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VANGELI E PROTOVANGELI...

 
IL SENO MATERNO DI DIO
IN CIELO E IN TERRA

di Alessandro Conti Puorger
 

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ACCADDE A NAIN
Il Vangelo di Luca, dopo l'episodio della guarigione nella città di Cafarnao del servo di un centurione (Luca 7,1-10), ma prima della risposta di Gesù agli inviati di Giovanni (Luca 7,18-30), riporta un miracolo, quello della risurrezione del figlio della vedova di Nain.

Alcuni hanno ipotizzato che l'inserimento di tale miracolo in quel punto del Vangelo serve per asseverare la risposta di Gesù ai discepoli di Giovanni: "Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!" (Luca 7,22s)

Tra i quattro Vangeli canonici quello di Luca è l'unico che presenta tale miracolo.
L'episodio è, quindi, da ritenere che faccia parte di quanto raccolto nelle "ricerche accurate" che lo stesso evangelista nel suo prologo (Luca 1,3) dice di aver fatto presso i testimoni oculari degli eventi di cui fu protagonista Gesù di Nazaret.
Il fatto di riportarlo sta evidentemente a significare che grande importanza vi annetteva sia chi glielo aveva narrato, sia lui stesso che l'ha riferirlo.
Questo racconto inizia così: "In seguito Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla." (Luca 7,11)

Il miracolo è compiuto davanti a molti testimoni: siamo circa nel 28-29 a.C..
Vari testimoni oculari tra l'altro potevano ancora esserci, infatti, vari studiosi indicano come probabile datazione del Vangelo di Luca e degli "Atti degli apostoli", che erano due libri successivi dello stesso autore come si legge nel prologo degli Atti stessi, gli anni tra il 65 e il 75 d.C. comunque dopo il 63 d.C., anno della prigionia di Paolo a Roma con cui in pratica si chiude il secondo libro.
Il brano si sviluppa in otto versetti dall'11° al 17° riportato in quel Vangelo al capitolo 7.


G. Rossi - Resurrezione del figlio della vedova di Nain


Mappa della Galilea

In Galilea Gesù da Cafarnao si sposta con i suoi discepoli e, con la gran folla che lo segue, giunge alla città di nome Nain.
Quella città, in effetti, era nota come "Naim", con la "m" finale, per una trascrizione della "Vulgata" che chiama il villaggio in tal modo: "In civitatem quae vocatur Naim", mentre il testo greco riporta .

Eusebio di Cesarea, vescovo e scrittore del IV secolo, padre della Chiesa, consigliere e biografo dell'imperatore Costantino, ricorda tale località con queste parole: "La città di Naim, dove il Signore risuscitò il figlio della vedova, si mostra al quinto miglio dal monte Tabor, presso Endor".

In effetti, il vero nome è Nain, con la "n" finale, villaggio che ha tale nome ancora oggi e si trova a 14 km a sud di Nazaret, sulle pendici settentrionali del Piccolo Hermon, 4 o 5 km a sud del Tabor, come indica la mappa sopra riportata.
Trattasi di un villaggio arabo-mussulmano, ora ricostruito, che fu distrutto durante la guerra arabo - siriana del 1948.
Come sito biblico la sua identità fu riconosciuta dai Crociati che vi edificarono una chiesa per commemorare il luogo del miracolo.

Una testimonianza anonima attribuibile al V-VI secolo, raccolta dal monaco benedettino Pietro Diacono (XII secolo), ricorda che: "Nella casa della vedova, il cui figlio fu risuscitato, ora c'è una chiesa e la sepoltura nella quale lo volevano porre esiste ancora oggi."

Quella chiesa poi fu ricostruita dai Francescani di Terra Santa con molte difficoltà, acquistando le precedenti rovine.
Una "bella" chiesa vi esisteva ancora nel XIV secolo, secondo fra Nicolò da Poggibonsi, ma dal XVI secolo non si parla più che di rovine.
La modesta e semplice chiesa attuale fu costruita nel 1881 sopra i resti dell'antica e conserva due pregevoli dipinti della fine del XIX secolo.
Il villaggio oggi è totalmente mussulmano.
Ciò che è da porre in evidenza è che il nome di quella città, scritto in ebraico, è proprio Nain con la "n" finale ed è scritto con le seguenti lettere ebraiche , onde si legge "Naiin".
"Naiin" significa "grazioso", ma il fatto che pare proprio importante ai fini catechetici, senz'altro colto dai primi cristiani, è che all'interno di quel nome spiccano le lettere e tali lettere sono quelle che indicano in ebraico la parola "vino" "iain".
È quella parola "iain" per vino usata 25 volte nella Torah e 100 volte complessivamente nella Tenak o Bibbia ebraica, integralmente entrata nella Bibbia cristiana.
Il primo atto che compie Noè dopo il diluvio è piantare una vigna e Melkisedeq, re di Salem, offre all'Altissimo pane e vino.

Il profeta Isaia 24,9-11 scrive: "Non si beve più il vino tra i canti, la bevanda inebriante è amara per chi la beve... Per le strade si lamentano, perché non c'è vino; ogni gioia è scomparsa, se ne è andata la letizia dal paese."

Nel Cantico dei Cantici 2,4 l'amato introduce l'amata "...nella cella del vino e il suo vessillo su di me è amore."

Il vino in definitiva fa presente la gioia e il banchetto escatologico.
Per contro la parola vino si trova 37 volte nei libri del Nuovo Testamento.
Nelle nozze di Cana, l'acqua diventa vino buonissimo, segno della gioia dell'avvento del regno messianico.
Nella celebrazione dell'Eucaristia il vino assieme al pane fa presente il mistero pasquale di Cristo che nell'ultima cena diede inizio al suo regno offrendo il vino che è il suo sangue versato per noi, e che ci unisce a Lui in un'Alleanza eterna; quindi, è segno di risurrezione e di vita nuova.

Nel libro di Giobbe 33,19 si trova "Ecco, dentro di me c'è come vino senza sfogo, come vino che squarcia gli otri nuovi" e Luca 5,38 dice "Il vino nuovo bisogna metterlo in otri nuovi."

Il vino indica così la forza irrefrenabile dell'annuncio di Cristo risorto come ricorda il libro degli Atti degli Apostoli che in occasione del Kerigma di San Pietro nel giorno della prima Pentecoste della Chiesa riporta il commento di alcuni ascoltatori che si dicevano "Si sono ubriacati di mosto." (Atti 2,13)

La situazione prima del miracolo della risurrezione del figlio della vedova, in effetti, e completamente opposta a una situazione di gioia.
Quel nome "Naiin" invece di ricordare "l'energia del vino " in principio del racconto ci parla piuttosto assieme di "lamento " e di "opprimere ()"; tale perlomeno era la situazione di quella vedova.
A questo punto non resta che leggere e commentare quel racconto.

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