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di Alessandro Conti Puorger
 
 

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IL VINO IN ISRAELE
Il vino in sé comporta un grande mistero, un segreto che permea tutta la storia di salvezza che Dio fa con l'umanità.
In ebraico, peraltro, vino "yain" ha il valore gimatrico di 70, come somma del valore numerico delle lettere ( = 10) + ( = 10) + ( = 50) pari proprio a quello di segreto "sod" = ( = 60) + ( = 6) + ( = 4) = 70.
Il vino pare avere in se la radice del bene e del male.
Il suo uso chiede grande discernimento, perché se usato solo come bene della terra può produrre ubriachezza con conseguenze disastrose, orge, incesti e violenza, mentre se si considera dono celeste invita l'uomo alla gratitudine verso il suo Creatore e alla gioia e all'amore tra fratelli.
Del resto la normativa ebraica classifica il vino come una speciale bevanda di uva fermentata che merita una benedizione particolare a differenza di tutte le altre bevande o spremute di frutta e verdura così come lo stesso succo d'uva o il distillato d'uva o grappa, sulle quali è recitata la benedizione generale "shehakol niah bìdvarò","tutto è stato creato con la Sua parola", sul vino già fermentato si dice "bor'è peri hagafen" "che ha creato il frutto della vite".
Con ciò come a ricordare che fu una precisa volontà di Dio di dare il vino all'uomo, e che riproducesse e coltivasse la vite; il che, peraltro, intende anche spiegare perché il piantare una vigna fu il primo lavoro che fece Noè dopo il diluvio.
La parola ebraica per vino "iain" ha in sé la radice (ove = ) che indica il lamentarsi e il dolore che il vino può portare al mondo come propone il "midrash" nel Talmud Babilonese Iomà 2b.
Nella "Torah" il vino è anche chiamato "tirosh", mosto, parola che va collegata a una radice "rash" per impoverire come effetto di un uso smodato.
Al riguardo di tale bevanda è poi da ricordare:

  • la benedizione di Isacco a Giacobbe, "Dio ti conceda rugiada dal cielo, terre grasse, frumento e mosto in abbondanza." (Genesi 27,28)
  • che un quarto di "hin" di vino faceva parte dell'offerta quotidiana secondo la legge mosaica secondo Esodo 29,40.
  • che rallegra il cuore degli uomini come dice il Salmo 104,14s: "Tu fai crescere l'erba per il bestiame e le piante che l'uomo coltiva per trarre cibo dalla terra, il vino che allieta il cuore dell'uomo..."
Riporto alcuni pensieri rabbinici sul vino:
  • "Il vino e il consiglio quando invecchiano, migliorano."
  • "Un vino conservato nei suoi stessi acini dai sei giorni della creazione" (T.B. Berakhot, 34)
  • "Nel vino, se si è meritevoli e si hanno meriti fa gioire, altrimenti se non si hanno meriti conduce alla desolazione." (T.B. Iomà, 76 b)
  • "Se ha meriti, diviene un leader 'R'osh', se non li ha diviene povero 'Rash'."
  • "Il vino invecchiato fa bene all'intestino, mentre il novello fa male all'intestino." (T.B. Nedarim, 66 b 9)
  • "Il vino sazia già dalla gola." (T.B. Sukkàh, 49 b10)
  • "Il vino dopo il pasto fa ubriacare, mentre all'interno del pasto non fa ubriacare." (T.P. Pesachim 10 a)
  • "Eva avrebbe versato del vino ad Adamo ed egli l'ha bevuto."(Bereshit Rabbà 19)
Bere del vino è un rituale che si riscontra in tutti gli atti della vita religiosa ebraica, infatti, è usato:
  • ogni settimana per lo "Shabbat", rito che inizia il venerdì sera al tramonto, alzando una coppa di vino o di succo d'uva per i bambini per il "qiddush" o benedizione;
  • a Pasqua, "Pessach", per il rito si bevono quattro bicchieri di vino;
  • in occasione del rito della circoncisione, un bicchiere;
  • in occasione del rito del matrimonio due bicchieri;
  • per il funerale per il potere confortante del vino anticamente erano offerti dieci bicchieri di vino in segno "le coppe della consolazione"; il vino, infatti, fa dimenticare il dolore come propone Proverbi 31,6.7 "Date... il vino a chi ha l'amarezza nel cuore: beva e dimentichi la sua povertà e non si ricordi più delle sue pene", per questo motivo i Maestri avevano fissato dieci bicchieri in casa del morto per consolare le persone in lutto (T.B. Sanhedrin 70a);
  • in occasione della festa di Purim gli ebrei sono incitati addirittura ad una lieve ubriachezza.
Benedizione sul pane fatto di farina, orzo, segale, avena o farro: "Barukh 'atah 'Adonai 'Eloheinu melekh ha-o'lam, ha-motzi lehem min ha-'aretz ".

Benedetto sii Tu, Signore nostro Dio, Re dell'universo, che ci porti pane dalla terra.

La parte in grassetto: Benedizione prima di bere vino fatto d'uva.

"Barukh 'atah 'Adonai 'Eloheinu melekh ha-o'lam, bor'e peri ha-gafen ".

Benedetto sii Tu, Signore nostro Dio, Re dell'universo, che crei il frutto della vigna.

La parte in grassetto:

Il vino perciò deve rispondere a precise condizioni di vinificazione, insomma per gli ebrei deve essere "kasher" ossia idoneo, fatto con maestria, il che equivale sottoposto al controllo del rabbinato, infatti, "kashron" è "maestria e destrezza" in Qoelet 2,21 poi in 4,4 e in 5,10 ossia fatto come per il principe , fatto come si deve con luce in testa .
L'insieme di queste regole si chiama "kashrout" o "kachrout" fondamentali per tutti gli ebrei ortodossi e si applicano sia alla coltura della vite che alla vinificazione.
L'origine di queste prescrizioni si trova nei testi della Bibbia e della Torah, gli ebrei sono certi che ciò derivino da regole fondamentali di cultura vitivinicola.
Le essenziali sono:
  • Durante i primi tre anni del ceppo di vite è proibito raccogliere i grappoli, che perciò sono distrutti prima della fioritura; questa pratica si chiama la "Orlah" comune nella maggior parte dei paesi viticoli, poiché ha lo scopo di utilizzare la linfa solo per l'irrobustimento del ceppo.
  • Ogni sette anni la vite deve essere lasciata a riposo, incolta e non si devono raccogliere i grappoli. Questa pratica si chiama la "Shmitah".
  • È proibito far crescere, fra i filari del vigneto, piante orticole, frutticole, ecc.; questa pratica si chiama il Kilai Hakerem.
  • Il vino deve essere elaborato unicamente da Ebrei praticanti a partire dal momento in cui i grappoli giungono alla cantina. Questo concerne il divieto, per i non ebraici, di toccare i grappoli, tutte le attrezzature ed i contenitori della vinificazione.
  • Tutti i prodotti partecipanti alla vinificazione devono essere "Kasher".
  • C'è, infine, la cerimonia simbolica denominata il Trumat Maser con la quale l'uno per cento della produzione è gettata e non utilizzata, in ricordo della decima che era versata ai sacerdoti guardiani del Tempio di Gerusalemme.
Vi sono tre livelli di vini "Kasher":
  • semplicemente "Kasher" che possono essere impiegati nel consumo quotidiano e al di fuori dello Shabbat.
  • i "Kasher" per "Pesach" o festa di Pasqua vini che durante la loro produzione non possono venire a contatto con pane o pasta o frumento.
  • vini detti "Yain mevushal" quelli che sono stati soggetti a pastorizzazione rapida a 80°C onde permettere un rispetto molto ortodosso della religione ebraica.
A causa del ruolo speciale che il vino occupa in molte religioni le norme "kashrut" stabiliscono che non può essere considerato "kasher" il vino "Yayin Nesekh" che è stato versato o destinato a un idolo o è vino "Stam Yainom" vale a dire toccato da chi crede nell'idolatria o prodotto da non ebrei, mentre quando il vino è "yayin mevushal" ossia "cotto" o "bollito" diventa inadatto per l'uso idolatrico e mantiene lo status di vino "kasher" anche se successivamente fosse toccato da un "idolatra".

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