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di Alessandro Conti Puorger
 
 

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DIO PARLA AD ABRAMO
Il testo della Genesi, dopo l'evento "diluvio" non riporta altri colloqui di Dio con un uomo, ma al capitolo 11 segnala l'episodio della torre di Babele.
Questo evento evidenzia un'intenzione dell'umanità di allora che si sta ripresentando prepotente in questi giorni.
Tutta quella l'umanità da quel sacro testo è immaginata raccolta e residente nella valle di "Sinar" vale a dire nella piana di Babilonia "Baboel" .
È immaginato che tutte le famiglie degli uomini, insomma, erano concentrate in Babilonia "Baboel" , l'attuale Iraq, e parlavano tutte la medesima lingua, la lingua sacra, ossia l'ebraico biblico con cui fu creato il mondo e con cui parlava Dio con la prima coppia nel Paradiso terrestre. (Rashi Mizrakhi)
Quel nome della valle "Sinar" lo possiamo considerare formata da + () vale a dire è questi un posto ove "si rinnova ()" la presenza del "nemico ".

Tutti si dicevano "Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo, e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra" (Genesi 11,4) il che appunto sta a indicare una tentazione indotta dal solito tentatore che inculca negli uomini di mancare di fede nel Creatore loro Padre, tanto che questi vogliono crescere... salire al cielo... farsi un nome nuovo... un idolo fatto con le loro mani, in definitiva seguire solo i propri impulsi, la propria volontà ed intelligenza non riconoscendo di essere creature, quindi, dipendenti dall'amore divino che da loro la vita.
Dio provocò la dispersione dell'umanità per evitare l'anticipato fenomeno della "globalizzazione" che stava già manifestando in modo esasperato i propri limiti... infatti, Dio stesso commenta: "sono un unico popolo e hanno tutti un'unica lingua" (Genesi 11,6) e portò a confondere "balel" le lingue per provocarne la dispersione.
Tale intenzione se avesse trovato piena attuazione avrebbe allora coinvolto in errore tutti, con svantaggi maggiori dei vantaggi e con un definitivo allontanamento compatto dell'umanità tutta da Dio.

L'episodio della torre tende a spiegare la dispersione dell'umanità per tutto il mondo divisa in famiglie con lingue diverse tra loro e intende di dissipare il dubbio che gli uomini non siano stati generati da una sola prima coppia.
Moshe ben Maimon, detto anche Rambam, nel suo libro Moré Nevukhim, afferma, infatti, che uno dei principi fondamentali della Torah è proprio che il mondo è stato creato dal nulla e da un solo uomo e da una sola donna.
Per questo la Torah riporta anche le genealogie dei popoli e precisa il motivo per cui essi si dispersero e si vennero a formare lingue diverse.

Secondo il libro "Seder Olam" del Talmud l'anno in cui accaddero gli avvenimenti della torre di Babele sarebbe stato il 1996 dalla creazione dell'uomo, ossia 340 anni dopo il diluvio.
Noè aveva 940 anni e morì 10 anni dopo.
Quelle durate allora così lunghe di vita degli uomini si possono forse interpretare come periodi in cui restò viva influenza dell'insegnamento di un patriarca pur se, forse, era fisicamente già deceduto.
Nel caso specifico, infatti, pare proprio che l'insegnamento di Noè fosse stato gradualmente dimenticato dalle generazioni nel tempo del dopo diluvio fino all'episodio della torre, peraltro, avvenuto durante la vita di Terach, padre di Abramo che allora si chiamava Abram.
Quest'ultimo aveva già 48 anni al momento della dispersione da Babele.
Risulta, così, che Abram, decimo primogenito nella genealogia di Noè, per 58 anni potenzialmente poté avere come maestro Noè stesso, ossia apprese quanto doveva sapere del periodo prima del diluvio.

Connesso al movimento migratorio mosso dall'evento della torre di Babele si deve perciò considerare il trasferimento della famiglia di Terach a Carran in Anatolia accennato dal versetto Genesi 11,31: "Poi Terach prese Abram, suo figlio, e Lot, figlio di Aran, figlio cioè del suo figlio, e Sarai sua nuora, moglie di Abram suo figlio, e uscì con loro da Ur dei Caldei per andare nel paese di Canaan. Arrivarono fino a Carran e vi si stabilirono."

Il libro della Genesi, dopo i colloqui di Dio e Noè prima e dopo il diluvio, segnala il silenzio da parte di Dio, silenzio che s'interrompe soltanto con la chiamata di Abram, quando questi aveva 75 anni cioè 367 anni dopo il diluvio, infatti: "Il Signore disse ad Abram: Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra. Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore, e con lui partì Lot. Abram aveva settantacinque anni quando lasciò Carran." (Genesi 12,1-4)

È comunque importante ricordare che Abramo visse 175 anni come asserisce Genesi 25,7.
Dio evidentemente lasciò passare un anno di anni, cioè 365 anni dall'ultima volta che aveva parlato dopo il diluvio con Noè e ricominciò a parlare con Abramo con la finalità di trovare un alleato che servisse da chiave per aprire i cuori dell'umanità, come del resto Dio stesso aveva anticipato con la promessa "in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra".
Abramo in Canaan dovette superare varie difficoltà, una carestia poi una guerra in cui combatté contro invasori che venivano da oriente e (Genesi 14) fu benedetto da Melkisedek re di Salem, figura profetica, sacerdote del Dio Altissimo.
Di figli gli potessero garantire la discendenza da parte di Sara, però, ancora nulla di concreto, ma il Signore gli riapparve una notte e gli disse: "Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle e soggiunse: Tale sarà la tua discendenza".

Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia." (Genesi 15,5s)
Ora quel "glielo accreditò" assicura che avere la fede di Abramo è come avere una garanzia, simile a che il Signore stesso gli aprisse un conto corrente in dare nel cielo.

Per il tema "profeti" è importante considerare quanto detto al riguardo nel capitolo 20,7 del libro Genesi quando tale libro riporta l'episodio di Abramo presso il re Abimelek quando il titolo di "profeta" fu attribuito ad Abramo proprio da Dio stesso: "Ora restituisci la donna di quest'uomo: egli è un profeta: preghi egli per te e tu vivrai" e profeta li è scritto e detto "nabia'".

Al capitolo Genesi 17 si legge che Dio aveva detto ad Abramo: "Eccomi: la mia alleanza è con te" (Genesi 17,4)

E ancora al capitolo Genesi 18 relativo alla preparazione della distruzione di Sodoma e Gomorra "Il Signore diceva: Devo io tener nascosto ad Abramo quello che sto per fare, mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra? Infatti, io l'ho scelto..." (Genesi 18,17-19)

Da tutto ciò si comprende che Abramo essendo considerato proprio alleato da Dio è un suo plenipotenziario in terra e tutto ciò che fa è da Dio accettato.
Prova ne è che in quel racconto della questione con Abimelek "Abramo pregò Dio e Dio guarì Abimèlech" (Genesi 20,17).

Abramo fu il primo delegato in terra per affermare il regno di Dio... direi un viceré come ad esempio fu Cristoforo Colombo per il re di Spagna nelle Americhe.
Abbiamo poi visto che Abramo intercede per i peccatori.
Del resto anche il racconto della trattativa con Dio dei 50 giusti ridotti poi a 10 in Genesi 18 lo ricorda, quindi, in tal senso Abramo fa da ponte ed è perciò sacerdote, insomma ha la pienezza dei poteri.

È questa la radice del principio del sacerdozio cristiano in Matteo 16,19: "A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli".

Quando Abram ebbe 99 anni Dio gli riapparve (Genesi 17,1) e gli disse "Io sono Dio onnipotente: cammina davanti a me e sii integro. Porrò la mia alleanza tra me e te"...
Con quel "cammina davanti a me" si propone nuovamente la situazione di Enoch e di Noè che camminarono con Dio, ma questa volta il testo precisa che Abram in effetti gli deve camminare davanti.

È un'evoluzione del rapporto rispetto ai precedenti profeti.
È come se Dio gli dicesse, tu mi farai la strada tra gli uomini, tu mi precedi e io ti seguirò, con ciò il tuo prossimo ne avrà vantaggi e potrà incontrarmi grazie a te.
Gli interessi erano comuni, Abramo cercava uno scopo alla sua vita, desiderava figli e una terra, come del resto Dio voleva essere riconosciuto in terra quale padre dall'umanità.

In linea col fatto che Dio aveva riconosciuto integro Noè, dice ad Abram quel "sii integro" "heieh tamim" , richiesta con più significati, sii "senza difetti, senza macchia, irreprensibile, giusto, retto onesto", e le lettere dicono di un invito: "nel mondo Iah (IHWH) indica ai viventi che è vivente ".

Poi il Signore gli cambiò nome in Abramo e gli disse: "Eccomi: la mia alleanza è con te e sarai padre di una moltitudine di popoli. Non ti chiamerai più Abram ma ti chiamerai Abraham perché padre di una moltitudine di popoli ti renderò. E ti renderò molto, molto fecondo; ti farò diventare nazioni e da te nasceranno dei re..." (Genesi 17,4-6)

Si dice che "'Abram" stia a significare padre "'ab" "ram" esaltato, alto, ma era vecchio e sposo di una moglie sterile, quindi presto sarebbe solo padre di vermi "rimmah" , ove = , visto che presto sarebbe morto.

Abramo, in effetti, aveva già avuto un figlio, Ismaele, da Agar, la serva egizia della vera unica moglie Sara che era ormai vecchia ed era stata sempre sterile, onde la promessa sembrava veramente incredibile eppure Abramo credette.

La lettera ai Romani di San Paolo apostolo al 4,18s ricorda proprio questo evento quando dice: "Egli credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: Così sarà la tua discendenza. Egli non vacillò nella fede, pur vedendo già come morto il proprio corpo - aveva circa cento anni - e morto il seno di Sara."
Poi la stessa lettera così prosegue ricordando anche l'evento della promessa in Genesi 15: "Di fronte alla promessa di Dio (Abramo) non esitò per incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento. Ecco perché gli fu accreditato come giustizia." (Romani 4,20-22)

Il nome nuovo "Abraham" proprio con le lettere diceva che sarebbe stato un vero padre in quanto il suo "corpo s'aprirà alla vita ".
Dio poi si presentò a lui e a Sara alle querce di Mamre in forma di tre angeli con aspetto d'uomo (Genesi 18) venuti per distruggere le città di Sodoma e Gomorra.
In tale occasione fu annunciata ad Abramo la nascita del figlio della promessa.
Isacco nacque quando Abramo ormai aveva 100 anni (Genesi 21,5) e Sara 90 come si deduce da Genesi 17,17 quando dice "Abramo si prostrò con la faccia a terra e rise e pensò: Ad uno di cento anni può nascere un figlio? E Sara all'età di novanta anni potrà partorire?"

Tante furono le prove cui fu sottoposto Abramo, ultima delle quale fu assieme proprio al figlio Isacco, quella riferita da Genesi 22 in cui "'Elohim" tentò Abramo e gli chiese in sacrificio il figlio Isacco, prova che Abramo superò grazie alla fede nella risurrezione, quando tutto allestito per il sacrificio fu fermato da IHWH che poté sostituire Isacco con un ariete che gli fece trovare impigliato in un cespuglio di rovi, figura del Cristo con la corona di spine.

Questa fu l'ultima volta che la Genesi riferisce colloqui di Dio con Abramo, infatti, l'angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo e gli disse: "Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce." (Genesi 22,16)
Dopo il testo in 22,23 annuncia la nascita di Rebecca, futura moglie di Isacco.

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