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RACCONTI A SFONDO BIBLICO...

 
DAL MIO DILETTO SCORRE LATTE E MIELE

di Alessandro Conti Puorger
 
 

LATTE E MIELE
Riporto alcuni personali approfondimenti su aspetti del dire "dove scorre latte e miele" che si trova nell'ambito della succinta descrizione che fa della terra promessa IHWH, ossia il Signore Dio, nella Torah nella sua prima teofania.
La promessa da parte di Dio di una terra ove "scorrono latte e miele" promessa ai liberati dalla schiavitù che l'avevano invocato, infatti, fu profetizzata a Mosè in Esodo 3,7-8 quando gli parlò dal roveto ardente.
Essendo noto come il Signore spesso si esprime in parabole un primo pensiero è che terra promessa, latte e miele possono essere allegoria di ben altro.

Per quanto dice Isaia 55,8 sui pensieri del Signore "...i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie - oracolo del Signore", visto che in genere la descrizione di quell'oracolo nella teofania del roveto, specialmente da Israele, è interpretata quale promessa di un preciso territorio, la seconda considerazione sul tema è stata che le promesse di Dio sono eterne, perciò a chi ha liberato dalla vera schiavitù, quella della paura della morte e dal servire solo se stessi, quella terra spetta come promessa inalienabile, non momentanea, ma eterna.

Sapendo poi. non solo dall'Apocalisse, ma anche dalla scienza, che questo mondo dovrà finire, certamente quella terra promessa non è un luogo fisico altrimenti la promessa non avrebbe valore eterno.
Considerato poi che il Signore parla allo spirito dell'uomo è, allora, da pensare che quel latte e quel miele non siano terreni e che intento di Dio sia di portare i salvati in un altro ambito, fuori da questa terra dove sia stabile la giustizia, preso atto che quella degli uomini è solo una parodia di quella auspicata, infatti, dice la 2Pietro 3,13 "...secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia".

Quei termini detti da Dio, insomma, possono coinvolgere anche una sfera che non riguarda solo la terra e, in termini allegorici, il latte e il miele possono prefigurare alimenti essenziali per nutrire non la carne, ma lo spirito dell'uomo nuovo in cui Dio intende trasformare, ovviamente col consenso dell'interessato, proprio quella creatura che ha creato senza che lo volesse, se in qualche modo opportunamente interpellata desiderasse volontariamente crescere non solo nel corpo, ma anche nello spirito.
Gesù, infatti, durante il digiuno di 40 giorni rispose al diavolo che lo tentava col cibo materiale: "Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio". (Matteo 4,4)

Ciò premesso, prima d'entrare nel vivo riporto alcune informazioni per inquadrare l'aspetto dei due termini "latte e miele" nelle culture contemporanee a quella promessa e per far intuire pensieri, ormai a noi lontani, che quelle parole potevano allora evocare.
Con l'occasione pongo in evidenza la loro forma in ebraico discutendo aspetti essenziali connessi alle lettere usate nella Tenak che ne formano le relative definizioni e con cui furono scritte, leggendo, com'è mio uso, quei termini anche come rebus in cui ogni lettera è pure un ideogramma con un proprio messaggio grafico. (La Tenak sono i libri usati dall'ebraismo inseriti nella Bibbia cristiana tra quelli detti dell'Antico Testamento)

È ben noto che il latte di ovini, caprini e bovini con i derivati, formaggi, burro, panna e latte acido, assieme ai prodotti delle api, miele e pappa reale, sono alimenti naturali usati dall'uomo da tempi immemorabili.
Il latte della mamma, peraltro, è l'unico alimento che rende possibile la vita ai neonati, ricco di sali, proteine ed energie vitali, essenziali per la vita.
Ben presto l'uomo allevò animali per usarne la carne e il latte il che rese possibile anche i grandi spostamenti, il nomadismo e le migrazioni, venendo gran parte delle necessità superate con gli animali al seguito e con la conservazione del latte sotto forma di formaggi.

In Mesopotamia, nella terra tra il Tigri e l'Eufrate, si sono trovati i più antichi documenti - 3000 a.C. - attestanti l'attività di allevamenti di capre, pecore, mucche per la produzione di latte.
I formaggi, soprattutto di capra, erano considerati prodotti adombrati di sacralità tanto che tra i Sumeri la loro preparazione pare fosse curata da sacerdoti, quasi come un cibo degli dei, come appare da un bassorilievo trovato a Ur, città da cui la Bibbia in Genesi 11,36 dice che uscì il patriarca Abramo.



Bassorilievo a Ur - 3000 a.C.

Il latte di capra, pecora, asina o vacca poi era bevanda molto usata dagli Egizi che erano anche golosi di burro e formaggi come attestano reperti di giare a uso alimentare rinvenute ad Abido in Alto Egitto in tombe anche della I dinastia.
Al latte era attribuito anche un valore sacro di rigenerazione.
Scene d'allevamento di bovini e ovini, di mungiture e di convivi in cui è servito formaggio, peraltro, sono in vari affreschi nelle tombe e templi egizi.
Il latte era usato anche in rituali religiosi e come offerta agli dei.



Latte IRETET o IRECHET

Il "latte" dagli egizi era detto IRETET o IRECHET e nel suo geroglifico il segno determinativo era una brocca di latte da cui spunta una pianta, embrione di un giunco fiorito che rappresenta una potente vitale energia di crescita.
Due "brocche di latte", ossia due MEHER, col determinativo di una brocca trasportata su una piccola rete, costituiscono un tipo d'offerta agli dei che è spesso presente nelle scene murali dei templi.
In ebraico il latte è "cheloev" .

È ora il momento di utilizzando i criteri di decriptazione di "Parlano le lettere" e le immagini che evocano le lettere ebraiche inserite nelle schede che s'ottengono cliccando sui loro segni a destra delle pagine di questo mio Sito; è, infatti, da tenere presente che le lettere ebraiche con quei significati sono in grado di far conseguire letture come fossero dei rebus delle parole ebraiche e di fornire letture di secondo livello dei testi sacri.
Utilizzando suddetti criteri emergono questi pensieri sul latte "cheloev" :
  • descrive come si produce dalla mammella dell'animale, "stringendo guizza da dentro ";
  • come elemento naturale, "racchiude una potenza dentro ";
  • come elemento spirituale quando provenisse da Dio, "nasconde il Potente dentro " in quanto del Potente vi è "nascosto il pensiero o cuore".
Formaggio o cacio in ebraico poi è "gebinah" o e la relativa lettura con le lettere dice che è un prodotto da usare "nel cammino in quanto da dentro energia ne esce ", onde la trasformazione del latte in formaggio è un modo per portare con sé e conservare un prodotto, il latte, che altrimenti andrebbe a male, utile nel cammino e negli scambi.

In 10,10 si trova questa esclamazione di Giobbe stesso verso Dio: "Non m'hai colato forse come latte ("chele") e fatto accagliare come cacio ("gebinah")?"

Questo detto suggerisce il pensare antico che l'uomo è colato da Dio dal suo seno, come il latte "choelev" è , ossia da "una strizione dal Potente da dentro " da un suo "nascosto pensiero ", e la finalità è farne una caciotta "gebinah" che nasconde il desiderio verso di lui da parte del Signore quella che "cammini come Suo figlio nel mondo " e quando pronto poterlo introdurre nei cieli, "in alto () tra gli angeli entrare ".
Si trova nel linguaggio biblico anche il latte acido "choem’ah" , prodotto che dal latte per "il calore inizia a uscire ", ossia s'inacidisce.
Spesso lo stesso termine è usato per panna, come in Isaia 7,15.22 e Proverbi 30,33, e il suo rebus dice "pigiato o stretto 100 volte " ossia si ottiene da latte molto battuto.

La prima volta questo latte acido o panna si trova nell'episodio dell'incontro a Mambre del Signore sotto forma di tre personaggi misteriosi con Abramo.
Abramo li accoglie religiosamente come ospiti e l'offre loro, infatti: "Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: Presto, tre staia di fior di farina, impastala e fanne focacce. All'armento corse lui stesso, Abramo, prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Prese latte acido () e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse a loro." (Genesi 18,6-8)

In questo caso Abramo non rispetta una regola del mangiare "kasher" in quanto fa unire nello stesso pasto latticini e carne.
Questo divieto assunto nei principi "kasher" trova spunto dal precetto "Non farai cuocere un capretto nel latte di sua madre" che si trova Esodo 23,19; 34,27 e Deuteronomio 14,21.

Probabilmente questa regola che si trova nella Torah risale a un'idea egizia.
Trovo, infatti, che presso gli Egizi la carne era di solito lessata, ma pare che in alcuni papiri sia sconsigliato di lessare la carne di agnello nel proprio latte, forse perché quel latte è spesso ricco di virus non termosensibili che possono contaminare la carne.

Le prime tracce storiche sulla raccolta del miele sono state rinvenute nelle pitture rupestri dipinte 9-12.000 anni fa nel neolitico sulle pareti della Cueva de la Araña, vicino a Valencia (Spagna), ove è raffigurato un nido d'api e un cacciatore di miele.
Tavolette di argilla trovate in Mesopotamia del 2700 a.C. menzionano il miele come medicina.
L'ape fin da tempi antichissimi nell'antico Egitto era considerata un insetto solare, nato addirittura dalle lacrime del dio sole.
Uscendo dai suoi occhi percorrevano il cammino della luce e portavano i messaggi che venivano dal dio e quelli che gli inviavano gli uomini.
La cera prodotta era un materiale che impediva la decomposizione e gli Egizi ne impregnavano le bende delle mummie, tant'è che il termine mummia deriva dall'arabo "mum" o "moum" che, appunto, significa cera.
Il miele poi usato come dolcificante e antiossidante aveva un riconosciuto potere curativo, vero farmaco e "nettare e degli dei", così lo definivano i greci.
L'ape regina, ritenuta il loro re, era l'immagine della regalità e il faraone d'Egitto, adorato quale incarnazione del dio Horo, figlio di Osiride e di Iside, tra i tanti titoli che aveva come "nome del trono" o "praenomen" del vero e proprio nome era costituito da un giunco fiorito e un'ape, il "(i)nesut-bity", simboli, rispettivamente, dell'Alto e del Basso Egitto per dire "re di tutto l'Egitto".



(i)nesut-bity

Nelle tombe di faraoni spesso si sono trovati vasi colmi di cera e di miele.
Quando aprirono la tomba del Faraone Tutankàmon, trovarono delle anfore piene di miele preservatosi dopo oltre 3000 anni.
In Egitto i papiri di Ebers e di Smith, 1700 a.C., confermano uso di miele e cera d'api come medicina, usata per curare varie malattie compresa impotenza e sterilità e ustioni molto gravi con una amalgama di miele e latte coagulato applicata sulle lesioni con una benda di cotone.


Il miele, infine, è usato in vari cosmetici curativi della pelle.
Nell'antica Grecia Zeus fu chiamato anche Melisseo, perché da piccolo era stato nutrito dalle api di Creta, cui aveva poi donato il colore dell'oro.
Melissa fu la ninfa di quella mitologia che ebbe da Rea, madre di Zeus, il compito di nutrirlo con il miele, mentre la capra Amaltea lo allattava, quindi, latte e miele era il cibo con cui si formò Zeus prima di diventare il capo di tutti gli dei.



La ninfa Melissa

Ape in ebraico è "deborah" molto simile al termine "debar" usato anche per indicare la Parola divina, da DBR discorso, onde simboleggia eloquenza e intelligenza.
Come la parola "debar" è "di aiuto dentro la testa " o "s'insinua () in testa " l'ape "deborah" "aiuto dentro porta con il corpo nei campi (sottinteso impollinando)".
Miele depositato dalle api è chiamato "debosh" "aiuto che dentro accende - illumina - risorge ".

Al proposito è da ricordare l'episodio in cui Gionata "...intinse nel favo di miele, poi riportò la mano alla bocca e i suoi occhi si rischiararono." (1Samuele 27,14) ossia riebbe come nuova vita.
Il miele, quindi, fa nascere pensieri di risurrezione e di apporto d'illuminazione e di crescita in sapienza e conoscenza.

C'è, quindi, uno stretto collegamento tra parola, api e miele e se ci si riferisce alla Parola di Dio da questa escono come api che producono cera e miele.
Per i Cristiani la Parola di Dio è il Cristo e dal suo costato aperto con acqua e sangue ha partorito secondo i Padri la nuova Eva, la Chiesa.
Ecco che negli Exultet pasquali la Chiesa è spesso rappresentata come uno sciame d'api che esce dal costato di Cristo.

La cera è "donag" (Michea 1,4; Salmo 22,15 e 97,5) "aiuto reca con l'energia che scorre " e come pensiero teologico “l’essere impuro () per l’energia fugge " o anche "per l'aiuto recato l'angelo (ribelle) fugge ".
Candela è come lume o fiaccola, "ner" , elemento che emette "energia dal corpo - dalla testa ".

Dice Proverbi 20,27 "Lo spirito dell'uomo è una fiaccola (candela) del Signore che scruta tutti i segreti recessi del cuore" ove spirito qui è la "nishmat" che Dio soffiò ad Adamo in Genesi 2,7, l'anima speciale che non hanno le altre creature.

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