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ODIO E AMORE
di Alessandro Conti Puorger

ODI ET AMO
I tanti studenti delle scuole liceali di un tempo che hanno attinto nei propri studi giovanili anche alla letteratura e alla lingua latina certamente ricorderanno il poeta Gaio Valerio Catullo ("Gaius Valerius Catullus"), vissuto nel I secolo a.C. (Verona 84 a.C. - Roma 54 a.C.), morto assai giovane, nella cui opera postuma, il "Liber", formato da 116 "Carmi", al n° 85, costituito da un solo distico elegiaco, c'è l'epigramma più noto di tale autore.
Quel carme inizia con le parole "Odi et amo".
Con tale espressione il poeta sostiene di sentire in contemporanea dentro di sé due impulsi che riassume in quel "io odio e io amo".
Tale constatazione, pur se alla prima impressione pare costituire una curiosa provocazione, alla prova dei fatti ha in sé il merito di essere una verità vissuta con lucida percezione.
Quel carme 85, che in una discussione con amici di recente mi si è ripresentato; è tutto qui: Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior.

Tradotto in italiano, recita: Odio e amo. Per quale motivo io lo faccia, forse ti chiederai. Non lo capisco, ma sento che accade e mi trovo in croce.

Nel rivisitarlo sono rimasto colpito che nel parlare di odio e di amore Catullo usi quel verbo "excrucior" in cui all'idea dell'amore appare unita quella del supplizio della croce.
La croce fu il supplizio cui proprio per amore e odio un secolo dopo a Gerusalemme, su suggerimento di potenti ebrei che sobillarono il popolino, fu condannato da Pilato, pretore romano della Giudea, Gesù di Nazaret.
Quel Gesù che la subì per mano di soldati Romani fino a morirne è il Cristo, che per i cristiani, stante la prova della risurrezione, evento unico avvenuto nella storia dell'umanità con la Sua ascesa al cielo, è il Figlio di Dio, il Messia, che tornerà alla fine dei tempi, come peraltro atteso dall'ebraismo stesso.
Volle, infatti, subire quell'atroce supplizio e morì sulla croce per l'amore dell'umanità la quale invece per odio atavico che la permea, in definitiva, glielo inflisse assieme a numerose altre sofferenze fisiche e spirituali.
L'amore vince la morte e fu così che morì per colpa dell'odio ma risorse proprio per l'amore e da quel fatto pasquale è nato il cristianesimo che ha tanto inciso sulle sorti dell'umanità negli ultimi XX secoli.

Tornando a quel carme, in effetti, quelli dell'odio e dell'amore sono sentimenti forti che paiono essere in completa antitesi, eppure in taluni casi possono coesistere tanto da sembrare provenire da uno stesso ceppo.
Sì, invero, sono sentimenti contrastanti la cui contemporaneità sorprende l'autore di quel carme, come non voluta; infatti, non ne capisce il perché, ma è anche come impossibilitato a evitarli.
Questo contrasto mi fa andare con la mente a quanto dice San Paolo nella lettera ai Romani ove evidenzia come lui senta, "mutatis mutandi", qualcosa del genere quando parla del coesistere in sé di bene e male, per cui asserisce: "Io so, infatti, che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene: in me c'è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti, io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio" (Romani 7,18s)

Da tutto questo che ho per ora appena accennato, nasce la mia sensibilità e il mio interessamento a questa tematica dell'odio e dell'amore con riferimento alle vicende più generali della "storia della Salvezza" di Dio con l'uomo.

Ecco che nel presente articolo mi soffermo a presentare delle considerazioni, ovviamente appoggiandomi allo scrutare di quanto al riguardo suggeriscono i libri della Bibbia.
"L'amore e l'odio non sono ciechi, bensì abbagliati dal fuoco che essi stessi apportano", è un aforisma del filosofo nichilista del XIX secolo Friedrich Nietzsche che, nel sostenere in pratica l'irrazionalità di sentimenti del genere, sottolinea indirettamente l'ineluttabilità che questi sorgano negli uomini.
Del resto Catullo è solito evocare sentimenti ed emozioni profonde nel lettore.
Il poeta certamente parla però di qualche cosa d'altro rispetto alle forme d'odio assoluto più conosciute, come quelle, non razionalmente motivate, della repulsione ingiustificata e ingiustificabile quale ad esempio misoginia, misandria, omofobia, misantropia e di forme di razzismo e di radicalismi vari.
Vi sono, infatti, tanti tipi di odio, in quanto, convergono sotto tale definizione dei mix psicologici complessi, come negazione dell'altro, da classificare in un odio bollente, oppure moti di rabbia o paura, vale a dire un odio caldo o, infine, legato al disprezzo, ossia un odio freddo.

Nel coacervo dei sentimenti di empatia e antipatia che muovono gli uomini, l'odio e l'amore, quando superano la melassa dei sentimenti deboli e tendono a superare quei livelli di guardia considerati convenzionalmente razionali, tendono a estremi limiti, però pur se tra loro sembrano non conciliabili possono in taluni casi anche coesistere.
Si pensi quando amore e odio si confondano in un unico sentimento che può annebbiare la volontà come è ad esempio il caso della gelosia che, se esasperata, in alcuni casi può sfociare nel campo irrazionale e comportare anche fatti orrendi.
In rapporti più pacifici e contenuti una qual certa forma d'odio, pur se in misura dominabile, tende a spuntare e forse proprio di questo parlava Catullo.
Certamente nel suo carme Catullo si riferisce a quel sentimento complesso particolare che, appunto, chiama col termine generico di odio in contemporanea presente con l'attrazione tra due soggetti che sono strettamente legati da sentimenti di "amore" in cui ovviamente entrano passione e l'eros.

L'amore spontaneo tra due persone implicante il desiderio di rapporti che coinvolgono la sfera sessuale, infatti, certo non è aliena agli intenti descrittivi e al pensiero di Catullo.
Si tratta di quel rapportarsi che fa cercare l'intimità esclusiva, che pur se vissuto con semplicità, inevitabilmente comporta un mutuo servire l'altro, il cercare di non fare quanto possa dispiacergli, anzi di piacergli, che si esaurisce in rapporti fisici e romantici che soddisfano entrambi, ma non viene sfiorato ancora il concetto di amore disinteressato.
Se si va più a fondo, insomma, comunque trattasi in qualche modo di un vincolo alla propria libertà, che pure l'uomo e la donna finché possono sempre desiderano piena.
Nasce perciò un involontario contrasto che in ciascuno, a secondo delle proprie attitudini, provoca una sofferenza più o meno acuta, che chi n'è preso in condizioni normali cercherebbe d'evitare e come il fumo negli occhi non sopporterebbe.
In questa situazione, dalla letteratura spesso considerata quale uno stato di guerra tra i due amanti, come del resto rivela il proverbio, "in amore e in guerra tutto è lecito", uno dei due in genere è soccombente.
Si dice, infatti, che chi più ama più soffre.
Chi ritiene di amare di più, allora, sentendosi parte debole del rapporto, inevitabilmente e inconsapevolmente odia il vincolo di questa propria subita situazione da cui non riesce a liberarsi perché, ne è in qualche modo schiavo e, nello stesso tempo lo desidera.

L'uomo e la donna del mondo civilizzato, come accadeva allora, e oggi ancor di più, sotto l'influsso illuminista e della globalizzazione, spinti a cercare di liberare la menti da ignoranza e superstizione con l'apporto di ragione e scienza, in genere desidera ormai anche in forme esagerate l'affermazione di sé.
Questi, allora, solitamente in misura diversa mal sopportano vincoli che in qualche modo li limitano, ma che invece non possono che gioco forza subire e accettare quando in loro scocca l'infatuazione che poi evolve in quello che si dice "amore", sentimento umano di amplissimo significato tra passione e dedizione assoluta il cui ago oscilla tra il massimo dell'egoismo e dell'altruismo.

L'odio come l'amore rende vivo e acceso l'individuo con un sentimento opposto all'insensibilità, all'indifferenza e all'apatia nei rapporti umani.
Almeno sotto tale aspetto questa situazione, che definirei "magica", rende l'individuo vivace, reattivo e lo fa uscire dal piattume di sentimenti in cui generalmente vive.
In tale accezione odio e amore del resto sono moti dell'animo non del tutto razionali e coinvolgono aspetti dell'io non del tutto esplorati.
Sotto il profilo etico o anche di pura logica un sentimento complesso come quello descritto, che è il sentimento classico degli amanti di questo mondo in cui si mescola amore e odio, è un moto dell'animo in cui l'essenza dell'amore è unita in qualche modo al desiderio di avere e di possedere.
Nell'individuo l'odio, in effetti, è parente della paura di dover dare troppo, perché amare senza condizioni è difficile per l'uomo che non può farlo oltre un certo limite altrimenti il timore di perdere la propria riserva di vita, che sa limitata, avrebbe il sopravvento e lo paralizzerebbe e si desta un sentimento d'attenzione e di cautela, quello che poeticamente il Catullo registra come una forma d'odio in contrasto con l'amare assoluto.
Si deve perciò in definitiva convenire che quell'amore non è puro, ma è il minimo sindacale terreno con cui si definisce il sentimento tra due amanti che solo altri fatti che esulano dal campo materiale possono purificare dal "do ut des" - "io do affinché tu dia" - ed elevare da mero sentimento o forte empatia terrena a "amore" completo e incondizionato che desidera il bene per l'altra persona.

CUORE INQUINATO
A questo punto è necessario fare un passo avanti e comprendere che comunque nell'uomo si agitano questioni che lo superano come concetti assoluti, amore, giustizia e verità che l'attirano, fino a fargli pensare all'esistenza di un Essere Assoluto che ha voluto il vivere dell'uomo.
Questo Essere, definito come Dio, s'inserisce tra il nostro tendere al nulla e il nulla stesso e lo redime dal vuoto assoluto cui l'uomo tenderebbe per la propria insita natura che l'associa al mondo animale.

Quanto detto prima, pur se accennato in modo succinto, fa comprendere come nell'essere umano si agitano comunque principi tra loro in contrasto, sintomi di un avvenuto inquinamento.
Ci sono, infatti, in lui pulsioni incontenibili quali il desiderio di amare, a immagine e somiglianza del proprio Creatore, assieme all'egoismo causato dell'inganno atavico di dover avere per essere, frutto dell'essere caduto per inganno in un ferale equivoco.
Queste opposte o comunque discordanti pulsioni e tendenze manifestano in modo chiaro che la natura umana ha un grave limite che l'uomo vuole dimenticare, ma che invece è profondamente connaturato col proprio essere.

Tutte le questioni umane, peraltro, risentono di questo limite che, di fatto, è quello che è la realtà della morte fisica di cui in genere l'uomo non ha piacere di parlare, ma che purtroppo, lo voglia ricordare o no, fa da sfondo a tutto il suo agire e può presentarsi in ogni momento senza che vi sia assicurazioni di sorta che consentano di evitarla.
Gli uomini, purtroppo, sono tutti nella tragica situazione di vivere di libertà condizionate per il motivo che "un corpo corruttibile appesantisce l'anima e la tenda d'argilla grava la mente dai molti pensieri" (Sapienza 9,15).

La stragrande parte dei rapporti umani, ne consegue, che non sono spontanei, ma condizionati da tale stato di fatto.
La sorte inevitabile di ciascun vivente, la morte che è l'episodio finale della vita in questa terra, non è però detto lo sia per l'individuo tutto intero, che oltre a carne è anche spirito.
Esistendo Dio, il nostro uomo nuovo interiore spirituale che va crescendo nella nostra esistenza, ben conosciuto da Dio stesso è certamente in Lui conservato, lo dico come esempio utile a far capire.
Sarebbe alla stregua di un centro operativo che raccoglie tutti i "software" degli uomini e che può riattivare a proprio piacimento quando si rompe "hardware" che poi risusciterà in qualche modo perché viva nella sua interezza per sempre.
Il pensiero biblico, infatti, è che la situazione della morte fisica non è la parola definitiva sull'esistenza voluta per l'uomo da parte del padre e dalla madre dell'uomo stesso, cioè da parte di quell'Essere Assoluto, il Dio che l'ha creato.

Secondo la Bibbia pare doversi convenire che quello della morte è piuttosto uno stato momentaneo dell'esistenza ideato dal Creatore quale riparo per porre un limite alla trasgressione e alla negazione della vita senza di Lui.
La morte, insomma, è l'unica vera apertura per una vita eterna.
Questa vita, di fatto, come trapela dal "midrash" o parabola di studio e ricerca teologica che si evince dai Sacri Testi della Tenak e della Bibbia che ebraismo e cristianesimo considerano ispirati dal comune unico Dio, fu rifiutata della prima coppia umana di un uomo e di una donna da cui tutti discenderebbero, il famoso Adamo.
Quella 1a coppia, libera di scegliere, ma tentata dall'orgoglio, scelse d'agire come se Dio non esistesse e come se lei fosse proprio il Dio di se stessa.

Da parte di Dio Unico, che nonostante tutto, avendoli creati li amava, ideò uno strattagemma.
Il modo per evitar loro la non esistenza eterna fu di fissare una sorte provvisoria, la morte fisica, che fungesse da sicuro sbarramento al germe del peccare con la tentazione accettata inoculato nell'uomo dal biblico serpente di Genesi 3, di cui poi parleremo.
Tra l'Essere perfetto e l'uomo, infatti, per la scelta di allora dell'uomo s'è interposto un profondo abisso irreversibile per l'uomo stesso, valle che solo Dio può superare e colmare.
Ecco che un uomo per arrivare a Dio dovrebbe riempire quel vallo del peccato il che gli è impossibile e, allora, è necessario sia il perdono pieno del Signore, sia la distruzione totale del germe del male nell'uomo che soltanto la morte fisica è in grado di produrre.

Solo un morto, risorto dai morti, in cui è stato bruciato il germe del male o in cui il male non fosse mai esistito, potrebbe essere in grado di tornare a Dio.
Essendo tutti figli di Adamo, nati con la tara delle origini, un fatto del genere non sarebbe possibile, ma, secondo il credo cristiano ciò, come primizia, è avvenuto ad un figlio dell'uomo, ma anche "Figlio" di Dio a opera dello Spirito Santo, Gesù di Nazaret, che ha gettato un ponte su quell'abisso e ha aperto una strada per il ritorno a Lui attraverso la via inaugurata con la sua morte in croce per i peccati degli uomini e i suoi meriti accettati da Dio stesso con la prova della risurrezione avvenuta.

La risposta al Salmo 24,3s che si domanda: "Chi potrà salire il monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro...", ha così avuto risposta.

Solo, infatti, chi ha un cuore puro, ossia senza mescolanza con sostanze o essenze estranee, può avere accesso presso la perfezione.
Tale accesso non lo può avere certamente chi ha in sé, come impresso nel DNA il bene e il male, perché il male è il contrario di Dio.
San Gregorio Nazanzieno (329-390), dottore e padre della Chiesa, ci ha lasciato un prezioso discorso sul meraviglioso cambio di natura che Dio ha preparato per l'uomo:

"Il Verbo stesso di Dio, colui che è prima del tempo, l'invisibile, l'incomprensibile, colui che è al di fuori della materia, il Principio che ha origine dal Principio, la Luce che nasce dalla Luce, la fonte della vita e della immortalità, l'espressione dell'archetipo divino, il sigillo che non conosce mutamenti, l'immagine invariata e autentica di Dio, colui che è termine del Padre e sua Parola, viene in aiuto alla sua propria immagine e si fa uomo per amore dell'uomo. Assume un corpo per salvare il corpo e per amore della mia anima accetta di unirsi a un'anima dotata di umana intelligenza. Così purifica colui al quale si è fatto simile. Ecco perché è divenuto uomo in tutto come noi, tranne che nel peccato. Fu concepito dalla Vergine, già santificata dallo Spirito Santo nell'anima e nel corpo per l'onore del suo Figlio e la gloria della verginità. Dio, in un certo senso, assumendo l'umanità, la completò quando riunì nella sua persona due realtà distanti fra loro, cioè la natura umana e la natura divina. Questa conferì la divinità e quella la ricevette. Colui che dà ad altri la ricchezza si fa povero. Chiede in elemosina la mia natura umana perché io diventi ricco della sua natura divina. E colui che è la totalità, si spoglia di sé fino all'annullamento. Si priva, infatti, anche se per breve tempo, della sua gloria, perché io partecipi della sua pienezza. Oh sovrabbondante ricchezza della divina bontà! Ma che cosa significa per noi questo grande mistero? Ecco: io ho ricevuto l'immagine di Dio, ma non l'ho saputa conservare intatta. Allora egli assume la mia condizione umana per salvare me, fatto a sua immagine e per dare a me, mortale, la sua immortalità. Era certo conveniente che la natura umana fosse santificata mediante la natura umana assunta da Dio. Così egli con la sua forza vinse la potenza demoniaca, ci ridonò la libertà e ci ricondusse alla casa paterna per la mediazione del Figlio suo."

Il male, quindi, è presentato come angelo ribelle nei confronti di Dio, ma è da Lui dominato e sarà ineluttabilmente distrutto alla fine della storia della salvezza quando l'uomo avrà definitivamente e liberamente scelto Dio.

Dice il libro di Giobbe nei riguardi di Dio rispetto al male: "Poi gli ho fissato un limite e gli ho messo chiavistello e porte e ho detto: Fin qui giungerai e non oltre e qui s'infrangerà l'orgoglio delle tue onde". (Giobbe 38,10s)

La libertà, il dono irrinunciabile che fu a base della creazione dell'uomo, del resto implicava una scelta e, allora, l'energia negativa è quella che Dio non vuole impiegare, per questo le sta bene la denominazione di "ribelle".

L'energia del contrario di Dio - la non esistenza o addirittura il male - fu ed è ancora oggi una possibilità di scelta che Dio ha lasciato come possibile per ciascun uomo.
Dio, infatti, intende fargli esercitare il dono della libertà, in quanto, pur se creatura lo prepara con amore a evolvere di natura per ad adire ad essere come Lui stesso, in definitiva, alla santità secondo la Sua volontà: "Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo" (Levitico 19,2), ma vuole che l'uomo la scelga volontariamente.
Del resto se si parla di un'evoluzione - creazione si parte da un istinto per passare a una natura nuova, quindi, si parte da un peccato d'origine come costata Dio in:
  • Genesi 8,21 - "...l'istinto del cuore umano è incline al male fin dalla adolescenza".
  • 1Re 8,46 - "non c'è uomo che non pecchi";
  • Ecclesiaste 7,20 - "non c'è, infatti, alcun uomo giusto sulla terra, che faccia il bene e non pecchi".
L'AMORE NELLA BIBBIA
In ebraico, "amare" ha come radicale del verbo e "amore" è "ahavah", termini che commenterò più avanti con i significati deducibili dalla lettura delle loro lettere rabbino quadrate di quel alfabeto tutto di consonanti considerate anche icone con propri significati grafici.
Ciascuna lettera di tale alfabeto, infatti, è depositaria di un messaggio grafico e al riguardo si veda "Parlano le lettere" come pure le schede di quelle lettere cliccando sui loro segni a destra delle pagine di questo mio Sito.
Sono e comunque verbo e sostantivo che si riferiscono a vari tipi di sentimenti d'amore, quali quelli che si riscontrano nei rapporti tra genitore e figlio e viceversa, nell'amicizia tra due persone e infine nel mutuo trasporto tra due innamorati o sposi, implicanti tutti, comunque, l'apertura all'altro in vari modi, ma al massima intensità, se veritieri.

Altro vocabolo che si usa è "choesoed" i cui significati sono ampi, misericordia, lealtà, bontà, amore leale e fedeltà; in definitiva, qualcosa come un obbligo di patto d'amore.
In "choesoed" c'è la lettera "het" = che indica stretti tra loro come una corda a due o più capi, poi vi si trova una "samek" = che sta per pienezza e una lettera "dalet" = che sta per aiuto, quindi, l'idea complessiva è di due o più che sono "stretti , per un pieno aiuto ."
C'è anche l'idea di un patto esclusivo e segreto visto che = è anche "confidenza, segreto e intimità".
Nel radicale che ivi pure si scorge c'è anche l'idea di affidarsi, rifugiarsi, proteggersi.

Nella traduzione della Sacra Scrittura in greco dei Settanta, per indicare l'amore che intercorre nel rapporto tra Dio e l'uomo in genere è usata la parola "agape" in latino "caritas", talvolta anche "philia" mentre rare sono invece le ricorrenze a "eros", ma è evidente che il rapporto Dio-uomo è quello di una madre e di un padre col figlio, quando l'uomo vi corrisponde a pieno, ma anche, di due amici e di due amanti in quanto oltre che Dio creatore di tutti è anche Dio personale che ha rapporti speciali con la singola persona.

La Bibbia con l'Antico Testamento nell'ebraismo introduce l'uomo verso questo rapporto intimo che chiede una pratica personale di partecipazione suggerita proprio dall'amore che sgorgando dallo Spirito che circola in tali Sacre Scritture lo fa sorgere nell'uomo, e il cristianesimo grazie al Nuovo Testamento aggiunge il rapporto personale che nasce dal credere all'annuncio della venuta nella carne del Suo Spirito.
L'uomo, infatti, appena se ne rende conto con cuore sincero "Signore, tu mi scruti e mi conosci" (Salmo 139,1), sentitosi investito, cerca di interloquire e comincia ad instaurarsi un rapporto unico, quindi, speciale.

L'ODIO NELLA BIBBIA
I messaggi fondamentali dei Sacri Testi ebraico-cristiani della Tenak e della Bibbia sono convergenti sull'amore e su amare come legame essenziale che Dio offre all'uomo, e che a questi chiede una risposta, infatti:
  • "Dio è amore" (1Giovanni 4,16);
  • i comandamenti a base di tutta la Legge o "Torah", come del resto rispose Gesù agli scribi, sono riassumibili a due, ma strettamente connessi con l'amore.
"Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questi." (Marco 12,29-31)

Ciò nonostante si trova il seguente oracolo del Signore a Israele nel libro del profeta Malachia: "Vi ho amati, dice il Signore. E voi dite: Come ci hai amati? Non era forse Esaù fratello di Giacobbe? Oracolo del Signore. Eppure ho amato Giacobbe e ho odiato Esaù. Ho fatto dei suoi monti un deserto e ho dato la sua eredità agli sciacalli del deserto." (Malachia 1,1-3)

In questo versetto "ho odiato" è scritto "sane'ti" dal radicale SN'a usato per il verbo che, appunto, in italiano generalmente viene è tradotto con "odiare".
È comunque quello il radicale di un verbo pieno di sfumature con significati che vanno dall'odiare con un'intensa ostilità al detestare con malanimo e rancore e con attesa di vendetta, all'opporsi, o anche solo per evidenziare alcune intenzioni di fastidio che portano a evitare un soggetto, o all'impulso di manifestare un senso di ripugnanza, fino al non corrispondere e simili.
Quando tale verbo, però, si trova in un paragone, ossia a descrivere un sentimento più forte rispetto a un altro più debole il che, in definitiva, comporta una scelta o preferenza per una delle due persone o argomenti in contrapposizione, quel verbo in genere è tradotto con un "non preferire".

Ecco che in quel caso specifico Malachia in 1,1-3 intende dire che Dio non ha preferito Esaù, quindi l'ha odiato, ma ha amato Giacobbe, quindi l'ha scelto tra i due, certo per i comportamenti di quest'ultimo che non erano tali da poterlo eleggere a capostipite del suo popolo, perché evidentemente Esaù non temeva Dio e non praticava la giustizia.
Del resto San Pietro negli Atti degli Apostoli 10,34s ebbe proprio a dire: "In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto".
(Vedi: "Vino nella Bibbia: causa d'incesti e segno del Messia")

Ecco cosa dicono le tradizioni ebraiche su Esaù:
"Esaù, era figlio d'Isacco e di Rebecca e gemello più anziano di Giacobbe. I due fratelli erano completamente diversi nel carattere, e l'aggressività d'Esaù nei confronti di Giacobbe si manifestò perfino mentre erano insieme nel grembo della madre. Esaù era un idolatra fin da embrione lottava per uscire dal grembo di sua madre ogni volta che lei passava vicino a un luogo in cui si adoravano gli idoli; egli divenne un cacciatore esperto grazie al fatto di aver sottratto un mantello magico già appartenuto ad Adamo. Il giorno in cui vendette il suo diritto di primogenitura al fratello Giacobbe, era appena tornato a casa dopo aver commesso un omicidio, uno stupro e un adulterio. Si burlava nella fede in Dio e della Risurrezione diceva di non sapere che farsene del ruolo sacerdotale che come figlio primogenito doveva svolgere all'interno della famiglia... Esaù divenne il simbolo prima del crudele Impero Romano e poi del mondo cristiano del Medioevo con i sui atteggiamenti ostili nei confronti dei discendenti di Giacobbe. Tra i mistici si crede che Esaù rappresenti l'aspetto del male nel mondo degli uomini, che sarà infine distrutto al tempo del Messia. Isacco dopo aver subito l'esperienza traumatica dell'Akedah (di quando doveva essere sacrificato dal padre), non ebbe più una vita normale, anche se a quel tempo aveva 37 anni. La sua vista era debole, perché mentre era legato, aveva guardato fisso il cielo e aveva visto Dio. I suoi occhi erano stati colpiti dalle lacrime degli angeli, che erano cadute su di lui mentre essi piangevano ed egli aspettava di essere ucciso. La semplicità d'Isacco spiega la sua preferenza per Esaù, che era davvero un figlio malvagio. Per Esaù fu facile suscitare una buona impressione in Isacco, che era ormai quasi cieco. Anche Giacobbe riuscì a ingannare suo padre facendosi dare la benedizione che aveva riservato al figlio maggiore." (A.Unterman)

C'è poi il seguente versetto in Genesi 29,31 che spiega quel radicale nei paragoni, ove può valere anche per dire "trascurare": "Ora il Signore, vedendo che Lia veniva trascurata ("senu'ah" ), la rese feconda, mentre Rachele rimaneva sterile." (Genesi 29,31)

Non è un mistero (Genesi 29) che Giacobbe preferiva Rachele e che invece il suocero Labano con inganno dopo 7 anni di servizio per prima gli dette in moglie Lia, la figlia più anziana che Giacobbe si trovò nel letto la mattina dopo la prima notte di nozze e poi con la promessa di stare altri 7 anni a servizio del di lei padre ebbe l'amata Rachele.

La prima volta che si trova "odiare" nella Bibbia è nel libro della Genesi al capitolo 26,27 quando, prima di fare alleanza con "Abimelek", ai suoi inviati, Isacco disse: "Perché siete venuti da me, mentre voi mi odiate e mi avete scacciato da voi?"

In prospettiva con la storia di salvezza che Dio porta avanti con l'uomo quel fatto capitato a Isacco insegna che l'odio non esclude la possibilità di fare alleanza, quando, addirittura chi la propone fosse addirittura Dio in cui non c'è un atto di chiusura del cuore, che non può odiare la propria creatura, ma piuttosto è solo una non approvazione o non accettazione di un comportamento.
Del resto il fatto che faccia alleanza con l'uomo dimostra che l'odio non è per il peccatore, ma per il peccato, anzi per lo spirito negativo provocato dal male che è in lui e che Dio in tal caso veramente "odia".
Si trova, infatti, nei libri deuterocanonici in:
  • Giuditta 5,17 - "In realtà fin quando non peccavano contro il loro Dio erano nella prosperità, perché il Dio che è con loro odia il male."
  • Ester 8,12d - "...si lusingano di sfuggire a Dio, che tutto vede, e alla sua giustizia che odia il male."
Sembra una tautologia, Egli ama com'è e non il proprio contrario, che non vuole essere e che ha pensato solo perché esista come possibilità di una libera scelta per la crescita dell'uomo.

Com'è mio solito, mi sono interrogato su quale potrebbe essere la scena del rebus da leggere costituito dalle tre "vignette" del radicale "SN'a" di quelle tre lettere dell'alfabeto ebraico?
Ciascuna lettera di tale alfabeto, infatti, è depositaria di un messaggio grafico.

Le due lettera "Sin" e "Shin" che hanno lo stesso segno base sono relative al "fuoco" a una "luce", la "Nun" è una "energia" positiva o negativa e, infine, la lettera "'Alef" riguarda "l'origine, l'originare, l'iniziare e il numero 1".

La risposta per il rebus SN'a , allora, è provare "accesa energia per uno " o "fuoco emettere per uno ", anche come una semplice irritazione temporanea o un essere infastidito quale lo "scaldarsi con energia per uno " che mi paiono tutte risposte utili a chiarire.

Tanto per avere una panoramica sui temi che possono provocare "odio" e per far comprendere che in ebraico è termine molto ampio che passa dal semplice fastidio all'opposizione totale, riporto alcuni versetti del libro dei Proverbi:
  • Proverbi 1,22 - "Fino a quando, o inesperti, amerete l'inesperienza e gli spavaldi si compiaceranno delle loro spavalderie e gli stolti avranno in odio la scienza?"
  • Proverbi 10,12 - "L'odio suscita litigi, l'amore ricopre ogni colpa."
  • Proverbi 11,18 - "Dissimulano l'odio le labbra bugiarde, chi diffonde calunnie è uno stolto."
  • Proverbi 14,17 - "Chi è pronto all'ira commette sciocchezze, il malintenzionato si rende odioso."
  • Proverbi 14,20 - "Il povero è odioso anche a chi gli è pari, ma numerosi sono gli amici del ricco."
  • Proverbi 14,17 - "È meglio un piatto di verdura con l'amore che un bue grasso con l'odio."
  • Proverbi 25,17 - "Metti di rado il piede in casa del tuo vicino, perché, stanco di te, non ti prenda in odio", cioè il fastidio è un inizio di odio.
Quelle lettere poi possono avere anche una lettura con accezione positiva quale "una luce inviare per iniziare o ricominciare ".
In tal caso odio SN'a è desiderio di illuminare chi sta nelle tenebre.
Ci sta anche, "ardere per la bella ()", attribuibile al Signore innamorato dell'uomo che va a ricercarlo geloso del rapporto che questi ha con il male.

Del resto, il Signore spesso appare ed è definito in tante occasioni nella Bibbia come fuoco divorante o divoratore quindi, "un fuoco energico origina ", ma come si costata nell'episodio di Esodo 3 del roveto ardente questo fuoco non consuma cose materiali come il roveto stesso, quindi è un "odio - amore" e serve per illuminare le tenebre, quindi si oppone e di conseguenza è nemico di chi le volesse produrre, vale a dire l'angelo ribelle della tradizione, che è apportatore di tenebre; infatti, San Paolo in Efesini 6,12 parla di "mondo di tenebra " quello che è invaso dall'angelo del male di cui parleremo.
Per contro nella lettera ai Colossesi lo stesso San Paolo scrive: "...ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore, per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati." (Colossesi 1,12-14)

Questo moto interiore può poi avere valenze gravi o meno fino a esternarsi con azioni energiche e più rilevanti.
Lo stesso radicale con la lettera "shin" anziché "sin" o sta per dormire e sonno, che porta a rinnovarsi, ma anche per il verbo "cambiare, alterarsi, mutarsi, essere differente, rinnovare, ripetere" ed ecco che "alterarsi () per uno " o nei paragoni "essere differente () per uno ", sottinteso dei due.

Il verbo SN'a nel testo della Tenak o Bibbia ebraiche nelle sue molteplici forme verbali si trova 163 volte di cui 37 nei cinque libri della Torah.
Nella Bibbia cristiana, per contro, cercando tutte le parole che comprendono "odio...", "odia..." e "odie..." si trova che vengono tradotti dalla C.E.I. edizione 1975 con il verbo italiano di odiare termini ebraici, aramaici e greci con una frequenza complessiva di 183 volte, di cui 35 nel Nuovo Testamento.

Accade che "sone'" ad esempio in Esodo 1,10 e Isaia 66,5 diviene sinonimo del termine "'oib" "nemico, rivale, avversario e antagonista", opposto a "'oheb" amato o anche di antipatico, che è in inimicizia, che è nemico.
Ecco che "sin'ah" è quindi "odio, rancore, avversione, antipatia". Infine, "seni'eh" è la sposa disdegnata, quella relegata al secondo posto, come in Deuteronomio 21,25; tenuto conto che con la lettera "shin" vale "secondo", quel termine si legge anche "la seconda da (sottinteso essere) prima uscita ".
Tra l'altro quel interno a quell'ultima parola porta anche a qualche tempo e modo derivante dalla coniugazione del radicale che riguarda il "ricusare" e il "disapprovare", inteso come "energia portare (contro) uno ".

COME NACQUE L'ODIO
Mi sono detto, ci sarà pure stato un primo momento in cui nacque l'odio sulla terra, di conseguenza, e rimanendo nel campo biblico la risposta è che certamente si può trovare nel libro della Genesi che parla delle origini.
Il rinvenimento di quanto cercato è facilitato dal fatto che, come s'è visto, per la lingua ebraica, quando c'è una possibilità implicante una scelta, ciò che si scarta o viene messo in secondo piano è considerato odiato.
Occorre vedere, allora, quando ci fu la prima scelta e chi la fece.

È evidente allora che, per prima tra tutti gli uomini, la coppia Adamo si trovò a fare scelte e la prima, fondamentale, è raccontata in Genesi 3 nel "midrash" della cacciata dal Gan Eden o Paradiso Terrestre.
In tale occasione quei progenitori, invece di scegliere quanto aveva indicato il Signore Dio, di fatto, scelsero quanto il serpente tentatore aveva loro suggerito, assorbendo in tal modo il veleno che gli propinava, quello che li fece cadere nell'inganno di pensare che Dio non li amasse.
Preferirono il biblico serpente al Signore Dio e di compiere un atto di formale diniego nei riguardi della sua "paterna" autorità.

In tal modo, di fatto, "odiarono" il Signore Dio che peraltro era loro padre e loro madre, e non Gli dettero il giusto onore e peso, ossia la debita "gloria", infatti, poi il comandamento "Onora tuo padre e tua madre... " in Esodo 20,12 chiarisce visto che per quell'onora usa il radicale KBD che equivale a ordinare di dare il giusto peso KBD (lettere che definiscono il fegato - organo pesante).

Questa scelta ebbe le sue conseguenze.
L'odio entrato nell'intimo della coppia fece marcire l'originaria rettitudine soffiata da Dio (Genesi 2,7), apparve con le prime accuse che si rivolsero tra loro e si riverberò potente sulla progenie, spuntò nel primo figlio Caino che decise nel proprio cuore malato che Dio gli "preferiva" Abele il suo gemello, concluse d'essere odiato da Dio ed eliminò il fratello che secondo lui Dio amava di più, provocando il primo omicidio che fu anche fratricidio come del resto sono tutti gli omicidi se si considera di provenire tutti dallo stesso ceppo.
Dio, per contro, aveva scelto di crearli e li aveva amati con un trattamento unico rispetto alle altre creature e aveva dato loro la vita addirittura col dono della libertà anche di poterlo rifiutare.
Il frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male, invece, era divenuto essenza nell'uomo e solo la morte fisica ormai l'avrebbe potuto estirpare.

Il fatto di un serpente oppositore che intralcia la via dell'uomo fece supporre negli antichi il pensiero di una ribellione di parte degli angeli prima della creazione del mondo.
In un certo senso, non sono creature completamente libere, ma Sue manifestazioni, emissioni ed ambasciatori e siccome Dio tutto può, esiste anche in Lui di immaginare l'opposto di se stesso che però non vuole che esista in eterno, ma che per un momento, ossia nel tempo che è nulla rispetto all'eternità, ha lasciato come possibile scelta all'uomo per garantirgli anche la libertà di rifiutarlo.

È quello del male, comunque, un mistero, il "Mysterium iniquitatis" o mistero dell'iniquità di cui parla San Paolo in 2Tessalonicesi 2.7, scritta appena 20 anni dopo la morte e risurrezione di Cristo, mistero che comporta l'incarnazione del male nell'Anticristo, che è in definitiva l'ultima emanazione del serpente antico. Nel libro apocrifo di origine giudaica detto di Enok (I secolo a.C.), peraltro si trova, che la scelta di Dio di creare l'uomo, essere libero, fu considerata un'offesa da una parte di angeli che si sentirono non preferiti da Dio ed, ecco, la 1° ribellione, onde diventarono i demoni.
È da pensare, per contro, che Dio invece volesse proprio rintuzzare l'orgoglio manifestato da quella parte angelica che pretendevano una propria autonomia, mentre era stata creata solo per eseguire i Suoi ordini in vista della creazione; vale a dire angeli come personificazioni spirituali, emissari del potere divino.

Di tutto ciò di certo nella Bibbia canonica c'è solo che per iniziare la propria opera di creazione di tutto ciò che esiste le prime parole di Dio furono: "Sia la luce! E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno." (Genesi 1,3-5)

La prima parola che disse - "luce" - traduce il termine ebraico di "'or" , questa era buona "tob" e fu separata dalle "tenebre", "choshoek".

Commento con i significati grafici delle lettere quelle parole.
Luce "'or" suggerisce "l'Unico porterà dei corpi ", ma anche "desidero () un corpo " come se l'Unico annunciasse l'intenzione di una futura incarnazione: "l'Unico si porterà in un corpo " e questo è buono "tob" , in quanto, "l'amore porterà dentro " a ciò che creerà.

Questa "luce" è messa in contrapposizione alle tenebre che sono ciò che si oppone e contermina la luce, come questa per "choshoek" fosse "nascosta la luce in un vaso " e non messa sopra a un lucerniere come dirà Gesù in Matteo 5,11.
Il giorno "iom" , effetto della luce, è rivelazione che Dio "sarà a portarsi in un vivente ", mentre la notte "lailah" è l'effetto delle tenebre, tanto che "lilit" nell'immaginario ebraico è la moglie di Sammaele, il signore delle forze del male.
Questa notte "lailah" rappresenta "una potenza che fu dal Potente a uscire ", ossia secondo il pensiero della caduta degli angeli ribelli, fu una potenza che si ribellò o forse emessa come possibilità di scelta dell'uomo.

Si scoprirà poi al capitolo Genesi 3 chi è il personaggio che causerà la perdita della luce per la prima coppia, il serpente "nachash" le cui lettere suggeriscono che è "l'angelo che nasconde la luce "; da qui l'idea di una rivolta angelica a monte della creazione.

L'effetto di scegliere la "verità" offerta da quest'angelo corrisponde ad aver scelto le tenebre e quella, purtroppo, fu la scelta dei progenitori dell'umanità.
Dice di questi il Vangelo di Giovanni: "Egli è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna." (Giovanni 8,44)

Con ciò però non si cade nel manicheismo in quanto i due soggetti luce/bene e male - tenebre non sono coevi e indipendenti, pur se contrapposti.
L'odio tra loro in definitiva non viene da Dio, ma dal Suo opposto, ideato dopo, con scopo di consentire una libera scelta, non eterno, ma temporaneo.
Dalla terra, invece, si alza odio verso la luce di Dio da parte dell'uomo.

Ne consegue ciò che dice il profeta Isaia agli inizi del suo libro: "Udite, cieli; ascolta, terra, perché il Signore dice: Ho allevato e fatto crescere figli, ma essi si sono ribellati contro di me... Guai, gente peccatrice, popolo carico d'iniquità! Razza di scellerati, figli corrotti! Hanno abbandonato il Signore..." (Isaia 1,2-4)

Nel proprio immenso amore il Signore l'odiare il peccato nell'uomo, ha pensato di risolverlo con una nuova occasione all'uomo, vale a dire gli propone di "rinnovare () l'origine " e propone all'uomo di ricominciare da capo.

Viste le sofferenze in cui questi si è cacciato con la propria scelta, Dio è disposto a cancellare il passato e offre una nuova ripartenza e reca il proprio odio sulla terra come fuoco per bruciare il male che incatena l'uomo e nel contempo come luce per lui.
Per tale motivo Dio si manifestò a Mosè con un fuoco, con una luce nel roveto che non si consuma, poi al passaggio del Mar Rosso, fu come colonna di fuoco che squarciò le tenebre della notte e infine con lettere di fuoco col proprio dito scrisse le Tavole.

Nel Talmud di Gerusalemme - Šeqalim VI, 1, 49d, infatti, si legge che "Rabbi Pinhas, in nome di rabbi Šim'on ben Laqiš disse: La Torah che il Signore diede a Mosè fu data a lui [come] fuoco bianco inciso con fuoco nero. Essa è fuoco, composta di fuoco, spaccata dal fuoco, data dal fuoco, dalla sua destra, una legge di fuoco per loro."

Dirà il profeta Malachia 3,2s: "Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare" e poi il Battista in Matteo 3,11 annunciando il Messia dirà "egli vi battezzerà in Spirito santo e fuoco."

Questo fuoco è "odio" "sin'ah" che "brucerà l'angelo delle origini nel mondo " e sarà lisciva lavare i peccati negli uomini che saranno battezzati da Lui col risultato che chi vive nelle tenebre resterà illuminato.
Quella "lisciva" poi è "borit" le cui lettere senza vocali sono le stesse di alleanza "berit" , onde ricordano proprio il patto al Sinai di Dio con l'uomo contro il comune avversario, il male, e per questa alleanza Dio interverrà con la salvezza di Gesù Cristo che laverà col proprio sangue i peccati degli uomini.

Le parole odiare, odio e simili nell'Antico Testamento le troviamo ad esempio in:
  • Numeri 10,35s - ove si prende atto che Dio cammina col suo popolo in mezzo a nemici, "Quando l'arca partiva, Mosè diceva: Sorgi, Signore, e siano dispersi i tuoi nemici e fuggano davanti a te coloro che ti odiano. Quando sostava, diceva: Torna, Signore, alle miriadi di migliaia d'Israele", ove i nemici sono preda della notte e dell'ignoranza su Lui, il Dio Unico creatore del tutto.
  • Deuteronomio 7,15 - "Il Signore allontanerà da te ogni infermità e non manderà su di te alcuna di quelle funeste malattie d'Egitto, che ben conoscesti, ma le manderà a quanti ti odiano", ove "malattia", in ebraico è "chali" e nell'immaginario biblico è attribuita all'effetto della caduta dei progenitori che "imprigionati dal serpente furono ".
Nei Salmi poi si legge:
  • Salmo 21,9 - "La tua mano raggiungerà tutti i nemici, la tua destra raggiungerà quelli che ti odiano."
  • Salmo 129,5 - "Si vergognino e volgano le spalle tutti quelli che odiano Sion."
  • Salmo 139,21 - "Quanto odio, Signore, quelli che ti odiano! Quanto detesto quelli che si oppongono a te!"
DIO ODIA O NO?
Gesù è Re, lo testimoniò a Pilato: "Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù. Allora Pilato gli disse: Dunque tu sei re? Rispose Gesù: Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce." (Giovanni 18,36s)

Che Dio è re, peraltro, è pensiero diffusissimo nella Bibbia, come si evince dalle numerosi espressioni del tipo: "mio Re e mio Dio" o "il Signore è Re in eterno" o "Chi è questo Re della gloria? Il Signore degli eserciti è il re della gloria."

Ho provato a verificare quante volte Dio v'è definito re o come tale è ricordato. Segnalo i seguenti casi nei vari libri, ma non credo che l'elenco sia esaustivo:
  • dell'Antico Testamento: Salmi 5,2; 10,16; 24,7-10; 29,10; 44,4; 47,2; 47,6s; 74,12; 95,13; 98,6; 145,1; Isaia 6,5; 33,22; 41,21; 43,13; 44,6; Geremia 8,19; 10,7-10; 46,18; Sofonia 3,15; Zaccaria14,9; 14,16; Malachia 1,14;
  • del Nuovo Testamento: Matteo 27,1; Marco 15,32; Luca 19,38; Giovanni 1,49; 12,13; 18,37; Romani 9,18; 1Corinzi 29:11; 1Timoteo 1,17; 6,15; Apocalisse 15,3; 17,4; 19,16.
San Paolo, ebreo, fariseo, discepolo della scuola del grande rabbino Gamaliele, profondo conoscitore delle Sacre Scritture e delle tradizioni ebraiche nella lettera agli Efesini 6,10-18 presenta Dio come un guerriero:

"...rafforzatevi nel Signore e nel vigore della sua potenza. Indossate l'armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete dunque l'armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno cattivo e restare saldi dopo aver superato tutte le prove. State saldi, dunque: attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della giustizia; i piedi, calzati e pronti a propagare il vangelo della pace. Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutte le frecce infuocate del Maligno; prendete anche l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio."

Come Re dei cieli venuto in terra porta avanti un combattimento spirituale che manifesta la "preferenza" per il bene "contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti".

Per tornare, quindi, all'ebraico, Dio ha una "sin'ah" una "avversione" che in termini terreni con le lettere ebraiche è interpretabile come un "odio" verso il male, ma è da ricordare che secondo la tradizione ebraica le lettere ebraiche se usate da Dio hanno anche il potere di creare.
Gli antichi ebrei, certamente, per generazioni hanno meditato sul proprio alfabeto affascinati dal potere di quelle 22 lettere che combinate assieme sono in grado di produrre concetti che quando alle origini furono espressi per la prima volta da Dio con una specifica volontà portarono a creare tutto ciò che esiste, come viene segnalato al capitolo 1 del libro della Genesi quando "Dio disse: Sia la luce! E la luce fu." (Genesi 1,3)

La tradizione ebraica ritiene che proprio quelle 22 lettere che esprimono la lingua sacra della loro liturgia fossero:
  • scritte su trono dell'Altissimo, e al riguardo si veda "Alfabeto ebraico, trono di zaffiro del Messia";
  • quelle che Dio stesso scrisse col suo dito sulle Tavole al Sinai e che erano in grado di traslitterare le esatte frasi della lingua che Dio parlava con Adamo;
  • pur se variate come forma nel corso dei secoli, in loro mantenute le tracce dei significati grafici che le lettera originarie intendevano trasmettere;
  • se pronunciate da Dio l'embrione di quello che intendeva creare.
Ecco come si presenta l'attuale alfabeto con i caratteri liturgici detti del rabbino quadrato o "ketàb merubà":


Ora, le 4 lettere che ho evidenziato in rosso, al centro di quell'alfabeto sono:

Se lette da destra verso sinistra denunciano la propria appartenenza in quanto dicono di sé che tutte quelle 22 lettere sono proprio del "mio RE " in quanto "malek" ( = ) in ebraico significa proprio "RE".
Quelle lettere formano la struttura intima dello scritto nel rotolo della "Torah" ove circola il Suo Santo Spirito e da cui escono tutte le possibili idee sulla Sua rivelazione e la Sua alleanza.
Del resto quelle lettere hanno il grande potere di accendere le menti e far nascere "midrash", genere letterario e di ricerca biblica, diffuso nell'ebraismo e nato proprio per ispirazione da quei sacri testi e per scrutarli e farli parlare in modo del tutto particolare.
A questo punto provo a indirizzare col pensiero come soggetto verso Dio e a leggere quelle lettere di e di "sin'ah" , provando a farle parlare con il loro significato grafico onde si hanno concetti di cui alcuni già espressi.
Il Suo "odio" o la Sua "avversione" "sin'ah" , allora, sono:
  • "un fuoco che invierà l'Unico "
  • questo fuoco "risorgerà con la propria energia un primo - l'Unigenito ";
  • intende "rinnovare () l'origine " che fu inquinata nell'uomo.
  • brucerà l'angelo (ribelle) che all'origine da Lui uscì ."
COSA DIO AVVERSA?
Nella Bibbia, proprio nei primi versetti nel libro del VII secolo a.C. del profeta Naum, "il consolato dal Signore" si legge: "Oracolo su Ninive. Libro della visione di Naum da Elcos. Un Dio geloso e vendicatore è il Signore, pieno di sdegno. Il Signore si vendica degli avversari e serba rancore verso i nemici. Il Signore è lento all'ira, ma grande in potenza e nulla lascia impunito."

Questa descrizione del Signore di un antropomorfismo spinto e molto colorito scandalizza i buonisti per quel: "geloso e vendicatore... pieno di sdegno... si vendica... serba rancore... nulla lascia impunito..." eppure questo linguaggio serve al testo criptato per nascondere una buona notizia.

Del resto, il nome Naum , letto in modo "enigmistico", tipo rebus con l'uso delle lettere, porta a "un angelo che annuncia () ai viventi ".
Naum annuncia qualcuno che "a guidare () si porta i viventi ", in pratica un nuovo Noè che offrirà ai viventi una legno di salvezza.
La prima parola con cui inizia il libro di Naum che è tradotta con "oracolo" non è il solito biblico "ne'um", ma "massha'" che ha valore di sentenza e di profezia minacciosa, di peso e di carico, ma anche di "elevazione, innalzamento del fuoco", ad esempio il "il divampare" usato in Isaia 30,27:

"Ecco il nome del Signore venire da lontano; ardente è la sua ira e gravoso il suo divampare; le sue labbra traboccano sdegno, la sua lingua è come fuoco divorante" e le tre lettere di danno a pensare al "salvare () da parte di un ", ossia del numero 1, dell'Unico.

In "Il protovangelo di Nahum - saremo consolati dal Messia" ho tra l'altro riportati decriptati col mio metodo quei tre versetti di Nahum che sono l'inizio del racconto dell'epopea del Messia, quindi, al di la delle parole dure del messaggio palese, di fatto ne viene un messaggio d'amore e di misericordia per l'uomo, infatti, dicono:

Nahum 1,1 - Per i viventi sorge dell'Unico il Figlio. Si reca al mondo in pienezza il Verbo. In un corpo racchiude lo splendore. Un angelo inviò per l'annuncio alla Madre. Al mondo Dio verserà` un dono.

Nahum 1,2 - Il primo serpente abbatterà, per ricusarlo porta l'energia. Versa in un vivente a esistergli la calamità. Da pura Madre il Signore si portò dentro dall'alto. A chiudersi nella matrice entrò. L'energia versò alla Madre, fu a uscire, si porto al mondo. Dal serpente alle angustie fu a recarsi e l'energia reca nel cuore in corpo. Lui, dal potente nemico è a recarsi.

Nahum 1,3 - Il Signore entrò di un primogenito nel corpo. La rettitudine dell'Unico il Verbo fu in un vivente. A recare in cammino dall'impuro serpente il vigore reca con l'energia per abbattere al mondo il serpente. Per annullarlo si versa al mondo. La forza fuori porta in campo da casa, in pienezza, reca il Verbo al mondo dentro il fuoco per il nemico, che uscirà dalle generazioni, arso. Si portò in azione dall'angelo (ribelle) da inviato. Il Padre versandosi nel corpo a rivelare fu a portarsi.

La prima volta che Dio nella Bibbia pare manifestare odio per qualcuno o qualcosa è nel libro del Deuteronomio, il V del Pentateuco o Torah:
  • Deuteronomio 12,31 - "Non ti comporterai in tal modo riguardo al Signore, tuo Dio; perché esse facevano per i loro dei ciò che è abominevole per il Signore e ciò che egli detesta (): bruciavano nel fuoco perfino i loro figli e le loro figlie in onore dei loro dei", Dio non ama il male, quindi, non vuole l'omicidio, addirittura compiuto da genitori nei riguardi dei propri figli; fermò, infatti, Abramo pronto a uccidere Isacco.
  • Deuteronomio 16,21-22 - "Non pianterai alcun palo sacro, di qualunque specie di legno, accanto all'altare del Signore, tuo Dio, che tu hai costruito. Non erigerai nessuna stele che il Signore tu Dio ha in odio ()" ed è evidente che non vuole l'idolatria.
Riporto poi tre versetti di Salmi in cui si trova il verbo odiare, sostituibile con un "non preferire" essendo in ambiti in cui c'è confronto tra due posizioni, oppure è in opposizione al male.
  • Salmo 5,5-7 - "Tu non sei un Dio che gode del male, non è tuo ospite il malvagio; gli stolti non resistono al tuo sguardo. Tu hai in odio tutti i malfattori, tu distruggi chi dice menzogne. Sanguinari e ingannatori, il Signore li detesta."
  • Salmo 11,5 - "Il Signore scruta giusti e malvagi, egli odia chi ama la violenza."
  • Salmo 97,10 - "Odiate il male, voi che amate il Signore: egli custodisce la vita dei suoi fedeli, li libererà dalle mani dei malvagi."
A chiusura del paragrafo porto all'attenzione il seguente interessante brano tratto dal libro dei Proverbi 6,16-19: "L'Eterno odia queste sei cose, anzi sette sono per lui un abominio: gli occhi alteri, la lingua bugiarda, le mani che versano sangue innocente, il cuore che escogita progetti malvagi, i piedi che sono veloci nel correre al male, il falso testimone che proferisce menzogne e chi semina discordie tra fratelli."

Esaminiamo come li propone il testo in ebraico:

Proverbi 6,16 - L'Eterno odia queste sei cose anzi sette sono per lui un abominio

Proverbi 6,17 - gli occhi alteri la lingua bugiarda le mani che versano sangue innocente

Proverbi 6,18 - il cuore che escogita progetti malvagi i piedi che sono veloci nel correre al male nel correre al male

Proverbi 6,19 - il falso testimone che proferisce menzogne e chi semina discordie tra fratelli

Del capitolo 6 del libro dei Proverbi, di complessivi 35 versetti, in "Essere fratelli nella Famiglia di Dio" tra l'altro ho riportati decriptati i versetti dal 20 al 35, mentre nell'articolo "Peccati capitali, frutti di un albero di un sito inquinato" avevo portato decriptati proprio quei versetti 6,16-19 di cui ora offro la dimostrazione.

Proverbi 6,16 - Il sesto (giorno) uscì l'angelo al mondo per odio . Il Signore si reca il settimo segno , si porta alla caligine , e a finire l'angelo superbo si reca .

Proverbi 6,17 - Rovine , lamenti , amarezza , morte al serpente , il fuoco reca all'angelo mentitore e sarà sbarrato , sarà dai viventi bruciato dal Verbo , alla rettitudine porterà tutto il sangue puro .

Proverbi 6,18 - Nel cuore del carpentiere vive il disegno di portarlo alla fine , di annullarlo , col corpo si rivela (), è con la Madre dai viventi in vita partorito () e finirà del serpente il corpo e arrostirà il male del mondo .

Proverbi 6,19 - È nel Verbo a stare racchiusa la rettitudine , con questa dentro è a far vacillare il mentitore , si reca a liberare () dal serpente che ha stretto i viventi , giudicato è stato dal Vivente , a casa è inviato ai fratelli , è in vita .

Il versetto che li segue, Proverbi 6,20 "Figlio mio, osserva il comando di tuo padre e non disprezzare l'insegnamento di tua madre", che pure decripto con dimostrazione, pare proprio riallacciarsi alla profezia del Messia in Isaia 11,1s sul "nasoer" virgulto: "Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto ( "nasoer") germoglierà dalle sue radici."

In ebraico il versetto Proverbi 6,20 è:



Il virgulto il Figlio è . Per i viventi sale a portarsi in croce . Del Padre è la rettitudine a recare . La divinità del crocifisso dal cuore berranno saziandosi () tutti, l'originerà dalla piaga ().

Tutto di seguito questo è il discorso che ne viene dal complesso Proverbi 6,16-20, molto congruente, preciso e calzante con le vicende dei Vangeli su Gesù di Nazaret, il Carpentiere.

Proverbi 6,16 - Il sesto (giorno della creazione) uscì l'angelo al mondo per odio. Il Signore si reca il settimo segno, si porta alla caligine, e a finire l'angelo superbo si reca.

Proverbi 6,17 - Rovine, lamenti, amarezza, morte al serpente, il fuoco reca all'angelo mentitore e sarà` sbarrato, sarà` dai viventi bruciato dal Verbo, alla rettitudine porterà` tutto il sangue puro.

Proverbi 6,18 - Nel cuore del carpentiere vive il disegno di portarlo alla fine, di annullarlo, col corpo si rivela, è con la Madre dai viventi in vita partorito e finirà del serpente il corpo e arrostirà il male del mondo.

Proverbi 6,19 - È nel Verbo a stare racchiusa la rettitudine, con questa dentro è a far vacillare il mentitore, si reca a liberare dal serpente che ha stretto i viventi, giudicato è stato dal Vivente, a casa è inviato ai fratelli, è in vita.

Proverbi 6,20 - Il virgulto il Figlio è. Per i viventi sale a portarsi in croce. Del Padre è la rettitudine a recare. La divinità` del crocifisso dal cuore berranno saziandosi tutti, l'originerà` dalla piaga.

In Appendice per completare la decriptazione di Proverbi 6 riporto anche quella dei primi 15 versetti.

Conclusione: chi odiò per primo fu l'angelo ribelle, infatti, voleva "sorgere l'angelo come primo " e "si accese un angelo verso l'Uno " e odiò il proprio Creatore; questo alias di Dio momentaneo e provvisorio, come il tempo rispetto all'eternità, fu proposto all'uomo perché potesse esercitare proprio nel tempo della sua crescita spirituale il potere datogli di libertà di accettare o meno la propria esistenza in eterno.
Ciò che guida il Signore verso l'uomo è solo l'amore e i suoi disegni per l'umanità sono progetti di pace come asserisce tramite il profeta Geremia 29,11-13 che in modo chiaro tra due volte "Oracolo del Signore" esclama: "Io conosco i progetti che ho fatto a vostro riguardo - oracolo del Signore - progetti di pace e non di sventura, per concedervi un futuro pieno di speranza. Voi mi invocherete e ricorrerete a me e io vi esaudirò. Mi cercherete e mi troverete, perché mi cercherete con tutto il cuore; mi lascerò trovare da voi. Oracolo del Signore."

Proprio in questo progetto d'amore sono da inquadrare i seguenti versetti del Salmo 5,5-7: "Tu non sei un Dio che gode del male, non è tuo ospite il malvagio; gli stolti non resistono al tuo sguardo. Tu hai in odio tutti i malfattori, tu distruggi chi dice menzogne. Sanguinari e ingannatori, il Signore li detesta."

Dio, perché è buono - infatti, dice Gesù "Nessuno è buono, se non uno solo, Dio" (Luca 18,19) - preferisce la bontà al male e gli uomini che la ricercano e provano a rifuggire la malvagità; in tal senso ha in odio i malvagi, ma non prova alcun piacere per quelli che per propria scelta volontaria potrebbero andare in perdizione e li esorta a ravvedersi e cercare la vita eterna.

L'odio di Dio perciò non è come l'odio che covano i malvagi, ma ricerca l'originaria perfezione dell'uomo ed esprime il desiderio del loro "rinnovamento () da parte dell'Unico ".
Non è però solo pio desiderio, ma implica anche un intervento, suggerisce che "un fuoco invierò per ricominciare " e questo fuoco sarà quello della risurrezione che brucerà il male.

Del resto Adamo, l'uomo di terra, non poté resistere e permanere alla presenza di Dio e, avendo peccato di disobbedienza, tutti noi suoi discendenti nasciamo in uno stato di morte spirituale, di separazione da Dio, la cui conseguenza è l'odio, la divisione presente in noi stessi e nei rapporti con gli altri.
Solo un atto volontario di Dio che faccia ricominciare la storia con Lui può avere successo, altrimenti la sorte umana resta relegata a quella di esseri su cui ha potere la morte.

È infine da ricordare, secondo ciò che dice il libro del Siracide in 25,2, che Dio "detesta" chi non hanno tratto insegnamento nella vita dai fatti della loro storia: "Tre tipi di persone io detesto, la loro vita è per me un grande orrore: un povero superbo, un ricco bugiardo, un vecchio adultero privo di senno."

L'ODIO NEI VANGELI
La prima volta che dalle traduzioni in italiano nel Nuovo Testamento appare un termine connesso con l'odio e l'odiare è nel Vangelo di Matteo nel "discorso della montagna", il Sinai dell'uomo nuovo, che vi si sviluppa nei capitoli 5, 6 e 7. Al capitolo 5,43 Gesù dice: "Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico.", ma invero nella Torah in modo esplicito non si trova la seconda parte di quel precetto, ossia "odierai il tuo nemico" però prescrive: "Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore." (Levitico 19,18)

Parrebbe proprio allora che suggerisca che il prossimo da amare sia solo se appartenente al proprio popolo, mentre gli altri sembrerebbe fossero da amare di meno, quindi, per la terminologia ebraica, fossero da odiare, vale a dire da respingere e credo che una lettura del genere fosse possibile sia stata adottata almeno prima degli esili in Assiria e in Babilonia.

Quell'amore pareva poi essere limitato dall'altro principio della stessa Torah in Esodo 21,24s del "occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede, bruciatura per bruciatura, ferita per ferita, livido per livido."

Ai versetti 33 e 34 dello stesso capitolo 19 del Levitico però si trova anche: "Quando un forestiero dimorerà presso di voi nella vostra terra, non lo opprimerete. Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi; tu l'amerai come te stesso, perché anche voi siete stati forestieri in terra d'Egitto. Io sono il Signore, vostro Dio."

Analogo pensiero si rinviene nel libro di Giobbe quando dice: "Se ho negato i diritti del mio schiavo e della schiava in lite con me, che cosa farei, quando Dio si alzasse per giudicare, e che cosa risponderei, quando aprisse l'inquisitoria? Chi ha fatto me nel ventre materno, non ha fatto anche lui? Non fu lo stesso a formarci nel grembo?" (Giobbe 31,13-15)

Hillel (60 a.C. - 7 d.C.), vissuto ai tempi di Erode il Grande due decenni prima del ministero di Cristo, sintetizzò il precetto di amare il prossimo in senso universale: "Ciò che ti è odioso, tu non lo farai al tuo prossimo. Questa è l'unica Legge, il resto è solo commento." (Shab. 31a) insegnamenti riportati con "Ama le creature tue simili" in Abot i. 12 ove Joshua ben Hananiha aggiunge in Abot ii. 11 "Odio per le creature simili ("sinat ha-beriyot")... emargina l'uomo dal mondo."
Questa interpretazione era in piena discussione tra i vari movimenti giudaici al tempo dei Vangeli.
Del resto poi in "Midrash Tanna debe Eliyahu" R. 28. verrà affermato: "Amerai il Signore tuo Dio; cioè, farai amare il nome di Dio alle creature comportandoti rettamente nei confronti dei Gentili come fai con gli ebrei."

Gesù, allora, in Matteo 5,44-48 conferma come giusta tale interpretazione rispetto a quella scorretta e ingiusta che implica preferenze campanilistiche e non un sentimento universale, e precisa: "Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti... siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste."

Gesù, in definitiva accoglie in pieno l'interpretazione di Hillel e dice in pratica, voi potreste dedurre dal Levitico 19,18 di amare il prossimo e odiare il tuo nemico, ma io vi dico che l'unica interpretazione corretta è, ama tutti compresi i tuoi nemici, estendendo così in modo ancora più completo il pensiero di Hillel.

Ancora sul tema del non preferire, quindi di un minore amore, esce chiara da Gesù in quel discorso la nota conclusione in Matteo 6,24; Luca 16,13: "Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza." (la famosa Mammona).

Com'è stato odiato il loro maestro, egualmente i discepoli e seguaci di Gesù saranno odiati e perseguitati, infatti:
  • Matteo 10,22 - "Sarete odiati da tutti a causa del mio nome."
  • Matteo 24,9 - "...sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome."
  • Marco 13,13 - "Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato."
  • Luca 21,17s - "Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto."
Il Vangelo di Luca 1,69-71 poi pone in bocca a Zaccaria, padre del Battista, il "Benedictus" in cui viene cantato che il Signore "...ha suscitato per noi un Salvatore potente nella casa di Davide, suo servo... salvezza dai nostri nemici, e dalle mani di quanti ci odiano."

Lo stesso Vangelo, nel discorso detto della pianura per varie somiglianze con quello della montagna in Matteo, riporta che Gesù ebbe a dire: "Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l'altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da' a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro." (Luca 6,27-30)

Nel Vangelo di Luca al capitolo 14,26 si trova poi un versetto che ha destato tante perplessità perché la traduzione sembrava rendere molto duro e radicale il pensiero di Gesù rispetto a ciò che veramente intendeva dire.
Nella traduzione in italiano della C.E.I. del 1975, infatti, si leggeva: "Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo."

Per contro, poiché Gesù parlava in aramaico, il verbo odiare, come del resto in ebraico e come ho in altro paragrafo messo in evidenza, quando c'è un paragone come in quel caso il verbo odiare si riduce a un confronto su amare di più o di meno ed ecco che la traduzione C.E.I. 2008 ha cosi rettificato: "Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo."

Nel Vangelo di Giovanni, al capitolo 3 nel colloquio di notte con Nicodemo, Gesù gli disse tra l'altro: "E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio." (Giovanni 3,19-21) e poco prima aveva parlato del "serpente di bronzo" "nechesh necheshoet" che aveva innalzato Mosè nel deserto (episodio in Numeri 21,4-9) per salvare gli Israeliti dal morso dei serpenti.

Quella parola "serpente" "nachash" è nominato la prima volta dalla Bibbia in Genesi 3,1 "Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse..." e fu lui il primo nemico della luce, perché riuscì a ingannare l'uomo oscurandogli la luce che da Dio promana, ossia il suo amore, facendo credere anzi il contrario, che Dio non volesse che l'uomo crescesse in dignità e per questo motivo gli uomini, come dice quel Vangelo, di fatto "odiano" quella luce e hanno preferito le tenebre.
Le lettere ebraiche di "nachash" dicono chiaramente chi è questo serpente: è l'angelo ribelle, è "l'angelo che nasconde la luce ".

Ecco che la da parte di Dio la risposta è "odio" proprio secondo il significato delle lettere che lo sottendono.
Il Signore Dio di quella luce a causa dell'operato di quell'angelo deve rinnovare l'invio, di "nuovo () la ri-origina ".

Questa è una vera e propria nuova creazione che comporta una rinascita grazie al perdono, in quando, come Gesù ebbe a dire dalla croce... "perché non sanno quello che fanno". (Luca 23,34) BR>
La prima creazione fu per amore e, come disse a Nicodemo, occorre una seconda nascita "In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio". (Giovanni 3,5)

Proprio l'amore verso l'uomo induce il Signore a distruggere quell'angelo che ha prodotto male e a perdonare le trasgressioni compiute non appena l'uomo comprende di essere a causa di questi in uno stato di schiavitù e scelga la vita vera che l'angelo gli ha nascosto.

Del resto il mondo è diventato regno del maligno per cui il mondo odia tutto ciò che porta luce autentica, per cui odia il Messia che ai "viventi illumina ciò che è nascosto ", infatti, dice Gesù: "Il mondo non può odiare voi, ma odia me, perché di esso io attesto che le sue opere sono cattive." (Giovanni 7,7)

Amare la propria vita in questo mondo di tenebra (Efesini 6,12), allora, comporta farsi dominare dal suo re che predica cupidigia, inimicizia e guerra, in definitiva alimenta l'odio e allora la conclusione di Gesù è che: "Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna." (Giovanni 12,25)

Si ha poi tutta una serie di versetti nell'ambito del testamento spirituale di Gesù dopo l'ultima cena in cui istruisce i suoi discepoli:
  • Giovanni 15,18s - "Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia."
  • Giovanni 15,23-25 - "Chi odia me, odia anche il Padre mio. Se non avessi compiuto in mezzo a loro opere che nessun altro ha mai compiuto, non avrebbero alcun peccato; ora invece hanno visto e hanno odiato me e il Padre mio. Ma questo, perché si compisse la parola che sta scritta nella loro Legge: Mi hanno odiato senza ragione."
    Citazione questa ultima dal Salmo 69,5: "Sono più numerosi dei capelli del mio capo quelli che mi odiano senza ragione."
  • Giovanni 17,11-14 - "Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi. Quand'ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo."
L'ODIO NEGLI ALTRI SCRITTI DEL NUOVO TESTAMENTO
Vi sono alcuni temi al di fuori dei Vangeli negli scritti del Nuovo Testamento in cui la questione dell'odio è trattata sotto aspetti particolari.
L'inquinamento da parte del male dilagato nel mondo dopo le vicende del "midrash" della "caduta" di Genesi 3 quando i nostri avi Adamo ed Eva hanno deciso di vivere senza Dio, provocò la nascita dell'odio nella terra.
Appena dopo il peccato che originò quel diniego nacquero i loro primi figli, Caino e Abele, ed ecco, come già accennato, si verificò l'esplosione d'odio di un fratello contro l'altro e Abele ne restò ucciso.

Quel racconto di Genesi 4 del primo fratricidio intende sottolineare che essendo l'umanità preda del maligno è ineluttabile che gli uomini si odiano e solo una particolare grazia divina può salvare da questa situazione.

San Paolo nella lettera che scrive a Tito, responsabile della comunità cristiana di Creta, un greco, compagno e collaboratore di Paolo (Galati 2,1-3 e 2Corinzi 8,23), che si pensa battezzò dato che lo chiama "mio vero figlio nella medesima fede" (Tito 1,4), attesta che qualcosa del genere s'è compiuto anche per i seguaci di Gesù Cristo in quanto scrive: "Anche noi un tempo eravamo insensati, disobbedienti, traviati, schiavi di ogni sorta di passioni e di piaceri, vivendo nella malvagità e nell'invidia, degni di odio e odiandoci a vicenda. Quando però si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo, effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro, perché giustificati dalla sua grazia diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna." (Tito 3,3-7)

Tra le lettere dette "cattoliche", ossia senza un indirizzo specifico a una particolare comunità, la lettera di Giacomo in 4,4 sostiene proprio che occorre odiare il mondo proprio per la sua generalizzata "globalizzazione" nei confronti del nemico dell'uomo e di Dio, cioè di quella sua energia malefica che è stata imbarcata dall'umanità tutta intera: "Gente infedele! Non sapete che amare il mondo è odiare Dio? Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio." (Giacomo 4,4)

Altra situazione tra due persone in cui può nascere sentimento di repulsa, quindi di odio, fino ad assumere aspetti estremi è nei rapporti di coppia.
Il matrimonio se costituisce un contratto basato su sentimenti e interessi soltanto umani non corrisponde a quello dell'alleanza perfetta, quindi eterna, pensata dal Creatore per la prima coppia, il cui cemento sarebbe stato lo stesso amore che promanava da lui, il che rendeva loro e la loro progenie figli di Dio, alleanza invece rotta col peccato che li mise in inimicizia con Dio e tra loro.
Cristo fa la critica, a matrimoni del genere e alle aggiunte di Mosè al dettato divino della Torah con l'atto di ripudio, infatti:
  • Luca 20, 34-36 - "I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni dell'altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito; e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio."
  • Matteo 19,3-9 - "Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo? Ed egli rispose: Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi. Gli obiettarono: Perché allora Mosè ha ordinato di darle l'atto di ripudio e mandarla via? Rispose loro Gesù: Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così. Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un'altra commette adulterio".
San Paolo prende spunto dalla nuova alleanza conclusa da Gesù Cristo nel proprio sangue e nella propria carne con la Chiesa e propone il matrimonio perfetto tra i due, Cristo e la Chiesa, a paradigma del nuovo rapporto matrimoniale che altri non è che quello delle origini, mai manifestatisi a pieno ed ecco che nella lettera agli Efesini 5,25-33 scrive: "E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito."

Ancora la lettera cattolica 1Giovanni chiarisce in modo evidente che l'amore non sgorga dal cuore dell'uomo se non grazie all'apporto di quello che sgorga dal costato di Cristo.
Solo attingendo a quell'amore si cancella l'inimicizia e l'odio tra gli uomini e nasce l'amore per i fratelli, cioè per tutti gli altri uomini del mondo essendo tutti creati dallo stesso Dio che è il vero padre e madre di ciascuno.

Dice infatti in più punti quella lettera:
  • 1Giovanni 2,9-10 - "Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre. Chi ama suo fratello, dimora nella luce e non v'è in lui occasione d'inciampo."
  • 1Giovanni 3,13-15 - "Non vi meravigliate, fratelli, se il mondo vi odia. Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la vita eterna."
  • 1Giovanni 4,19-21 - "Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo. Se uno dicesse: Io amo Dio, e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello."
L'espressione "Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo" del versetto 1Giovanni 4,19 ci riporta alla radicale ebraico del verbo amare e alle lettere che lo formano, infatti, l'amore è l'essenza, ciò che dal numero 1 = il primo, il Creatore, esce - apre = per il - al numero 2 = , l'essere che ha messo a capo della creazione il principe che ha voluto si facesse uomo.

Del resto l'amore perdona ogni genere di peccato e addirittura vince la morte "perché forte come la morte è l'amore, tenace come il regno dei morti è la passione: le sue vampe sono vampe di fuoco, una fiamma divina!" (Cantico 8,6)

Gesù nell'episodio in Luca 8,47 della peccatrice che gli unse i piedi a casa di un fariseo ebbe a dirgli "Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco".
Si è ormai compreso che amare poco è amare di meno per cui quel dire al fariseo di fatto implica che rispetto a lei lo "odia"; lei se ne va perdonata mentre da lui... si attende la conversione e il passaggio ad un amore pieno.

Una considerazione sull'odio e sull'amore, si può infine estrarre anche dal libro dell'Apocalisse.
L'amore è "calore" verso Dio e il suo rifiuto "l'odio" un rifiuto netto, è certamente da segnalare come freddezza nei Suoi confronti.
L'uomo che ama o che lo odia ha comunque un rapporto con Lui il che è molto meglio di niente o di ben poco.
Dio preferisce un rapporto d'amore addirittura anche conflittuale e di negazione rispetto a un tiepido comportamento "religioso" o ad un ateismo pratico e strisciante che di fatto risultano essere praticamente indifferenti... né freddi, né caldi nei riguardi di chi come Dio richiede amore.

In Apocalisse 3,14-16, infatti, si trova: "All'angelo della Chiesa di Laodicea scrivi: Così parla l'Amen, il Testimone fedele e verace, il Principio della creazione di Dio: Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca."

LA DONNA CON MOLTI MARITI
Nel Vangelo di Matteo al capitolo 22,23-32 è narrato il seguente episodio: "...vennero da lui (Gesù) alcuni sadducei - i quali dicono che non c'è risurrezione - e lo interrogarono: Maestro, Mosè disse: Se uno muore senza figli, suo fratello ne sposerà la moglie e darà una discendenza al proprio fratello. Ora, c'erano tra noi sette fratelli; il primo, appena sposato, morì e, non avendo discendenza, lasciò la moglie a suo fratello. Così anche il secondo, e il terzo, fino al settimo. Alla fine, dopo tutti, morì la donna. Alla risurrezione, dunque, di quale dei sette lei sarà moglie? Poiché tutti l'hanno avuta in moglie. E Gesù rispose loro: Vi ingannate, perché non conoscete le Scritture e neppure la potenza di Dio. Alla risurrezione, infatti, non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo. Quanto poi alla risurrezione dei morti, non avete letto quello che vi è stato detto da Dio: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe? Non è il Dio dei morti, ma dei viventi!"

Tutta la questione è mossa dalla prescrizione detta del "levirato", che si trova in Deuteronomio 25,5-10, per cui il fratello o il parente più prossimo di un uomo sposato, morto senza discendenza, doveva sposare la vedova e il loro primo figlio era considerato figlio legale del defunto.
Tale questione ripetuta in modo esasperato, fino a sette volte, viene avanzata da sadducei in quanto detrattori della risurrezione, ma è raccolta da Gesù perché, essendo quella una legge umana avulsa dell'amore legata solo a questioni terrene di eredità.
Gesù prende da questa lo spunto per stigmatizzare il prendere moglie e il prendere marito come se fosse un acquisto, mentre è atto che supera le contingenze ]terrene in quanto coinvolge la piena comunione di corpo e spirito di due persone la cui unione viene a costituire una realtà nuova, un'alleanza tra loro e Dio stesso e, ciò detto, conferma la fede nella risurrezione che i sadducei negavano.

Ecco che allusivamente non si parla di amore, ma di possesso, infatti, dice il Vangelo "l'hanno avuta in moglie", ossia l'hanno posseduta fisicamente, ma... l'hanno amata?

Del resto un modo per dire e scrivere marito in ebraico è "ba'al" , termine che ha sia oltre al significato di sposo, anche quello di padrone, proprietario, possessore ed è il nome di Baal, quindi, di un idolo.
Quei matrimoni sono rapporti solo umani a tempo che non passano per il vaglio dell'amore, non sbucano pertanto nei cieli e non sforano l'eternità in cui occorre una comunione piena visto che il rapporto del "prendere" che si concretizza tra loro di solito nasce da costrizione o da interesse e spesso coinvolge solo desideri della carne e non supera la morte.

Per traslato quei 7 mariti evocano i 7 spiriti del male quindi il Baal Zebub, il capo dei demoni.
A tale riguardo sono da ricordare:
  • Luca 8,2 - quando dice: "Maria di Màgdala, dalla quale aveva cacciato sette demoni."
  • Luca 11,24-26 - ove dice: "Quando lo spirito immondo esce dall'uomo, si aggira per luoghi aridi in cerca di riposo e, non trovandone, dice: Ritornerò nella mia casa da cui sono uscito. Venuto, la trova spazzata e adorna. Allora va, prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui ed essi entrano e vi alloggiano e la condizione finale di quell'uomo diventa peggiore della prima." o in Marco 16,9.
Del resto anche la samaritana aveva avuto 5 mariti ed era unita senza matrimonio con un sesto, come riferisce Giovanni 4,17s "Rispose la donna: Non ho marito. Le disse Gesù: Hai detto bene "non ho marito"; infatti, hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero" poi Gesù con il suo annuncio la converte.

Sul tema di una donna che aveva avuto 7 mariti nella Bibbia c'è un racconto che si trova nel libro deuterocanonico, quindi scritto in greco, detto di Tobia in 7,13-11,19, ove tra l'altro sono narrate le nozze tra Tobia stesso e quella una donna di nome Sara.

Questa donna, senza colpa, era succube di un demone, Asmodeo, (dall'aramaico as'medi, cioè "distruttore", menzionato anche in varie leggende del "talmud") che le aveva fatto morire tutti i mariti, ciascuno proprio nella la prima notte di nozze.
Sara era la cugina di Tobia, perché figlia di Raguele fratello di Tobi, padre di Tobia, quindi, perfettamente in regola per sposarla secondo l'accennata legge di Mosè detta del "levirato".
Tobia era in viaggio per incarico del padre affidato a una guida che, in effetti, era un angelo di Dio che relativamente a Sara aveva detto "È una ragazza seria, coraggiosa, molto graziosa e suo padre è una brava persona." (Tobia 6,13)

Tobia, però, aveva saputo della questione dei 7 mariti morti, ma la guida lo rassicurò che quel sortilegio sarebbe stato superato grazie al fegato di un prodigioso pesce che avevano pescato, fegato che avevano conservato e su cui non mi soffermerò.

Da quel momento Sara entrò nei pensieri di Tobia che "l'amò al punto da non saper più distogliere il cuore da lei." (Tobia 6,19b)
Tobia, fu accolto con gioia dallo zio e "...disse al giovane: Mangia, bevi e sta allegro per questa sera, poiché nessuno all'infuori di te, mio parente, ha il diritto di prendere mia figlia Sara, come del resto neppure io ho la facoltà di darla ad un altro uomo all'infuori di te, poiché tu sei il mio parente più stretto. Però, figlio, voglio dirti con franchezza la verità. L'ho data a sette mariti, scelti tra i nostri fratelli, e tutti sono morti la notte stessa delle nozze. Ora mangia e bevi, figliolo; il Signore provvederà". (Tobia 7,10s)

Interessante di tutto il racconto è che Tobia riuscì a diventare il marito "completo" di Sara e Sara fu effettivamente sua moglie in corpo e spirito, superando la maledizione di Asmodeo della prima notte. Entrambi, di comune accordo, pregando appunto assieme, prima di unirsi sessualmente invocarono su di loro la protezione divina dicendo: "Benedetto sei tu, Dio dei nostri padri, e benedetto per tutte le generazioni è il tuo nome! Ti benedicano i cieli e tutte le creature per tutti i secoli! Tu hai creato Adamo e hai creato Eva sua moglie, perché gli fosse di aiuto e di sostegno. Da loro due nacque tutto il genere umano. Tu hai detto: non è cosa buona che l'uomo resti solo; facciamogli un aiuto simile a lui. Ora non per lussuria io prendo questa mia parente, ma con rettitudine d'intenzione. Degnati di aver misericordia di me e di lei e di farci giungere insieme alla vecchiaia. E dissero insieme: Amen, amen!" (Tobia 8,5-8)

Poi... dormirono insieme tutta la notte.
Conclusione e morale: il matrimonio vero comporta una doppia condizione, che:
  • i due riconoscano che è proprio Dio che li ha fatti incontrare;
  • l'uomo e la donna si donino con puro amore, in quanto, è l'unico legame capace di superare la morte.
Il racconto pone poi in evidenza il fegato di un pesce che bruciato alza al cielo un fumo che scaccia il demonio.
(Fegato che in ebraico ha le stesse lettere KBD della "gloria" segno di risurrezione e il pesce al cristiano ricorda Cristo Risorto e il suo sacrificio")
Tornando a Cristo è solo da Lui che procede l'amore "divino", quello che viene della croce e solo proprio quell'amore disposto a dare la vita per l'altro che appunto passa nella croce, supera la morte, e non quello che pur se si definisce amore, viene solo da sentimenti molto umani e fallaci.

UNA BUONA NOTIZIA
A conclusione riporto una mia considerazione.
Il cristianesimo, perché Roma era la capitale dell'impero romano, sin dalla seconda metà del I secolo d.C., ossia fin dalla prima ora dell'annuncio della Buona Notizia del Vangelo di Gesù di Nazaret, divenne sede principale della Chiesa di cui Pietro nominato da Gesù stesso primo fra gli Apostoli ne fu il primo vescovo e quindi fu il primo pontefice.
La Congregazione per la Dottrina della Fede, infatti, conferma "Basandosi sulla testimonianza del Nuovo Testamento, la Chiesa Cattolica insegna, come dottrina di fede, che il Vescovo di Roma è Successore di Pietro nel suo servizio primaziale nella Chiesa universale; questa successione spiega la preminenza della Chiesa di Roma..."
Da ciò discende il primato papale è l'autorità apostolica del vescovo della Diocesi di Roma su tutte le Chiese cattoliche, cui anche la Chiesa ortodossa riconosce un primato "nella carità" o di onore al vescovo di Roma, ma non lo ritiene operativa per il perdurare dello scisma, mentre non è riconosciuto da Protestanti e dagli Anglicani.
La prima per carità è Roma, quindi, dove c'era il massimo dell'odio con conseguenti persecuzioni per la nuova dottrina, come risposta c'era anche il primato per amore ai nemici.
Questo primato di carità è rimasto a Roma e Papa Francesco al momento del suo salire alla Cattedra di Pietro ha tenuto a presentarsi proprio con la qualifica di Vescovo di Roma.
Ora se in latino scrivo 1 ROMA e AMOR 1 ossia sinteticamente "1 Roma" e per "amor 1" si hanno due notazioni palindrome cioè si possono leggere nei due sensi con lo stesso significato, fatto che certamente non sarà sfuggito ai primi cristiani di quella città di cui molti venivano anche dall'ebraismo.
Interessante poi è che se si scrive in ebraico la "Prima è Roma", tenendo conto che il verbo essere può rimanere sottinteso, basterebbero le seguenti lettere da leggere da destra verso sinistra:

1 ROMA      

Questa però è anche una bifronte in quanto letta al contrario altro non è che la traslitterazione in lettere ebraiche della parole latina:
AMOR 1      

e della parola italiana AMORE.

Se si va vedere cosa significano in ebraico si può anche commentare per:
  • la prima alta - superba tra le prime , ossia "la superba";
  • il primo terrore , per l'inizio delle persecuzioni.
Lo Zohar o Libro dello Splendore, alla base della "Cabbalah" dice che il mondo presente, ove si è sotto il regime del tempo, nei riguardi del rapporto uomo-Dio è il "mondo del fidanzamento", mentre quello del mondo a venire, ove regna l'eternità, è il "mondo del matrimonio".
Del pari la Cabbalah da grande importanza alle 22 lettere ebraiche quali vie della conoscenza, che sono 32, assieme alle 10 "zefiro" di cui è la stessa "choesoed".
(Vedi: "Tensione dell'ebraismo ad una Bibbia segreta")

Sotto questo profilo, da quel traslitterare in lettere ebraiche la parola italiana di "Amore" viene questo pensiero guardando a quelle vie di conoscenza.

Se, infatti, si pensa ai termini ebraico che nascono da quelle lettere di quella parola     , vi si vede una mamma "'em" ove = che porta uno sguardo "r'a" , insomma vi è l'idea di una mamma che ti guarda e ti vede , sottinteso, ti protegge.
L'amore appare allora come un ombrello che copre i due che sono colti da quel sentimento proteggendoli dalle divisioni che potrebbero essere provocate dall'esterno.

Al centro ci sono le lettere di "cambiare" tra due unità , il che pare stare a implicare che i due, se c'è amore, cercheranno di cambiare ognuno il proprio atteggiamento per quanto più possibile per piacere in massima misura all'altro e per rendersi compatibili nel modo più consono ai due caratteri e venirsi cosi in contro nel migliore dei modi.
Per questo occorre il fidanzamento col Signore, che dura tutta questa vita.

È, insomma, un problema dei due il Creatore e il singolo uomo creato, per "iniziare una vita che porterà a un corpo unico ".
Ne nasce un pensiero che in definitiva deriva è una buona notizia.
Se si estende questo pensiero nel campo del rapporto d'amore tra l'uomo e Dio ne risulta che quello che avviene tra ciascuno e Dio non è stereotipato e ripetibile nello stesso modo per tutti.

Conclusione: Dio è capace di proporsi a ciascuno nel modo più opportuno conoscendo bene di che pasta l'ha creato!
Il mio Dio con me si presenta in modo più consono proprio e solo per me, perché io lo possa accogliere pur con tutte le mie limitazioni che conosce bene! Per questo si dice "il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe" (Esodo 3,6.15; 4,5; Matteo 22; Marco 12,26) e non un Dio spersonalizzato.

In definitiva, solo l'amore dà il sapore dell'eternità che ciascuno vivrà nel modo ottimale col proprio "Amore", lo sposo, ricevendo così intera anche tutta la SS. Trinità sentendosi come il preferito, colmo di ogni pienezza e tutti saranno felici in misura perfetta.

A questo punto è da ricordare la pia leggenda tratta da un passo della Lettera apocrifa a Cirillo che avrebbe scritto Sant Agostino ove ricorda una rivelazione divina con queste parole: "Augustine, Augustine, quid quaeris? Putasne brevi immittere vasculo mare totum?", infatti, il grande indagatore del problema del Bene e del Male, un giorno passeggiava per una spiaggia quando incontrò un bambino-angelo che con un secchiello prendeva dell'acqua di mare e la versava in una piccola cavità nella sabbia.

Alla domanda del Santo su che cosa stesse facendo, il bambino avrebbe risposto che voleva porre tutto il mare dentro quel buco.
Quando il Santo gli fece notare che ciò era impossibile, il bambino avrebbe replicato che così come non era possibile versare tutto il mare dentro la buca allo stesso modo era impossibile che i misteri di Dio e della SS. Trinità entrassero nella sua piccola testa di uomo.
Non riuscirò a capire Dio nella sua interezza e per questo occorrerà appunto tutta la vita eterna, ma certamente il mio recipiente esistenziale in ogni momento della crescita verso di lui sarà sempre pieno colmo di misura traboccante.

APPENDICE - PROVERBI 6,1-15 - DECRIPTAZIONE
Il testo C.E.I. 2008 di Proverbi 6,1-15 è il seguente:

Proverbi 6,1 - Figlio mio, se hai garantito per il tuo prossimo, se hai dato la tua mano per un estraneo,

Proverbi 6,2 - se ti sei legato con ciò che hai detto e ti sei lasciato prendere dalle parole della tua bocca,

Proverbi 6,3 - figlio mio, fa così per liberartene: poiché sei caduto nelle mani del tuo prossimo, va, gettati ai suoi piedi, importuna il tuo prossimo;

Proverbi 6,4 - non concedere sonno ai tuoi occhi né riposo alle tue palpebre,

Proverbi 6,5 - così potrai liberartene come la gazzella dal laccio, come un uccello dalle mani del cacciatore.

Proverbi 6,6 - Va dalla formica, o pigro, guarda le sue abitudini e diventa saggio.

Proverbi 6,7 - Essa non ha né capo né sorvegliante né padrone,

Proverbi 6,8 - eppure d'estate si procura il vitto, al tempo della mietitura accumula il cibo.

Proverbi 6,9 - Fino a quando, pigro, te ne starai a dormire? Quando ti scuoterai dal sonno?

Proverbi 6,10 - Un po' dormi, un po' sonnecchi, un po' incroci le braccia per riposare,

Proverbi 6,11 - e intanto arriva a te la povertà, come un vagabondo, e l'indigenza, come se tu fossi un accattone.

Proverbi 6,12 - Il perverso, uomo iniquo, cammina pronunciando parole tortuose,

Proverbi 6,13 - ammicca con gli occhi, stropiccia i piedi e fa cenni con le dita.

Proverbi 6,14 - Nel suo cuore il malvagio trama cose perverse, in ogni tempo suscita liti.

Proverbi 6,15 - Per questo improvvisa verrà la sua rovina, ed egli, in un attimo, crollerà senza rimedio.

Questa è la decriptazione tutta di seguito:

Proverbi 6,1 - Il Figlio che è dell'Unico in vita dal nemico a casa per la fine dal serpente cattivo con la rettitudine completamente versato nel tempo, con la potenza infiacchita, il Verbo è cosi.

Proverbi 6,2 - L'energia ha recato a versare alla luce. Alla fine a casa l'Unigenito dal ribelle. È il Verbo a starvi così per finirlo con la rettitudine della legge divina. In casa l'Unigenito gli vive col corpo bello, un essere retto.

Proverbi 6,3 - Si vede la luce al mondo con questi venuta. Il Verbo portato dal Padre, inviato è stato. Portato al mondo per liberare. Entrato così è a casa l'Unigenito completamente del pianto per guidare tutti alla rettitudine. Fuori dagli idoli alla pienezza li porterà, da Raab, dal male ad essere retti.

Proverbi 6,4 - Dio alla fine il segno ha inviato. Un bagliore con gli angeli al mondo i potenti hanno visto; è i lamenti così a portare al drago e la vita uscirà dal serpente per l'agire del Verbo che si vedrà soffiare la forza della rettitudine.

Proverbi 6,5 - Al mondo a liberare così giù da casa è i viventi. Si è per aiutarli portato. Così giù il Verbo si porta col corpo a vivere. Forza a sufficienza verserà; porta un fuoco.

Proverbi 6,6 - In cammino Dio da formica esce. In azione giù dal serpente alla vista esce. In giro così nel mondo gli si porta da amo vivente.

Proverbi 6,7 - L'Unigenito col fuoco nel corpo dall'Unico è inviato dal serpente del mondo. Versata giù è stata l'energia sorta col cuore nel corpo. Si reca per liberare dal serpente.

Proverbi 6,8 - Alla fine da casa è stato inviato. Dentro versatosi s'è giù per la guerra. Esce dell'Unico nel cammino per Raab (mostro del male) la mietitura. Vive l'Unigenito dalla sposa.

Proverbi 6,9 - L'Eterno da uomo è in azione giù per il serpente finire col fuoco della rettitudine. In una casa in vita il segno è completo, versato portato dalla Madre ai viventi, sorge inviato all'oppressione.

Proverbi 6,10 - Ai viventi che in azione i Cuore - Amore sorge gli angeli hanno portato il segno. Un seno il Cuore - Amore completamente dagli angeli ha portato in vita e puro si vede il Cuore che dal grembo versato è stato. In mano è della Madre il Potente a riposare.

Proverbi 6,11 - E in una casa dell'Unico così vive al mondo del serpente l'Agnello, da Donna in modo retto portato a vivere nel bisogno; così un retto uomo ai viventi in cammino invia.

Proverbi 6,12 - Ad Adamo la distruzione per l'agire del serpente l'Unigenito è con la risurrezione ad annullare nel mondo e nel cammino il perverso porterà alla fine il Verbo nel mondo.

Proverbi 6,13 - Per fune un corpo giù per le preghiere ha inviato, ha portato per circoncidere dal serpente. L'Agnello a rivelare porta ai viventi. Da Raab l'Unigenito giù ad abitare nel tempo è stato portato.

Proverbi 6,14 - Finalmente nel mondo il Verbo la rettitudine reca. Nell'universo si reca l'artefice (il carpentiere sta all'uomo Gesù come l'artefice al Verbo; è la stessa parola ebraica di ChRSh) col corpo. Si vede a casa dalla sposa nel tempo. Per la lite è in vita, è per bruciare il serpente che vi si nasconde.

Proverbi 6,15 - Dall'alto così il miele dell'Unico con la Madre è a casa portato da primogenito. L'Unigenito è dall'impuro col volto completamente in vista a dimorare col corpo, porterà guai all'angelo, i viventi sanerà.

a.contipuorger@gmail.com

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