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SAN GIUSEPPE...

 
GESÙ IL VIRGULTO, IL GERMOGLIO DI DAVIDE

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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I "NATZOREI"
Più volte i testi del Nuovo Testamento parlano di fratelli e sorelle di Gesù:

  • Matteo 12,46 - "Mentre egli parlava ancora alla folla, ecco, sua madre e i suoi fratelli stavano fuori e cercavano di parlargli."
  • Matteo 13,54-57 - "Venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose? Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua."
  • Giovanni 2,12 - "Dopo questo fatto scese a Cafàrnao, insieme a sua madre, ai suoi fratelli e ai suoi discepoli."
  • - Giovanni 7,2-10 - "Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne. I suoi fratelli: Parti di qui e va nella Giudea, perché anche i tuoi discepoli vedano le opere che tu compi... Neppure i suoi fratelli infatti credevano in lui... Ma quando i suoi fratelli salirono per la festa, vi salì anche lui."
Abramo in Genesi al 13,8 però chiama "fratello" il nipote Lot e in 29,15 Labano chiama "fratello" il nipote Giacobbe; al riguardo, quindi, è stato fatto notare che nell'aramaico o nell'ebraico il termine "fratello" "'ach" indica sia il fratello, sia il cugino, sia il nipote, sia l'alleato, insomma "uno stretto " come dicono i significati grafici delle due lettere, cioè persone che hanno una "unità che li stringe ", vale a dire che hanno una causa che li accomuna, quindi sono "uniti strettamente ".

La polemica sui "fratelli" di Gesù ha coperto la discussione sui veri rapporti con i suoi parenti e soprattutto fa mettere in secondo piano che era un nobile, un davidico.
Pur se era un nobile di un ramo decaduto era pur sempre uno che rientrava nella profezia del virgulto "nètzer" di Isaia 11,1 e su cui la stessa poteva potenzialmente diventare operante, insomma era uno de "i virgulti", cioè un "davidico", uno che poteva ben chiamarsi in ebraico uno dei "natzorei" , anzi era proprio Lui "il Netzoer", il Virgulto.
Ecco che Nazaret "Natzeret" , calza bene come città di "quelli del virgulto"!

Il villaggio di Nazaret potrebbe avere quel nome proprio dal virgulto, forse perché in esso, nei secoli successivi al ritorno dall'esilio di Babilonia, ma soprattutto dopo la dominazione greca e la rivolta dei Maccabei, vi s'erano man mano raccolti esuli davidici che avevano compreso che dovevano vivere come esuli, la confinati, per evitare di suscitare reazioni dai regimi di Gerusalemme che certamente non vedevano di buon occhio mine al proprio potere per restaurazioni legate a questioni messianiche.

Quel distretto di Galilea delle Genti fu zona fonte di focolai messianici ultimo dei quali fu quello di Simone Bar "Kokeba", figlio "Bar" della "stella" "Kocheba", che assunse il titolo ufficiale di "principe di Israele" - "nasi" e animò una rivolta che diede luogo alla terza guerra giudaica 132-135 d.C. sedata dai romani e che finì con una strage; si parla di oltre 500.000 ebrei morti e la diaspora definitiva dei restanti.
Vi erano anche altre località del nord che poterono raccogliere reduci davidici, come Gamala o Gamla, riconosciuta come sede di molti zeloti, città poi distrutta da Vespasiano nel 66 d.C..


Palestina I secolo d.C.



Città dell'alta Galilea e della Galantide

È da ricordare che i reduci ebrei da Babilonia nei primi tempi furono governati da capi nominati dal Re di Persia.
Il primo fu Zorobabele, un davidico, poi, si dice, gli successe suo figlio Mesciulla, quindi Esra e Neemia.
Il comando di fatto gradualmente passò ai Sommi Sacerdoti, ma per tradizione, poiché il giudicare era compito dei re e non dei sacerdoti, il "Presidente del Sinedrio" di 71 membri, detto "Nasi" era scelto tra i reduci della casa di David.
"Nasi" , infatti, è un titolo che in ebraico biblico significa "principe", quindi, presidente ( è qui una "sin" e non una "shin").

Il famoso Hillel, nato a Babilonia nel 60 a.C. e morto a Gerusalemme il 7 d.C., rabbino, maestro della "Mihnah", ancora ai tempi di Erode il grande per essere "Nasi" del Sinedrio dovette dimostrare d'essere un davidico giustificando la propria discendenza; ecco perché i davidici conservavano memoria dei propri alberi genealogici.
Ai tempi di Gesù il Sinedrio che aveva giurisdizione sul Tempio di Gerusalemme era ormai presieduto dal Sommo Sacerdote.

Il termine "natzoreo", quindi, era un titolo messianico e come tale spesso è citato negli scritti del Nuovo Testamento, non per dire che fosse un nazireo, ossia un separato, o uno che aveva fatto voto da nazireo, né per dire che era di quella particolare città di Nazaret, ma per rimarcare, visti i fatti, che era proprio "il figlio messianico di Davide".
Ecco che il suggerimento in Matteo dell'angelo a Giuseppe al ritorno dall'esilio d'Egitto di rifugiarsi proprio a Nazaret trova un fondamento perché quella non solo era la città in cui, secondo Luca, prima abitavano, visto che Betlemme la citta di origine dei davidici, era insicura, ma perché a Nazaret c'era un gran gruppo di parenti.

In questa situazione s'inserisce il racconto della strage degli innocenti - una ventina di bambini inferiori a due anni di età - che secondo il Vangelo di Matteo fu perpetrata da Erode il grande ai tempi della nascita di Gesù nella stessa Betlemme.
La nobiltà di Gesù, che era un principe, i Vangeli la danno per nota e scontata, infatti, tralasciano di spiegare i perché si trova in quelli che lo chiamavano "Signore", "Adonai", che indossava una tunica pregiata senza cuciture ed era invocato, addirittura dai ciechi, come "figlio di Davide".
La stessa sepoltura di Gesù in una tomba nuova di ampie dimensioni e il trattamento della salma, con unguenti preziosi e l'avvolgimento in un costoso sudario e lini pregiati, sono tutte caratteristiche di un trattamento regale.
Il clan di reduci davidici, conoscevano la genealogia di Gesù e certamente sono stati consultati per avere elementi per le genealogie che sono presentate nei Vangeli di Matteo e di Luca.
È infine da ricordare che ben tre degli apostoli di Cristo erano suoi parenti:
  • Giacomo il minore, figlio di Alfeo, nome grecizzato di Cleofa fratello di Giuseppe;
  • Simone cananeo o zelota (Luca 6,15);
  • Giuda Taddeo autore della lettera detta di Giuda cui è attribuito l'apocrifo Vangelo di Taddeo.
I primi due poi furono rispettivamente il 1° e il 2° vescovo di Gerusalemme.
A proposito di zelota, termine forte che contrasta con la dolcezza dell'annuncio di Cristo, è da ritenere che quel Simone lo fosse stato o almeno fosse stato simpatizzante per quei patrioti. Gli zeloti, in ebraico "qanna'im", da qui anche detti cananei, in effetti, "qananei", veramente zelanti, che operavano con un ideale nazionale teocratico per l'indipendenza politica del regno di Giudea, erano una fazione del panorama giudaico del I secolo d.C., integralisti ebraici, dai romani considerati terroristi.
L'ispirazione del movimento forse è più antica, infatti, Mattatia, padre dei Maccabei raccomandava ai figli di essere "gli zelanti della Torah".

Gesù aveva dodici anni quando Luca racconta del viaggio della Santa Famiglia a Gerusalemme e, più o meno in concomitanza, la Giudea fu infiammata dalla rivolta guidata da Giuda di Gamala contro un censimento imposto dai romani.
Giuda il Galileo di Gamala, della dinastia Asmodea, destituito dalla dinastia erodiana, è riconosciuto essere il fondatore della setta degli zeloti e nel 6 e 7 d.C. guidò due rivolte che i romani che sedarono nel sangue; si parla di 2000 crocefissi, ma nel popolo crebbe smisuratamente l'odio per i romani e preparò il terreno alle guerre giudaiche.
La notazione di Luca 2,41-50 del primo viaggio a Gerusalemme della Sacra Famiglia, unica nota dei Vangeli sulla vita di Gesù prima del ministero terreno, coincide, infatti, proprio come tempistica con quella situazione che si era verificata in Galilea quando nella città di Sefforis, a meno di 5 Km da Nazaret, Giuda di Gamala raccolse il suo esercito per la prima rivolta.

Tra gli zeloti operavano anche i sicari di cui Giuseppe Flavio in Guerra Giudaica II - 12, dice: "In Gerusalemme nacque una nuova forma di banditismo, quella dei così detti sicari (Ekariots), che commettevano assassini in pieno giorno nel mezzo della città. Era specialmente in occasione delle feste che essi si mescolavano alla folla, nascondevano sotto le vesti dei piccoli pugnali e con questo colpivano i loro avversari. Poi, quando questi cadevano, gli assassini si univano a coloro che esprimevano il loro orrore e recitavano così bene da essere creduti e quindi non riconoscibili."

Nel Talmud gli zeloti sono criticati, accusati di non seguire i capi religiosi e sono anche chiamati "Biryonim" "figli violenti ", al singolare ed è da osservare che le lettere in ebraico sono le stesse della parola "colomba" e del nome proprio "Giona".

A questo punto è da ricordare che Gesù cambiò il nome al primo apostolo in questo modo: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa." (Matteo 16,17s)

C'è chi in quel Simone figlio di Giona "Biryonah" legge un'allusione al fatto che anche Pietro prima della conversione fosse stato almeno per tendenza un "Biryon", uno zelota visto il temperamento focoso di Pietro, tanto che con l'episodio della spada narrata dai Vangeli, ricorse alle armi nel momento dell'arresto di Gesù sul Getzemani.
Al sentire parlare di Messia nella mente di un romano in Giudea ai tempi di Gesù era inevitabile che sorgesse un'associazione d'idee con i combattenti messianisti, "chrestianoi" in greco, ossia con gli zeloti e i sicari.
Di ciò è da tener presente nella lettura dei Vangeli, specie dei sinottici che hanno una redazione concomitante con la preparazione delle guerre giudaiche.

Tre sono le guerre che impegnarono i romani contro la nazione giudaica, dette, appunto, "guerre giudaiche":
  • la I, 66-73 d.C., iniziò sotto Nerone e terminò sotto Vespasiano, riguardò l'intera Palestina, nel 70 fu distrutto del Secondo Tempio di Gerusalemme ad opera del comandate Tito, figlio di Vespasiano e si protrasse contro con strascichi fino al 73, ivi compresa la conquista di Masada, e il risultato fu la fine per gli ebrei di una patria;
  • la II, 115-117 d.C., sotto Traiano, detta anche "guerra di Kitos", riguardò le città della Diaspora, in Egitto, Cipro e in Mesopotamia da poco occupata dai romani iniziando:
  • la III, 132-135 d.C., sotto il regno di Adriano, in Palestina contro la rivolta organizzata da Simone Bar Kokeba, che si proponeva Messia.
La scelta degli apostoli da parte di Gesù rispetto alle posizioni socio-politichereligiose del tempo pare essere stata di tipo trasversale.
Tra i dodici, infatti, appare un filo-romano, almeno per interessi, come Matteo, un fariseo come pare presentarsi Natanaele (per molti è il Bartolomeo), tre suoi cugini, come ho prima accennato - Giacomo di Alfeo detto il minore, Simone il Cananeo o Zelota come pure era zelota l'altro cugino Giuda Taddeo - quindi del clan dei davidici, poi quattro pescatori Pietro, Andrea di Betsaida e Giacomo e Giovanni, quest'ultimo già discepolo del Battista, ai quali diede il nome di Boanerges, cioè figli del tuono (Marco 3,17), assieme ad Andrea e probabilmente simpatizzanti per gli ideali esseni, assieme a Filippo pure di Betsaida e infine Giuda Iscariota il cui nome fa ventilare ad alcuni anche l'ipotesi che fosse un "ekariot" ossia un sicario zelota.
Beh quando li scelse non erano proprio tutti stinchi di santi.
Certo che forte in molti degli apostoli era l'idea della restaurazione del regno di Davide auspicato come età dell'oro, senza i romani oppressori.
La predicazione di Gesù doveva perciò procedere con estrema cautela sempre col pericolo di essere frainteso.

L'attesa messianica della pace, della giustizia, della grazia di Dio e del cambiamento del cuore che doveva comportare nonché il regalo dello Spirito Santo senza il quale il cuore non cambia, predicata da Gesù, era diventata per i più l'attesa di una redenzione dall'oppressione romana e anche gli stessi apostoli, e non solo l'Iscariota, ritenevano che in fin dei conti tutti i metodi erano buoni per arrivare al risultato e attendevano in definitiva un esito nel senso del ribaltamento delle autorità esistenti e di un nuovo regno.
Vi sono episodi nei Vangeli che segnalano questa situazione in cui gli apostoli fanno comprendere di seguire dei propri pensieri errati sulla loro missione:
  • quando arrivarono ad un villaggio di samaritani che non li accolsero "...i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi? Ma Gesù si voltò e li rimproverò. E si avviarono verso un altro villaggio." (Luca 9,55s) volevano attuare un "incendio" doloso, come facevano gli zeloti;
  • "E gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli: Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo. Egli disse loro: Cosa volete che io faccia per voi? Gli risposero: Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra". (Marco 10,35-37)
C'è poi la questione di armi in possesso degli apostoli.
Nel racconto dell'episodio sul monte degli Ulivi, nell'orto del Getsemani della cattura di Cristo, unanimi i Vangeli propongono la presenza di una spada in mano di un seguace di Cristo.

Questo è il racconto secondo il Vangelo di Matteo: "Mentre ancora egli parlava, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una grande folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo. Il traditore aveva dato loro un segno, dicendo: Quello che bacerò, è lui; arrestatelo! Subito si avvicinò a Gesù e disse: Salve, Rabbì! E lo baciò. E Gesù gli disse: Amico, per questo sei qui! Allora si fecero avanti, misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono. Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù impugnò la spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote, staccandogli un orecchio. Allora Gesù gli disse: Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno. O credi che io non possa pregare il Padre mio, che metterebbe subito a mia disposizione più di dodici legioni di angeli? Ma allora come si compirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire? In quello stesso momento Gesù disse alla folla: Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno sedevo nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Ma tutto questo è avvenuto perché si compissero le Scritture dei profeti. Allora tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono." (Matteo 26; Marco 14,43-49; Luca 22,47-53; Giovanni 18,3-11)

Come si può vedere il racconto ripete molte volte la parola "spada", perché molti erano gli armati e tra loro anche perlomeno un apostolo.
Non era più il tempo della ragionevolezza, ma della violenza cieca!
Erano tempi duri, zeloti, sicari e soldati romani vestiti da normali cittadini armati si confondevano tra la folla e colpivano di nascosto i più sediziosi, come racconta Giuseppe Flavio fecero per ordine di Pilato perfino gli stessi soldati romani in occasione di una sedizione in Samaria.

Il Vangelo di Giovanni in 18,10 precisa il nome di quell'apostolo armato, addirittura Simon Pietro: "Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l'orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco."

Sul tema della spada e sul fatto che alcuni apostoli avevano delle armi è da ricordare questo brano di Luca, quando Gesù dopo l'ultima cena prima di essere arrestato disse agli apostoli: "Quando vi ho mandato senza borsa, né sacca, né sandali, vi è forse mancato qualcosa? Risposero: Nulla. Ed egli soggiunse: Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così chi ha una sacca; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. Perché io vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra gli empi. Infatti, tutto quello che mi riguarda volge al suo compimento. Ed essi dissero: Signore, ecco qui due spade. Ma egli disse: Basta!" (Luca 22,35-38)

Ed ecco, che non solo Simon Pietro era armato.
Gesù fa loro un discorso spirituale e metaforico con l'immagine della spada che provoca divisioni, per dire che si sarebbero divisi con la sua dipartita, come quando, per parlare della divisione che avrebbe portato il Vangelo tra credenti e non credenti, disse "Non sono venuto a portare la pace, ma una spada" (Matteo 10,34).
Gli apostoli non compresero il sottile senso allegorico e tirarono fuori subito due spade e si resta stupiti che alcuni di loro girassero armati.
Sull'uso delle armi in Palestina nel I secolo d.C. lo storico Giuseppe Flavio ricorda che erano portate con sé, per legittima difesa anche di sabato e a Pasqua, evidentemente per la presenza di briganti come ci ricorda la parabola del Buon Samaritano; lo stesso Talmud poi lo consente nei territori di confine.
Gesù, visto che non avevano capito, tronca il discorso con un semplice Basta!
La situazione si concretizza poi al momento dell'arresto, quando "I discepoli, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: Signore, dobbiamo colpire con la spada?" e passarono ai fatti, ferendo un servo del sommo sacerdote.

Cristo di nuovo ripeté quel basta e disse "Lasciate, basta così!" (Luca 22,49-51)

Concludo, ricordando che gli abitanti di Gerusalemme, in definitiva, scelsero non la promessa messianica della pace e dell'attesa fiduciosa di un Messia "...giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d'asina." (Zaccaria 9,9) che pur avevano visto entrare in Gerusalemme alcuni giorni prima, ma di seguire la follia zelota che li portò alla distruzione.

Nel processo, infatti, alla proposta da parte di Pilato di grazia per un carcerato, scelsero di far liberare Barabba che in definitiva era uno zelota.

Il Vangelo di Marco in 15,7 di lui dice "Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio".
Quello di Luca in 23,19 sottolinea, "Questi era stato messo in prigione per una rivolta, scoppiata in città, e per omicidio".

Barabba, insomma era uno zelota e forse anche un sicario."

Papa Benedetto XVI in "Gesù di Nazaret" ha scritto: "In altre parole Barabba era una figura messianica. La scelta tra Gesù e Barabba non è casuale: due figure messianiche, due forme di messianesimo si confrontano. Questo fatto diventa ancor più evidente se consideriamo che 'Bar-Abbas' significa 'figlio del padre'."

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