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VANGELI E PROTOVANGELI...

 
IL SENO MATERNO DI DIO
IN CIELO E IN TERRA

di Alessandro Conti Puorger
 

LA COMPASSIONE
Per gli ebrei, quanto possono dire su Dio, discende dalle Sacre Scritture, in particolare dalla Torah che assicura loro alleanza eterna, quella detta del Sinai.
Per i cristiani quelle Scritture in ebraico e aramaico, entrate nel canone della Bibbia cristiana assieme ai libri deuterocanonici scritti in greco e ai libri del Nuovo Testamento, col consiglio dallo Spirito Santo, assicurano la rivelazione del mistero pasquale del Cristo; infatti, tutto quanto Dio voleva far sapere di sé è stato rivelato e non resta che entrare nella sua Chiesa per far parte della nuova alleanza assicurata dalla sua morte e risurrezione e partecipare alla sua salvezza.
Quei testi sacri usati in sinagoga, ritenuti ispirati da Dio stesso, hanno avuto importanza fondamentale nella formazione di ambiente, cultura e spirito che circolava nel 1° secolo in Palestina su cui s'innestò il cristianesimo prima della diaspora ebraica seguente le guerre giudaiche e la distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C. ad opera delle legioni dell'imperatore romano Tito.
Quanto andrò avanti ad esporre e considerare si poggerà quindi a quei testi risalendo fino ai primi scritti in ebraico che rispetto alle traduzioni presentano aspetti che si perdono con le altre lingue come una fotografia non dice tutto del soggetto.
Richiamo i tanti articoli di questo mio Sito su tale pensiero, il tutto nato con "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche" e col metodo di "Parlano le lettere" con cui ottengo per decriptazione pagine di secondo livello sul Messia grazie alle proprietà di icone delle 22 lettere ebraiche.
Il Messia, infatti, è lo scopo unico e nascosto della Tenak, con i significati delle lettere ebraiche di cui alle schede a destra della Home.
Per avere maggiori elementi e idee al riguardo rimando a:
Dopo questa premessa comincio a entrare nel merito della mia meditazione sull'aspetto materno di Dio nel mondo.
Percepito con i sensi un qualche aspetto della realtà, col termine "sentimento", derivato dal verbo latino "sentire", si viene a definire l'eventuale elaborazione personale suscitata dall'aspetto in esame se provoca una forma di affetto, di biasimo o di reazione per sé e per altri o di rivolta o adeguamento comunque al mondo esterno.
Il sentimento, insomma, è un generico stato d'animo umano suscitato da una percezione che dura più a lungo di una emozione, ma che è meno incisiva di una passione.
In teoria soggetti di sentimento, sia pure con graduazioni di modo e d'intensità diversa, in qualche modo sono tutti gli esseri viventi dotati di almeno un organo sensuale pur se molto rudimentale, onde a tutti loro sarebbero da rivolgere la compassione e il desiderio di bene, in quanto, è giusto avere rispetto massimo delle creature e del pianeta in cui viviamo essendo questa la nostra casa.
(Vedi: enciclica "Laudato si'" del Santo Padre Francesco sulla cura della casa comune)

Il verbo latino "sentire" ha una larga gamma di significati quali sentire, percepire con i sensi, provare, sperimentare, essere soggetto a, risentire di, comprendere, discernere, accorgersi, rendersi conto, essere conscio di, pensare, ritenere, credere, stimare, supporre, opinare, votare, esprimere un parere, dire la propria opinione, avere un'opinione di.
Sotto questi vari aspetti l'uomo potrebbe ben dire "sentio ergo sum".
Pensiero comune, infatti, è che il "sentire" è ritenuto essere al massimo livello nella specie umana, perché attraverso i rapporti e le interazioni abbiamo la prova diretta e continua nel prossimo dei nostri stessi "sentimenti".
Nella società, con il diritto e gli usi nelle varie civiltà, sono cresciute nel comune sentire le esigenze nei confronti del prossimo per cui le leggi ne hanno tenuto e ne tengono conto in modo sempre più articolato, fino a coinvolgere tra i tenutari di diritti anche gli animali, soprattutto quelli domestici, considerati soggetti non solo passivi degli stessi sentimenti.
Ora, un particolare sentimento che pare essere prerogativa essenziale del più alto sentire umano è la compassione, movimento intimo per il quale un individuo coglie la sofferenza altrui, ne prova pena e desidera di alleviarla.
Il termine compassione, che si rivela parola composta, com - passione, deriva dal latino "cum patior" - "soffro con" - e dal greco , "sym patheia" ossia "sim-patia", provare emozioni con...
Altro termine affine è "empatia", dal greco "en", che sta per "dentro" e "pathos", per "sofferenza o sentimento", quindi, è la capacità di capire ciò che una persona sta provando e d'immedesimarsi nella realtà dell'altro.
Pur se si possono capire i sentimenti di qualcuno - empatia - può non esserci il desiderio di alleviare le sue sofferenze - simpatia - e, viceversa, non sempre, quando si sa che qualcuno sta male e si ha voglia di aiutarlo, si riesce a capire e a provare in modo diretto e intimo il dolore che egli sta vivendo.
Pare proprio che empatia - simpatia - compassione siano una predisposizione naturale degli uomini che si sviluppa in tenera età attraverso il rapporto con gli altri esseri umani, principalmente con i genitori.
Non può sussistere, peraltro, una relazione umana senza empatia, perché è la base su cui poggiano le relazioni tra gli umani.
L'accettazione o il rifiuto dell'altro è il primo passo verso l'empatia e questa può portare alla simpatia, alla compassione e all'amicizia e all'amore o all'antipatia e all'odio provocando comportamenti e scenari conseguenti.
Mentre è certo che sentimenti del genere fanno parte del corredo umano non è certo in assoluto se alcune specie animali provano qualcosa di analogo.
I pareri al riguardo, infatti, sono contrastanti.
Forme di empatie non si possono però escludere del tutto tra gli animali più evoluti a spiccato comportamento sociale.
All'empatia parrebbero, infatti, sensibili anche animali, secondo esperimenti su cani, gatti e macachi, per l'insorgere di neuroni-specchio che in loro danno luogo a particolari sinapsi mentali nel vedere i comportamenti umani di dolore, gioia o altro.
Questi neuroni sono stati scoperti nel 1992 all'Università di Parma dal neurologo Giacomo Rizzolatti che in una conferenza il 7-07-2014 ebbe a dire "l'amore per il prossimo è dentro di noi... Nel dolore e nelle emozioni degli altri riconosciamo il nostro dolore e le nostre emozioni..."
Questi neuroni-specchio altri non sono che cellule nervose motorie del cervello che si attivano quando un individuo anche animale compie un'azione e quando osserva la stessa azione compiuta da un altro soggetto vale a dire i medesimi neuroni attivati dall'esecutore durante l'azione, sono attivati anche nell'osservatore della medesima azione.


Attività celebrale simile: uno agisce, l'altro guarda

Già Darwin aveva notato che durante le gare, quando un atleta spicca un salto vari spettatori muovono i piedi, ossia lo stimolo visivo viene codificato e trasformato in attivazione motoria, insomma un immedesimarsi con l'altro.
Questa classe di neuroni che hanno importanza potenziale nello studio dell'imitazione e del linguaggio è stata individuata nei primati in alcuni uccelli e nell'uomo.
La rapidità particolare dell'apprendimento per imitazione distingue però gli esseri umani dagli altri primati non umani.
Lo stesso scienziato Giacomo Rizzolatti sostiene che: "Mentre nei bambini l'apprendimento per imitazione è velocissimo, le scimmie mostrano grandissime difficoltà... È stato osservato qualche caso isolato di apprendimento per imitazione, ma il più delle volte la loro è emulazione..."

Certo è che se il mondo è stato creato il motore è sicuramente l'amore e questo deve trapelare in qualche modo anche nelle manifestazioni naturali e quindi tra le sue creature.
Schopenhauer comunque diceva: "La pietà per gli animali è talmente legata alla bontà del carattere che si può a colpo sicuro sostenere che un uomo crudele verso gli animali non può essere un uomo buono."

L'etica di Schopenhauer (1788-1860), infatti, si basa sul sentimento della compassione, l'unica forma nobile e non illusoria di amore, per cui l'individuo riconosce nel dolore altrui il proprio dolore, superando l'egoismo e grazie all'ascesi otterrebbe la liberazione che secondo lui ha per fine la negazione totale della volontà, conseguibile con la castità, la rassegnazione, la povertà e il sacrificio.
Del tutto opposta è la teoria del "superuomo" di Nietzsche (1840-1900) che nega l'ascesi e accetta sofferenze, dolori e le contraddizioni del vivere con dionisiaco amore per l'esistenza ove non c'è spazio per la compassione, relegata a inutile residuato di una etica sorpassata.
Per contro, il filosofo israeliano Khen Lampert, prendendo spunto dalla morale della compassione di Schopenhauer, ha elaborato la "Teoria della Compassione Radicale" che, visto il soffrire dell'umanità, giudica imperativo morale il cambiare la realtà al fine di alleviare il dolore degli altri.
Tale stato d'animo sarebbe universale, radicato nella nostra natura umana, non mediato dalla cultura, causa dei mutamenti storici nel campo del sociale.
Scrive, infatti, il Lampert al riguardo: "Ho notato che la compassione, soprattutto nella sua forma radicale, si manifesta come un impulso. Questa manifestazione è in netto contrasto con le teorie di Darwin, che riguardano l'istinto di sopravvivenza, come determinanti il comportamento umano, e con la teoria freudiana del principio di piacere, che respinge qualsiasi apparentemente naturale tendenza da parte degli esseri umani ad agire contro i propri interessi."
(Khen Lampert - "Traditions of Compassion: From Religious Duty to Social Activism")

Con le teorie evoluzionistiche di Darwin la compassione è parsa in contrasto con l'istinto di sopravvivenza e col principio per cui si rifugge dal dolore e si cerca il piacere, ma studi più recenti suggeriscono che la compassione in realtà è un vantaggio per la sopravvivenza e l'evoluzione della specie e dell'individuo, nello stesso modo dell'altruismo.
Charles Darwin peraltro diceva: "La compassione e l'empatia per il più piccolo degli animali è una delle più nobili virtù che un uomo possa ricevere in dono."
La compassione dipende dal giudizio dell'osservatore come porta a concludere Aristotele, visto che nasce se per l'osservatore vi sono i seguenti requisiti:
  • non banale sofferenza altrui;
  • la considerazione che chi soffre non lo merita;
  • la coscienza che lui o chi ama potrebbe soffrire pene analoghe per simili cause.
La prima compassione ciascuno, certamente l'ha avuta dalla propria madre.
Nel cristianesimo, infine, la compassione assurge al sentimento di amore perché discende dal prendere atto sia dell'amore di Dio, sia dalla constatazione che siamo tutti fratelli e poi dalla coscienza che Cristo ha patito per noi che non avevamo alcun merito.
Anche lui come uomo, ha imparato certamente la compassione dai propri genitori terreni, dalla propria madre Maria e dal di lei sposo Giuseppe.
Su ciò ovviamente torneremo ampiamente dopo aver visto alcuni aspetti nei testi detti dell'Antico Testamento che preparano il tema.

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