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RACCONTI A SFONDO BIBLICO...

 
IL MARE DELLA VITA

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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L'ALLEGORIA DELLA VITA E DEL MARE »
DESERTO E MARE »
LA BARCA SOLARE »
IL MARE DI BRONZO »

IL MIRACOLO DEL MARE
Il racconto del miracolo del "passaggio del Mar Rosso", la divisione del mare di canne, il "Kriat Yam Suph", , come si dice e si scrive in ebraico, com'è noto è oggetto dei capitoli 14 e 15 del libro dell'Esodo, il secondo libro della Torah, ove è narrato di come gli Israeliti, schiavi in Egitto, guidati da Mosè, grazie all'intervento portentoso e prodigioso di IHWH, riuscirono a fuggire agli egiziani che li inseguivano ed iniziarono le loro peregrinazioni nel deserto prima di arrivare alla terra promessa.
Quel "Suph" ha le stesse lettere di "soph" di "termine, conclusione e fine"; quindi, se crediamo che in quei testi sacri non vi siano parole o lettere messe a caso, tali segni sono anche a mettere in avviso che vi sarà una conclusione importante, che riguarda il mare e perciò la vita e il vivere.
Quel percorso "normale" del vivere sta per subire un cambiamento radicale, una divisione con l'innesto di un altro modo; ma procediamo per gradi.

Con quelle stesse lettere praticamente si ha, "suphah" , che è "bufera, tempesta e uragano" equivalente al termine "sa'rah" usato nel racconto di Giobbe 38,8-11 quando Dio gli parla, "Il Signore prese a dire a Giobbe in mezzo all'uragano" (Giobbe 38,1) e gli disse delle due porte del mare, quindi della vita, che ho commentato in un precedente paragrafo.
Un uragano, una tempesta sul mare implica un forte vento.
Quel richiama la bufera e le lettere sono espressive come se ciò che è chiuso in un otre pieno si portasse dalla bocca e uscisse , come il mitico vento prodotto dalla bocca da Eolo il dio dei venti.


Nel caso specifico però si legge in Esodo 14,21: "il Signore durante tutta la notte risospinse il mare con un forte vento (ruach) d'oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero."

Con una volontà precisa chi soffia il suo vento in questo caso è il Signore e questo vento = "ruach" pone in azione il suo Spirito Santo.

Mi limito a tratteggiare alcuni aspetti principali di tale evento per far porre l'attenzione sulla tematica dell'allegoria vita e mare che sto presentando.
Dopo l'ultima delle famose 10 piaghe d'Egitto, conclusasi con la morte dei primogeniti egiziani, il faraone lasciò partire gli Israeliti, ma per vendetta e visto che si erano aggregati per fuggire una gran parte della mano d'opera, l'inseguì con i suoi carri da guerra e la cavalleria.
Gli Israeliti si trovarono davanti il mare e dietro i nemici decisi ad ucciderli e a riportarli in schiavitù; erano perduti.
Mosè, a questo punto interpellò il Signore, su ordine divino, stese il suo bastone e il mare fu prodigiosamente diviso in due parti e gli Israeliti poterono camminare in mezzo sulla terra asciutta e attraversarono il mare.
Mosè ritirò il bastone e il mare tornò normale, si chiuse sommergendo l'esercito egiziano inseguitore e tutti i nemici annegarono.

Questo racconto pone in evidenza che in tale occasione Dio per la vita degli Israeliti ha inventato anche un'altra porta nel mare della vita, insomma Dio si è inventato un nuovo percorso.
Di fatto per questi, nati come popolo libero con la Pasqua, in questo caso non si presenta l'altra porta della chiusura della vita con la morte, ma si apre come una nuova porta su una vita guidata dalla volontà di Dio che porterà a un'alleanza con Lui.
Ecco che questa è veramente una buona notizia.

Quel fatto raccontato dalla Torah, in effetti, è stato capace di cambiare la storia mondiale degli ultimi XXXIV secoli, si creda o non si creda alla veridicità di quel miracolo del mare.
Questo episodio, infatti, commentato e ricordato ogni anno dalle famiglie di quel popolo ha provocato comunque il miracolo dell'esistenza di un popolo in cammino che si è continuamente rinnovato e conservato mosso dalla fede e che poi col cristianesimo ha coinvolto una miriadi di popoli.
Accanto ai paralleli "normali" cicli di vita, definiti dalle famose due porte, si apre, allora, un'altra via per la vita, una vita nuova.
Chi vi entra attraversa il mare, cioè la vita, in altro modo.
Questa vita nuova è parallela alla vita di chi vive solo la terrena, ma non prevede la seconda porta con le sue incognite, bensì comporta il passaggio alla vita con Dio strappati dalla schiavitù e dai condizionamenti che opprimono.
Affidarsi a Lui, oppure non resta che il ricadere nel vivere comune con tutte le domande aperte sulla seconda porta.

Quel miracolo prevede che il mare si apre e appare l'asciutto, parola che il testo ripete quattro volte nei capitoli 14 e 15 del racconto, con lo stesso termine:
  • 14,16 - "Tu intanto alza il bastone, stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all'asciutto";
  • 14,22 - "Gli Israeliti entrarono nel mare sull'asciutto";
  • 14,29 "Invece gli Israeliti avevano camminato sull'asciutto in mezzo al mare, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra";
  • 15,19 - "Quando i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri furono entrati nel mare, il Signore fece tornare sopra di essi le acque del mare, mentre gli Israeliti avevano camminato sull'asciutto in mezzo al mare."
Per quelle quattro volte per asciutto è usato il termine "yaibbashah" , dal radicale di "seccare, essere dentro bruciato", sottinteso dal sole, quindi, terraferma.
Il mare della vita ha perso l'instabilità.
È accaduto che alcuni, che prima vivevano come se fossero da soli in una natura e una storia ritenute senza alcun controllo e la loro vita era agitata, insicura come si comporta il mare, in cui non avevano alcuna sicurezza, ora, hanno concluso, che possono vivere con una certezza, che qualcuno che ha potere sul mare, quindi sulla vita, li ha salvati ed è in cammino con loro.
Ecco che è nata la fiducia e camminano ora con piede sicuro, quindi, non più per mare, ma nell'asciutto, "yaibbashah" , per terra.
Un'illuminazione ormai indelebile ha colpito i soggetti del miracolo "sono dentro degli illuminati nel mondo " o anche in loro "è dentro una luce entrata ".
Da questa via asciutta, direi illuminata, si può però purtroppo uscire, ma la misericordia divina consente il rientro.
Dice, infatti, il Signore stesso nel libro del profeta Malachia: "Tornate a me e io tornerò a voi, dice il Signore degli eserciti." (Malachia 3,7b)

Per questo tornare è usato il radicale rebus di lettere la cui immagine base pare essere "una luce si porta dalla casa ", onde si può asserire: è tornato a casa!
Visto invece in termini spirituali per viene il pensiero "alla luce riportarsi dentro " vale a dire non stare più nelle tenebre, ma uscirne.
Questo ritorno ha quasi le stesse lettere invertite di asciutto "yaibbashah", come se portasse a un tornare a quella situazione, ossia rimettere i piedi nel giusto cammino, nel cammino guidato da Dio, in un terreno stabile.
Nell'ebraismo il "pentimento" è proprio un ritorno e si chiama "Teshuvah" e porta a raggiungere la redenzione, collettiva e individuale.
Occorre però non illudersi, come ben evidenza un ammonimento del Rebbe di Novardok che paragona la "Teshuvah" a un viaggiatore che si rende conto che il suo treno sta andando nella direzione opposta.
Ora, se quel viaggiatore cambia semplicemente posto sedendosi nell'altro verso non risolve nulla; pur se ha guardato alla parte giusta si è solo illuso di aver risolto il problema, ma se vuole veramente raggiungere la sua meta deve scendere da quel treno e prendere quello che va nella direzione opposta.
L'invito che propone il profeta Osea è: "Torna dunque, Israele, al Signore, tuo Dio, poiché hai inciampato nella tua iniquità." (Osea 14,2)

In effetti, il testo in ebraico di tale versetto è il seguente:



Per quel termine , senza segni di vocalizzazione che ai tempi di Osea non c'erano, dal significato sia di "fino", sia di "eternità", ho visto che traduzioni degli ebrei propongono "Torna Israele, fino al Signore tuo Dio..."
È questo un grande invito alla "Teshuvah" ed il Talmud (TB Yomà 86b) proprio in forza di quel termine osserva "Grande è la Teshuvah sì da giungere fino al Trono della Gloria".

Spiegano ciò col fatto che Trono della Gloria, sarebbe il luogo da cui provengono le anime, anzi le stesse anime d'Israele sono quel trono in quanto proprio hanno il compito di rivelare la Gloria del Signore e di affermare la sua regalità nel mondo; infatti "venga il tuo Regno... come in cielo così in terra", recita la preghiera comunitaria del Padre Nostro insegnata da Gesù.
La "Teshuvah", è perciò il ritorno a Dio, da dove si proviene, ed è affermare nel mondo la vera eterna funzione del potenziale della propria anima, creata per la rivelazione della Sua Gloria.
Sul perché siamo stati creati dice, infatti, il Catechismo della Chiesa Cattolica di San Pio X al Paragrafo 13: "Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e per goderlo poi nell'altra, in paradiso".

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