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di Alessandro Conti Puorger
 
 

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COSTRUIRE BENE
Nella sua vita terrena Gesù aveva insegnato agli uomini che lo seguivano come fondare sul solido la propria esistenza.
La Chiesa, nata dal costato di Cristo, ripropone l'insegnamento del Suo Maestro e Signore.
I capitoli 5, 6 e 7 del Vangelo di Matteo, detti il "discorso della montagna", sono, infatti, l'esplicitazione del disegno del progetto dell'uomo nuovo di cui proprio il nuovo Adamo, Gesù, propone la costruzione.

Quel mirabile brano, peraltro, si conclude con tale parole che colpiscono bene l'immaginazione: "Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande." (Matteo 7,24-27)

Questo insegnamento è quello che Gesù ha ricevuto direttamente dal Padre, "il Padre vostro celeste", "il Padre vostro che vede nel segreto" o semplicemente "il Padre" richiamato tante e tante volte in quel brano del "discorso della montagna (5,16.45.48; 6,1.4.6.8.9.14.15.17.26.32 e 7,11.21 di cui 2 volte nei versetti sottolineati) in cui viene proposto quale dovrebbe essere il comportamento conforme a tale paternità che auspica che tutti i suoi seguaci vogliano assumere proponendo in 6,9-13 la nota preghiera del "Padre Nostro".

La bontà del Padre celeste è messa in contrapposizione alla cattiveria dei padri terreni quando propone "Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano!" (Matteo 7,11)

Nel Vangelo di Luca, nel parallelo discorso detto della pianura, si trova invece: "Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!" (Luca 11,13)

Le "cose buone" da chiedere, quindi, al Padre celeste, in definitiva, in estrema sintesi si riducono ad una sola, l'essenziale, "lo Spirito Santo". Perché i padri terreni pur i più bravi, quelli che vogliono veramente bene ai propri figli, sono comunque cattivi?
Perché, comunque, i padri terreni, se in loro non opera la fede dono dello Spirito Santo, sono schiavi, sono alberi innestati dal male.

Il serpente, infatti, li ha segnati col suo verme, sono diventati "razza di vipere" e sono cattivi cioè, come si dice in gergo romanesco, sono dei "coatti" del demonio, dal latino "captivus" imprigionato, come dirà Gesù stesso quando nel Vangelo di Matteo esclama in: "Se prendete un albero buono, anche il suo frutto sarà buono; se prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sarà cattivo: dal frutto infatti si conosce l'albero. Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi?" (Matteo 12,33s)

Se si scandaglia, infatti, il libro della Genesi cercando la parola "padre" ci si rende conto che tutti quelli ivi richiamati con vicino la parola "padre" sono tutti personaggi negativi:

  • 4,19-22 - "Lamec si prese due mogli: una chiamata Ada e l'altra chiamata Silla. Ada partorì Iabal: egli fu il padre di quanti abitano sotto le tende presso il bestiame. Il fratello di questi si chiamava Iubal: egli fu il padre di tutti i suonatori di cetra e di flauto. Silla a sua volta partorì Tubal-Kain, il fabbro, padre di quanti lavorano il bronzo e il ferro. La sorella di Tubal-Kain fu Naamà."
  • 9,18 - "I figli di Noè che uscirono dall'arca furono Sem, Cam e Iafet; Cam è il padre di Canaan."
La prima volta che la parola "padre" è collegata a un personaggio positivo e con Abramo in Genesi 17,1-5: "Quando Abram ebbe novantanove anni, il Signore gli apparve e gli disse: Io sono Dio l'Onnipotente: cammina davanti a me e sii integro. Porrò la mia alleanza tra me e te e ti renderò molto, molto numeroso. Subito Abram si prostrò con il viso a terra e Dio parlò con lui: Quanto a me, ecco, la mia alleanza è con te: diventerai padre di una moltitudine di nazioni. Non ti chiamerai più Abram, ma ti chiamerai Abramo, perché padre di una moltitudine di nazioni ti renderò."

Al riguardo di quest'ultima citazione San Paolo nella lettera ai Romani commenta: "Non, infatti, in virtù della legge fu data ad Abramo o alla sua discendenza la promessa di diventare erede del mondo, ma in virtù della giustizia che viene dalla fede" (Romani 4,13).

Abramo è il Padre della fede e, allora, quei testi portano a poter concludere che solo chi mette la fede in Dio a fondamento delle propria vita imita la paternità perfetta... così si costruisce sulla roccia.
Al riguardo dell'obbedienza della fede di Abramo il "Catechismo della Chiesa Cattolica" insegna:

144 - Obbedire "ob-audire" nella fede è sottomettersi liberamente alla parola ascoltata, perché la sua verità è garantita da Dio, il quale è la verità stessa. Il modello di questa obbedienza propostoci dalla Sacra Scrittura è Abramo. La Vergine Maria ne è la realizzazione più perfetta.

145 - La lettera agli Ebrei, nel solenne elogio della fede degli antenati, insiste particolarmente sulla fede di Abramo: Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava (Ebrei 11,8). Per fede soggiornò come straniero e pellegrino nella Terra promessa. Per fede Sara ricevette la possibilità di concepire il figlio della Promessa. Per fede, infine, Abramo offrì in sacrificio il suo unico figlio."

146 - Abramo realizza così la definizione della fede data dalla lettera agli Ebrei: "La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono." (Ebrei 11,1) "Abramo ebbe fede in Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia. (Romani 4,3) Forte in [questa] fede (Romani 4,20), "Abramo è diventato "padre di tutti quelli che credono." (Romani 4,11-18).

C'è una pagina al capitolo 11 del libro della Genesi in cui viene raccontato degli uomini che s'interessano tutti assieme ad una costruzione, ed è quando vi si parla della "Torre di Babele".
Nel mio articolo "Cosa nasconde il racconto della Torre di Babele?" tra l'altro scrivevo quanto segue su quel primo episodio raccontato nella Bibbia (Genesi 11,1-9) dopo il mitico diluvio.

"È noto che la torre fu una specie di sortilegio. Fu, infatti, costruita da uomini spinti dal desiderio di potenza come tentativo superstizioso per arrivare alla divinità. La morale è che Dio punì l'orgoglio, confuse la lingua di quegli uomini megalomani e profondamente pagani nel cuore. Il risultato fu che Dio li disperse e lasciò incompiuta la torre a cui ogni generazione cerca di riporre mano. C'è anche il pensiero d'un peccato sociale per incuria nei riguardi della sicurezza del lavoro, per le "morti bianche", ossia per decessi di lavoratori nello svolgimento di proprie mansioni. Un racconto ebraico, infatti, narra di un precipitato dall'impalcatura che trovò la morte, ma per la frenesia del lavoro e il desiderio di chi guidava l'opera di farsi un nome fu fatta poca attenzione all'accaduto salvo far portar via il cadavere, senza interruzioni del lavoro. Due giorni dopo cadde un muro e i costruttori s'afflissero pensando alle spese. I mattoni persi valevano più dell'operaio morto, e questo fu un ulteriore motivo per punire i costruttori. Ma ciò è tutto? Il disegno di Dio è più complesso."


La costruzione della Torre

Ora, una costatazione del tutto semplice e lineare è che la pagina della Torre di Babele, non certamente a caso, si trova nel capitolo immediatamente precedente al capitolo 12, quello della chiamata di Abramo, soluzione questa che il Signore Dio prepara a rimedio di quel nefasto modo di costruire.
Questo fatto della chiamata di Abramo rende evidente che proprio l'essere "padre" nel senso pieno della volontà di Dio è la soluzione che il Signore intende portare avanti camminando con lui per risolve il problema che aveva colto l'umanità e che si era palesato in modo chiaro nell'episodio della Torre.

Riporto il breve racconto della Torre di Babele che poi commenterò:

Genesi 11,1 - "Tutta la terra aveva un'unica lingua e uniche parole.

Genesi 11,2 - Emigrando dall'oriente, gli uomini capitarono in una pianura nella regione di Sinar e vi si stabilirono.

Genesi 11,3 - Si dissero l'un l'altro: Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco. Il mattone servì loro da pietra e il bitume da malta.

Genesi 11,4 - Poi dissero: Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo, e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra.

Genesi 11,5 - Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che i figli degli uomini stavano costruendo.

Genesi 11,6 - Il Signore disse: Ecco, essi sono un unico popolo e hanno tutti un'unica lingua; questo è l'inizio della loro opera, e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile.

Genesi 11,7 - Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l'uno la lingua dell'altro.

Genesi 11,8 - Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città.

Genesi 11,9 - Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra."

Il versetto del precedente capitolo, nel chiudere il racconto del diluvio, fa precisa: "Queste furono le famiglie dei figli di Noè secondo le loro genealogie, nelle rispettive nazioni. Da costoro si dispersero le nazioni sulla terra dopo il diluvio." (Genesi 10,32)

La pagina della Torre intende spiegare il perché, pur se provenivano tutti dalla stessa famiglia, quella di Noè, gli uomini, per volontà divina si divisero e si dispersero.
Il primo versetto del capitolo 11, infatti, è da considerare strettamente connesso con il precedente e da per scontato che si tratta dei discendenti di Noè e il secondo versetto quando dice "Emigrando dall'oriente, gli uomini capitarono...", in effetti il testo ebraico non riporta la parola "uomini" che sono soltanto l'implicito soggetto.

Per trovare finalmente esplicitato nel racconto di chi si parla dobbiamo andare al versetto 11,5 dove si dice de "i figli degli uomini stavano costruendo" in effetti, in ebraico i "benu beni ha'adam" ossia "stavano costruendo i figli dell'uomo

Una lettura di quelle lettere , usando i criteri di decriptazione, portano anche all'idea "dentro , col frutto , l'angelo era entrato nell'uomo ".

Ciò trova la sua forza dal pensiero che l'energia della ribellione, quindi, di fatto, l'angelo ribelle, era entrato nella coppia progenitrice dell'umanità tramite l'immaginario frutto di quell'albero della trasgressione; infatti, frutto, in ebraico porta a suggerire il pensiero "l'energia si porta dentro" o "l'angelo si portò dentro ".

Non dobbiamo, infatti, dimenticare che il motore causa di tutta la vicenda è il nemico dell'esistenza dell'uomo, quello che chiamiamo demonio o satana, che divide l'uomo da Dio, che s'oppone all'ordinato sviluppo dell'uomo medesimo, invidioso della posizione che il Signore ha previsto per lui, perché sopra agli stessi angeli di Dio.

Questa, infatti, è la motivazione che suggerisce il racconto del capitolo 3 del libro della Genesi, immaginando il mangiare dell'albero della conoscenza del bene e del male quale prova di un cambio di scelta di paternità "fin da principio" fatta dall'uomo da quella di Dio a quella del demonio, ossia l'angelo ribelle.

Su ciò Gesù è molto chiaro quando dice: "Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c'è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio." (Giovanni 8,44-47)

Gli uomini seguendo il proprio istinto, condizionato dall'influsso deleterio di chi ormai li teneva in possesso, si trovarono uniti in balia di quel finto amico, che in effetti era un loro nemico che li costringeva al male, perché perdessero l'amore per Dio.
Il nemico traspare dal nome "Shennar" in cui si rinnova la presenza del nemico .
Quegli uomini ormai avevano tutti una sola identica idea, "costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo, e facciamoci un nome".
Siamo alla prima globalizzazione!
Tutti d'accordo, ognuno teso a cercare la gloria, mettendola al primo posto a discapito di tutto e di tutti.
L'intento di ciascuno è cercare di affermarsi; infatti, la torre, in ebraico è "migdol" , termine che nasconde la parola "gloria" "gadol" e conseguentemente l'idea di farsi un nome.
Ciò la dice lunga nei riguardi dei rapporti con gli altri; ognuno sgomiterà per arrivare alla propria gloria non curandosi del prossimo.

Ne consegue che il Dio vero è sparito dall'orizzonte e l'uomo si sta facendo un altro idolo; vuole che la "cima tocchi il cielo", ossia vuole arrivare al cielo con le proprie forze.
La chiave che spiega l'intimo del naufragio dell'umanità sta proprio nel fatto di ciò che stavano costruendo i figli dell'uomo o meglio su ciò che non costruivano.
Evidente per me è il voluto accostamento di quel a , vale a dire del radicale di costruire ai figli "beni" .

Al versetto 3 quegli uomini si dissero "Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco. Il mattone servì loro da pietra e il bitume da malta."

Ecco che appaiono i mattoni "benim" che, per le stesse lettere che usa il testo ebraico, paiono proprio alludere ai figli "beni" o "benim" .

Quegli uomini, insomma, pensarono solo a se stessi, usarono i mattoni per costruire invece di costruire i figli secondo la volontà di Dio, ormai certi di stare nel giusto, in quanto, su istigazione del "padre della menzogna", avevano concluso che Dio non esisteva e/o comunque non li amava.
È noto nell'ebraismo che per il passaggio delle tradizioni si fa comunemente l'esempio della "pietra" "'aboen" parola che, contenendo fusi assieme i termini ebraici di padre "'ab" e di figlio "ben" ci parla d'una tradizione stabile, perché appunto sulla pietra, da passare da padre a figlio.
Viene al riguardo commentato che Dio consegnò la Torah su un monte, in ebraico "her" , che ha le stesse lettere del radicale di concepire e generare, e questa era scritta solo su pietra, perché quanto detto dal Padre celeste fosse trasmessa ai figli e, quindi, in modo diretto, a voce, da padre a figlio e, di conseguenza, da maestro a discepolo.

Che c'è, infatti, di più duraturo di una tradizione stabile passata in modo "religioso" di padre in figlio?
È questa proprio simile alla pietra.
In tal modo furono educati i patriarchi post diluvio secondo le tradizione conservate dai primogeniti discendenti della famiglia di Sem, quindi, poi Mosè, nella semplice casa ebrea d'origine, quindi Samuele dalla mamma Anna, e Davide nella casa di Iesse a Betlemme, tanto per dire solo alcuni, e così nello stesso modo poi Gesù dai Santi Giuseppe e da Maria.

Gli uomini della Torre, dice il testo al versetto Genesi 11,3, invece di usare della pietra "'aboen" fecero dei mattoni, quindi, dei manufatti di terra, uniti assieme dal bitume "chemar" avente funzione di malta "chomoer", e nel testo entrambi, bitume e malta, sono scritti con le stesse lettere che è anche il radicale proprio di "gorgogliare, ribollire, mugghiare, spumeggiare".

Gesù, come abbiamo considerato, conclude il discorso della montagna raccomandando di fondare la propria casa sulla roccia e la roccia è quanto trasmette il vero Padre al Figlio.
Invece di curarsi di educare i figli secondo le tradizioni nel timore di Dio quegli uomini del "midrash" della Torre di Babele fecero dei loro figli degli esseri solo di terra puramente terreni.

Non si curarono di nutrire il loro spirito, anzi l'indurirono cuocendoli al fuoco e quel "cuociamoli al fuoco" in ebraico pare proprio nascondere un "dimenticarono () di curarli , il serpente buciandoli li curò ", ossia quello che non fecero i padri lo fece il serpente tentatore.
Poi, come ho preannunciato, furono uniti da una stessa malta che li cementava, il , ossia "stretti -costretti - imprigionati dall'essere ribelle ()".

Al riguardo è da ricordare che lo stesso autore ispirato del libro della Genesi aveva scritto "...il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente." (Genesi 2,7) usando il verbo che usano i vasai per plasmare, quindi, l'uomo, invero, è stato plasmato come un vaso di creta, ma dentro di lui Dio ha messo il Suo Santo Spirito che può fuggire come delicato ospite se non curato e desiderato.

Il profeta Isaia, infatti, dice: "Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci dà forma, tutti noi siamo opera delle tue mani..." (Isaia 64,7)
San Paolo poi parlando dello Spirito dirà: "...noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi." (2Corinzi 4,7)

Il mondo va male non perché Dio non esiste o per colpa che non si cura del mondo, ma perché gli uomini si sono allontanati da Dio!
Questa è la sintesi del racconto della Torre, ma Dio tesse comunque la sua storia di salvezza e la visione dell'Apocalisse ci dice che Babele, terra di Babilonia, alla fine sarà distrutta.

" È caduta, è caduta Babilonia la grande, quella che ha fatto bere a tutte le nazioni il vino della sua sfrenata prostituzione." (Apocalisse 14,8)

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