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DECRIPTAZIONE BIBBIA...

 
UOMO, RIVESTITI DELLA TUA DIGNITÀ

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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LA NUDITÀ NEL LIBRO DELLA GENESI
Nei capitoli 2°, 3° e 9° del primo libro della "Torah", chiamato "Ber'eshit" e in italiano detto "Genesi", si trovano le espressioni di "essere nudo" e di "nudità".
I soggetti che per la prima volta sono accostati a questo concetto, come ovvio, sono i nostri progenitori Adamo e sua moglie, che non era stata ancora chiamata Eva.
Nell'ultimo versetto, il 25° del capitolo 2, viene detto: "Ora tutti e due erano nudi, l'uomo e sua moglie, e non provavano vergogna."

Quel termine "nudi "nel testo in ebraico per i due è "ae'rummim" , quindi ciascuno dei due era "ae'rum" ove = a fine parola.
Con i significati grafici delle lettere ebraiche di "ae'rum" si possono elaborare questi pensieri:

  • "si vede il corpo al portarsi nelle acque ", quindi, svestito;
  • "si vede il corpo portato dalla matrice ", cioè com'è nato, quindi nudo.
Perché alla fine del capitolo l'annotazione che i due "non provavano vergogna" "l'o itebboshashu", dal radicale vergognarsi ?
Perché la vergogna "bosh" e "bushah" sarebbe poi arrivata puntualmente al capitolo successivo!
Questa è tale "da dentro porta la luce a uscire " e ciò è quanto poi in effetti accadrà come sappiamo e come vedremo.

Sappiamo che Dio "Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo" (Genesi 2,7) e che questa polvere era divenuta carne "Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto."(Genesi 2,21)
Carne in ebraico è "basar" con la lettera "sin".
Queste lettere prese da sole con i loro significati grafici danno luogo a due predicati:
  • positivo, "tenda di luce per il corpo ", quindi, visto come un abito di luce per il corpo che è la tenda d'argilla, la casa mobile dell'uomo; tra l'altro se si pensa formata come + , tenuto conto che "ser" è "principe" (femminile "Sarah", nome della moglie di Abramo) quella era "la casa del principe ", sottinteso del principe di Dio.
  • negativo, se quelle lettere si pensano così formate, + , perché in tal caso, considerato che non v'era ancora puntature di differenziazione tra lettera "sin" e "shin", quel = e, allora, le lettere dicono di una "vergogna ( = ) per il corpo ".
Ecco per la carne due pensieri entrambi applicabili alla prima coppia, in quanto, questa da una condizione positiva privilegiata per il peccato cadde in una realtà del tutto negativa.
Il credo cristiano, peraltro, comporta la risurrezione della carne, infatti, la carne di Cristo alla risurrezione divenne gloriosa.
Una carne del genere alla fine dei tempi sarà sorte di ciascuno "la casa del risorto corpo ."

A questo punto facciamo un salto in avanti e vediamo la seguente frase del profeta Isaia: "Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi che annunzia la pace, messaggero di bene che annunzia la salvezza, che dice a Sion: Regna il tuo Dio." (Isaia 52,7)

Per ben due volte sia per "lieti annunzi" sia per "messaggero che annunzia" Isaia scrive "mebasser" ove è il pre-formativo di sostantivi dal verbo ove è la lettera "sin" e che significa appunto "dare, portare, riferire buone notizie" e "proclamare, annunciare", e le singole lettere forniscono il predicato "dentro illuminare la testa - mente ".
"Salvezza" poi li è "ieshuah" che altro non è che "Gesù per il mondo ".

Tale verbo è usato oltre 20 volte in tutto l'Antico Testamento come ad esempio ancora in Isaia in 40,9 ove recita "Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annuncia alle città di Giuda: Ecco il vostro Dio!" con due volte "mebassoeret" .

Ecco che la parola "carne" "basar" che è solo la parte che si vede di un uomo è da considerare come l'annuncio della sua essenza "vi abita un luminoso corpo ".
In definitiva la carne è l'annuncio dello spirito di Dio che è in quell'uomo, ossia annuncia che "dentro c'è una luce nel corpo " o anche vi "abita della risurrezione il corpo ", ossia copre quello che poi sarà risorto.

Ricordando che siamo stati formati con la polvere della terra, dice San Paolo "Noi però abbiamo questo tesoro in vasi di creta..." (2Corinzi 4,7), chi annuncia Gesù Cristo e la sua salvezza tenuto conto che la sua carne, che diciamo corpo, è un vaso e porta "sempre e dovunque..." nel proprio "corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti". (2Corinzi 4,10) ossia in tal caso la stessa carne del cristiano annuncia la morte e risurrezione di Cristo.

Ora, la vita di Gesù morto in croce è proprio la sua risurrezione che abita nel nostro corpo come insito nelle lettere di "basar".

Torniamo ai progenitori.
A prescindere che essendo i soli esseri umani - marito e moglie - non c'erano occhi indiscreti, l'interpretazione più accettata comunque è che non provavano vergogna, perché in loro non c'era malizia.
Rashi (Rabbi Shlomo Itzchaki 1040-1105) commentatore della Bibbia al riguardo osserva: non sapevano distinguere il bene dal male finché non mangiarono i frutti dell'albero proibito e venne loro aggiunto lo "Yetzer hara'" o inclinazione cattiva.
Sforno, un rabbino italiano del XV secolo, afferma che i due progenitori impiegavano i loro organi solo per compiere la volontà di Dio e non per soddisfare i loro desideri, ossia le relazioni intime erano innocenti come il mangiare e il bere.
In definitiva erano rivestiti in modo pieno della dignità di "figli" di Dio, essendo solo Lui, lo stesso Creatore il loro padre e madre, così non si sentivano nudi.
Era come se la loro carne fosse diversa e rivestita di un alone luminoso e glorioso; avevano, insomma, un vestito di grazia.

Le stesse lettere di si trovano nel versetto successivo, il primo del 3° capitolo: "Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di alcun albero del giardino?" (Genesi 3,1)
Precisamente nel termine "astuto" è appunto scritto , ma con una leggerissima diversa vocalizzazione, vale a dire "a'rum" e questa coincidenza certamente non è un caso, ma una precisa volontà dell'autore ispirato.

La traduzione di quelle lettere anche nei testi ebraici è di "astuto", infatti, esiste il radicale di essere - diventare astuto - cauto - prudente e con tale radicale c'è anche l'accezione di "ammucchiarsi, accumularsi".
Le lettere ebraiche con i loro significati grafici accettano entrambi tali concetti:
  • "vedo con testa - mente viva - vivace " per astuto;
  • "vedo innalzarsi ( = )" per ammucchiare.
Il Talmud Baba Batra 16° afferma che "Il serpente è il 'Satan', è lo 'Yetzer hara'', è l'angelo della morte."
Anche in questo caso le lettere aiutano; infatti, per si può pensare: "un nemico portasi ai viventi ".

Questo serpente è in stretta connessione col famoso Leviatano, mitico mostro marino re di tutte le creature marine che sarà mangiato nel pasto escatologico dal Messia e dai Giusti "Al momento della venuta del Messia, prima di entrare nel Mondo Futuro, Dio offrirà questo pasto particolare ai Giusti che se lo meriteranno per entrare in uno stato di completezza spirituale." (Gur Arie, Bereshìt 1,21).

Come apparve nel giardino terrestre che era preservato dal resto del mondo questo serpente che era l'incarnazione del male precipitato secondo la tradizione ebraica sulla terra e in fuga da Dio?
La lettura di quelle lettere in altro modo ancora una volta porta un'idea, infatti, per si può pensare: "il nemico si portò dalle acque ."

Ora, Satana - Lucifero precipitò nel mare forse nel 5° giorno della creazione e s'incarnò in un grande mostro marino e divenne il re dei pesci, infatti: "Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque" (Genesi 1,21)

Ecco l'idea, quel serpente incarnazione del mare, che si presentò ai progenitori era un serpente acquatico venuto attraverso uno dei quattro fiumi che circondano il giardino terrestre e che comunicavano con tutti i mari e i fiumi ed era emanazione del grande mostro marino Leviatano, molto probabilmente proveniva proprio dal Nilo.

Del resto i grandi mosti marini sono i i "tanninim haggedolim" e nel singolare di mostro marino ove = e vi appare che ricorda il dio Nun delle acque primordiali strettamente collegato alla cultura egizia al Nilo e alla dinastia dei Tiniti.

Il Salmo 74,14 accosta il "Leviatan" ai mostri marini e dice: "Al Leviatàn hai spezzato la testa, lo hai dato in pasto ai mostri marini."
(Vedi: "Il midrash della pesca gloriosa")

Dice poi l'Apocalisse 12,9: "Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli".

"Il grande drago" è il grande mostro marino, infatti, drago in ebraico è "tan" e "tannin" è "mostro marino, dragone, serpente", quindi con evidente riferimento alla dinastia dei Tiniti progenitori delle dinastie dei primi faraoni egizi e al Nilo.

Quel personaggio di Genesi 3,1, il serpente, in ebraico il "nachash" , è un termine che si può anche pensare formato in questo modo, + , ove = è radicale di "essere impaziente" e di "precipitarsi" e, per la legge del contrappasso, è "l'angelo precipitato = )" cacciato dal cielo, geloso degli uomini, vale a dire "l'angelo che si nasconde dalla luce " o che nasconde la luce , ossia gli piace nascondersi nelle tenebre.

Quel serpente era "il più astuto di tutti gli animali selvatici" e quegli animali selvatici sono i "chaiait hasshaddoeh" ove "chiuso si era per vivere all'entrata il demonio nel mondo "

A questo punto, tirando le fila di questi discorsi, si può proprio dire che è personificazione dell'angelo decaduto e come tale quel serpente è anche veramente "nudo" perché privo del vestito della grazia di Dio e, poiché è anche astuto, provoca in chi avvicina e l'ascolta la sua stessa nudità.

Il serpente si rivolse alla Donna "'isshah" .
Perché alla Donna?

Molti, forse maschilisti, hanno proposto, perché la donna sarebbe più debole dell'uomo non solo fisicamente, ma anche psichicamente ed era più facile che cadesse nell'inganno.
Non credo però che questo sia il vero motivo.
Il serpente voleva fare molto male all'umanità futura e opporsi al disegno divino, quindi, voleva inquinare la fonte della vita futura per tutti gli uomini, perciò la Donna che, oltre che generarli i figli, è per loro il primo albero della conoscenza, proprio nel tempo iniziale fondamentale dell'"imprinting" del fanciullo.

Occorreva al demonio "shad" per arrivare al suo intento di "impedire la luce " o far uscire la luce di Dio dall'umanità di conseguenza sarebbe arrivata la vergogna "bushah" che abbiamo visto "da dentro porta la luce a uscire " e le lettere di Donna " 'isshah" dicono che da questa ci sarà "origine della luce nel mondo " ed era questa luce che il serpente doveva impedire che uscisse.

Il serpente fece trapelare che l'unico divieto che il Signore aveva dato, di non mangiare dell'albero della conoscenza del bene e del male, nascondeva il fatto che Dio non li amava di amore sincero e li voleva solo come inferiori, schiavizzarli, insomma, come se Dio mancasse di qualcosa e avesse bisogno di loro; infatti: "il serpente disse alla donna: Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male." (Genesi 3,4s)

La donna ne mangiò e ne diede anche al marito!
Ecco che l'effetto fu immediato, persero entrambi il vestito della grazia di Dio e "Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture." (Genesi 3,7)

Quel "essere nudi" nel testo ebraico è "e'irummoem" ma segnala la detta avvenuta spoliazione della grazia divina un fatto che si può dedurre dalla lettura delle lettere: "con la rovina del verme () vivranno ".
Il che spiega che quanto mangiato aveva un verme, inoculato dal serpente, che avrebbe portato a una malattia genetica, il verme "nei corpi una vita (sottinteso, diversa) entrò ", per tutta la discendenza che avrebbero avuto.
Del resto essere nudo porta anche al pensiero si "vede un verme ()" infatti anche in italiano si dice nudo come un verme.

Al Signore, che ovviamente sapeva tutto e che li cercava e li chiamava, l'uomo "Rispose: Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo ("a'irim" ), e mi sono nascosto" (Genesi 3,10)

A questo punto c'è la conferma da parte del Signore che effettivamente è nudo, ossia ha in se una rovina che porterà a causa di quel verme, infatti, il Signore "Riprese: Chi ti ha fatto sapere che sei nudo ("a'irim" )? Hai forse mangiato...?" (Genesi 3,11)
Il Signor Dio poi, in conclusione di questo tema del vestire e dello spogliare, fece all'uomo e a sua moglie "tuniche di pelli e li vestì" (Genesi 3,21)

Guardiamo bene queste parole:
  • tuniche "katenot" ,
  • di pelle "a'or" ,
  • e li vestì "vaiailebbishem" .
Quel vestire serve per coprire la vergogna ( = ) ormai arrivata.
Queste "katenot" ricordano le tuniche sacerdotali "katenim" in Esdra 2,69 e la tunica bianca che poi Dio col battesimo donerà agli eletti.
Tunica, al singolare "katenet - kotonet" , ha in sé potenzialmente un radicale usato per "pagare amanti e distribuire doni" (Osea 8,9-10), ma anche per "celebrare, narrare, far lamento, lodare" (Giudici 5,11; 11,40) onde "vaso - involucro per celebrare () segno " e pare alludere all'aspetto della religiosità che poi si manifesterà nei figli della prima coppia di cui è detto in Genesi 4.

I significati grafici delle lettere di "la rettitudine scelta l'angelo (ribelle) finisce " o "con la rettitudine il dragone ha termine " presentano però un aspetto profetico di una veste che il Signore intende assicurare se veramente desiderata, la veste del sacerdozio e di una promessa che" la rettitudine alla fine invierà a tutti ".
Si noti il sottile gioco di lettere: la tunica è ora di pelle "a'or" che viene a sostituire quella "'or" di "luce" che evidentemente avevano prima i nostri progenitori e che hanno perduto per loro colpa.

Se poi si pensa pelle come + e che è radicale di un verbo che sta per "peccare", invece di un vestito di luce il corpo ha un vestito di peccato.
Il peccato frutto del demonio provoca la morte, ma il regalo del Signore fu una pelle, un involucro, una capsula che salva dalla morte immediata e che avrebbe protetto per un certo tempo per dare modo che si potesse sviluppare il desiderio della conversione per il ritorno a casa.
Al riguardo è istruttivo il pensiero di Giobbe che riporta alla idea del verme, e di pelle come copertura che s'invecchia per la propria carne: "Ricoperta di vermi e di croste polverose è la mia carne , raggrinzita è la mia pelle e si dissolve." (Giobbe 7,5)

Nel libro della Genesi, poi, al capitolo 37 c'è un forte richiamo alla parola tunica "katenoet" ove è ricordata ben 7 volte ai versetti 3, 23, 31 (2 volte), 32 e 33 (2 volte), per la tunica che Giacobbe donò al giovane figlio Giuseppe il primogenito di Rachele.

Si tratta della "katenoet passim" tunica con maniche lunghe, traduce C.E.I. 2008, tunica di lana fine trovo in testi ebraici secondo l'opinione di Rashi e secondo Yefé Tòar si trattava di una tunica ricamata a manica lunga, fatta di variopinte strisce di lana.
Questo abito era segno di potere poiché Giacobbe, dopo la vicenda di Genesi 35,22 non considerava più Ruben quale primogenito, ma Giuseppe, cosi anche Kli Yakàr.

La parola "passim" per tunica talare è plurale di le cui lettere ci dicono che ha una bocca e che avvolge pare indicare una tunica tubolare, tutta di un pezzo e il plurale in indica che i "tubi" sono molteplici, forse due per le maniche lunghe e anche ad anelli, forse, allora, di vari colori.
Questo termine è usato anche in 2Samuele 13,1.19 per la tunica che rivestiva la vergine principessa Tamar figlia di David che lei si strappo essendo stata stuprata dal fratello Amnon.
Quella tunica indica proprio una dignità acquisita come per Giuseppe o che può venir perduta come accadde a Tamar e ricorda quella perduta dai progenitori.

A questo punto non si può non ricordare il brano del Vangelo di Giovanni 19,23s sulla tunica di Gesù: "I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti - una per ciascun soldato - e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d'un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca. Così si compiva la Scrittura, che dice: Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte. E i soldati fecero così."

Nel libro della Genesi c'è un altro momento in cui si parla di nudità, e riguarda Noè dopo l'evento del "Diluvio" che nel testo è detto il "mabbul" "acqua dentro portata con potenza "

È quello del "Diluvio" un episodio reale o mitico?
Tanti sono stati certamente i cataclismi che hanno arrecato sconvolgimenti che hanno coinvolto grandi territori e tante antiche civiltà, ma nel racconto del Diluvio della Genesi c'è essenzialmente l'interesse a presentare un evento profetico per una presa d'atto da parte dell'umanità di un cambiamento di atteggiamento del Signore come se si pentisse.
Questi decide di fare un'alleanza con l'umanità per rinnovarla e sceglie un uomo per salvare tutti i futuri uomini nuovi che verranno da lui.
Sotto questo aspetto mi sono interessato con "Cosa nasconde il racconto di Noè e del Diluvio?"

Accadde che "...eruppero le sorgenti del grande abisso e le cateratte del cielo si aprirono" (Genesi 7,11) quindi "Diluvio" il "mabbul" sono acque speciali che vengono dal Signore, "acque dentro portate dal Potente ".

In quel racconto, che do per scontato, in Genesi 9 ai versetti 21-23 c'è il seguente episodio assai strano: "Avendo bevuto il vino, si ubriacò e si denudò all'interno della sua tenda. Cam, padre di Canaan, vide la nudità di suo padre e raccontò la cosa ai due fratelli che stavano fuori. Allora Sem e Iafet presero il mantello, se lo misero tutti e due sulle spalle e, camminando a ritroso, coprirono la nudità del loro padre; avendo tenuto la faccia rivolta indietro, non videro la nudità del loro padre."

In due versetti 22 e 23 la parola nudità si ripete tre volte e tale nudità è "oe'rvat" , ma che è sinonimo di "sesso, genitali, vergogne" e con i significati grafici delle lettere si può leggere "si vede il corpo portarsi totalmente, tutto, completo ".
Quella nudità dalla C.E.I. del 1975 è tradotto "scoperto" dal radicale di "denudare scoprire".

Ora il vedere la nudità di qualcuno in genere nel pensiero biblico è atto grave che spesso implica anche incesti, infatti: "Non scoprirai la nudità di una moglie di tuo padre; è la nudità di tuo padre." (Levitico 18,8)

Nel caso specifico appare poi inatteso il nome di Canaan, che se si guarda il testo di Genesi 10,25-27 viene maledetto da Noè, mentre ci si attenderebbe che maledicesse Cam.
Canaan allora potrebbe essere il 4° figlio di Noè nato da un incesto di Cam che ha visto la nudità di Noè, quindi, anche quella della madre.
Marc-Alain Ouaknin, filosofo e rabbino, osserva: "Noè, come sappiamo ha tre figli: Sem, da cui è originaria la stirpe semitica, Jafet, il bello, che ha generato la Grecia e l'Occidente, infine c'è Cam il cui nome significa il caldo impulsivo, debordante di pulsioni. È il padre di Canan, dice la Bibbia. Ma perché precisa che è il padre di Canaan, e chi è costui? Il testo ci dice: è il suo quarto figlio." (Le Dieci Parole)
(Vedi: Il paragrafo "Cam, Noè e Canaan" in "Vino nella Bibbia: causa d'incesti e segno del Messia")

In definitiva ciò che il Signore intendeva conseguire col Diluvio non avviene ancora, ma resta aperta l'intenzione e la promessa d'intervento del Signore per salvare l'umanità dal verme che ha lasciato il demonio nei nostri progenitori e che l'episodio conseguente della nudità di Noè dimostra che non era stato affatto vinto.
Pur se potenzialmente fossero eliminati tutti gli uomini e si lasciassero in vita solo i più buoni, come Noè e i suoi figli, anche questi alla prova sarebbero inquinati dal germe malefico che s'è subito rifatto vivo a una minima disattenzione.
Il racconto del "Diluvio, infatti, dice che è bastato a Noè bere un po' di più, e apparve il fatto della nudità, che evoca il peccato di Adamo e sua moglie che si videro nudi.

Quella "oe'rvat" in definitiva attesta che "il nemico ha portato un segno ".
Occorrerà allora un intervento più radicale da parte di Dio che porti a buon fine l'intento del Diluvio di avere un'umanità salvata e rinnovata.

La parola "oe'rvat" si trova ancora due volte nel libro della Genesi quando Giuseppe accusa i fratelli al capitolo 49 versetti 9 e 12.
Questi avvalorano peraltro che quella lettura testé fatta delle lettere di "oe'rvat" pare lecita in base a tali due versetti simili ove si dice "Voi siete venuti per vedere i punti indifesi del territorio", quindi parla di punti ove il nemico può attaccare.

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