tempio. Posero ancora i pani sulla tavola e stesero le cortine. Così portarono a termine tutte le opere intraprese. Si radunarono il mattino del venticinque del nono mese, cioè il mese di Chisleu, nell'anno centoquarantotto, e offrirono il sacrificio secondo la legge sul nuovo altare degli olocausti che avevano costruito. Nella stessa stagione e nello stesso giorno in cui l'avevano profanato i pagani, fu riconsacrato fra canti e suoni di cetre e arpe e cimbali. Tutto il popolo si prostrò con la faccia a terra, e adorarono e benedissero il Cielo che era stato loro propizio. Celebrarono la dedicazione dell'altare per otto giorni e offrirono olocausti con gioia e sacrificarono vittime di ringraziamento e di lode. Poi ornarono la facciata del tempio con corone d'oro e piccoli scudi. Rifecero i portoni e le celle sacre, munendole di porte. Grandissima fu la gioia del popolo, perché era stata cancellata l'onta dei pagani. Giuda, i suoi fratelli e tutta l'assemblea d'Israele, poi, stabilirono che si celebrassero i giorni della dedicazione dell'altare nella loro ricorrenza, ogni anno, per otto giorni, cominciando dal venticinque del mese di Chisleu, con gioia ed esultanza." (1Maccabei 4,36-59)

Siccome i libri dei Maccabei non sono riconosciuti canonici dall'ebraismo e non sono inseriti nella Tenak o Bibbia ebraica, ma lo sono per le Chiese Cattolica e Ortodossa, l'ebraismo sostiene che anche l'istituzione della festa è fissata dal Talmud Babilonese.
Questo però fu redatto III-IV secoli dopo i libri dei Maccabei, quindi la festa, se non si tiene conto di quei libri, sarebbe stata fissata solo da una tradizione orale.
Come vedremo vi sono evidenti prove che la festa era comunque onorata anche ai tempi di Gesù.
Il Talmud racconta che dopo la riconquista del Tempio, i Maccabei tolsero tutte le statue pagane e lo sistemarono secondo gli usi ebraici con nuovi oggetti rituali, perché gli antichi erano stati profanati.
Per riconsacrare il tempio, doveva essere bruciato per otto giorni, in una Menorah dell'olio di oliva puro o purificato.
Nei recessi del Tempio fu trovata solo una piccola ampolla d'olio, con i sigilli di un sommo sacerdote, il cui contenuto sarebbe potuto bastare per alimentare la "Menorah" del Tempio per un solo giorno.
All'epoca del Tempio per l'accensione delle lampade si usava, infatti, solo olio d'oliva purissimo, la parte iniziale della spremitura, ed era conservato in ampolle col sigillo di accettazione.
La produzione era monitorata dai sacerdoti del Tempio e certamente il frantoio del Getzemani, frequentato poi da Gesù con i suoi discepoli, era un luogo di produzione di quell'olio per il Santuario, vista la vicinanza.
L'olio è una metafora della Torah in quanto non si mischia con altri liquidi, ma mantiene la sua purità, come fa la Torah, che non si contamina con le altre filosofie e si mantiene pura.
L'olio inoltre ha la proprietà di penetrare ogni sostanza, così la Torah tende a diffondersi e a permeare ogni cosa.
L'ebraismo dice di sé che del pari non si mescola fino a farsi assimilare e nel contempo con la diaspora è penetrato in ogni popolo.

Pare che i sacerdoti Asmoniani prepararono una "Menorah" di ferro e stagno e accesero comunque i lumi.
L'accesero con l'olio di quell'ampolla mentre si apprestavano a schiacciare le olive e a purificarne dell'altro.
Non vollero aspettare gli otto giorni necessari per produrre l'olio nuovo per non dare il tempo ai siriani di riorganizzarsi e attaccare e quindi l'accesero subito fiduciosi che, vedendo che la luce di Dio era ancora nel Tempio, la popolazione prendesse coraggio e si unisse alla lotta assieme a loro.
IHWH approvò il gesto e inviò la sua grazia, infatti, l'olio di quell'ampolla per miracolo riuscì a tenere accesa la "menorah" per ben otto giorni, cioè per il tempo necessario per la produzione dell'altro.
In ricordo di questi due miracoli, vittoria ebraica e durata dell'olio, fu istituita la memoria, appunto, dell'inaugurazione o "dedica" del "Bet Hamikdash".

I SACERDOTI ASMONEI
I Maccabei nonostante i tanti meriti furono poi invisi a molti in Israele, perché volsero a proprio favore gli eventi, istituirono una nuova dinastia regale e sacerdotale.
Nel paragrafo "La linea sacerdotale interrotta" del mio articolo "Il Tempio del Messia e la Città di Dio" scrivevo quanto in appresso circa la nuova dinastia sacerdotale degli Asmonei che trovò opposizione da parte dei Farisei e degli Esseni.

Simone Maccabeo con i suoi fratelli, di una famiglia sacerdotale ma non della linea dei primogeniti (della stirpe di Ioarìb 1Maccabei 2,1 ricordato in 1Cronache 9,10 e 24,7), si ribellò e diede inizio alla dinastia dei sacerdoti degli Asmonei (da Asmon nome di un antenato):
  • fondatore quindi Simone Maccabeo;
  • alla sua morte subentrò il figlio Giovanni Arcano;
  • a questi succedette il figlio Aristobulo I;
  • poi l'altro figlio Alessandro Ianneo (che parteggiò per i Sadducei contro i Farisei);
  • quindi nel 78 a.C., Alessandra Salomè, già moglie di entrambi (favorì i Farisei);
  • infine il figlio Giovanni Ircano II divenne re e sommo sacerdote.
Questi fu contrastato dal fratello Aristobulo II onde seguì una guerra civile e Roma intervenne con Pompeo che conquistò Gerusalemme nel 63 a.C..
I Maccabei regnarono in Giudea fino alla metà del I secolo a.C. e vi restaurarono le istituzioni politiche e religiose dell'antico Israele mantenendo il potere civile e religioso fino alla conquista romana che nel 37 a.C. pose al governo Erode il Grande, non di sangue reale né d'origine ebraica (il padre, Erode Antipatro, era un Edomita che venivano fatti risalire ad Esaù, e sua madre una Nabatea).
I re di Giuda dovevano discendere dalla casa di David, indi i Maccabei per i farisei e per gli ebrei più ortodossi non avevano pieno diritto al potere regale e il loro regno trovò l'opposizione dei Farisei tanto che il Talmud ricorda appena i Maccabei.
La loro storia si trova nei libri deuterocanonici I e II dei Maccabei, scritti in greco e accolti, come ho già accennato, dalla Bibbia cristiana, ma non dai protestanti.
È da ricordare che il sacerdozio fin dai tempi della sua istituzione era ereditario (Esodo 28,1-4) e le sue attribuzioni oltre al culto, riguardava l'insegnamento della Legge, sì che alla classe sacerdotale risalgono la legislazione scritta di Israele, la trasmissione delle antiche tradizioni sulle origini e parte della poesia cultuale.
Al tempo dei re David era sommo sacerdote Sadoc, discendente di Aronne, esercitava il ministero nel santuario di Gabaon, mentre un secondo sommo sacerdote, Abiatar, pure discendente di Aronne, seguiva il re David.
Alla morte di David, Sadoc si schierò in favore di Salomone contro Adonia, sostenuto invece da Abiatar.
Unto re Salomone, Sadoc rimase unico sommo sacerdote, capostipite delle famiglie sacerdotali di Gerusalemme (sadochiti) nel periodo postesilico.
La riforma di Giosia (640-609 a.C.) di fatto, riservò l'esercizio delle funzioni sacerdotali massime solo a quelli della famiglia di Sadoc della linea di discendenza da Aronne, onde a piramide sacerdotale era la seguente:
  • al vertice c'era il sommo sacerdote, della famiglia di Sadoc;
  • sotto il sommo sacerdote i sacerdoti, dei figli di Aronne;
  • infine i leviti, una sorta di clero inferiore, raggruppati in tre famiglie, alle quali vengono aggregati i cantori ed i portieri (1Cronache 25-26).
Nel 172 a.C. l'ultimo sommo sacerdote discendente da Sadoc, Onia III, fu però assassinato per intrighi politici (2Maccabei 4,34).
I Maccabei presero occasione per sostituire la carica del sommo sacerdote con persone della propria famiglia, quindi sacerdoti e re capi politici e militari più che religiosi.
La dinastia dei sommi sacerdoti Asmonei trovò però l'opposizione da parte dei farisei e la loro origine non sadochita non fu accettata da clero tradizionalista.
Nel contempo la setta sacerdotale essena di Qumran effettuò uno scisma.
Nel II secolo a.C. un partito politico, i sadducei s'ispirò al nome di Sadoc.
Con Erode il Grande (37 a.C.) i sommi sacerdoti sono designati dall'autorità politica, che li sceglie tra le grandi famiglie sacerdotali.

Sono quelli che sono chiamati i "sommi sacerdoti" dal Nuovo Testamento (Luca 3,2; Atti 4,6).
Esseni, spiritualisti, nazionalisti abbandonarono Gerusalemme per protesta contro la nuova gerarchia ecclesiastica e, si rifugiarono in piccoli centri e alcune comunità si stabilirono anche nel deserto ove si prepararono spiritualmente a preparare l'avvento del Messia secondo le profezie di Isaia, ma anche militarmente, con la frangia zelota, a combattere per cacciare lo straniero.

LE USANZE EBRAICHE
Altra fonte oltre i libri dei Maccabei circa la festa di "Channukkah", è il "Magillot Antiokhos" scritto nel I-II Secolo d.C..
Per gli ebrei però la fonte base è il Talmud - Shabbat, 21b.
Giuseppe Flavio - in Antichità ebraiche XII,7,7 - ricorda questa festa delle luci.
Nel Talmud sono presentate due consuetudini:
  • una stabilisce che nel primo giorno si accendano tutte le otto luci della "Chanukiah" ed ogni giorno se ne spenga una;
  • l'altra, al contrario, prescrive di accendere il servente e la prima candela a partire dalla lampada più a destra nel primo giorno e aumentare di una luce ogni giorno successivo.
I seguaci di Shammai seguivano il primo uso e quelli di Hillel il secondo (Talmud, trattato dello Shabbath 21b).
Nel prosieguo considereremo la seconda consuetudine.
La festività dura 8 giorni e la prima sera, chiamata E'rev Chanukkah, inizia al tramonto del 24 del mese di Kislev, indi, il primo giorno della festa è il 25 di Kislev che cade generalmente nel nostro mese di Dicembre e si svolge a cavallo di due mesi, perché termina nel mese successivo di Tevet, il 2 oppure il 3 del nuovo mese a seconda se Kislev quell'anno ha 30 o 29 giorni.
Quella di "Channukkah", come quella di "Purim", è una festa detta rabbinica, in quanto sono entrambe feste non definite dalla Torah, bensì da scritti successivi ad opera, appunto, di rabbini.
La "mitzvà" o precetto di "Chanuccah" è di accendere ognuna delle otto sere la "Channukkiah", ossia la lampada, con la lampada centrale e poi, incrementando ogni giorno di un lume a partire dalla prima a destra.

Questo candelabro è tenuto acceso vicino a una finestra, per rendere pubblico il miracolo; o dentro casa vicino alla porta.
Il lume di "Chanukkah" è preferibile che sia acceso vicino alla finestra in modo che sia ben visibile dall'esterno, sia per rendere pubblico il miracolo della sopravvivenza del popolo ebraico, sia come invito per tutti a non lasciarsi intimidire da prevaricazioni e sopraffazioni.
I lumi si accendono al crepuscolo o poco dopo il tramonto, eccetto venerdì e sabato.
Venerdì si accende prima delle luci di Shabbat e il sabato sera dopo l'uscita di Shabbat.
In sinagoga prima dell'Havdalà e a casa dopo l'Havdalà.
Havdalà o separazione è un breve rito che segna l'entrata e l'uscita della festa dello Shabbat quindi una separazione con i giorni feriali e consiste nel recitare quattro brevi benedizioni: su una coppa di vino, su delle erbe profumate, sulla luce del fuoco e sulla divisione tra Israele e gli altri popoli.
I lumi devono rimanere accesi almeno mezz'ora dopo l'uscita delle stelle, secondo il rito Chabad 50 minuti.
Importante comunque è che tutta la famiglia sia presente all'accensione per il rito delle "Berachot", le Benedizioni.
Tutte le "berachot" devono essere recitate prima di accendere.
Queste sono le benedizioni che vengono recitate che riporto anche in ebraico:

I. - Benedetto sii Tu, o Signore nostro Dio, Re dell'universo, che ci ha santificato con i Suoi comandamenti e ci ha comandato di accendere i lumi di Chanukkà.




Baruch attah Ado-nai Eloheinu Melek ha'olam asher kidshanu b'mitzvotav vetzivanu l'hadliq ner Chanukkah.

II. - Benedetto sii tu o Signore nostro Dio, Re dell'universo, che compì miracoli per i nostri padri nei tempi passati, durante questa stagione.




Baruk attah Adonai Eloheinu Melek ha'olam sheasah nissim laavoteinu bayamim hahem bizman hazoeh.

La seguente benedizione viene pronunciata la prima sera.

III. - Benedetto sii Tu, o Signore nostro Dio, Re dell'universo, che ci ha tenuto in vita, e ci ha preservato e ci ha permesso di raggiungere questa stagione.




Baruk Attah Adonai Eloheinu Melek ha'olam sheheheyanu v'qimanu v'highiyanu lizman hazoeh.

Poi recitato un salmo di alleluia e/o il Salmo 30, seduti vicino ai lumi si raccontano le storie che riguardano "Channukkah".
Come tutte le altre feste più importanti ebraiche c'è un fondamento agricolo legato alla festa:
  • Pasqua è la celebrazione del raccolto dell'orzo;
  • Shavuot del grano;
  • Sukkot dei fichi, dei datteri, del melograno e dell'uva;
  • Chanukkah dell'olio fatto con le olive raccolte in Novembre, ma l'olio è pronto per Channukkah in dicembre.
Questa festa si celebra fra canti e danze ed è rallegrata da luminarie per le case e per le strade.
"Ti esalterò Signore perché mi hai liberato ", è il canto di questa festa ed esprime la gioia del popolo (Salmo 30).
In questi giorni vi sono giochi e dolci speciali.
Si gioca con una trottola chiamata "dreidel" in Yiddish e in ebraico "sevivon" per ricordare i bambini che facevano finta di giocare con quella trottola se i soldati di Antioco arrivavano mentre studiavano la Torah.


Trottola per Channukkah

La trottola ha quattro facce e riporta quattro lettere che sono un acronimo di Ness Gadol Haya Sham, "un grande prodigio ci fu là" con le seguenti lettere Nun - si vince la puntata, Ghimel - si perde la puntata, He - si perde la metà della posta e Shin - non si prende e non si perde.
A Gerusalemme ove ci fu quel prodigio la frase è Ness Gadol Haya Po, "un grande prodigio ci fu qui" e la lettera Pe sostituisce la lettera Shin e tutto funziona come detto.
Dolce tipico della festa sono dolci fritti nell'olio per ricordare l'olio del Tempio:
  • Gli "Sufganiyot" ciambelle o bombe, l'impasto è realizzato con ingredienti semplici, come farina, burro, lievito e uova e riempite di marmellate una sorta di grande bomba fritta con sopra zucchero a velo.


    Sufganiyot
  • I "levivot" o "latkes" sono fatti con uova, cipolle, farina e oggi con patate, ma prima con verdure fritte in olio vegetale, croccanti fuori e morbidi dentro serviti caldi accompagnati da salsa di mele.
  • - "Hanukkah gelt", monete di cioccolato, il dolce preferito dai bambini.
Tante sono le prescrizioni ebraiche per tale feste; ne ricordo solo alcune.
Per tutti gli otto giorni è vietato digiunare e dire "tachanun" cioè fare suppliche.
È vietato digiunare perfino per l'anniversario di morte di un genitore.
La festa di Channukkah dovrebbe essere combinata con lo studio della Torah.
I lumi della Chanukkiyah non vanno spenti, ma si debbono spengere da soli.
L'accensione dei lumi di hanukkà è considerata così importante che anche il più povero è tenuto a chiedere prestiti o vendere i propri abiti per procurarsi l'olio o le candele necessarie ad accendere almeno un lume per sera.
Chi si trova in casa d'altri come ospite o provvede ad accendere personalmente il suo lume, oppure si unisce al padrone di casa corrispondendogli una somma simbolica per partecipare alle spese dei lumi.
Non si usa la luce di "Channukkah" per altri usi, onde per leggere si deve comunque accendere la luce nel luogo ove si sta.

PENSIERI LEGATI ALLA TORAH
Nella Torah il libro centrale, il Levitico, detto in ebraico "wayqrà" "E chiamò" per come inizia quel libro, al capitolo 23 ricorda tutte le feste dell'anno: Shabbat (23,3-4), Pesach (23,5-8), Shavuot (23,9-22), Rosh HaShanà (23,23-25), Kippur (23,26-32) e Sukkot (23,33-44). All'inizio del capitolo 24 v'è però una prescrizione relativa ad una lampada particolare, detta della "lampada perenne".
"Il Signore parlò a Mosè e disse: Ordina agli Israeliti che ti portino olio puro di olive schiacciate per l'illuminazione, per tenere perennemente accesa la lampada. Aronne la disporrà nella tenda del convegno, fuori del velo che sta davanti alla Testimonianza, perché arda dalla sera al mattino davanti al Signore, sempre. Sarà per voi una legge perenne, di generazione in generazione. Egli disporrà le lampade sul candelabro d'oro puro, perché ardano sempre davanti al Signore." (Levitico 24,1-4)

Il nome di lampada perenne deriva da quel "perennemente accesa la lampada" "ner tamid" e quel perenne "tamid" è ripetuto in quel breve testo per tre volte e s'insiste che è una prescrizione che vale per tutte le generazioni.
I Maestri del Talmud commentano che questa prescrizione o "mitzvah" è detta in quella pericope per segnalare che in futuro sarà comunque da accendere comunque una luce eterna celebrando un'ulteriore festa annuale, la "Chanhukkah", che cade appunto dopo Sukkot.
Quella lampada fu certamente spenta in tante occasioni, perlomeno per tutto il lungo esilio a Babilonia (586-515 a.C.) e per i tre anni della profanazione del Tempio da parte dei Seleucidi (167-164 a.C.), pur tuttavia il dettato eterno della Torah fu ottemperato, perché rimase acceso quel lume nel cuore dei fedeli a soddisfazione sostanziale del precetto.
Ecco che si profila l'esistenza di due luci una visibile quella della lampada e un'invisibile, ma del pari concreta, quella della fede che viene dallo spirito che accende, mente, cuore e tutte le forze del fedele.
Qabbalah Sefer ha-Bahir del XII secolo d.C., visto che la Torah inizia con la parola "Ber'eshit" , considera che quel rotolo apre se stesso con lettera dell'alfabeto ebraico, lettera che per la "Gimatria" vale 2.
Ciò farebbe intuire che è la "Torah ", onde "la Torah " esisteva già prima della Creazione, momento in cui Dio si dilettava nella e con la stessa.
(Qabbalah Sefer ha-Bahir del XII secolo d.C., pur se redatto dopo il Sefer Yetzirah è considerato per struttura, contenuto e simbologia la prima opera letteraria della Qabbalah o "ricevuta", cioè della tradizione ricevuta.)
La Torah che inizia con "Ber'eshit" è, quindi, un'immagine della prima, onde la tradizione Sinaitica insegna che Dio guardò nella Torah per creare.
Quella parola, inoltre, tradotta con l'espressione "In principio", letteralmente potrebbe anche essere tradotta "Con il principio", laddove il principio è la Sapienza di Dio, ovvero la Torah stessa con cui Egli creò appunto il mondo.
Dio si dilettava, quasi "giocava" con la Torah, che è la sua Sapienza, già prima che il Mondo fosse creato e la luce è una manifestazione - Shekinah - di Dio stesso.
In "Torah - Targum palestinesi - versetti scelti con commenti" riportai queste segnalazioni di quanto dicevano quelle antiche traduzioni commentate della Torah per gli ascoltatori di quei tempi:

Genesi 1,1 - In principio la Parola di Dio, con Sapienza, creò e rese perfetti il cielo e la terra.
Sin dal primo versetto circola l'idea del Verbo = la Parola sottolineato dal Vangelo di Giovanni e che San Paolo nella lettera ai Colossesi così tratteggia: "Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui." (Colossesi 1,15-17)
Il pensiero cristiano ha poi ufficialmente sancito il dogma della SS. Trinità che però in embrione, agitava le menti: Dio Padre, la Parola il Figlio e lo Spirito Santo la Sapienza, cosicché il mondo fu creato da un atto di amore e volontà dell'intera Trinità.

Genesi 1,2 - La terra era deserta ed informe, senza uomini, priva di ogni tipo di animale, le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito dell'amore di Dio aleggiava sulle acque.

La Comunità ebraica aveva elaborato che l'essenza di Dio è amore.

Genesi 1,3 - La Parola di Dio disse...

Conferma l'idea di Genesi 1,1.
Il Talmud Babilonese è il testo classico della Torah orale che l'ebraismo considera secondo solo alla Bibbia e commenta Rabbi Norman Solomon in "The Talmud", 2009, p. xv. "Se la Tanak - Sacra Scrittura - è il sole, il Talmud è la sua luna che ne riflette la luce".
Gli stessi saggi del Talmud insegnano come la Torah e in generale il Tanak, racchiude significati più profondi di quanto traspaia alla usuale lettura, infatti, quella che appare è una veste del significato recondito definito corpo, spesso individuato nelle "Mizvot", o anima, ma celano il significato più profondo onde esistono una "Torah" rivelata, "Nigleh", a cui corrisponde la Torah orale e il Talmud stesso, ma c'è anche una "Torah" interna e nascosta, "Nistar".
Questo nascosto non può che parlare dei tempi ultimi e del Messia che rivelerà e porterà a compimento il fine della creazione.
Pur se nascosto, il "Nistar" ovviamente sarà rivelato dal Messia.

Tornando al tema della luce, l'accensione di lumi riguarda sia la festa di "Shabbat", sia le lampade del Tempio - il "Beit Hamiqdash" - sia i lumi di "Channukkah".
Il Talmud però dice: "la Torah è la luce", onde le luci dello Shabbat, del Beit Hamiqdash e di Channukkah rappresentano la Torah.
Concludono i maestri ebrei che comunque sono tre tipi di luce, infatti:
  • uno può apprendere la Torà per sapere la Halahà e fare le mitzvot e ciò porta la pace nel mondo il che corrisponde alle luci dello Shabbat che hanno lo scopo di assicurare la pace nella casa.
  • poi c'è lo studio della Torà attraverso il quale un Ebreo si lega a Dio, il che corrisponde alle luci del "Beit-Hamiqdash" che testimoniano che la "Shekinah" risiede in Israele.
  • quindi c'è il livello più elevato dello studio della Torah, studiata per il proprio valore considerato che è la vera essenza del Creatore e questa corrisponde all'illuminazione di "Chanukkah" che non ha scopo se non se stessa, infatti, non è permesso far uso delle luci di "Chanukkah" per altri scopi come il nostro servizio a Dio deve essere fine a se stesso, non per alcun beneficio o ricompensa che desideriamo ricevere.
CHANNUKKAH E CRISTIANESIMO
Per il cristianesimo il Messia, oltre duemila anni fa è venuto in Gesù di Nazaret nella debolezza per aprire il tempo finale della conversione e per annunciare con la sua morte, la sua resurrezione e la sua ascensione al cielo, il perdono e l'amore di Dio, la vittoria sulla morte nonché l'apertura della natura divina per gli uomini, caparra versata da Lui per tutti sin d'ora, natura che sarà rivelata con la risurrezione finale al momento della sua vittoria conclusiva sul male. Gesù, di fatto, in sintesi è la buona notizia dell'amore di Dio per ogni uomo, perché ha portato a tutti gli uomini la grazia di Dio Padre.
Appena, infatti, l'angelo ne annuncia la nascita a Maria, immagine della Chiesa, madre di tutta la nuova generazione dei salvati, con insistenza il testo evangelico propone la parola grazia.
Un angelo Le fece l'annuncio in questo modo: "...l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te. A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L'angelo le disse: Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine." (Luca 1,26-33)
Al momento della nascita di Gesù, fissata dalla tradizione per il 25 dicembre, secondo i più, è il 7 a.C., corrispondente in quel anno al tempo della festa di Channukkat .
Luca, nel suo Vangelo, continua a sottolineare che Gesù è pieno e latore di grazia:
  • Luca 2,40 - "Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui."
  • Luca 2,52 - "E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini."
  • Luca 4,17-19 - "Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per... predicare un anno di grazia del Signore."
Ricordo ancora una volta che nella parola "Channukkah" , in italiano "Dedicazione", è subito esaltata la parola "grazia" "Chen".
La festa di "Channukkah" o della Dedicazione è ricordata pure nel Vangelo di Giovanni : "Ricorreva in quei giorni a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era d'inverno. Gesù passeggiava nel Tempio, sotto il portico di Salomone." (Giovanni 10,22-23) Ha perciò un senso che anche i cristiani riflettano su questa festa.
Gesù, infatti, il Servo di IHWH, prese l'occasione in tale festa ebraica per illuminare il mondo su di Lui che è il Cristo e su Dio che è suo Padre.
Gli chiesero, infatti, i Giudei:
"Se tu sei il Cristo diccelo apertamente." (Giovanni 10,22-23)
Gesù rispose loro:

"Ve l'ho detto, e non lo credete." (Giovanni 10,25)
"Io e il Padre siamo una cosa sola." (Giovanni 10,30)

Ecco che alcune famiglie cristiane, specialmente in Palestina e in Germania, accendono la "Chanukkiah" e n'osservano il rito collegando il miracolo della luce, avvenuto nel Tempio, proprio alla nascita di Gesù, nuovo Tempio, "Luce del mondo ".
Danno così fondamento biblico alla tradizionale data di nascita di Gesù, il 25 di Dicembre, corrispondente al 25 di Kislev, con la festa "Chanukkiah", data che nel mondo occidentale si considera abbia avuto origine dall'antica festa pagana "Dies Natalis Solis ", giorno della nascita del Sole invincibile.

Il nome di "shammash" , il servo o il servente, dato alla lampada centrale della "Cannukkiyah", in ebraico ha le stesse lettere, ma con altra vocalizzazione, della parola "sole", "shoemoesh" e come il sole serve per accendere con la sua luce tutte le cose e portarle così alla vista.
I mistici ebrei considerano le luci di tale lampada una manifestazione della luce del servente "shammash" ; la luce nascosta del Messia che si rivela.
Insito in quelle lettere c'è "luce che salva ()".
I cristiani possono anche leggere "il Risorto salva ()!"
Si rifà presente così l'idea dell'ottavo giorno, il giorno del Signore, la desiderata domenica eterna, il primo giorno di una nuova creazione.
(Vedi: il "midrash" "Tempo-eternità")

La candela centrale di "Channukkah", lo "Shamash", il Servitore, in definitiva ha una simbologia intrinseca che parla di Gesù, come ben si comprende dai Vangeli.
Egli ha detto di se stesso: "il Figlio dell'uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti." (Matteo 20,28).
Lo "Shamash" poi è fonte di luce per le altre candele di Channukkah, così Gesù è l'unica fonte di luce delle nostre vite.
Il Vangelo di Giovanni al riguardo conclude, "Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo." (Giovanni 1,9)
Gesù disse di se stesso:
  • "Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita." (Giovanni 8,12)
  • "il Figlio dell'uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti." (Matteo 20,28)
  • "Voi siete la luce del mondo" (Matteo 5,14), ossia come fa la candela servente per le luci di "Channukkah", fa diventare luce come se stesso i propri discepoli.
Questa grazia uscì per tutti i peccatori dalla croce "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno". (Luca 23,34)
Lui è il servo di "Channukkah" o "Channukkat" , perché "la grazia con la rettitudine esce " o perché "la grazia da uno retto in croce " è portata nel mondo.
Quel venerdì santo era buio nonostante fosse mezzogiorno e il vero Tempio, vale a dire il corpo di Cristo, era stato profanato, infatti, così dice il Vangelo di Luca: "Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Il velo del tempio si squarciò nel mezzo. Gesù, gridando a gran voce, disse: Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito. Detto questo spirò." (Luca 23,44-46)
Il sole si eclissò e rimase solo la luce che emetteva il Cristo grazie all'olio Santo della sua unzione, quello dello Spirito Santo che restituì al Padre e... stavano per accendersi le luci del sabato (Luca 24,54).
Il Vangelo di Matteo poi segnala: "Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: Davvero costui era Figlio di Dio!" (Matteo 27,54)
Accade che dei rudi soldati pagani videro un fatto che non aveva mai visto prima, videro "la santità"!
S'inchinarono a quella come, nel "midrash" che ebbi a raccontare nel paragrafo "L'evento di cui è memoria" di questo articolo, accadde che fece Alessandro Magno che ebbe ad inchinarsi davanti al Sommo Sacerdote vestito di tutta la sua dignità.

Nella notte santa, durante la Veglia Pasquale, dopo il rito del fuoco, com'è noto, ha inizio il rito del "Lucernario" durante il quale è portato in processione il cero pasquale acceso, l'unico che illumina le tenebre non solo della notte, ma del mondo intero.
Il popolo in cammino con le proprie candele accese da quel cero, servente, fa presente la pienezza della Chiesa, una "Channukkah" vivente, e questa proclama la vittoria della luce sulle tenebre per la risurrezione di Cristo, cantando:

"Cristo è la luce".

L'Exultet o preconio pasquale cantato subito dopo proclama tra l'altro:

"Gioisca la terra inondata da così grande splendore; la luce del Re eterno ha vinto le tenebre del mondo."
Vi può essere una luce senza il sole?
Nel mondo della Bibbia si!
Questa inizia proprio col racconto nel libro della Genesi della creazione in sette giorni ove il sole, però, appare solo nel quarto giorno.
Eppure, Dio nel primo giorno creò la luce.
"Dio disse: Sia la luce! E la luce fu." (Genesi 1,3)
Potremmo così pensare che nei primi tre giorni sono state create cose non visibili con gli occhi fisici e che quella luce del primo giorno è visibile con occhi diversi. (Vedi: il "midrash" "Spirito creato in 7 tappe - Genesi codice egizio-ebraico")

Quali sono, allora, gli occhi che riescono a vedere la luce del primo giorno.
Direi gli occhi della fede nel Dio Unico.
Quando si accende quella luce, tutto si vede in modo pieno che gli occhi fisici da soli non consentono.
Nel primo giorno, così, si vede una luce, nel secondo ci si rende conto che sarebbe da seguire l'ordine esistente nel creato e nel terzo s'iniziano a vedere i frutti nello spirito.
Senza quella luce la bellezza del creato che si vede grazie al sole, in effetti, non s'accende completamente, in quanto non prende il suo pieno senso.
L'estetica, il bello per il bello, pare proprio non avere senso, perché oltre che ingannevole addirittura può essere pericoloso.
Il sapiente Re Salomone, sintetizza ciò in questo proverbio: "Un anello d'oro al naso di un maiale, tale è la donna bella ma senza cervello." (Proverbi 11,22)
Non solo con un anello d'oro al naso il maiale diventa ridicolo, ma anche il gioiello perde il suo valore.
Ogni cosa ha una faccia che rivela la luce, ma ha anche un intimo che la luce del sole da sola non rivela.
Se sono belle entrambi, le qualità esteriori come le interiori, si ha la vera bellezza, che supera quella che vedono solo gli ingannevoli occhi umani.
Gli ebrei mettono in evidenza ciò facendo uso come al solito della particolare espressività della loro lingua, infatti, la facciata.
Il volto "paniim" è sempre duplice, e non solo perché ha due facce o lati, "panoe" , ma l'intimo, l'interiorità è più che duplice.
Questa si dice "penimiyyot" e spezzandola le lettere dicono vi si parla come la "persona () nei giorni si porta Completamente ".
L'uomo ha tante maschere, all'esterno volta per volta ne propone solo alcune, onde per conoscere bene un uomo occorre vedere come ha portato le sue facce tutti i giorni fino alla fine.
Solo dopo si può soppesare la vera consistenza e così fa la Chiesa quando proclama i beati e i santi.

"...un baratro è l'uomo e il suo cuore un abisso." (Salmo 64,7)

Proprio questa è la differenza tra il concetto di bellezza greco e quello secondo le Sacre Scritture giudaico - cristiane.
Una bella cerimonia non è tale solo perché la chiesa è bella, è bene addobbata, i suoi ministranti sono con vesti di pregio e curate, v'è un coro ben addestrato di voci educate, un buon organo che suona musiche di pregio, vi sono bei canti e tutto è fatto in gran ordine, ma perché, soprattutto, vi si percepisce che v'è un popolo che la illumina con la sua fede e allora in tal caso non stona che...
qualcuno possa anche suonare semplicemente delle chitarre.
Il Messia, Gesù Cristo, ha portato questa luce nel mondo e ora la Sua estetica è disponibile per tutti i popoli.
Torno, infine, alla parola "lampada" che ho presentato quando ho parlato della "lampada perenne".
La parola lampada nell'intera traduzione C.E.I. della Bibbia ante 2008 si trova 24 volte di cui 16 nell'Antico Testamento, ove la prima è in Esodo 27,20 "Tu ordinerai agli Israeliti che ti procurino olio puro di olive schiacciate per il candelabro, per tener sempre accesa una lampada" ed è proprio la stessa "lampada perenne" di cui parla Levitico 24,2-4.
Seguire sui testi ove è stata usata quella traduzione rafforza due concetti:
  • la lampada rappresenta la continuazione della vera fede di Israele;
  • una lampada non si spegnerà mai nella famiglia di Davide.
Gesù, poi, parla della lampada da mettere ben in vista sul lucerniere in Marco 4,21 e Luca 8,16 e del Battista in Giovanni 5,35 che, appunto con la sua fese, era una lampada.
Concludo questo paragrafo ricordando quanto dice sulla lampada il libro dell'Apocalisse:
  • Apocalisse 21,22.s - parlando della visione della Gerusalemme celeste, "Non vidi alcun tempio in essa perché il Signore Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello."
  • Apocalisse 22,1-5 - "Mi mostrò poi un fiume d'acqua viva limpida come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell'Agnello. In mezzo alla piazza della città e da una parte e dall'altra del fiume si trova un albero di vita che dà dodici raccolti e produce frutti ogni mese; le foglie dell'albero servono a guarire le nazioni. E non vi sarà più maledizione. Il trono di Dio e dell'Agnello sarà in mezzo a lei e i suoi servi lo adoreranno; vedranno la sua faccia e porteranno il suo nome sulla fronte. Non vi sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli."
IL TEMA DELLA DECRIPTAZIONE
Se si dà piena fede a quelle Sacre Scritture, scritte con i segni ebraici, lette opportunamente, debbono pur rivelare il contenuto nascosto, il "Nistar", cioè profezie sul Messia, già ora attuate e rivelate nei Vangeli e poi deve ancora contenere quelle sui tempi ultimi.
Quello di trovare queste tracce col metodo della decriptazione fa peraltro parte della mia ricerca in questo mio Sito e quindi alle mie letture di una seconda faccia della Tanak per decriptazione col mio metodo.
Gesù stesso propone di scrutare le Scritture che parlano di Lui (Giovanni 5,39) ed apre profezie ("Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche") sul proprio conto, ma non tutte si trovano con la lettura usuale, però istruisce i discepoli sul come trovarle nella Torah, nei Profeti e nei Salmi (episodio dei discepoli di Emmaus Luca 24) ed attesta con autorità che dà compimento anche ad ogni singola lettera della Torah stessa, come a dire, ne deduco, che alcune profezie su di Lui s'ottengono con una "scrutatio" particolare del testo ebraico ("Scrutatio cristiana del Testo Masoretico della Bibbia").

Il metodo di decriptazione, regole e significati delle singole lettere, da me definito ormai dal 1997-8 di cui sinteticamente in "Parlano le lettere" ed alle schede dei 22 segni ebraici che si possono ricavare cliccando sui simboli della colonna a destra della home do questo mio Sito, consente di aprire pagine e pagine di secondo livello dal testo ebraico con profezie esaurienti sul Messia, come o evidenziato nella maggior parte dei miei articoli inseriti in quel sito fino a formare dei proto - vangeli. Ciò premesso, presento ora la decriptazione del capitolo 24 del Levitico ove si parla della lampada perenne e poi quella di Proverbi 11 dove c'è quel versetto così espressivo "Un anello d'oro al naso di un maiale, tale è la donna bella ma senza cervello." (Proverbi 11,22)
Del Capitolo 24 del Levitico costituito da 23 versetti in "Padre Nostro chiave di volta contro la pena di morte" presentai decriptati i i 6 versetti Levitico 24,17-22.

LEVITICO 24 - DECRIPTAZIONE
Riporto il testo di Levitico 24 della ultima traduzione C.E.I..

Levitico 24,1 - Il Signore parlò a Mosè e disse:

Levitico 24,2 - Ordina agli Israeliti che ti portino olio puro di olive schiacciate per l'illuminazione, per tenere perennemente accesa la lampada.

Levitico 24,3 - Aronne la disporrà nella tenda del convegno, fuori del velo che sta davanti alla Testimonianza, perché arda dalla sera al mattino davanti al Signore, sempre. Sarà per voi una legge perenne, di generazione in generazione.

Levitico 24,4 - Egli disporrà le lampade sul candelabro d'oro puro, perché ardano sempre davanti al Signore.

Levitico 24,5 - Prenderai anche fior di farina e ne farai cuocere dodici focacce; ogni focaccia sarà di due decimi di efa.

Levitico 24,6 - Le disporrai su due pile, sei per pila, sulla tavola d'oro puro davanti al Signore.

Levitico 24,7 - Porrai incenso puro sopra ogni pila, perché serva da memoriale per il pane, come sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore.

Levitico 24,8 - Ogni giorno di sabato lo si disporrà davanti al Signore perennemente da parte degli Israeliti: è un'alleanza eterna.

Levitico 24,9 - Sarà riservato ad Aronne e ai suoi figli: essi lo mangeranno in luogo santo, perché sarà per loro cosa santissima tra i sacrifici da bruciare in onore del Signore. È una legge perenne.

Levitico 24,10 - Ora il figlio di una donna israelita e di un Egiziano uscì in mezzo agli Israeliti, e nell'accampamento scoppiò una lite fra il figlio della donna e un Israelita.

Levitico 24,11 - Il figlio della Israelita bestemmiò il Nome, imprecando; perciò fu condotto da Mosè. La madre di quel tale si chiamava Selomìt, figlia di Dibrì, della tribù di Dan.

Levitico 24,12 - Lo misero sotto sorveglianza, finché venisse una decisione dalla bocca del Signore.

Levitico 24,13 - Il Signore parlò a Mosè dicendo:

Levitico 24,14 - Conduci quel bestemmiatore fuori dell'accampamento; quanti lo hanno udito posino le mani sul suo capo e tutta la comunità lo lapiderà.

Levitico 24,15 - Parla agli Israeliti dicendo: Chiunque maledirà il suo Dio, porterà il peso del suo peccato.

Levitico 24,16 - Chi bestemmia il nome del Signore dovrà essere messo a morte: tutta la comunità lo dovrà lapidare. Straniero o nativo della terra, se ha bestemmiato il Nome, sarà messo a morte.

Levitico 24,17 - Chi percuote a morte qualsiasi uomo, dovrà essere messo a morte.

Levitico 24,18 - Chi percuote a morte un capo di bestiame, dovrà risarcirlo: vita per vita.

Levitico 24,19 - Se uno farà una lesione al suo prossimo, si farà a lui come egli ha fatto all'altro:

Levitico 24,20 - frattura per frattura, occhio per occhio, dente per dente; gli si farà la stessa lesione che egli ha fatto all'altro.

Levitico 24,21 - Chi percuote a morte un capo di bestiame, dovrà risarcirlo; ma chi percuote a morte un uomo sarà messo a morte.

Levitico 24,22 - Ci sarà per voi una sola legge per il forestiero e per il cittadino della terra; poiché io sono il Signore, vostro Dio.

Levitico 24,23 - Mosè parlò agli Israeliti ed essi condussero quel bestemmiatore fuori dell'accampamento e lo lapidarono. Così gli Israeliti fecero come il Signore aveva ordinato a Mosè.

Per far meglio comprendere come opero riporto, giustificata, la decriptazione del versetto Levitico 24.
Scrivo il versetto in italiano e con le lettere del testo in ebraico e poi la decriptazione con vicino le lettere ebraiche che la producono.

Levitico 24,2 - Egli disporrà le lampade sul candelabro d'oro puro, perché ardano sempre davanti al Signore.



"In alto Usciranno i viventi dagli angeli . Con i corpi usciranno dal mondo puri . Uscito sarà il nemico , la rettitudine rivenuta , angeli con i corpi porterà Tutti alla presenza del Signore per sempre ."

Riporto ora tutto di seguito il testo decriptato.

Levitico 24,1 - E saranno dal deserto, che è il mondo, portati fuori da Dio vivi, risorti. Rientrerà la potenza delle origini, a vivere nei corpi.

Levitico 24,2 - Su li porterà dall'Unico tutti il Figlio. Saranno da Israele portati. Saranno rovesciate le tombe ed il primitivo serpente sarà stato dalla rettitudine bruciato nei viventi. L'energia di questi sarà finita, puri, retti, tutti saranno. Sul colle vivi dell'Unigenito si porteranno nel corpo. Al Potente dal mondo l'innalzerà il Crocefisso, dagli angeli col corpo per sempre.

Levitico 24,3 - (Da dove) distrusse l'asta che innalzò il serpente il velo del Santissimo, entreranno nell'eternità. Nel Crocifisso dentro porranno le tende al tempo stabilito. Saranno con ordine a venire portati all'Unico. Entreranno con canti al tramonto del sole, vedranno la porta al mattino del Potente, al volto inviati saranno dal Signore. Finita nei viventi la forza dell'oppressione, tutti fanciulli in vita partoriti dal corpo del Crocifisso, saranno così a vivere.

Levitico 24,4 - In alto usciranno i viventi dagli angeli. Con i corpi usciranno dal mondo puri. Uscito sarà il nemico, la rettitudine rivenuta, angeli con i corpi porterà tutti alla presenza del Signore per sempre.

Levitico 24,5 - Li porterà versandoli dal chiuso il Crocefisso, dal foro guizzeranno sbigottiti, dall'Unico al volto saranno alla fine a venire. Dal Risorto tutti saranno dal seno liberati. Nell'assemblea (di lassù) accompagnati dal Crocefisso, alla luce con gli angeli saranno. Sentiranno i risorti i canti. Saranno i viventi ad essere fuori ad esistere dal mondo, entrati nell'assemblea del Potente. Dal mondo v'entreranno i fratelli del Crocifisso.

Levitico 24,6 - Ed alla luce gli uomini dell'Unico ha recato puri, risorti tutti. Nelle acque bollenti il nemico arso finito nel fuoco, bruciato. Entrata nei viventi in azione nel corpo la rettitudine del Crocifisso, in olocausto uscì per la risurrezione il serpente. La grazia entrò con la purezza per il potente soffio che inviato fu dal Signore.

Levitico 24,7 - E dagli angeli tutti il Crocifisso innalzerà. Vivi si vedranno con i corpi retti alla fine dal cuore inviati fuori. Colpita dalla rettitudine la perversità sarà stata. Tra le lodi del Potente all'assemblea nella pienezza questi banchetteranno. La Donna entrerà dal Potente col Signore.

Levitico 24,8 - A casa saranno portati i viventi. Vi entreranno risorti, dentro alla fine del giorno al mondo di un sabato. Saranno tra gli ordini degli angeli che si portano alla presenza del Signore, puri saranno, simili all'Unigenito. Alla fine figli saranno retti nell'Unico nel cuore, col corpo vi staranno tutti per sempre.

Levitico 24,9 - E del mondo saranno tutti ad entrare dal Potente. Dall'Unigenito usciti dal corpo abiteranno nel cuore. Con gli angeli saranno portati e l'Unigenito la sposa recherà dentro di viventi risorti. Santi, retti saranno nel Santo dei Santi di Lui. Ad accompagnare di viventi la Donna sarà il Signore, nell'assemblea verserà i fanciulli a vivere.

Levitico 24,10 - Portata sarà su dal Padre con gli angeli la Donna. Da Israele sarà alla fine portata da Lui con i figli. Gli uomini vivi su col corpo saranno a casa dal Crocifisso portati. Spento l'angelo sarà stato, sarà stato bruciato dai corpi, il primo serpente sarà stato portato ad essere distrutto e dentro i viventi per la grazia rientrata a casa con gli angeli entrati, saranno la luce a vedere del Potente. Sarà stata portata dagli uomini fuori con la forza che ha risorto i corpi la maledizione che c'era.

Levitico 24,11 - Porterà a essere versati a casa i figli usciti dalla Donna. Nel mondo saranno stati liberati dalla maledizione. Saranno tutti a venire con l'Unigenito che risorti fuori li porterà. Sarà stato abbattuto con potenza il serpente. Saranno alla casa che era desiderata, all'Unico tutti, e recati in Dio, nella potente luce entreranno. E la risurrezione nei viventi l'origine avrà strappato via del serpente che nei viventi sarà finito. Dentro tutti nella Parola staranno. Del Potente nel cuore entreranno dalla porta degli angeli.

Levitico 24,12 - Li porterà a stare dagli angeli nell'assemblea. Saranno dal mondo portati dentro a vivervi i risorti. L'amarezza del serpente col soffio nei corpi avrà strappato assieme al male operare. Al volto saranno del Signore.

Levitico 24,13 - Portati saranno alla porta di casa col corpo dal Signore Dio. Vivi, risorti entreranno nel Potente Unico a vivergli nel corpo.

Levitico 24,14 - Dal mondo li porterà su all'Unico. Verranno i viventi leggeri per la potenza. Dio nelle midolla avrà riportato l'immagine. Per la grazia rientrata, porterà la pienezza, la vita della rettitudine si riporterà. La sposa nel settimo (giorno) sarà a vivere con l'Unigenito. Sarà dalla porta ad essere fuori il male operare, nei corpi l'origine a bruciare avrà portato e le schiere verranno condotte tutte dal mondo, dall'Eterno entreranno.

Levitico 24,15 - Li ha portati di Dio a casa con gli angeli a stare. Saranno la luce a vedere del Potente. Finito alla porta, mangiato il serpente. L'origine che viveva nei corpi sarà stata bruciata negli uomini. Le bruciature saranno state ad abbattere il serpente. Il Potente per la maledizione che fu a recare condurrà l'angelo alla distruzione col peccato portato.

Levitico 24,16 - E per l'energia che verserà dentro della risurrezione i viventi saranno dal mondo portati fuori dalla morte. Saranno portati dei morti i corpi in cammino e vive le schiere recherà a casa, li condurrà tutti all'eternità. Usciranno retti i pellegrini. Così dall'Unico spunteranno dal Figlio. Avrà abbattuto la vergogna dalla vita, saranno riportati dai morti.

Levitico 24,17 - Per portare dell'Unico ad esistere il disegno fu così al mondo la Rettitudine. Il Potente inviò il Verbo per risorgere gli uomini dalla morte. Fu a riportarla con l'acqua dalla croce.

Levitico 24,18 - Recò ai viventi la rettitudine. Uscirà l'angelo superbo che col bestiale nei viventi entrò. Sarà per la resurrezione la potenza dai viventi dell'angelo ad uscire. L'inviato Verbo brucerà di sotto l'angelo superbo.

Levitico 24,19 - E un uomo retto fu a esistere dal drago, in vita portato dalla Madre in una casa. Alla vista dei viventi fu completa a recarsi la rettitudine. Da Donna col corpo si vide alla luce uscire. Così gli angeli furono alla vista con una luce al mondo dal Potente portati.

Levitico 24,20 - Sorse dentro in un corpo alla fine per strappar via col fuoco da dentro il male. In azione fu con l'energia di sotto alle rovine dall'angelo. La risurrezione invierà alla fine nelle tombe, tutti risorgerà. Ucciderà l'Unigenito col fuoco nei corpi l'esistenza del drago. I viventi riporterà a vivere. Dentro l'uomo la rettitudine inviata sarà. L'energia finirà l'angelo che dentro porta.

Levitico 24,21 - E dai viventi per la rettitudine che entrerà, il bestiale uscirà. Sarà bruciato perché l'angelo colla perversità in vita indebolì Adamo, che fu a portare tra i morti.

Levitico 24,22 - Per salvarlo soffierà la risurrezione dal cuore l'Unigenito. Delle tombe le porte saranno aperte. Risaranno ad uscire camminando vivi così i forestieri come i cittadini del paese, risaranno nell'esistenza. Retti saranno per incontrare nell'esistenza il Signore. Il maledetto uscirà in forza della rettitudine dei viventi.

Levitico 24,23 - Portato sarà l'aiuto dentro i corpi. I viventi per la risurrezione entrata dell'Unigenito nei cuori angeli saranno. La forza della risurrezione nei corpi l'originaria potenza avrà a riportare. Saranno portati ad alzarsi, saranno per l'Unigenito a venire fuori dalla putredine del serpente. La potenza di Dio nelle midolla riporterà l'immagine, la grazia entrata riporterà all'esistenza i corpi. In cammino vivi si porteranno dall'Unigenito, nel crocifisso si porteranno dentro. Dagli angeli saranno da Israele i popoli portati. Retti, beati su li porterà fuori il Signore. Verranno i viventi col Risorto dal mondo.

PROVERBI 11 - DECRIPTAZIONE
Riporto il testo di Proverbi 11 della ultima traduzione C.E.I..

Proverbi 11,1 - Il Signore aborrisce la bilancia falsa, ma del peso esatto egli si compiace.

Proverbi 11,2 - Dove c'è insolenza c'è anche disonore, ma la sapienza sta con gli umili.

Proverbi 11,3 - L'integrità guida gli uomini retti, la malvagità è la rovina dei perfidi.

Proverbi 11,4 - Non giova la ricchezza nel giorno della collera, ma la giustizia libera dalla morte.

Proverbi 11,5 - La giustizia dell'uomo onesto gli spiana la via, per la sua cattiveria cade il cattivo.

Proverbi 11,6 - La giustizia salva gli onesti, nella cupidigia restano presi i perfidi.

Proverbi 11,7 - Con la morte del malvagio svanisce ogni sua speranza, l'attesa dei ricchi scompare.

Proverbi 11,8 - Il giusto è liberato dall'angoscia, al suo posto subentra il malvagio.

Proverbi 11,9 - Con la sua bocca il bugiardo rovina l'amico, i giusti con la loro scienza si salvano.

Proverbi 11,10 - Della prosperità dei giusti la città si rallegra, per la rovina dei malvagi si fa festa.

Proverbi 11,11 - La benedizione degli uomini retti fa prosperare una città, le parole dei malvagi la distruggono.

Proverbi 11,12 - Disprezza il suo prossimo chi è privo di senno, ma l'uomo prudente tace.

Proverbi 11,13 - Chi va in giro sparlando svela il segreto, ma l'uomo fidato tiene nascosto ciò che sa.

Proverbi 11,14 - Dove manca una guida il popolo va in rovina; la salvezza dipende dal numero dei consiglieri.

Proverbi 11,15 - Chi garantisce per un estraneo si troverà male, chi rifiuta garanzie vive tranquillo.

Proverbi 11,16 - La donna avvenente ottiene onore, gli uomini laboriosi ottengono ricchezze.

Proverbi 11,17 - Benefica se stesso chi è buono, il crudele invece tormenta la sua carne.

Proverbi 11,18 - L'empio realizza opere fallaci, per chi semina giustizia il salario è assicurato.

Proverbi 11,19 - Chi pratica la giustizia si procura la vita, chi persegue il male va verso la morte.

Proverbi 11,20 - Un cuore perverso il Signore lo detesta: egli si compiace di chi ha una condotta integra.

Proverbi 11,21 - Certamente non resterà impunito il malvagio, ma la discendenza dei giusti sarà salva.

Proverbi 11,22 - Un anello d'oro al naso di un maiale, tale è la donna bella ma senza cervello.

Proverbi 11,23 - La brama dei giusti è solo il bene, la speranza degli empi è la collera.

Proverbi 11,24 - C'è chi largheggia e la sua ricchezza aumenta, c'è chi risparmia oltre misura e finisce nella miseria.

Proverbi 11,25 - La persona benefica prospererà e chi disseta sarà dissetato.

Proverbi 11,26 - Chi accaparra il grano è maledetto dal popolo, la benedizione sta sul capo di chi lo vende.

Proverbi 11,27 - Chi è sollecito del bene incontra favore e chi cerca il male, male gli accadrà.

Proverbi 11,28 - Chi confida nella propria ricchezza cadrà, i giusti invece rinverdiranno come foglie.

Proverbi 11,29 - Chi crea disordine in casa erediterà vento e lo stolto sarà schiavo dell'uomo di senno.

Proverbi 11,30 - Il frutto del giusto è un albero di vita, il saggio conquista i cuori.

Proverbi 11,31 - Ecco, il giusto è ripagato sulla terra: tanto più l'empio e il peccatore.

Riporto, giustificata, la decriptazione del versetto Proverbi 11,22 che è stato il motore della decriptazione dell'intero capitolo.
Scrivo il versetto in italiano e con le lettere del testo in ebraico e poi la decriptazione con vicino le lettere ebraiche che la producono.

Proverbi 11,22 - Un anello d'oro al naso di un maiale, tale è la donna bella, ma senza cervello.



Inviato questi dai viventi , per colpirlo gli entra in casa . Fa ingresso () il Verbo nel mondo . Questi Era nel corpo di una Donna . È il Verbo al mondo portato al ribelle per finirne nei cuori l'agire nei viventi .

Riporto ora tutto di seguito il testo decriptato.

Proverbi 11,1 - In vita l'Unigenito a colpire inviato è l'inganno. Per finirlo si reca in azione da casa. Alla fine il Signore reca del Padre lo Spirito. Al serpente escono in corpo i precetti ove abita.

Proverbi 11,2 - Dentro l'Unico questi per il giudizio reca. È stato a casa l'Unigenito versato dal serpente per portarsi a ricusarlo. Alla fine, giù inviato, portato in azione, è il midollo della rettitudine, che dai viventi uscì.

Proverbi 11,3 - Finalmente un uomo retto è tra i viventi. Indica che a vendicarsi si porta in pienezza del serpente. Il Verbo in cammino per aiutare è i viventi, in cui si portò il demonio er vivere.

Proverbi 11,4 - Il rifiuto è stato portato in azione ad esistere al serpente nel mondo. Gli reca l'energia a casa. Si è portato dai viventi dall'aldilà. Del mondo si reca giù alla polvere. Vi entra per liberare i viventi dalla morte.

Proverbi 11,5 - La giustizia completa con la purezza sono in un uomo. Sono sorte in un corpo. In giro con la rettitudine le porta e il Figlio alla luce nel tempo si porta all'esistenza. Il Verbo al serpente nel corpo porta un fuoco in azione.

Proverbi 11,6 - Il Giusto alla fine è sorto in un corpo. È dagli uomini giù a stare perché dentro al mondo si porti la fine della perfidia. È ai viventi in cammino l'aiuto a portare.

Proverbi 11,7 - Dentro la morte dall'uomo dai corpi brucerà nel tempo. Del Padre la legge divina per abbattere porta alla perversità e a terminare porterà l'ammalare. Tutta l'Unigenito reca l'energia ad esistere ai viventi dal Padre per aiutarli nel mondo.

Proverbi 11,8 - Sceso per aiutare è sorto giù col corpo al mondo. Inviato per salvare, si porta a stare a casa l'Unigenito dall'empio. Completo lo spavento è a recargli.

Proverbi 11,9 - In casa il Verbo gli entra. La grazia con un volto è alla luce. Vi si chiuse per la fine del male nel mondo recare. Da solo si vede alla fine giù per aiutare l'esistenza sorto. S'è alla prigione del serpente giù portato.

Proverbi 11,10 - Da casa il Cuore/l'Amore porta dentro giù per aiutare. È stato versato ad esistere in un uomo. Dall'alto giù versato in un corpo. È stato al mondo portato dentro dal Padre per sbarrare l'empio. È per i viventi in un corpo inviato al mondo.

Proverbi 11,11 - Dentro col Figlio la rettitudine è tutta alla luce in un corpo. È un uomo a saziarsi dalla Madre al freddo finalmente portato dentro il Verbo. Sarà da povero ad agire. È stata la vita completamente partorita in pienezza.

Proverbi 11,12 - Dentro per colpire del serpente il male si reca alla prigione del ribelle. Dal serpente a casa si reca da uomo. Nell'arca ha recato l'energia, l'ha recata finalmente, è sul campo da arare.

Proverbi 11,13 - Al mondo ha portato il Potente l'Agnello retto. È dal Potente dai viventi nel cammino guizzato nel mondo. In segreto reca l'energia. L'Amen nel corpo ha portato a chiudersi in vita. Dal trono esce la Parola.

Proverbi 11,14 - Dentro per annullare completamente l'ammalare si porta a finire dall'esistenza il Verbo dal Potente. Con l'agire dalla morte la risurrezione porterà. Si vedrà riuscire il Figlio, da dentro si riporterà dal legno.

Proverbi 11,15 - Il corpo in Città hanno recato alla vista i retti (Giuseppe e Maria). Sono in azione con le moltitudini da pellegrini, portatisi dell'anno all'inizio al suonare delle trombe (per un bando). È stata la Madre da casa portata che il Cuore racchiudeva.

Proverbi 11,16 - La Donna completamente dalla grazia segnata, pura, retta, così da dentro ha portato dall'impuro in vista il corpo. È stato giù a stare in vita, è stata la purezza e la rettitudine portata il decimo (mese, dopo 10 mesi lunari, i 28x10=280 i giorni di una gestazione).

Proverbi 11,17 - In cammino all'albergo dal superbo ha recato il primogenito. È alla luce per amore portato in azione l'Agnello. Nella carne portatosi l'Unigenito così un pellegrino è.

Proverbi 11,18 - Col corpo alla luce si vede operare il Verbo. Dall'alto per finire il mentitore porta il seme della giustizia. Sorge la rettitudine in un corpo, ricomincia in un uomo.

Proverbi 11,19 - Così inviato giù alla polvere dal serpente in vita è stato dalla Madre. Si porterà dai viventi, caccerà in fuga il male dal mondo. Al serpente la morte porterà.

Proverbi 11,20 - Per la scelleratezza dentro finire il Signore in azione versatosi alla luce è. Dal serpente alla prigione giù si porta ad abitare. L'innocente è dai viventi, (ora) esiste una via.

Proverbi 11,21 - Sarà da un povero che sarà sbarrato il serpente. L'annullerà, abbatterà dal mondo il male. Ha portato la stirpe del giusto ad esistere la Madre, inviata per liberare.

Proverbi 11,22 - Inviato questi dai viventi, per colpire gli entra in casa. Fa ingresso il Verbo nel mondo. Questi era nel corpo di una Donna. È il Verbo al mondo portato al ribelle per finirne nei cuori l'agire nei viventi.

Proverbi 11,23 - Ha scelto l'Unigenito di portarsi alla fine giù ad aiutare. S'è versato dalla Madre da primogenito. La rettitudine col Cuore ha recato dentro. Una completa fune indica col corpo alla luce in vista. È in un vivente l'aldilà entrata.

Proverbi 11,24 - È alla luce dai viventi per sperdere e fugare il Verbo il peccare, per l'impuro rinchiudere, di arderlo anela con la rettitudine. L'Unigenito così dal serpente al rifugio si porta col corpo.

Proverbi 11,25 - Un'anima col Figlio retta esce. Indicano la porta con la luce gli angeli (ove) l'ha portato la Madre col corpo, ma al mondo in cammino dai viventi Lui è stato portato col corpo dall'Unico.

Proverbi 11,26 - In vita inviato dall'aldilà è stato versato da casa al mondo. Ha portato il Potente l'Unigenito e la Madre ha portato il Figlio retto al mondo dal serpente col corpo. Il peccare brucerà in un pozzo.

Proverbi 11,27 - A sorgere chiuso in un corpo il Cuore ha portato dentro. È in una casa in fasce, giù portato ad abitare. Si reca a cercare il male al mondo per finirlo. Dentro si porta ad incontrarlo col bastone.

Proverbi 11,28 - Dentro si portò il Cuore nel grembo per dieci (mesi-lunari) e al mondo si portò l'Unigenito all'esistenza. Il volto reca del Potente e così dall'alto esce il giusto; è con la Madre. È stato il germoglio portato.

Proverbi 11,29 - In azione l'Agnello da casa si è alla fine portato; è inviato alla prigione del serpente. Lo spirito porta del Servo. L'Unico ha portato a stare dal potente serpente chiusa la rettitudine in un vivente nel cuore.

Proverbi 11,30 - Il Verbo col corpo è a cacciare. Si è versato l'albero della vita, si è dai viventi portato per il serpente abbattere, per chiudere con energia la superbia ed alla fine chiudere la rettitudine nei viventi.

Proverbi 11,31 - Al mondo giù a sbarrarlo si è versato, nel pozzo. Sceso è per bruciare il serpente dai viventi. L'ira in un braciere col fuoco al peccare reca con la carità al mondo.

a.contipuorger@gmail.com

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