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L'UOMO SI MASCHERA

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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IL TEATRO NELL'ANTICO TESTAMENTO
Se nei libri dell'Antico Testamento si cercano le parole "teatro, attore, tragedia, commedia o dramma" non si trovano citazioni salvo che negli Atti degli Apostoli in 19,29 e 31 ove c'è la parola "teatro", invero quello della città di Efeso, grande città dell'Anatolia-Lidia, alla foce del fiume Caistro, sulla costa ionica dell'attuale Turchia, dove si recò San Paolo.
Il teatro greco pare abbia avuto origine nel IV secolo a.C. in occasione di feste religiose in onore del dio Dioniso, il dio greco, il Bacco dei romani, che si esprime con la festa, il baccanale, il caos, l'istinto primordiale, la sensualità, e di Apollo, il dio dell'armonia e dell'equilibrio, dell'estetica.
I due dei sembrerebbero in opposizione, ma sono complementari, intendendo il mito avvicinare alla spontaneità di Dioniso la guida con una legge d'armonia di Apollo, evitando o mitigando il lato caotico e imprevedibile.
Il mito, infatti, narra che Apollo, figlio di Latona, uccise con una freccia Pitone, l'enorme serpente mostruoso (ricorda il Leviatan della Bibbia) figlio di Gea, la madre Terra che per ordine di Era moglie di Zeus gelosa di Latona che amoreggiava con Zeus, s'era opposto a sua madre e la femmina di Pitone, la Pitonessa diventò sacerdotessa di Apollo, prototipo della chiaroveggente che parla per lui.
Apollo e Dioniso sono il tentativo greco di far coesistere bene e male, avendo il mito concluso e insegnato che ciò porterebbe l'uomo a crescere in conoscenza.
Associate ad Apollo sono le 9 Muse figlie di Zeus e della Memoria che rappresentano l'ideale dell'Arte, intesa come verità ed espressione dell'eterna magnificenza del divino ciascuna delle quali sovrintende un ramo del tutto rappresentata con un segno distintivo: Clio, la Storia, seduta con una pergamena in mano, Euterpe, la Poesia lirica, con un flauto, Talia, la Commedia, con una maschera, una ghirlanda d'edera e un bastone, Melpomene, la Tragedia, con una maschera, una spada e il bastone di Ercole, Tersicore, la danza, con plettro e lira, Erato, la Poesia amorosa, con la lira, Polimnia, colei che ha molti inni, il mimo in genere, Urania, l'Astronomia, con un bastone puntato al cielo e infine Calliope, la Poesia epica, con una tavoletta ricoperta di cera e uno stilo.
Le città greche celebravano i miti anche con la rappresentazione teatrale che pretendeva promuovere un'attività morale, religiosa e il dibattito ideologico nonché la riflessione collettiva e ne conseguiva che il popolo imparava i precetti religiosi, rifletteva sul mistero dell'esistenza e sul senso sociale del loro modo di ritenere il giusto vivere.
La cultura ebraica ortodossa, invece, già da molti secoli prima basava la propria realtà esistenziale sulla Torah che non invita di certo all'attività teatrale, anzi se ne deduce da questa che quella è in netta opposizione.

Dalle 10 parole, il decalogo in Esodo 20 (Deuteronomio 5,8-20) è comandato:

  • Esodo 20,4 - "Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra."
  • Esodo 20,16 - "Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo."
Questi comandamenti proibiscono di rappresentare "miti e dei", proteggono il prossimo dalla falsa testimonianza e impegnano ciascuno alla verità in tutte le manifestazioni, onde presentare agli altri una facciata che non sia verace fa cadere nella sfera del peccato.
Il teatro, anche quando non intende rappresentare un mito religioso, quindi, non contrario al primo dei due comandamenti citati, intende rappresentare realtà con personaggi che comunque fingono di essere altro, indi lo spettacolo rischia di entrare tra quanto proibito dal "Non pronuncerai falsa testimonianza".

Per la Torah, poi, ricordo non in modo esaustivo, sono proibiti i mestieri:
  • nel campo occulto, esoterico, divinatorio e simili (Deuteronomio 18,10-13),
  • la prostituzione femminile e maschile (Deuteronomio 23,17s),
  • l'usura (Esodo 22,25s; Levitico 25,36s; Deuteronomio 23,19),
  • la costruzione di idoli (Esodo 20,4; Levitico 26,1; Deuteronomio 4,16s.23s; 27,15).
Vari mestieri del genere erano puniti con la morte come:
  • la strega (Esodo 22,18),
  • l'indovino (Levitico 20,27),
  • il falso profeta (Deuteronomio 13,5)
  • il ladro di uomini (Deuteronomio 24,7).
Gli Ebrei, grazie alla rivelazione del Sinai avevano la certezza di avere il possesso della verità che raggiungevano con lo studio della Torah, onde, a differenza dei greci, non avevano bisogno di fingere con il teatro la profezia, anzi nel migliore dei casi lo ritenevano una perdita di tempo.

Del pari la stessa letteratura e la musica, come il teatro, erano al limite, essendo rappresentazioni, immagini traslate che sfidano, indirettamente, il comandamento biblico: "Non ti farai idolo né immagine alcuna".

L'attività dello "tzadiq" o giusto ebreo ruota, infatti, attorno allo studio ed alla pratica della Torah e ciò che ne è fuori è tollerato nella misura in cui si pone al servizio della esigenza spirituale e ammesso solo se riguarda la ricerca scientifica che produca amore e timore di Dio e santificazione del Suo nome.
Il teatro, in effetti, si presentò agli Ebrei come estraneo, corrotto e di pagano, proveniendo dai Greci e poi dai Latini, culture tutte avverse; si pensi solo ad Antioco Epifane, ai Maccabei e poi ai Romani, nemici e invasori d'Israele.

La severità della morale ebraica rifuggì per secoli dal teatro.
I saggi d'Israele nel commentare l'inizio del primo Salmo del Salterio, "Beato l'uomo che non entra nel consiglio dei malvagi (o empi), non resta nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli arroganti (o stolti), ma nella legge del Signore trova la sua gioia, la sua legge medita giorno e notte" (Salmo 1,1-2) conclusero divieto e raccomandazione d'evitare il teatro "Beato colui che non si è recato ai teatri e ai circhi degli stranieri." (Avodah Zarah 18)

Teatro e circo erano per i tempi del Talmud il polo opposto alle sinagoghe e alle "Yeshivah" o scuole rabbiniche dove si studiava la Torah.
Si pensi che ancora XV secoli dopo nel teatro rinascimentale il mantovano Leone dé Sommi, per conto del duca di Mantova dal 1579 al 1587 produsse il teatro della "Compagnia degli ebrei" con un dramma dal titolo "Magen Nashìm" che scandalizzò i rabbini avendo usato la lingua sacra per il divertire i "gentili".

Quel teatro ebraico ha il suo primo inizio con ispirazione alla tradizione della festa di "Purim" che ricorda un fatto accaduto XXV secoli orsono in Persia durante il regno di Assuero e narrato nella Bibbia dal rotolo di Ester.
Hamàn, perfido consigliere del re, che poi fu punito, cercava di sterminare tutti gli ebrei del regno, ma grazie alla regina Ester, giovane ebrea in incognito, divenuta moglie del re e dello zio Mordechai, capo della comunità ebraica, gli ebrei furono salvi.

La festa di "Purim" o delle Sorti cade il giorno 14 del mese ebraico di "Adar" preceduto da un giorno di digiuno a ricordo di quello fatto da Ester e Mordechai prima del giorno fatidico ed è caratterizzata da uno spirito gioioso. I bambini usano mascherarsi a ricordo del ribaltamento delle sorti ed è uso travestirsi, anche durante la funzione al tempio.
Non a caso il nome Ester in ebraico è vale a dire "la nascosta", scritto come quel "nascondere" di Caino in Genesi 4,14, onde il mascherarsi; infatti, in quel giorno è ammesso come pure, addirittura, ubriacarsi.
("Ester, un libro che... nasconde l'epopea del Messia")

La festa di "Purim" ha dei paralleli con quella di "Kippur" ("La festa di Yom Kippur" di "Le feste ebraiche della venuta del Messia") oltre che nel nome per:
  • "Purim" ha alla vigilia il suo digiuno come "Kippur" ha il suo giorno di digiuno;
  • pure a "Kippur" c'è l'idea del mascherarsi, infatti, quel giorno si mette lo scialle rituale (il tallèd) anche la sera e alcuni si vestono di bianco, segno di purezza;
  • "Kippur" come "Purim" ha l'idea dalla "sorte", infatti, secondo la Torah era estratto a sorte il capro espiatorio;
  • "Kippur", come "Purim", viene dopo uno scampato pericolo, infatti, ricorda il perdono di Dio al popolo dopo il peccato d'idolatria con il vitello d'oro;
  • "Kippur" è il giorno in cui si annulla la dimensione materiale, in cui non si mangia e non si beve, e "Purim" è il giorno in cui invece si annullano le dimensioni spirituali e intellettuali in cui si mangia e si beve fino a non distinguere fra chi sta dalla parte del bene e chi del male.

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