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DECRIPTAZIONE BIBBIA...

 
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di Alessandro Conti Puorger
 
 

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LA LINGUA DI DIO
La Torah intende sostenere che Dio parlava con Adamo ed Eva in ebraico, infatti, alla luce dei testi biblici, non si può che rispondere in quel modo (Vedi: Maurice Olender, "Le langage du Paradis", Parigi 1989).

Dio stesso d'altronde è padre e madre di Adamo e la prima coppia solo da Lui può aver appreso il linguaggio, come i bambini imparano a parlare in famiglia.
Ho così cercato in quei testi dell'Antico Testamento informazioni sulla scrittura sacra e le ho seguite in modo radicale, pur se in contrasto con diffuse opinioni.
La Bibbia fa concludere che la lingua di Eber, progenitore degli Ebrei, è inquadrabile tra le semitiche come quelle di Elam, Assur, Lidia e Aram e che è quella parlata da Noè conservatasi tra i discendenti, quella del bisnonno Enoch, che fu preso da Dio in cielo, del nonno Matusalemme, la stessa con cui parlava Dio ad Adamo ed Eva nell'Eden, con cui Adamo impose il nome agli animali e che con Eva insegnò ai figli.
Il libro della Genesi poi assicura che c'è stato diretto passaggio della tradizione e d'una lingua di famiglia da Noè ad Eber e da questi ai patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe.

In "Recogniziones di Pseudo Clemente" I 30 si legge: ...Fino a questo momento "Tutta la terra aveva una sola lingua" in Genesi 11,1 onde la lingua degli ebrei data dal cielo per tutti gli uomini era stata l'unica parlata.

Grazie a Matusalemme, per la Bibbia vissuto 969 anni, Noè continuò a parlare la lingua d'Adamo che passò al mondo del post diluvio.
Adamo, infatti, secondo la Genesi morì a 930 anni, ne aveva 687 alla nascita di Matusalemme nonno di Noè; al diluvio Noè ne aveva 600 e il nonno era morto da 2, aveva così avuto tutto il tempo per impararla. (Vedi: Genesi 5)

Dopo la dispersione di Babele quella lingua da Sem, che visse 600 anni e n'aveva 98 al diluvio, passò al bisnipote Eber, vissuto 430 anni e nato quando Sem aveva 165 anni e ad Abramo che nacque quando Eber aveva 225 anni, poi ad Isacco, Giacobbe, Levi... Mosè.

Tutti i discendenti di Noè "Emigrando dall'oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Sennar e vi si stabilirono." (Genesi 11,2) e la pianura di Sennar per tradizione è la sede della antica città di Babilonia.
Là a Sennar, dice la Bibbia, che Dio provocò la dispersione delle genti e la diversità delle lingue al tempo di Peleg figlio di Eber.
Il nome Peleg, infatti, viene dal radicale PLG relativo al verbo "dividere" e il testo annota "perché ai suoi tempi fu divisa la terra" (Genesi 10,24)
Questi, nella linea dei primogeniti di Noè, avrà conservato la lingua del suo avo che poi era quella d'Adamo, tanto più che "Noè visse, dopo il diluvio, 350 anni". (Genesi 9,28)

Con ciò la Bibbia fa ritenere che la lingua di Eber, progenitore degli Ebrei, è quella parlata da Noè prima del diluvio, della torre di Babele e della dispersione, perché Noè nei 350 anni che ha vissuto dopo il diluvio ha conservato la propria lingua almeno tra i primogeniti di lui discendenti.
Eber, in effetti, oltre a Pelag ebbe un altro figlio, Joqtan (Genesi 10,25) che ebbe 13 figli (Genesi 10,26-29) tra cui Saba, Ofir ed Avila: "La loro sede era sulle montagne dell'oriente, da Mesa in direzione di Sefar." (Genesi 10,30)
A oriente della Palestina, quindi, le montagne di Moab!

Mesa in 2Re 3,4, infatti, è il nome di un re di Moab che si ribellò a Joram re d'Israele attorno all'850 a.C..
"Dalle montagne dell'oriente", infatti, Numeri 23,7 sta ad indicare la direzione da dove arrivò, provenendo da Aram, il profeta Balaam chiamato da un re di Moab per maledire il popolo d'Israele e com'è noto, non lo poté altro che benedire.
Da tali monti gli Israeliti avevano iniziato la conquista della Terra Promessa.
Di quel territorio si può conoscere di più considerando i nomi dei figli di Joqtan, Saba, Ofir e Avila; viene così indicato il limite dello spazio estremo di loro competenza verso il sud: Arabia, Sinai, Etiopia.

Le montagne di Sefar sono identificate con la catena orientale del Dhofar che nei tempi antichi bloccava la via dal Mare Arabico e dal golfo di Aden all'interno della penisola verso i favolosi campi d'incenso d'Arabia; tra tali monti, il più alto è lo Zufàr (poco diverso da Sefar) di 1678 metri di altezza.
L'estremità sud-est della penisola arabica era il regno di Saba ove l'Arabia, attraverso lo stretto di Bab al Mangab, è assai vicina alla penisola etiopica.
Questo stretto è lo sbocco a sud del Mar Rosso ed è idealmente il prolungamento d'asse della valle del Giordano.
In questa zona vive il popolo di Ad che parla una lingua particolare, cinguettante e armoniosa, che i primi esploratori definirono "lingua degli uccelli". (Vedi: Ubar di Nicholas Clapp-Mondadori 98).

Il nome del monte Zufàr fa venire a mente Zippora o Ziffora , la moglie di Mosè, il cui nome in ebraico vuole dire uccellino e come suono e scrittura è vicino a quello di Sefar.
C'è una tradizione rabbinica che racconta le imprese di Mosè nell'esilio in Madian che si sarebbe portato anche in Etiopia.
In effetti, da "Mesa in direzione di Sefar" nel testo in ebraico è:


e si può anche interpretare:
  1. da dove (cioè da Mesa in direzione di Sefar)
  2. è stata tratta/Mosè (dal radicale tirar fuori, ed anche Mosè)
  3. per la prima volta
  4. con
  5. certezza
  6. la scrittura
  7. fuori/uscì.
È questa una traccia che suggerisce che: "da Mesa in direzione di Sefar è stata tratta (da Mosè) per la prima volta con certezza la scrittura fuori."
(Vedi: "Scrivere sulla pietra al Horeba")

Eber, secondo la Bibbia (Genesi 11), nacque 67 anni dopo il diluvio e visse 464 anni; Abramo nacque 6 generazioni dopo Eber (Eber, Pelag, Reu, Serug, Nacor, Terach, Abramo) 292 anni dopo il diluvio ed aveva 58 anni quando mori Noè.
Facendo i conti morì prima Abramo che Eber; questi per la Bibbia morì 98 anni dopo Abramo, viventi Isacco e Giacobbe, cioè quando Giacobbe aveva 13 anni.

Il libro della Genesi assicura così che il passaggio della tradizione e d'una lingua di famiglia da Noè a Eber e ai patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe.
Dal viaggio di Abramo in Egitto (Genesi 12,10-20) si deduce che i patriarchi, ben prima delle vicende del vice faraone Giuseppe figlio di Giacobbe e Rachele, erano a conoscenza della cultura egizia, tanto che Agar, schiava di Sara, da cui nacque Ismaele, figlio di Abramo, era egiziana.

La Bibbia poi informa che Abramo, oltre alla lingua conservata per tradizione, parlava anche la cananea, ma si considerava straniero in quella terra.
La regione orientale tramite i figli cadetti di Abramo, la progenie d'Ismaele e dei figli di Chetura, sposata da Abramo in vecchiaia inoltrata (Genesi 25,1-6) è area importante per la veicolazione di rapporti di lingua e di scrittura.
La Genesi ci tiene a evidenziare che la lingua di Aram non influenzò il maturo Isacco che si stabilì a sud della Palestina e nelle steppe del Negheb, perché non voleva mischiarsi con gli abitanti della terra di Canaan più del necessario.
Pur se le matriarche, discendenti di Eber, prima di sposarsi ormai parlavano la lingua di Aram, i patriarchi parlavano quella di Eber e questa nei discendenti non fu influenzata più di tanto dalle lingue di Aram e dei Cananei.

Con Giuseppe, vice faraone, è precisato che la cultura dei patriarchi fece un tuffo in quella egiziana e molti Ebrei, i più capaci, nominati sovrintendenti, avranno seguito corsi di scriba per conoscere i geroglifici, dovendo leggere e scrivere in Egiziano per tenere conteggi, fare contratti e relazioni.
Tutti gli entrati in Egitto, peraltro, avevano avuto l'iniziazione di tipo cultuale, di lingua e di storia familiare di Giacobbe/Israele, collegabile a quella trasmessa da Noè a Eber e agli altri Patriarchi.
I più capaci avranno parlato in egiziano, ma in famiglia avranno conservato il proprio idioma e entrati in possesso della scrittura Egiziana, avranno iniziato a trasferire tale strumento al lessico e alla fonetica della propria lingua che fino all'ora non era scritta.

Il tempo di 430 anni in Egitto indicato dalla Bibbia, tempo che secondo alcuni inizierebbe dalla visita di Abramo in Egitto, è stato sufficiente, perché alcuni Israeliti, con le capacità e le attitudini proprie, siano potuti arrivare a posizioni di potere presso le corti dei faraoni ed eccellere come scribi importanti in scrittura, costruzioni e altro.
Il condottiero che dovrà condurre il popolo d'Israele fuori dall'Egitto fu scelto nella tribù di Levi che divenne in tale occasione la chiave di volta dell'ebraismo.
Il Mosè di cui parla la Bibbia, adottato come figlio dalla figlia di un faraone, fu perciò in grado di competere col top della cultura egiziana (In Atti 7,22 S.Stefano dice: "Mosè venne istruito in tutta la sapienza degli egiziani ed era potente nelle parole e nelle opere."), perché educato dai maestri di corte sulla storia dei faraoni stessi, sui miti dei loro idoli, sui loro riti nonché sulle popolazioni vicine, compresi i Greci (così ritiene la tradizione ebraica) e sull'uso delle armi, ma continuò a frequentare la famiglia d'origine ove imparò la lingua, i racconti, le tradizioni ed il culto per il Dio dei padri.

Mosè trascorse vari decenni in Madian (nella penisola del Sinai, zona dei Mineo-Sabei, dai figli di Chetura e d'Abramo) e lì, con l'aiuto dalla rudimentale e sintetica cultura di quell'area, sede dei ritrovamenti delle iscrizioni rupestri sinaitiche, arricchì le proprie conoscenze con tasselli utili per traslitterare la propria lingua e fissare i primi segni dell'ebraico antico.
Là ha avuto tutto il tempo, certamente più di 40 anni, per mettere a punto una forma di scrittura efficace con la moglie, i figli e con fuoriusciti Ebrei, fuggiti dalle persecuzioni, e soprattutto col sapiente suocero e consigliere Ietro da cui forse "gli furono i segni in testa/nella mente ".

La figura di Ietro forse sta proprio a indicare l'accostamento di Mosè alla cultura sinaitica, ove fu preparato alla scrittura che gli fu rivelata da Dio sul Sinai.
Mosè personifica il complesso degli autori della Torah del clan dei protagonisti dell'esodo e del cerchio dei costitutari; perciò, nel seguito parlando di Mosè quale autore degli scritti, si può intendere la casta di scribi ebreo-egiziani, i Leviti, che un centinaio d'anni prima possono aver avuto influenza nella vicenda del faraone eretico Achenaton/Amenofi IV che stravolse la teologia egizia col culto ad un dio unico, di cui l'astro solare era personificazione.
Dal pensiero degli autori della Torah traspare, infatti, la cultura egiziana che fornisce al testo plasticità delle scene descritte come immagini murali.

Il popolo d'Israele nasce con l'uscita dall'Egitto in quanto è nella vicenda pasquale dell'esodo, che va cercato l'atto di nascita d'Israele (nella Bibbia il termine Egitto ricorre 689 volte e Gerusalemme 664).
Siamo nel crogiolo delle civiltà d'origine mediterranea, agli inizi della formazione degli alfabeti moderni fatti risalire ai Fenici che associarono ideogrammi semplici ai suoni delle lingue.

Dio consegnò sul monte Sinai la scrittura a Mosè con le due tavole della Testimonianza scritte dal dito di Dio (Esodo 31,18b), sui due lati (due facce), da una parte e dall'altra (Esodo 32,15), quindi la tradizione, come abbiamo già detto, sostiene che le lettere furono consegnate da Dio e furono in grado di essere comprese da Mosè.
Sino a quel momento la lingua ebraica era soltanto parlata.
È, infatti, da distinguere tra lingua e scrittura, perché per molto tempo può anche sussistere una lingua senza una forma per registrarla.

In tal caso è chiaro però che la lingua ha una maggiore labilità e può più rapidamente variare nel tempo; l'accadico, ad esempio, lingua semitica (da Accad vicino a Bagdad) forse dal 3000 a.C., certamente dal 2600 a.C., era scritta con segni della lingua sumerica che è una lingua asiatica e ciò fino al 1900 a.C. quando il sumerico diviene lingua morta.
Risulta poi che i cananei nel XIV secolo a.C. scrivevano nella lingua e con i segni della cultura mesopotamica, cioè non avevano ancora i segni ebraici.
Dopo l'uscita dall'Egitto la lingua ebraica divenne anche scritta con Mosè che la Bibbia stessa, Esdra e Neemia, la tradizione e Gesù (Giovanni 5,44) indicano come chi ha scritto la Torah.

Dopo tale evento in Canaan apparvero i segni del proto cananeo o proto ebraico che furono essenziali per la definizione poi dell'alfabeto fenicio che è un'evoluzione di quello proto-cananeo in uso presso i fenici del Libano poi esteso alle loro colonie, quindi ai punici, per scrivere nel loro idioma nord semitico.
Dopo la conquista della Terra Promessa, infatti, i contatti tra ebrei e il popolo del Libano furono fiorenti, da là proveniva, infatti, il legname prezioso per il Tempio e c'erano i porti importanti per mettersi in comunicazione e mercanteggiare con tutti i popoli allora conosciuti.

L'invenzione della scrittura alfabetica fu una scoperta di fondamentale importanza nella storia dell'umanità, perché la vita sociale poté subire un importante sviluppo, essendo stato divulgato un mezzo più semplice di quello esistente per trasmettere il pensiero, cui ebbero modo d'accedere fasce medie della popolazione, mentre sino allora era riservato a scribi e a nobili.
Questa scoperta, poco successiva al XIII secolo a.C., si diffuse a partire dai popoli della zona sud - orientale del Mediterraneo specialmente tramite i mercanti e le carovane.
Dietro tutto ciò però ci sono gli ebrei, popolo ponte tra Egitto - Sinai - Tiro e Sidone; e la scrittura con cui fu fissata la fonetica ebraica con la cultura sinaitica fu il primo passo per arrivare all'alfabeto fenicio in quanto si collocò in posizione intermedia semplificando i geroglifici egizi, ma dando ancora valenza all'aspetto grafico, cioè all'ideogramma, in pratica poi perduto dai successivi alfabeti.
Ora gli Israeliti che vivevano là ne furono certamente i primi beneficiari, e gli stessi scribi, usi alla scrittura ideografica, potrebbero aver inserito nella scrittura lineare anche, per proprio uso criptografico, una lettura per immagini; cioè spaccavano anche le parole e le trasformavano in lettere immagini.

Il carattere in uso, diverso dall'immediata precedente scrittura, rimasta nei testi samaritani, fu reintrodotto da Esdra al ritorno dall'esilio, e opinione ebraica corrente è che la forma delle lettere è assunta come originaria ed è sacra.
È anche ritenuto che le lettere in genere sono portatrici di messaggi basati sull'allitterazione dei loro nomi e ciò è parzialmente vero per alcuni segni.

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