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GIUSEPPE - UN PRAGMATICO UOMO DEI SOGNI
di Alessandro Conti Puorger

CENNI SU GIUSEPPE
Il titolo dell'articolo fa intendere che s'intende parlare di un Giuseppe, ovviamente della Bibbia, ma quale?
Ne conosciamo due cui il titolo di "pragmatico uomo dei sogni" si associa bene.
Il Giuseppe, già viceré in Egitto, che nutrì quella nazione nel bisogno e Giuseppe, lo sposo di Maria, il "nutrizio" di Gesù, cui gli angeli parlavano con i sogni e fu pragmatico riuscendo a proteggere ed assistere in tante peripezie e situazioni precarie e difficili la Sacra Famiglia affidatagli.
Intendo parlare di Giuseppe il personaggio biblico, figlio tanto atteso dal patriarca Giacobbe dalla moglie Rachele, oggetto di un mio precedente articolo "Giuseppe vice faraone d'Egitto" di cui do per scontato il contenuto.
Giacobbe, figlio d'Isacco sposò Rachele quando stava in Paddan-Aram, alta Mesopotamia, dallo zio Labano fratello di Rebecca sua madre ove s'era rifugiato per fuggire dal fratello Esaù adirato per la primogenitura che, Rebecca consenziente, aveva ottenuta con un inganno dal padre Isacco pur se il fratello gemello era venuto al mondo per primo.
Per avere in moglie Rachele, Giacobbe aveva lavorato come pastore per Labano per sette anni ma, per un inganno dello zio, la prima notte nel letto non si trovò Rachele, ma Lia, la sorella maggiore di quella e per sposare dopo una settimana anche l'amata Rachele dovette promettere di restare a servire lo zio per altri sette anni. (Genesi 29,15-30)
Nei 7 anni successivi dai due matrimoni Giacobbe ebbe 11 figli maschi e una femmina.
Nei primi 4, ogni anno a Lia nacque un figlio - Ruben, Simeone, Levi, Giuda - mentre Rachele sembrava sterile.
Lia intanto parve non avere più figli; Rachele, allora, fece unire il marito con la propria serva Bila che partorì Dan e Neftali, per contro Lia lo fece unire con la propria serva Zilpa e nacquero, Gad e Aser.
Lia intanto si riprese e partorì Isaccar, poi Zabulon e la gemella Dina.
Nel 7° anno, Rachele finalmente partorì Giuseppe, infatti: "Dio si ricordò anche di Rachele; Dio la esaudì e la rese feconda. Ella concepì e partorì un figlio e disse: Dio ha tolto il mio disonore." (Genesi 30,22s)

In definitiva Giuseppe è il vero primogenito tanto desiderato di Giacobbe dalla moglie prediletta Rachele.
Lei stessa suggerì il nome Giuseppe di questo bambino e in Genesi 30,24 viene anche spiegato perché: "E lo chiamò Giuseppe, dicendo: Il Signore mi aggiunga un altro figlio!"



"vettiqra' 'oet shemo Iosef le'omor isef IHWH li ben 'acher"

Era proprio un altro figlio ancora che Rachele sperava di ricevere dal Signore e per avere il dono s'appellò alla misericordia, infatti, invocò il Tetragramma IHWH, mentre prima aveva parlato di Dio giustizia, essendosi rivolta a "'Elohim".
Dopo che Rachele ebbe partorito Giuseppe "Giacobbe disse a Labano: Lasciami andare e tornare a casa mia, nella mia terra." (Genesi 30,25)

Labano insistette perché rimanesse e fecero un accordo per altri 6 anni, così fu, poi in Genesi 31,41 Giacobbe disse a Labano "Vent'anni sono stato in casa tua: ho servito quattordici anni per le tue due figlie e sei anni per il tuo gregge", quindi, ormai anche molto ricco si riportò in Canaan.
I 10 fratellastri di Giuseppe, in effetti, erano più grandi di lui in modo scalare, fino ad un massimo di 6 anni, come da questo schema:


Questi dati poi torneranno utili.
Quando Giacobbe lasciò Labano, Dina e Giuseppe avevano 6-7 anni.
Quel dire di Rachele, nel dare il nome a Giuseppe, "il Signore mi aggiunga", fu profetico, perché il Signore tramite Giuseppe portò ogni bene alla casa del marito e si avverò l'aspetto concreto del suo nome: "sovrabbondanza".
Non solo Rachele partorì poi Beniamino, ma anche Efraim e Manasse, i figli di Giuseppe nati in Egitto prima dell'arrivo di Giacobbe in pratica diverranno figli di lei, visto che poi Giacobbe li affigliolò come nati da lui stesso.
Questa sovrabbondanza di Giuseppe si riversò su tutto il paese d'Egitto e su Canaan onde servì a nutrire tutti, ricchi e poveri, ebrei e stranieri.
Il suo sognare con l'aiuto di Dio lo fece essere un programmatore utile per tutti, uno strumento di Dio che, per raggiungere il disegno che stava intessendo, lo fece scendere nella prigione per poi elevarlo a livello del re d'Egitto.
Rachele morì nel dare al mondo Beniamino e fu sepolta a Betlemme come precisa Genesi 35,18s: "Ormai moribonda, quando stava per esalare l'ultimo respiro, lei lo chiamò Ben-Onì, ma suo padre lo chiamò Beniamino. Così Rachele morì e fu sepolta lungo la strada verso Èfrata, cioè Betlemme."

Ben-Onì lo chiamò la madre, ossia figlio del mio annullamento ove = a fine parola, ma Giacobbe gli diede il nome di Beniamino ossia figlio della destra "iamin" , per dire "il figlio dell'amata", "il figlio della prediletta", come avviene in generale al destrorso che ama più la destra e come può comprendersi da questi riferimenti:
  • Cantico dei Cantici 2,6 - "La sua sinistra è sotto il mio capo e la sua destra mi abbraccia."
  • Salmo 45,10 - "Figlie di re stanno tra le tue predilette; alla tua destra la regina in ori di Ofir."
Non è precisato l'anno di nascita di Beniamino.
"Seder O'lam" riporta una tradizione secondo cui Rachele sarebbe nata nel giorno che Giacobbe ricevette la benedizione del padre quando Giacobbe aveva 63 anni, 20 erano passati da Labano e, allora, Giacobbe all'uscita da Pad-Arran secondo tale "midrash" avrebbe avuto 77 anni e 6-7 anni Giuseppe.
Per lo stesso "midrash" Giacobbe ne avrebbe avuti 99 quando rientrò a Betel nella "terra promessa", da cui si ricaverebbe che Rachele sarebbe morta a 36 anni al momento della nascita di Beniamino.
Secondo tali elementi avrebbe partorito Giuseppe quando aveva 14 anni e Beniamino a 36, quando Giuseppe ormai era in Egitto, onde sarebbe stata sposata a Giacobbe a 7 anni il che pare impossibile.

Rachele certamente morì prima della vendita di Giuseppe da parte dei fratelli alla carovana di Madian.
Il fatto che il testo della Genesi non segnala reazione della madre all'annuncio da parte dei fratelli che al padre fanno dedurre la "ritenuta" morte di Giuseppe fa concludere che Rachele in quel momento ormai era già morta.
Dina e Giuseppe poi erano coetanei e prima della nascita di Beniamino è raccontato il fatto della violenza fatta a Dina da Sichem, figlio di Camor per cui Dina e Giuseppe avevano perlomeno 13-15 anni, onde Beniamino quando Giuseppe fu portato in Egitto poteva avere 2-3 anni.
Tutti i libri della Torah parlano di Giuseppe, fatto salvo quello del Levitico.
Il libro della Genesi sviluppa la storia di questo personaggio nel dettaglio e ben 13 capitoli, il 37 e dal 39 al 50 lo riguardano, per cui è personaggio chiave della storia della salvezza alla stregua di Abramo, Isacco e Giacobbe.
Queste sono le parole con cui lo benedisse suo padre prima di morire:

Genesi 49,22 - Germoglio di ceppo fecondo è Giuseppe; germoglio di ceppo fecondo presso una fonte, i cui rami si stendono sul muro.

Genesi 49,23 - Lo hanno esasperato e colpito, lo hanno perseguitato i tiratori di frecce.

Genesi 49,24 - Ma fu spezzato il loro arco, furono snervate le loro braccia per le mani del Potente di Giacobbe, per il nome del Pastore, Pietra d'Israele.

Genesi 49,25 - Per il Dio di tuo padre : egli ti aiuti, e per il Dio l'Onnipotente: egli ti benedica! Con benedizioni del cielo dall'alto, benedizioni dell'abisso nel profondo, benedizioni delle mammelle e del grembo.

Genesi 49,26 - Le benedizioni di tuo padre sono superiori alle benedizioni dei monti antichi, alle attrattive dei colli perenni. Vengano sul capo di Giuseppe e sulla testa del principe tra i suoi fratelli!" (Genesi 49,22-26)

La benedizione inizia ripetendo due volte con quanto la C.E.I. 2008 traduce "Germoglio di ceppo fecondo è Giuseppe" ossia "ben porat" che, in effetti, le Bibbie ebraiche traducono figlio fecondo, ma anche grazioso.

In testi ebraici, infatti, trovo tradotto in questo modo il versetto 22: "Giuseppe è un figlio grazioso, figlio grazioso allo sguardo, le ragazze scavalcano (i muri) per guardarlo" in cui la fonte ("a'in") è lo sguardo e i muri le ragazze ("benot"), cioè le ragazze con lui perdono i freni come accadde alla moglie di Potifar, infatti: "Giuseppe era bello di forma e attraente di aspetto" (Genesi 39,6) e "...la moglie del padrone mise gli occhi su Giuseppe e gli disse: Coricati con me! Ma egli rifiutò." (Genesi 39,7s)

Il ricordare due volte "ben porat" sta a significare che Giacobbe lo considera il figlio importante, tanto che la tribù di Giuseppe varrà in modo doppio e sarà poi ricordata con i suoi frutti " 'Efraim e Manasse".
Il primogenito poi, nell'ebraismo, avrà diritto a eredità doppia. Per quanto riguarda questi due nomi commento:
Spinto dalla traccia del nome di "Appartenente al giunco" ricavato nella ricostruzione con i geroglifici dell'episodio di Mosè nella cesta salvato dalle acque del Nilo, che definisce un figlio di Faraone, verificai dove nella Torah si trovano parole ebraiche con quelle consonanti - NSI', NST, NSI'T o NSWT, anche NS, NSH.
Colpisce subito il fatto che la parola scritta in ebraico con la lettera per la S ha il significato di "principe", equivalente all'egiziano, per cui in Manasse nato da un'egiziana in Egitto c'è il desiderio di considerarlo un principe e forse come tali furono valorizzati i figli di Giuseppe dal faraone del tempo.
Segnalo il versetto di Genesi 23,5 nei riguardi di Abramo: "Allora gli Hittiti risposero: Ascolta noi piuttosto Signore: tu sei un principe di Dio in mezzo a noi..."

Questa parola è usata 45 volte nel Pentateuco, 41 volte nei Numeri e in Genesi 23,5 e 34,2, Esodo 22,27 e in Levitico 4,22.
Il versetto finale peraltro riferendosi a Giuseppe lo definisce "principe tra i suoi fratelli" pur se usa per principe un altro termine "nazir" , ossia scelto e riservato per essere dedicato e consacrato da Dio per servire con i suoi fratelli al suo disegno.

Mosè nella sua benedizione finale in Deuteronomio 33: "Per Giuseppe disse: Benedetta dal Signore la sua terra! Dalla rugiada abbia il meglio dei cieli, e dall'abisso disteso al di sotto; il meglio dei prodotti del sole e il meglio di ciò che germoglia ogni luna, la primizia dei monti antichi, il meglio dei colli eterni e il meglio della terra e di ciò che contiene. Il favore di colui che abitava nel roveto venga sul capo di Giuseppe, sulla testa del principe tra i suoi fratelli! Come primogenito di toro, egli è d'aspetto maestoso e le su corna sono di bufalo; con esse cozzerà contro i popoli, tutti insieme, sino ai confini della terra. Tali sono le miriadi di Èfraim e tali le migliaia di Manasse." (Deuteronomio 33,13-17)

E per Giuseppe escono i concetti di principe e di primogenito.
Sulle lezioni della storia d'Israele il Salmo 78 ricorda che Dio poi: "Rifiutò la tenda di Giuseppe, non scelse la tribù di Èfraim, ma scelse la tribù di Giuda, il monte Sion che egli ama" (Salmo 78,67s) perché come aveva previsto Giacobbe stesso nelle sue benedizioni (Genesi 49,10) il trono, che definisce lo scettro di "Colui che deve venire", il Messia, passò a Giuda che era il più benvoluto dai fratelli e godeva di indiscussa popolarità.
Nella tradizione però solo Giuseppe è definito "il giusto" per eccellenza, ossia, "ha tsadiq" - Talmud Yoma 35b - per la sua statura morale, infatti, pur avendo conferito il trono a Giuda, Giacobbe lodò Giuseppe, come "distinto tra i suoi fratelli".
Si legge che sin da quando Giuseppe entrò in Egitto "Il Signore fu con Giuseppe: a lui tutto riusciva bene. " (Genesi 39,2)
Questo è detto proprio per avvisare che si sta parlando di un vero "giusto" come attesta il Salmo 1: "Beato l'uomo che... nella legge del Signore trova la sua gioia la sua legge medita giorno e notte... È come albero piantato lungo corsi d'acqua... e tutto quello che fa, riesce bene... il Signore veglia sul cammino dei giusti".

C'è un "midrash" di quando i fratelli tornati a casa dissero al loro padre Giacobbe che Giuseppe, che riteneva morto era in realtà vivo ed era il viceré d'Egitto.
Giacobbe non voleva crederci e allora come prova la tradizione ritiene che gli riferirono che Giuseppe aveva detto di ricordare a Giacobbe di cosa discutevano sui voleri del Signore l'ultima sera che s'erano visti solo loro due faccia a faccia, ma Giacobbe ancora restava perplesso. (Bershit Rabba 94 3; 95 3)

Il testo del Genesi al versetto 45,27 che ha mosso quel midrash dice: "Quando però gli riferirono tutte le parole che Giuseppe aveva detto loro e egli vide i carri che Giuseppe gli aveva mandato per trasportarlo, allora lo spirito del loro padre Giacobbe si rianimò", insomma, quando vide i carri mandati da Giuseppe Giacobbe credette.

Credette non solo perché erano carri del faraone, ma perché li aveva mandati Giuseppe e dice il "midrash" che Giacobbe associò il termine "a'galot" di "carri" e "oe'gelat" di "giovenca" e si ricordò che proprio di una giovenca aveva parlato con Giuseppe l'ultima sera prima che Giuseppe partisse per andare a trovare al pascolo i fratelli.

Avrebbero, infatti, discusso solo tra loro due su quanto poi sarà oggetto del disposto di Deuteronomio 21,1-9 su come ci si dovrebbe comportare in caso di ritrovamento in campagna di un uomo ucciso.
Giacobbe con l'allusione ai carri si rallegrò, sia perché comprese che il figlio era vivo, sia perché, dedusse, non s'era assimilato agli egizi, rimanendo fedele al proprio ebraismo e agli insegnamenti del padre.

GIUSEPPE IL SOGNATORE
Come il libro della Genesi apre sulla creazione del mondo e prepara gli sviluppi della storia di salvezza per tutti gli uomini, gli altri 4 libri della Torah, a partire del libro dell'Esodo, presentano il racconto della creazione del popolo prescelto per l'inizio della rivelazione da cui ha avuto origine l'attesa della venuta del salvatore dell'umanità.
Questo popolo, il più piccolo tra tutte le nazioni, come dice Deuteronomio 7,7, fu tratto fuori con braccio potente da Dio stesso dalla schiavitù dell'Egitto.
Su tali eventi i racconti della Bibbia non paiono dare indicazioni univoche, forse perché molti eventi sono stati dimenticati e/o all'epoca che furono scritti vari elementi della storia contemporanea ai fatti furono omessi o dati per scontati essendo del tutto noti.
Ecco che con i riferimenti proposti è importante definire quando quel fatto avvenne per far uscire dai veli del dubbio quanto per vari aspetti reca ancora molti a valutare quella storia solo come un mito.
Chiave di volta di tutto questo sono due personaggi, interpreti del volere divino:
  • Giuseppe, figlio di Giacobbe/Israele che fu ponte tra i patriarchi della Genesi e il popolo nuovo dell'Esodo, un ebreo della linea dei patriarchi, Abramo, Isacco, Giacobbe che fu al massimo livello d'inculturazione egizia come viceré di quel popolo ove poi furono oppressi i figli dei fratelli che aveva accolto;
  • Mosè, personaggio ebreo e egizio, perché adottato dalla figlia di un faraone, che liberò i discendenti d'Israele che lo vollero seguire.
La storia di Giuseppe, figlio di Giacobbe - Israele e primogenito di Rachele è narrata nel primo libro della Torah, in ebraico il "Ber'shit" e in italiano Genesi, storia tutta costellata da sogni, suoi e di altri che lui interpreta con sapienza e con soluzioni che a lungo andare si manifestano essere precise onde Giuseppe è profeta.
Tale potere gli viene direttamente da Dio, anzi Dio stesso parla attraverso di lui quando li interpreta.
Al coppiere e al panettiere, infatti, che in prigione gli avevano detto: "Abbiamo fatto un sogno e non c'è chi lo interpreti." Giuseppe replicò: "Non è forse Dio che ha in suo potere le interpretazioni? Raccontatemi, dunque." (Genesi 40,8)

Negli stessi termini rispose Giuseppe al faraone "Non io, ma Dio darà la risposta per la salute del faraone!" (Genesi 41,16) quando gli raccontò: "Ho fatto un sogno e nessuno sa interpretarlo; ora io ho sentito dire di te che ti basta ascoltare un sogno per interpretarlo subito."

Quel Dio di cui dice Giuseppe nel testo è "'Elohim" , termine che pare un plurale e che in pratica sta a indicare: "l'assemblea degli dei".
Da Giuseppe, in effetti, fu omesso il "Nome" del Presidente di quell'assemblea celeste, nome del resto che lui stesso al completo, come IHWH non conosceva, ma che sapeva bene che era l'Unico, l'Essere assoluto che i suoi padri chiamavano appunto "'El-Shaddai" vale a dire Dio Onnipotente.

Il faraone che aveva tanti dei non si scandalizzò e ritenne che Giuseppe in desse il merito al dio Toht (rappresentato da un Ibis il cui becco pare una falce di luna e sotto forma meno frequente di un babbuino), la divinità egizia della sapienza, della scrittura, della magia, della misura del tempo, della geometria e della matematica che nella teogonia di Ermopoli aveva anche il rilevante ruolo dato alla luna quale divinità creatrice del mondo associata al "sole morto" ossia nascosto.
La luna IaH e Toth, peraltro, nella teologia egizia sono tra loro alternativi.
La Luna era l'espressione di una divinità particolare che ha sul capo le corna e il disco Iah cui erano associate le regine, mogli di faraoni, simbolo di Iside, in genere aiutata da Thot che fu considerato anche il regolatore di rituali religiosi ed eventi civili della società egiziana in quanto connessi ai cicli lunari.
Ciò porta a evidenziare la dinastia faraonica che dette particolare importanza proprio alla luna e al dio Thot ossia la XVIII, 1543-1292 a.C..
Questo sognare e interpretare i sogni in Giuseppe si manifestò presto.

Quando aveva 17 anni (Genesi 37,2) fece questi due sogni: "Ascoltate il sogno che ho fatto. Noi stavamo legando covoni in mezzo alla campagna, quand'ecco il mio covone si alzò e restò diritto e i vostri covoni si posero attorno e si prostrarono davanti al mio. Gli dissero i suoi fratelli: Vuoi forse regnare su di noi o ci vuoi dominare? Lo odiarono ancora di più a causa dei suoi sogni e delle sue parole. Egli fece ancora un altro sogno e lo narrò ai fratelli e disse: Ho fatto ancora un sogno, sentite: il sole, la luna e undici stelle si prostravano davanti a me. Lo narrò dunque al padre e ai fratelli. Ma il padre lo rimproverò e gli disse: Che sogno è questo che hai fatto! Dovremo forse venire io, tua madre e i tuoi fratelli a prostrarci fino a terra davanti a te?" (Genesi 37,5-10)

I sogni riportati dalla Torah sono in generale veicoli di profezie, infatti, "sogno" in ebraico è "chalom" e si può interpretare "quanto nascosto il Potente porta ai viventi ", in linea con il metodo di decriptazione in "Parlano le lettere" e i significati delle stesse sulle schede che si ottengono cliccando sui loro simboli ebraici a destra delle pagine di questo mmio Sito.

I fratelli di Giuseppe che, invero, erano dei "fratellastri", perché figli di altra madre, li considerarono pensieri di predominio espressi nei loro confronti; infatti "nemo profeta in patria".
Ecco che s'aggravarono invidia e inimicizia e lo valutarono come un arrivista che pensava in futuro di dominali e i loro sentimenti si mutarono in odio che causò poi la sua vendita ai mercanti di schiavi.
Questi due sogni si compresero meglio poi quando i fratelli furono costretti dalla storia a rivolgersi a lui come vice faraone.
Quei sogni, peraltro, riguardavano:
  • covoni, beni della terra;
  • sole, luna e stelle, beni celesti che sottendono fatti spirituali.
Giuseppe, era scritto, avrebbe unito i due aspetti, corpo e spirito, facendone un unico essendo questo il solo giusto modo di crescere per un uomo e avvicinarsi a Dio che l'ha voluto persona dotata d'entrambi tali componenti.
Questo principio Giuseppe l'aveva ben compreso e l'avrebbe fatto proprio in tutte le vicende della sua vita.
Alla lunga fu evidente che quei sogni, non solo implicavano quanto riguardava la propria famiglia, ma anche ciò che sarebbe accaduto durante tutta la sua lunga vita; Giuseppe, infatti, sarebbe stato il motore di una grande rivoluzione materiale e spirituale.
Della prima, la materiale, la Bibbia parla, infatti, nel libro della Genesi ove attribuisce a Giuseppe il merito di una grande riforma agraria in Egitto, ma della seconda, pure prodotta in Egitto, parla la storia ed era data per scontata dall'autore materiale della Torah.

A causa della forza maggiore che si stava profilando per i 7 anni di carestia, che Giuseppe previde interpretando i sogni del faraone, tutti i terreni d'Egitto e le loro produzioni, di fatto, venivano a cadere sotto il diretto controllo del faraone che avrebbe curato la raccolta e la conservazione delle eccedenze del prodotto. Dopo la spiegazione dei sogni, infatti, Giuseppe disse: "Il faraone pensi a trovare un uomo intelligente e saggio e lo metta a capo della terra d'Egitto. Il faraone inoltre proceda a istituire commissari sul territorio, per prelevare un quinto sui prodotti della terra d'Egitto durante i sette anni di abbondanza. Essi raccoglieranno tutti i viveri di queste annate buone che stanno per venire, ammasseranno il grano sotto l'autorità del faraone e lo terranno in deposito nelle città. Questi viveri serviranno di riserva al paese per i sette anni di carestia che verranno nella terra d'Egitto; così il paese non sarà distrutto dalla carestia." (Genesi 41,33-36)

Cosi fu fatto... con grande guadagno del faraone!
Questi, infatti, comprese subito che ventilando la causa di forza maggiore che si stava avvicinando, presentandosi al popolo quale gestore del regno come "buon pastore", oltre le grandi proprietà terriere del regno che già aveva, sarebbe, di fatto, divenuto perenne proprietario del 20%, in luogo del precedente 10%, anche di tutti gli altri terreni d'Egitto e il grano ammassato poi negli anni di carestia sarebbe stato poi possibile venderlo agli egiziani stessi come precisa Genesi 41,56 e poi 42,6.
Sulla politica agraria di Giuseppe è da leggere con attenzione il brano di Genesi 47,13-26 ove è detto più o meno quanto segue:
  • nel primo anno di carestia raccolse per il faraone tutto il denaro che si trovava in terra d'Egitto e in terra di Canaan in cambio del grano che acquistavano.
  • nel secondo, i bisognosi cedettero cavalli, pecore, buoi e asini per il grano.
  • nel terzo acquistò le loro terre in cambio del pane e del seme; così del faraone fu tutto il terreno dell'Egitto col patto che i venditori lo seminassero col seme che gli dava il faraone stesso e in futuro dessero un quinto del raccolto al faraone.
Soltanto i terreni dei sacerdoti non divennero proprietà del faraone.
Il faraone, ciò è a suo merito, immediatamente comprese che un uomo del genere doveva essere valorizzato e gli disse: "...ti metto a capo di tutta la terra d'Egitto. Il faraone si tolse di mano l'anello e lo pose sulla mano di Giuseppe; lo rivestì di abiti di lino finissimo e gli pose al collo un monile d'oro. Lo fece salire sul suo secondo carro e davanti a lui si gridava: Abrech. E così lo si stabilì su tutta la terra d'Egitto. Poi il faraone disse a Giuseppe: Io sono il faraone, ma senza il tuo permesso nessuno potrà alzare la mano o il piede in tutta la terra d'Egitto. E il faraone chiamò Giuseppe Safnat-Panèach e gli diede in moglie Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di Eliòpoli. Giuseppe partì per visitare l'Egitto. Giuseppe aveva trent'anni quando entrò al servizio del faraone, re d'Egitto." (Genesi 41,41-46)

Circa quel "Safnat-Panèach" richiamo il paragrafo "Giuseppe il gran visir" del mio articolo "Giuseppe vice faraone d'Egitto".

Su "Abrech" posso aggiungere che, cercando tra i geroglifici nel "A concise Dictionary of Middle Egyptian" di R.O.Faulkner ed. 1986 Griffith Istitute Asmolean Museum - Oxford in egizio 'AB-RH con riferimento alla consonanti traslitterate in egizio si trova:

'AB pag. 2 "stare, tardare, cessare";
RH pag. 51 "l'uomo saggio".

Quindi, appunto, "attenzione", sottinteso, passa "il sapiente"!
Poi, il nome ebraico "Iosef", avendo le consonanti IW-SP in scrittura egiziana antica danno il senso di ciò che faceva Giuseppe, infatti:

IW pag.11 verbo essere, quindi "è colui che...";
SiP pag. 212 "ispezionare, esaminare, destinare, organizzare"

Il faraone lo fece secondo per potere, suo vice, gli dette l'anello col proprio sigillo per validare documenti aventi effetti sull'intero regno, gli diede un nome egiziano e lo fece sposare: "...prima che venisse l'anno della carestia, nacquero a Giuseppe due figli, partoriti a lui da Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di Eliòpoli. Giuseppe chiamò il primogenito Manasse, perché - disse - Dio mi ha fatto dimenticare ogni affanno e tutta la casa di mio padre. E il secondo lo chiamò Èfraim, perché - disse - Dio mi ha reso fecondo nella terra della mia afflizione." (Genesi 41,50-52)

Il testo ebraico dice di Asenat figlia di sacerdote di On, nome con cui in greco chiamavano Eliopoli, in egizio "Iunu" città che era sita 11 km a nord dell'attuale Cairo in zona centrale del delta ove c'era la maggior parte della produzione di cereali e là prese evidentemente residenza Giuseppe, quindi, non lontano dall'accesso della via del mare e dal territorio ove poi avrebbe fatto insediare i fratelli.


Geroglifico di Eliopoli

La principale divinità adorata, inizialmente, ad Eliopoli fu il dio Atum, a cui fu dedicato il più antico tempio conosciuto: "Per-Aa" grande casa detto anche "Per-Atum" - Casa di Atum il dio che emerse come collinetta dal Nun, il dio origine di tutte le energie della creazione.
Il nome Asenat della moglie di Giuseppe significa appartenente alla dea Neith la dea del cielo, nata da Atum che produsse secondo il mito Geb la terra Neith, (NuT) appunto il cielo, in cui c'era l'orcio pieno d'energia, idea del vino ebraico di "iain" e del pane sul tavolino del "firmamento".


Geroglifico della dea NuT

Durante il periodo di Amarna il re definito "eretico" Akhenaton introdusse proprio in quella città il culto di Aton, il disco solare con somma irritazione da parte dei sacerdoti di Amon.
Chi era, insomma, il faraone che nominò viceré un prigioniero fatto uscire dalle carceri perché gli aveva rivelato il significato dei sogni?
Vari commentatori ritengono che quel faraone fosse un re Hyksos della XVI o XVII dinastia parallela, coeva e coesistente nel nord, ossia nel delta del Nilo con quella dei faraoni autoctoni che si dovettero ritirare e insediare nel regno del sud, perciò tali commentatori anticipano di molti anni l'evento Giuseppe e lo stesso "Esodo".

Eppure le disposizioni date da Giuseppe da quel faraone valevano per tutto il paese d'Egitto, quindi era faraone del nord e del sud, infatti: "Il faraone disse a Giuseppe: Ecco, io ti metto a capo di tutta la terra d'Egitto." (Genesi 41,41) e quel "tutta la terra d'Egitto" poi è ripetuto tante altre volte nello stesso capitolo Genesi 41 e precisamente ai versetti 43.44.46.54.55, il che presuppone che riguardasse proprio sia il nord che il sud del paese.
Doveva perciò essere un faraone di pura origine egiziana e questi faraoni avevano Tebe per loro capitale!

C'è poi anche questa considerazione: quando i fratellastri tornarono in Egitto la seconda volta portando Beniamino il vero fratello di Giuseppe, perché della stessa madre, Giuseppe offrì loro un banchetto e il testo annota, "...ordinò: Servite il pasto. Fu servito per lui a parte, per loro a parte e per i commensali egiziani a parte, perché gli Egiziani non possono prender cibo con gli Ebrei: ciò sarebbe per loro un abominio." (Genesi 43,31s)

Ciò non sarebbe accaduto alla corte dei Re Pastori che avrebbero ritenuto accettabile stare a tavola con degli Hapiru, che erano noti nella loro terra d'origine in quanto vagavano tra Mesopotamia e Egitto.
La seconda rivoluzione, quella spirituale, fu certamente iniziata da Giuseppe, ma non era lui che doveva portarla a termine e la Torah non si sofferma a dire che Giuseppe fornì anche le basi per una riforma religiosa.
Ciò comunque era implicito con la rettitudine e la fede nel Dio dei suoi padri da parte di Giuseppe.
Tornando al primo sogno di Giuseppe, gli dei della cosmogonia egizia, sole e luna si sarebbero poi piegati all'idea di un unico dio, come informa la storia, sia pure presentato ancora in modo imperfetto, al tempo del faraone Akhenaton, infatti, un riflesso de pensieri e degli insegnamenti di Giuseppe sembrano proprio trovarsi nelle riforme di quel faraone:
  • adorare un solo dio Aton;
  • idoli e immagini bandite;
  • vietati i sacrifici di animali;
  • abolizione di magia e incantesimi;
  • monogamia;
  • le rendite degli altri dei dovevano confluire nel tesoro del dio unico.
A questo punto è da porre in evidenza la lungimiranza, la longanimità e la visione profetica di Giuseppe.
Giuseppe ha avuto oltre 20 anni di tempo per elaborare la storia del tradimento subito dai fratelli e li perdonò con queste parole: "Dio mi ha mandato qui prima di voi, per assicurare a voi la sopravvivenza nella terra e per farvi vivere per una grande liberazione. Dunque non siete stati voi a mandarmi qui, ma Dio. Egli mi ha stabilito padre per il faraone, signore su tutta la sua casa e governatore di tutto il territorio d'Egitto." (Genesi 45,7-8)

Questo "padre per il faraone" con cui si autodefinisce il nostro Giuseppe è considerato dagli esegeti quale titolo onorifico vale a dire di consigliere, amico e tutore come sostiene il Midrash Tankhumah.
Quel titolo "padre del faraone" è ritenuto fosse un modo di dire del tempo, peraltro usato, "mutatis mutandis", dal profeta Isaia per Eliakim in Isaia 22,20-23 quando dice: "In quel giorno avverrà che io chiamerò il mio servo Eliakìm, figlio di Chelkia; lo rivestirò con la tua tunica, lo cingerò della tua cintura e metterò il tuo potere nelle sue mani. Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme e per il casato di Giuda, Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide: se egli apre, nessuno chiuderà; se egli chiude, nessuno potrà aprire. Lo conficcherò come un piolo in luogo solido e sarà un trono di gloria per la casa di suo padre."

"Padre del faraone" insomma pare fosse dato in Egitto a dignitari come il visir di corte, infatti, si definisce "padre di dio" il visir Ptahhotep durante il regno di Djedkara Isesi della V dinastia che regnò nel XXV secolo a.C. e il visir Yuya, di cui poi daremo qualche cenno, che servì la XVIII dinastia nel XIV secolo a.C. che proprio nel periodo storico di poco precedente al faraone Akhenaton, si dice "padre del faraone" e che sarebbe stato nonno di quest'ultimo in quanto pare fosse il padre della madre di costui, e in tal caso quel "padre" non era solo titolo onorifico.
Credo che tra Yuya e Ay già sacerdote di Aton sotto Akhenaton e poi faraone dopo Toutankamon ci fosse un legame di parentela.

SU GIUSEPPE DAL LIBRO DELL'ESODO
Il capitolo 1 del libro dell'Esodo informa:
  • Esodo 1-5 - Giacobbe entrò in Egitto con 70 persone, Giuseppe era già in Egitto;
  • Esodo 6 - Giuseppe morì e tutti quelli della sua generazione.
  • Esodo 8 - "Allora sorse sull'Egitto un nuovo re, che non aveva conosciuto Giuseppe."
  • Esodo 9-11 - il popolo d'Israele cominciò a essere mal visto e furono imposti lavori obbligati per costruire le città di Pitom e Ramses.
Esaminando quel "sorse sull'Egitto un nuovo re" del versetto 8, considerato che quel nuovo "re" potrebbe essere anche un nuovo "regno" e quel che "nuovo" potrebbe tendere a sottolineare qualcosa di diverso rispetto a un re che seguisse la stessa politica della dinastia cui apparteneva il precedente o i precedenti.
Nasce la domanda se il testo intende indicare semplicemente un altro re o piuttosto una nuova dinastia e forse valgono entrambi i pensieri, ossia un faraone "cerniera" che da una dinastia porta a un'altra.
Per il tempo finale di quella schiavitù l'ultimo di tali riferimenti poi sembra voler indirizzare il lettore verso quello del faraone Ramses II, il terzo sovrano della XIX dinastia che regnò sull'intero Egitto dal 1279 al 1212 a.C. e fin da bambino condivise il regno con il padre Seti I.
Ramses in egizio significa "generato da Ra", il dio del sole.
Questo grande faraone terminò la costruzione del tempio di Abido che il genitore aveva iniziato e trasferì la nuova capitale da Tebe ad Avaris o meglio a Pi Ramses, nella zona del Delta che aveva fatto costruire e ove, peraltro, è stata trovata una grande scuderia, vasta oltre 2 ettari, capace di ospitare 500 cavalli da cui sarebbero potuti partire i famosi "carri e cavalieri" che inseguirono i fuoriusciti dall'Egitto.
Ramses II fu grande anche per le imprese militari che lo videro vincitore.
Il primo scontro fu con i "popoli del mare" che minacciavano le coste del Delta.
Combatté poi gli Ittiti e l'esercito dell'imperatore ittita Mowatalli (1310-1269) nel loro territorio e nei primi anni del suo regno, forse il V, nel 1275 a.C. li batté in una grande battaglia a Kadesh o Qadesh in Libano vicino al fiume Oronte.
Fece poi con loro un'alleanza per difendere i territori cuscinetto, ivi compresa Canaan, dalla prepotenza Assira, onde per sancire tali accordi furono liberati prigionieri e Ramses II, prese come sposa una principessa ittita.
Il territorio sotto egemonia egiziana si estese fino a Qadesh che divenne allora il confine nord di Canaan.


Gli Assiri però s'impadronirono della maggior parte del regno dei Mitanni stabilendosi sulle rive dell'Eufrate da dove minacciavano sia gli Egizi che gli Ittiti e esercitavano pressioni preoccupante con attacchi e tentate invasioni.
Il libro della Genesi aveva anticipato in 47,11 che il territorio di Gosen era quello di Ramses il cui nome indica "nato da Ra" il dio sole, ma la città Pi-Ramses "casa di Ramses" fu realizzata nel regno di Ramses II che ivi trasferì la sua residenza.
Tutto il racconto nel libro dell'Esodo delle famose "piaghe" implica, infatti, una vicinanza del luogo dei colloqui di Mosè ed Aronne con il faraone non lontano dal deserto a oriente del delta del Nilo.

Questi, infatti, chiedevano al faraone loro interlocutore: "Il Signore, Dio degli Ebrei, si è presentato a noi. Ci sia permesso di andare nel deserto, a tre giorni di cammino, per fare un sacrificio al Signore, nostro Dio." (Esodo 4,18).

Certo è che la distanza dal deserto del Sinai sarebbe stata molto superiore da Tebe dove risiedevano le precedenti dinastie autoctone, quindi, intendevano partire proprio da Pi-Ramses a nord del delta orientale del Nilo vicino ad Avaris nella terra di Goshen o Gosen, località in cui già si trovava la residenza estiva del padre di Ramses II, Seti I.
Questo è un altro indizio quindi, che era un'epoca contemporanea o di poco successiva a Ramsete II.
La città di Pitom fu, invece, fatta costruire dal faraone Horemheb e Ramses II la fece solo ampliare, ma l'indicare le due città in Esodo di Pitom e Pi-Ramses pore voler far intendere che da Horemheb a Ramsete II ci fu l'oppressione più pesante per gli ebrei.
Questo Horemheb fu l'ultimo sovrano della XVIII dinastia che, in effetti, la spodestò e regnò in Egitto dal 1319 al 1292 a.C. con l'appoggio del potente clero di Ammon di Tebe che brigò per farlo nominare faraone col fine che ripristinasse l'antico culto degli dei.
Egli, col nome di Atonemheb, era stato generale dell'esercito del faraone Akhenaton, "eretico" per aver proposto il monoteismo del dio unico Aton e di fatto si proclamava l'unico mediatore tra l'uomo e la divinità escludendo il tramite della vecchia classe sacerdotali che si vedeva ridurre il potere.
Dopo Horemheb, morto senza eredi, si ebbe un altro netto cambiamento.
I faraoni della XIX dinastia, fondata da Ramses I, già visir di Horemheb, infatti, non sono di origine tebana, ma del delta orientale e la loro politica fu di favorire altre divinità, quali Ra subentrato ad Aton a Eliopoli e Ptah di Menfi, evitando anche loro intromissioni nel potere da parte dei sacerdoti tebani.
Evidentemente quei sacerdoti avevano esagerato nel cercare d'intromettersi nel potere del regno.
Horemheb, peraltro, giunse al più alto livello del comando sotto Tutankhamon e dopo il breve regno dell'anziano Ay.
Una particolare attenzione va posta sul citato versetto Esodo 1,8: "Allora sorse sull'Egitto un nuovo re, che non aveva conosciuto Giuseppe."



"vayaqom moeloek chadash a'l miseraim 'sher l'o iada' 'oet Iosef"

Si alzò "vayaqom" un re - regno "moeloek" nuovo "chadash" sull'Egitto "a'l miseraim"

Shimshon Refael Hirsch Rabbino (dal 1851 Rabbino della Comunità Ortodossa di Francoforte per 37 anni fino alla morte) spiega che nelle scritture ... sottende sempre una usurpazione del trono ed è proprio ciò che accadde da parte di Horemheb nei riguardi della XVIII dinastia.

Questo nuovo re, inoltre non "l'o" aveva conosciuto "iada'" "'oet" Giuseppe "Iosef" , ma il verbo è tipico nella Torah per indicare relazioni di tipo coniugale, da cui si evince che i re precedenti avevano "sposato" molte delle idee di Giuseppe e forse si erano con lui imparentate con matrimoni che avevano legato suoi discendenti al trono.

In Esodo 12,40-41 però si legge: "La permanenza degli Israeliti in Egitto fu di quattrocentotrent'anni. Al termine dei quattrocentotrent'anni, proprio in quel giorno, tutte le schiere del Signore uscirono dalla terra d'Egitto."

È da dire subito, come ricorda la nota de "La Bibbia di Gerusalemme" (Ed. Deoniani Dologna) con la traduzione della C.E.I. del 2008 che la Bibbia dei LXX include in questa durata anche tutto il soggiorno dei patriarchi in Canaan in essendo allora tale area sotto vassallaggio dell'Egitto.
Come vedremo, quei 430 anni provocano alterazioni nei ragionamenti e vari esegeti pur se preferiscono l'uso del testo masoretico ricorrono a tempi più ridotti rispetto tale periodo.
Abramo venne in Canaan che aveva 75 anni, Isacco gli nacque che aveva 100 anni, Giacobbe venne alla luce quando Isacco aveva 60 anni e entrò in Egitto quando ne aveva 130, tutte queste date ben segnate nella Bibbia, onde gli anni di permanenza in Canaan sarebbero 25+60+130 = 215 da dedurre ai 430, ma come vedremo invece la durata residua riuscirebbe troppo ridotta.

GIACOBBE ARRIVA IN EGITTO
Proviamo a cercare d'individuare l'anno d'entrata in Egitto di Giacobbe - aele con tutta la sua grande famiglia.

Il Capitolo Genesi 46 informa: "Giacobbe partì da Bersabea e i figli d'Israele fecero salire il loro padre Giacobbe, i loro bambini e le loro donne sui carri che il faraone aveva mandato per trasportarlo. Presero il loro bestiame e tutti i beni che avevano acquistato nella terra di Canaan e vennero in Egitto, Giacobbe e con lui tutti i suoi discendenti. Egli condusse con sé in Egitto i suoi figli e i nipoti, le sue figlie e le nipoti, tutti i suoi discendenti. Questi sono i nomi dei figli d'Israele che entrarono in Egitto: Giacobbe e i suoi figli, il primogenito di Giacobbe, Ruben... 11 I figli di Levi: Gherson, Keat e Merarì... I figli di Giuda... I figli di Ìssacar... I figli di Zàbulon... Questi sono i figli che Lia partorì a Giacobbe in Paddan-Aram oltre alla figlia Dina; tutti i figli e le figlie di Giacobbe erano trentatré persone. I figli di Gad... I figli di Aser... Questi sono i figli di Zilpa, che Làbano aveva dato come schiava alla figlia Lia; ella li partorì a Giacobbe: erano sedici persone. I figli di Rachele, moglie di Giacobbe: Giuseppe e Beniamino. A Giuseppe erano nati in Egitto Èfraim e Manasse, che gli partorì Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di Eliòpoli. I figli di Beniamino...Questi sono i figli che Rachele partorì a Giacobbe; in tutto quattordici persone. I figli di Dan... I figli di Nèftali... Questi sono i figli di Bila, che Làbano diede come schiava alla figlia Rachele, ed ella li partorì a Giacobbe; in tutto sette persone. Tutte le persone che entrarono con Giacobbe in Egitto, discendenti da lui, senza contare le mogli dei figli di Giacobbe, furono sessantasei. I figli che nacquero a Giuseppe in Egitto furono due. Tutte le persone della famiglia di Giacobbe, che entrarono in Egitto, ammontano a settanta." (Genesi 46,5-26)

Furono fatti insediare con i loro beni e greggi nella terra di Gosen.
Giacobbe aveva 130 anni quando entrò in Egitto, come dice questo altro versetto: "Il faraone domandò a Giacobbe: Quanti anni hai? Giacobbe rispose al faraone: Centotrenta di vita errabonda..." (Genesi 47,8s)

Proviamo a collegare queste informazioni con date storiche.
Per quanto riguarda i "patriarchi" si sa che quando nacque Giacobbe suo padre Isacco aveva 60 anni, infatti, Genesi 26,26 precisa: "Subito dopo, uscì il fratello e teneva in mano il calcagno di Esaù; fu chiamato Giacobbe. Isacco aveva sessant'anni quando essi nacquero."

Per contro Isacco nacque quanto Abramo aveva 100 anni, come si evince da Genesi 17,17-21, infatti: "Allora Abramo si prostrò con la faccia a terra e rise e pensò: Ad uno di cento anni può nascere un figlio? E Sara all'età di novanta anni potrà partorire? ...Dio disse: No, Sara, tua moglie, ti partorirà un figlio e lo chiamerai Isacco. Io stabilirò la mia alleanza con lui ... Sara ti partorirà a questa data l'anno venturo".

Per la cronologia prendo per buona quella ebraica, che con le date riportate nella Tenak o Bibbia ebraica indica la formazione di Adamo nel 3760 a.C..
Abramo poi, a partire dalla creazione dell'uomo, avvenuta nell'anno 3760 a.C. secondo le date riportate nel Genesi, nacque nell'anno assoluto 1948 che corrisponderebbe al 1812 a.C..
(Vedi: "Cosa nasconde il racconto di Noè e del Diluvio?")

Con questi elementi l'entrata in Egitto di Giacobbe/Israele sarebbe avvenuta nell'anno 1522 a.C., ossia 1812 meno 290 anni somma dei 100 di Abramo, dei 60 di Isacco e dei 130 dello stesso Giacobbe.
Tenendo conto dei 430 anni di cui parla Esodo 12,40s per la liberazione dalla schiavitù d'Egitto, come accennavo al termine del precedente paragrafo, si arriverebbe alla tardiva data del 1522 - 430 = 1092 posteriore all'epoca della stele detta del faraone Merneptah che è datata attorno al 1210 a.C. e in cui esplicitamente è detto di Israele come già "cacciato" dall'Egitto, anzi addirittura ne sarebbe stato "distrutto il seme".

Il commentatore medioevale ebreo della Bibbia, Rashi (acronimo di Rabbi Shlomo Yitzhaqi) sostiene che i 430 anni sarebbero da contare dal "Patto delle Parti", quando Dio preannunciò ad Abram l'esilio e l'evento "esodo" con queste parole: "Sappi che i tuoi discendenti saranno forestieri in una terra non loro; saranno fatti schiavi e saranno oppressi per quattrocento anni. Ma la nazione che essi avranno servito, la giudicherò io: dopo, essi usciranno con grandi ricchezze. Quanto a te, andrai in pace presso i tuoi padri; sarai sepolto dopo una vecchiaia felice. Alla quarta generazione torneranno qui, perché l'iniquità degli Amorrei non ha ancora raggiunto il colmo." (Genesi 15,13-16)

Vi si dice che saranno schiavi e oppressi per 400 anni e di 4 generazioni.
Lo stesso Rashi sostiene che i 400 anni di questo Genesi 15,14 partirebbero dalla nascita di Isacco che non ebbe una dimora fissa per cui si cadrebbe nel tempo 1812 - 100 - 400 = 1312 a.C., quindi, dopo il regno di Akhenaton e dopo Toutankamon, quindi al tempo di Horemheb.
Attorno a quel periodo non esistono però faraoni che regnarono lungo tempo come richiede poi il racconto della vita di Mosè nel libro dell'Esodo il che avvenne solo più più tardi, con Ramses II.
Quel 430 anni o i 400 paiono più sviare che aiutare.
I 400 non sembrano compatibili con sole 4 generazioni, sappiamo infatti che dopo Abramo ci fu la sequenza Isacco, Giacobbe, Levi, poi come vedremo la generazione di passaggio di Iokebed, indi e Mosè, almeno 5 generazioni.
Contando i 60 per la nascita di Giacobbe da Isacco, i 60 di Giacobbe quando nacque Levi e gli 80 di Mosè da Iokebed prima dell'Esodo, si perverrebbe a 300 se si attribuiscono 100 anni per le generazioni Levi e Iokebed.
Giacobbe aveva 91 anni quando nacque Giuseppe che, allora, aveva 39 anni quando il padre all'età di 130 anni arrivò in Egitto, mentre lui fu fatto viceré almeno 8-9 anni prima, quindi attorno al 1530 a.C..

Dal suo matrimonio "...nacquero a Giuseppe due figli, prima che venisse l'anno della carestia" quindi, quando aveva circa 35 anni "glieli partorì Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di Eliopoli (di "'On" ). Giuseppe chiamò il primogenito Manasse , perché - disse - Dio mi ha fatto dimenticare ogni affanno e tutta la casa di mio padre. E il secondo lo chiamò Efraim , perché - disse - Dio mi ha reso fecondo nel paese della mia afflizione". (Genesi 41,50-52)"

In ebraico "peri" è "frutto" onde Efraim è un plurale duale, "uno , doppiamente fruttuoso ".
Secondo "Talmud R'osh Hashanah" Giuseppe che era in prigione fu fatto liberare dal faraone per interpretare i suoi sogni e fatto viceré nell'anno 2230 del calendario ebraico, ossia nel 1532 a.C..
Si sarebbe ai tempi di Ahmose o di Amenofi I della XVIII dinastia, appena dopo i "Re pastori", gli Hyksos, sovrani di stirpe semitica che governarono l'Egitto del Nord da Avaris, nel delta del Nilo, chiamate dinastia XVI e XVII, contemporanee alla XV dinastia dei faraoni autoctoni ritiratisi al Sud.

Il nome di Ahmose j'h ms significa "IAH (la luna) è nato".
Ia'H era il nome che gli antichi egizi attribuivano alla luna e al dio della luna che godé di grande prestigio, soprattutto a Tebe.
Il suo geroglifico è formato dalla lettera I un giunco fiorito , da una lettera muta "ayin" rappresentata da un avambraccio , da una lettera H ossia da una corda intrecciata e dal determinativo di una falce di luna .


Molto simile con le lettere IH ove I è un fiore di loto e H un corda intrecciata, ma senza la lettera muta ayin (') col determinativo di una testa di toro in egizio significa "toro", vitello.


Questo IH evoca il vitello d'oro che gli Israeliti si fecero costruire da Aronne nel per adorarlo in luogo di IHWH, mentre Mosè era a colloquio con Dio sul Sinai.
La luna riflette la luce del sole quando è nascosto ed è come se ne preparasse il ritorno e secondo il mito, il sole è figura di Osiride e la luna di Iside, sua sorella e sposa.
Seth, pure loro fratello, per invidia uccise Osiride e lo divise a pezzi.
Iside allora si dette da fare e ritrovati i pezzi con arti magiche lo riportò in vita e Osiride divenne il dio dell'aldilà o mondo dei morti e da Iside nacque Horus il dio falco figura dei faraoni che, cresciuto, recupererò da Seth il trono d'Egitto.
Seth era stato assunto come dio tutelare proprio dagli Hyksos.
È evidente e comprensibile che la XVIII dinastia, che produsse la cacciata degli Hyksos insediatisi nel regno del nord, s'ispirasse proprio alla luna come preparatoria al ritorno del sole apportatore di Horus vincitore di Seth, incarnato nella dinastia faraoni vittoriosi su tali Re Pastori e in particolare il primo, Ahmose fratello di Kamose, della XVIII dinastia.
Il nome della luna si trova, infatti, nei nomi di Ah-mose, Ah-mose Nefertari, Ahmose Meritamon (Nata da Iah, prediletta di Amon), Ah-hotep I (Iah è contento) e Ahhotep II, personaggi tutti contemporanei tra di loro.
Ahhotep I era una donna madre di sei figli tra cui Kamose, Ahmose primo sovrano della XVIII dinastia, Ahmes Nefertari, e Ahmes che ebbe il titolo di Grande Sposa Reale, reggente dell'Alto Egitto in nome del figlio Ahmose durante la sua minore età in seguito alla morte del figlio Kamose nelle campagne contro gli Hyksos.
Ahhotep II fu una regina egizia, vissuta nel XVI secolo a.C., figlia del sovrano Ahmose e della regina Ahmes Nefertari e fu la sorella e grande sposa reale di Amenofi I della XVIII dinastia che forse sposò anche la principessa Ahmose Meritamon.
Da questa dinastia, tra il 1550 a.C e il 1300 a.C., si susseguirono i faraoni Ahmose, Amenofi I, Toutmose I e II, Hatshepsut (faraone donna), Toutmose III, Amenofi II, Toutmose IV e Amenofi III, Amenofi IV ossia Akhenaton, Smenkhara (probabilmente, figlio di Amenofi III e di una moglie secondaria, Sitamon, quindi fratellastro di Akhenaton), Tutankhamon, Ay e infine Horemheb.
Amenofi IV cambiò, infatti, nome in Akhenaton e realizzò importanti cambiamenti in Egitto elaborando i miti precedenti unificando in un unico motore, il dio unico Aton, il dio creatore del cosmo.
I nomi dei faraoni della XVIII dinastia già da soli parlano anche di un processo di sviluppo e preferenza di certi concetti teologici rispetta ad altri che agitarono in quei 250 anni il mondo egizio, ma che nascondono una grande lotta interna col potere religioso e non solo:

IaH, Thot, Amon... Aton... e ritorno a Thot e ad Amon.

Conseguente fu un accentramento di potere con riduzione del ruolo dei sacerdoti e dei loro cespiti; infatti, tutte le cospicue rendite che venivano loro dagli altri dei egizi dovevano confluire in un unico tesoro, quello del dio unico tenuto dal faraone.
Giuseppe si potrebbe collocare, allora, al tempo di fine Ahmose e di Amenofi I. In ebraico luna "iarecha" da cui mese "ioerach" lunare, infatti di 28 giorni, con le sue lettere ci parla che "è un corpo che nasconde " o "lancerà () un nascosto " e questo nascosto è il sole un essere più importante, concetti che sono simili al concetto del nome egizio di luna I'H.

Ecco che nasce a questo punto spontaneo il parallelo con un essere che dal nascosto deve uscire col nome ebraico "Iah" per indicare in modo contratto IHWH e, in sintesi, Dio "da cui l'esistenza esce " che col nome contratto "Iah" ricorre 50 volte nelle Scritture Ebraiche, 26 da solo e 24 nell'espressione "alleluia", che corrisponde all'imperativo plurale "lodate Iah".
In particolare si trova 2 volte nel libro dell'Esodo in:
  • Esodo 15,2 - nel cantico di Mosè; "Mia forza e mio canto è il Signore egli è stato la mia salvezza . È il mio Dio: lo voglio lodare, il Dio di mio padre: lo voglio esaltare!"
  • Esodo 17,16 - "...e disse: Una mano contro il trono del Signore ! Vi sarà guerra per il Signore contro Amalèk, di generazione in generazione!"
Da questi versetti si ha:
  • che "Iah" diviene salvezza , ossia Gesù.
  • che "Iah" diviene IHWH ossia "Iah" si porta nel mondo .
Lo stesso libro della Genesi al capitolo 50 informa che: "Giuseppe con la famiglia di suo padre abitò in Egitto; egli visse centodieci anni." (Genesi 50,22)

Giuseppe, abbiamo visto, fu fatto viceré a 30 anni, era il 1532 a.C., e quando aveva circa a 40 anni nel 1522 circa ospitò in Egitto il padre e i fratelli, per cui la sua influenza più diretta si sarebbe dovuta sentire fino attorno al 1452 a.C., vicino al periodo di Thutmose III della XVIII Dinastia; ma su ciò torneremo.
Siamo anche attorno al tempo del faraone Hatshepsut che, in effetti, era una donna, figlia di Toutmose I, moglie di Toutmose II, unica donna a detenere il titolo reale maschile da sola per alcuni anni e poi co-reggente per molti anni di Toutmose III.
Ricordo solo le date approssimative della durata dei regni dopo Toutmose III che regnò circa 90 anni prima di Amenofi IV, ossia Akhenaton:
  • Toutmose III, 1457 - 1424 a.C.;
  • Amenofi II, 1424 - 1398 a.C.;
  • Toutmose IV, 1398 - 1387 a.C.;
  • Amenofi III, 1387 - 1350 a.C.;
  • Akhenaton, 1350 - 1335 a.C..
I FIGLI DI GIUSEPPE
Al capitolo 13 dell'Esodo si legge: "Gli Israeliti, ben armati uscivano dal paese d'Egitto." (Esodo 13,18)

Come potevano essere ben armati se erano stati asserviti come schiavi?
Moshe ben Nahman Girondi, noto come "Nahmanide" o "Raban", rabbino e medico catalano (1194-1279) in proposito sottolinea che era importante che uscissero come un esercito vittorioso e glorioso e non apparisse come una vergognosa fuga di schiavi, infatti, secondo la Torah ci si deve comportare in maniera consona con le leggi della natura, se necessario, poi "HaShem" interviene con i miracoli (Rabbeni Bekhaye).

Ora, a tale riguardo è da tener conto che le tribù di Efraim e Manasse, costituite dai discendenti di Giuseppe nate in Egitto erano avevano riconosciuti come veri egiziani e avevano continuato nei loro percorsi di vita più privilegiata rispetto alle altre tribù per il loro buon inserimento in quella cultura a opera del loro avo che, infatti, subito dopo quel versetto viene ricordato, perché portarono via le sue ossa, infatti: "Mosè prese con sé le ossa di Giuseppe, perché questi aveva fatto giurare solennemente gli Israeliti: Dio, certo, verrà a visitarvi; voi allora vi porterete via le mie ossa." (Esodo 13,19)

Tra quelli delle tribù di Efraim e Manasse molti erano i guerrieri, come vedremo.
Giuseppe lasciò come eredità di fede la promessa che di Dio aveva fatto ad Abramo, ossia del ritorno di tutti nella terra promessa e chiese, appunto, di portar via dall'Egitto al momento opportuno le proprie ossa.
Aveva detto: "Io sto per morire, ma Dio verrà certo a visitarvi e vi farà uscire da questa terra, verso la terra che egli ha promesso con giuramento ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe" (Genesi 50,24s), promessa che si trova in Genesi 15,13-16 e fece giurare ai figli d'Israele così: "Dio verrà certo a visitarvi e allora voi porterete via di qui le mie ossa".
Poi viene l'annotazione: "Giuseppe morì all'età di centodieci anni; lo imbalsamarono e fu posto in un sarcofago in Egitto. (Genesi 50,24-26)

I figli di Giosuè se ne ricordarono e pur se più privilegiati come posizione rispetto ai confratelli seguirono i desideri del padre, non si ritennero egiziani e preferirono uscire anche loro dall'Egitto, il che prova più cose, che i tempi erano cambiati e che in molti di loro era stata formata l'anima dell'ebreo.
Su Mosè che prese le ossa di Giuseppe c'è un "midrash" nel Talmud (MeKhiltah e Shemot Rabbah) sulla ricerca della bara in base a cui solo una donna molto anziana si ricordava che gli avevano detto che dal faraone di allora la bara era stata fatta nascondere nel Nilo da cui venivano benedizioni all'Egitto come del e fu allora che Mosè pregò e la bara emerse, il che fa capire come la questione sia adombrata di mito.
L'uscita dall'Egitto delle tribù dei due figli di Giuseppe e la conquista di Giosuè in sostanza equivalgono a far entrare le ossa di Giuseppe nella terra promessa.
Del resto "ossa" è spesso usato per indicare un legame stretto di parentela inalienabile come disse Adamo per la sua donna: "Questa è finalmente osso delle mie ossa e carne della mia carne". (Genesi 2,22s)

Una simile espressione ricorre varie volte nelle Scritture come in Giudici 9,2, in 2Samuele 5,1 e 19,2 e in 1Cronache 11,1.
Il libro della Genesi al capitolo 50,22 dopo aver precisato che "Giuseppe... visse centodieci anni" al versetto 23 aggiunge "Così Giuseppe vide i figli di Èfraim fino alla terza generazione e anche i figli di Machir, figlio di Manasse, nacquero sulle ginocchia di Giuseppe."
Quei figli a Giuseppe gli nacquero prima dell'arrivo di Giacobbe, ossia prima del 1530 a.C. e si può ipotizzare a metà del periodo dell'abbondanza attorno al 1525 a.C..
Giacobbe affigliolò i due figli già nati a Giuseppe e dicendo: "Ora i due figli che ti sono nati nella terra d'Egitto prima del mio arrivo presso di te in Egitto, li considero miei: Èfraim e Manasse saranno miei, come Ruben e Simeone. Invece i figli che tu avrai generato dopo di essi apparterranno a te: saranno chiamati con il nome dei loro fratelli nella loro eredità." (Genesi 48,5s)

Giuseppe, quindi, rispetto agli altri fratelli ebbe 2 tribù in Israele, ma avrà avuto dopo altri figli visto che Giacobbe, anche lui profeta, presume di figli che gli verranno dopo.
Poi Giacobbe scelse Efraim (Genesi 48,13-20) come primogenito di Giuseppe, infatti, abbiamo visto che il nome indica "doppio frutto".
Dobbiamo perciò considerare che oltre Efraim e Manasse Giuseppe abbia avuto altri figli, maschi e femmine, almeno 8 in tutto pari al numero della pienezza che gli si addice.
Giuseppe, grazie alla sua influenza sul faraone, certamente non avrà mancato di provvedere per la migliore educazione possibile dei propri figli e nipoti presso le "Case della Vita", le università dell'epoca, per poi presentarli a corte per far avere loro degli incarichi.
Il secondo anno dall'uscita dell'Egitto dice il libro dei Numeri che fu fatto il censimento e risultò: "Figli di Giuseppe:
  • Figli di Efraim, loro discendenti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati paterni, contando i nomi di quelli dall'età di vent'anni in su, quanti potevano andare in guerra: i registrati della tribù di Efraim risultarono 40.500.
  • Figli di Manasse, loro discendenti secondo le loro famiglie, secondo i loro casati paterni, contando i nomi di quelli dall'età di vent'anni in su, quanti potevano andare in guerra: della tribù di Manasse i registrati risultarono 32.200." (Numeri 1,32-35)
In totale dalle tribù dei figli di Giuseppe nacquero 72.700 maschi abili.
Il censimento, infatti, riguardava gli uomini atti alla guerra, esclusi donne, vecchi e adolescenti fino ai 20 anni, perciò anche solo come numero di maschi quei dati dovrebbero venire incrementati.
Un individuo maschio che sposandosi pur giovane, 20 anni, che nei primi 40 di vita dopo il matrimonio procreasse 4 maschi e 4 femmine per arrivare a numeri complessivi di individui maschi adulti compatibili con l'ordine di grandezza dei dati censiti dal libro dei Numeri occorrerebbero almeno 7 generazioni di 40 anni, ossia complessivamente un periodo di 7x40+20 = 300 anni.

Accade, infatti, che in tale ipotesi avverrebbe:


È da tener conto che questo numero va quadruplicato avendo ipotizzato per Giuseppe 4 maschi e non solo i 2 affigliolati da Giacobbe, quindi, si perverrebbe a quantità congruenti con i dati complessivi del censimento per Efraim e Manasse.
Ecco che, allora, seguendo tale traccia si giungerebbe a giustificare un tempo di 300 anni e l'inizio dell'esodo sarebbe collocabile attorno al 1225 a.C. = 1525 - 280 - 20, epoca con buona approssimazione vicina all'ipotizzata uscita del popolo ebraico dall'Egitto ai tempi del faraone Merneptah.
Nel frattempo il popolo prosperava e aumentava di numero e i migliori tra gli Israeliti poterono crescere nella scala sociale.
Seguendo le vicende dei discendenti di Giuseppe, come avevo accennato, si comprende che molti ebbero ad intraprendere soprattutto carriere militari.
In particolare precisa Giosuè 17,1: "Quanto a Machir, primogenito di Manasse e padre di Galaad, poiché era guerriero, aveva ottenuto Galaad e Basan."

Anche dei figli di Efraim è detto che erano arcieri valorosi nel Salmo 78,9.
Poi, nella successiva divisione della Transgiordania da parte di Mosè Manasse ricevette anche una parte nella Transgiordania, infatti: "Mosè dunque diede ai figli di Gad e ai figli di Ruben e a metà della tribù di Manasse, figlio di Giuseppe, il regno di Sicon, re degli Amorrei, e il regno di Og, re di Basan: il territorio con le sue città comprese entro i confini, le città del territorio che si stendeva all'intorno. I figli di Machir, figlio di Manasse, andarono nella terra di Gàlaad, la presero e ne cacciarono gli Amorrei che vi abitavano. Mosè allora diede Gàlaad a Machir, figlio di Manasse, che vi si stabilì. Anche Iair, figlio di Manasse, andò e prese i loro villaggi e li chiamò villaggi di Iair. Nobach andò e prese Kenat con le dipendenze e la chiamò con il proprio nome, Nobach." (Numeri 32,33-42)

Con la conquista dei territori della terra promessa ai tempi di Giosuè, poi, quelli di Manasse ebbero anche una grossa parte oltre il Giordano, tanto grande che per andare da sud a nord e viceversa della Palestina non si poteva non passare attraverso il territorio di Manasse.


Mosè scelse dalla tribù di Efraim come proprio aiutante, guardia del corpo e "suo inserviente, il giovane Giosuè figlio di Nun" e questi "non si allontanava dall'interno della tenda" (Esodo 33,11), uomo fedele e guerriero, e tale evidentemente era anche prima in Egitto.
In Esodo 17,13, infatti, è detto che "Giosuè sconfisse Amalek e il suo popolo passandoli poi a fil di spada".
Quel ricordare "figlio di Nun", visto che Nun era il nome del dio origine di tutti gli dei egizi creatori, fa intuire come i figli di Efraim fossero profondamente incardinati nella cultura egizia e come avessero essenzializzato la cosmogonia egizia nel loro credo verso il Dio Unico.
Nel Libro dei Morti del "Papiro di Nu", con evidente riferimento a Nun, conservato al British Museum di Londra che risale proprio agli inizi della XVIII Dinastia-Nuovo Regno realizzato da un certo Nu "Primo Cancelliere, Supervisore del Palazzo" prima della sua morte tra l'altro si legge: "Io sono il vostro Signore. Venite a prendere posto tra le mie file. Io sono il figlio del vostro Signore e voi mi appartenete per mezzo del padre divino che vi ha creato. Io sono il Signore della Vita" che ben poi si adatteranno a un monoteismo più spinto di quello quello di Akhenaton.
Il giovane Giosuè fu poi inviato con altri 11 delle altre tribù in esplorazione della terra di Canaan e solo lui, con Caleb della tribù di Giuda, tornò entusiasta.
Allo stesso Giosuè poi Dio affidò la guida del popolo per la conquista della terra promessa.
Dopo la conquista il territorio assegnato alla tribù di Efraim occupava la parte centrale di Canaan, a Ovest del Giordano, confinava a Nord con Manasse e a Sud con Beniamino e Dan (Giosuè 16,1-9).
A Silo, in Efraim, fu eretto il tabernacolo (Giosuè 18,1).

In Appendice al libro di Giosuè, con versetti analoghi a quelli in Giudici 2,6-10, si trova che come Giuseppe, pure: "Giosuè figlio di Nun... morì a centodieci anni e lo seppellirono nel territorio di sua proprietà a Timnat-Serach, che è sulle montagne di Efraim, a settentrione del monte Gaas." (Giosuè 24,29s)

Il penultimo versetto del libro di Giosuè, infine, precisa "Le ossa di Giuseppe, che gli Israeliti avevano portate dall'Egitto, le seppellirono a Sichem, nella parte della montagna che Giacobbe aveva acquistata dai figli di Camor, padre di Sichem, per cento pezzi d'argento e che i figli di Giuseppe avevano ricevuta in eredità." (Giosuè 24,29)

Il racconto di tale acquisto si trova in Genesi 33,19.
Da secoli a Nablus, vicino Sichem, un luogo ritenuto tomba di Giuseppe è sede di visite da parte di fedeli delle religioni abramitiche. Questi 110 anni paiono più di una coincidenza con l'età alla morte del nostro Giuseppe e su ciò tornerò più avanti.

RAMSES II E MOSÈ
Della stessa dinastia XVIII, come ho accennato, fu Amenofi IV, il faraone "eretico" che prese poi il nome di Akhenaton ispirandosi al dio Aton.
Questi regnò in Egitto dal 1374 al 1347 a.C., fu artefice di una svolta verso una religione monoteistica, ma finì in disgrazia della classe sacerdotale in special modo di quella del dio Amon di Tebe che si vedeva perdere potere e che tramò contro quella dinastia.
Si dice che lo stesso Akhenaton e la moglie Nefertiti sarebbero stati uccisi durante un colpo di Stato, ispirato dal clero di Amon e organizzato dall'esercito, allora comandato dal generale Horemheb.
Tutankhamon, il cui nome significa "Immagine vivente di Amon", salì sul trono a nove anni, dopo la morte di Smenkhara che regnò solo tre anni, fratellastro del morto Akhenaton, figlio di una figlia di Akhenaton che fu evidentemente costretto alla controriforma e a riportare in auge il dio Amon e la sua cosmogonia, infatti, il suo nome originario era "Tutankhaton", che significa "Immagine vivente di Aton".
Morì a soli diciannove anni per un colpo alla nuca.
Cadde da un carro... o fu ucciso per la manomissione di una ruota?
Lo storico Manetone e un doppio cartiglio trovato a Karnak, indicano una coreggenza di Tutankhamon e Ay.


Ay geroglifico

Quel nome inizia con un'oca segno del bi-lettere SA' che significa figlio e del sole ossia "figlio del sole", poi abbiamo e i segni di NTR divino e il fiore di loto "I" segno dell'Essere, quindi un uomo divinizzato.
Il segno NTR era l'asta con una bandiera che stava davanti ai templi, quindi era sacerdote del "sole" Aton.
Questo ripetere del fiore di loto lo avvicina al nome di Yuya che poi vedremo in cui del pari il fiore di loto fa da padrone.
Fra la morte di Smenkhara e l'incoronazione di Tutankhamon sarebbero trascorsi 3-4 anni e il regno, in nome di Tutankhamon bambino, fu retto della moglie di Smenkhkara, Meritaton, e dal visir Ay che proseguì a regnare dopo la morte di Tutankhamon.
Certamente fu un periodo oscuro, un vero cataclisma nel regno.
Ecco che caddero in disgrazia anche i consiglieri e tutti i simpatizzanti e comprensibilmente questa fu la causa del cambiamento d'umore del "potere", segnalato dal libro dell'Esodo, verso i figli d'Israele, in quanto, evidentemente, molti erano dalla parte di Akhenaton e dei suoi discendenti.
La dinastia XVIII, insomma, ebbe grosse difficoltà per la spinta della classe sacerdotale di Tebe che chiedeva il ripristino degli antichi culti.
Il cambiamento alla XIX di dinastia avvenne con Ramses I verso il 1300 a.C..
dopo il faraone di passaggio, già generale, Horemheb.
Sotto questo generale divenuto faraone ci fu evidentemente il suo editto di far gettare nel Nilo i neonati maschi degli ebrei.
Motivi di ostilità e di asservimento da parte della nuova dinastia furono, infatti, anche gli ebrei in quanto, pur se sviluppatisi lì nella terra di Gosen per volere di antichi faraoni, la questione era stata dimenticata ed essendo di razza semita, erano ormai considerati:
  • residui di gruppi di stranieri venuti al seguito degli Hyksos, quindi, inaffidabili e potenzialmente capaci di allearsi con potenziali nemici in caso di invasioni da parte dei libici e dei popoli del mare che cominciavano a profilarsi all'orizzonte.
  • essendo numerosi, erano mano d'opera preziosa in un'area ove si sviluppavano grandi costruzioni statali.
  • la loro fede in un dio unico, infine, li faceva temere vicini all'antica "eresia" amarniana.
Horemheb, detto anche Harmais, in effetti, regnò appena 4 anni, quindi ci fu Ramses I che regnò 1-2 anni e Seti I che ne regnò 11.
Aronne, peraltro doveva essere era già nato prima dell'editto nefasto di Harmais che non aveva eredi maschi e la principessa che raccolse Mosè dalle acque del Nilo probabilmente era una figlia proprio di Horemheb, giunto al potere dopo il breve regno di Ay, grazie all'appoggio del clero tebano di Amon.
Appunto per questo Mosè fu affigliolato e poté godere dei vantaggi di figlio di faraone accettato poi dalla dinastia dei Ramseti.
E da ricordare che di Mosè è detto che visse 120 anni di cui gli ultimi 40 peregrinando col popolo nel deserto e i precedenti 40 in Madian come esule fuggitivo dal faraone.
Nel libro degli Atti degli Apostoli il diacono Stefano presenta per Mosè una vita di 120 anni (Deuteronomio 34,7) divisa in 3 periodi di 40:
  • 40 come egiziano alla corte dei faraoni;
  • 40 esule in Madian;
  • 40 anni peregrinante nel deserto col popolo fuoriuscito dall'Egitto.
"Così Mosè venne educato in tutta la sapienza degli Egiziani ed era potente in parole e in opere. Quando compì quarant'anni, gli venne il desiderio di fare visita ai suoi fratelli, i figli d'Israele. Vedendone uno che veniva maltrattato, ne prese le difese e vendicò l'oppresso, uccidendo l'Egiziano. Egli pensava che i suoi fratelli avrebbero compreso che Dio dava loro salvezza per mezzo suo, ma essi non compresero. Il giorno dopo egli si presentò in mezzo a loro mentre stavano litigando e cercava di rappacificarli. Disse: Uomini, siete fratelli! Perché vi maltrattate l'un l'altro? Ma quello che maltrattava il vicino lo respinse, dicendo: "Chi ti ha costituito capo e giudice sopra di noi? Vuoi forse uccidermi, come ieri hai ucciso l'Egiziano? A queste parole Mosè fuggì e andò a vivere da straniero nella terra di Madian, dove ebbe due figli. Passati quarant'anni, gli apparve nel deserto del monte Sinai un angelo, in mezzo alla fiamma di un roveto ardente." (Atti 7,22-29)

Stefano, del resto, ripete quelle che erano le tradizioni orali giudaiche del suo tempo che poi furono scritte nel Talmud.
Un commento anonimo a Deuteronomio 34,7, "Mosè aveva 120 anni quando morì" del resto, così recita: "Egli fu uno dei quattro che vissero 120 anni. Ecco chi sono gli altri: Hillel l'anziano, Rabban Yohanan ben Zakkai e Rabbi Aqiba. Mosè visse 40 anni in Egitto, soggiornò 40 anni a Madian e servì Israele per 40 anni. Hillel l'anziano salì da Babilonia a 40 anni, servì i Saggi 40 anni e servì Israele 40 anni. Rabban Yohanan ben Zakkai fu occupato negli affari 40 anni, servì i Saggi 40 anni e servì Israele 40 anni. Rabbi Aqiba apprese la Torah a 40 anni, servì i Saggi 40 anni e servì Israele 40 anni." (Midrash Tannaim su Deuteronomio 34,7)

Il faraone da cui era fuggito Mosè è da trovare tra quelli che regnarono molti anni, tanto che solo alla sua morte Mosè poté tornare in Egitto.
Ecco che per la durata del regno si consolida l'idea che tale faraone fosse proprio Ramses II della XIX Dinastia di faraoni, in quanto regnò per 67 anni, tra il 1290 e il 1224 a.C., di cui gli ultimi in co-reggenza col figlio Merneptah
L'uscita dall'Egitto del popolo d'Israele pare così potersi collocare dopo Ramsete II attorno al 1220 a.C. e la famosa stele detta di Merneptah che cita Israele supporta tale opinione.
Questi dati fanno appunto ritenere la nascita di Mosè verso il 1300 a.C. forse nel secondo anno di regno di Horemheb e spostano la fuga di Mosè dall'Egitto per l'omicidio che commise nei riguardi di un egiziano che maltrattava un ebreo verso il 1260 a.C..
Mosè, allora, come principe egiziano, avrebbe potuto partecipare con Ramses II alla spedizione militare a Qadesh in Libano e al suo ritorno vittorioso ecco che avrebbe acquisito conoscenze delle caratteristiche dei popoli e dei luoghi lungo il percorso Egitto - Canaan - Siria e viceversa, che poi gli torneranno utili.

TASSELLI DA FAR TORNARE
Il capitolo 6,16-20 del libro dell'Esodo per Mosè presenta la seguente genealogia o "generazioni": "Questi sono i nomi dei figli di Levi secondo le loro generazioni: Gherson, Keat, Merarì. Gli anni della vita di Levi furono centotrentasette... Figli di Keat: Amram, Isar, Ebron e Uzzièl. Gli anni della vita di Keat furono centotrentatré... Amram prese in moglie Iochebed, sua zia, la quale gli partorì Aronne e Mosè. Gli anni della vita di Amram furono centotrentasette."

In definitiva qui, secondo l'Esodo, la successione fu di 4 generazioni: Levi che visse 137 anni, Keat 133, Amram 137 e Mosè 120; quindi, Levi era il bisnonno di Mosè per via di padre!
Levi, per contro, il terzo figlio di Giacobbe e Lia, nacque quando Giacobbe aveva circa 70 ed entrò in Egitto quando era già sposato.
Giacobbe in quel momento aveva 130 anni, perciò Levi aveva 60 anni e il figlio Keat che era già nato come risulta da Genesi 46,11 entro in Egitto con Levi.
Levi che visse 137 anni, nato in Canaan, visse in Egitto altri 77 anni.
Keat, nato in Cannan, visse la maggior parte della sua vita di 133 anni in Egitto.
Amram nacque in Egitto, vi visse per 137 anni e vi morì dopo aver sposato la sorella di Keat suo padre ossia sua zia, Iochebed.

Numeri 27,59 al riguardo, infatti, informa: "La moglie di Amram si chiamava Iochebed, figlia di levi, che nacque a Levi in Egitto; essa partorì ad Amram Aronne, Mosè e Maria loro sorella" per cui Levi, in effetti, era il nonno per via di madre di Mosè, e allora la discendenza fu solo di tre generazioni: Levi, Iochebed, Mosè.
Ignoti sono la durata della vita di Iochebed e in che anno nacque da Levi in Egitto, ma se questa sposò Amram il figlio del fratello Keat, Iochebed e Amram dovevano essere più o meno della stessa età.
Il "Testamento di Levi", compreso nell'apocrifo dell'Antico Testamento "I Testamenti dei Dodici Patriarchi", testo di origine giudaica, scritto in greco forse verso la fine del II secolo a.C. con posteriori apporti cristiani, dice che questa figlia di Levi e di una certa Melcha, quindi "regina", sarebbe nata in Egitto quando il padre aveva 64 anni, quindi 4 anni dopo l'entrata di Giacobbe in Egitto.
Alcuni rabbini, nel Talmud la identificano come Sifra, una delle due levatrici che disobbedì a quel faraone che non conosceva Giuseppe che aveva loro ordinato d'impedire la nascita dei bambini ebrei (Esodo1,15-16).
Alla nascita della madre di Mosè, 4 anni dopo l'entrata in Egitto di Israele, ecco che dei 400 anni della profezia di Abramo per l'uscita del popolo dall'Egitto, erano passati i 60 anni, età d'Isacco quando gli nacque Giacobbe, i 130 dell' età di Giacobbe quando arrivò in Egitto e i 4 anni per la nascita di Iokebed, onde ne restavano 206, periodo troppo lungo, perché se si tolgono gli 80 anni di vita di Mosè prima dell'Esodo, Iokebed l'avrebbe dovuto partorire a 126 anni.

Il libro dell'Esodo, in modo perentorio, però, sostiene: "La permanenza degli Israeliti in Egitto fu di 430 anni. Al termine dei 430 anni, proprio in quel giorno, tutte le schiere del Signore uscirono dalla terra d'Egitto." (Esodo 12,40.42) mentre il libro della Genesi per contro dice che i discendenti di Abramo: "...saranno fatti schiavi e saranno oppressi per quattrocento anni." (Genesi 15,13)

Tenendo conto di quei 430 o 400 anni per la liberazione dalla schiavitù d'Egitto si arriverebbe alla data del 1522 - 430 (o 400) = 1092 (o 1122) posteriore comunque all'epoca della stele detta del faraone Merneptah che è del 1210 a.C. in cui esplicitamente è menzionato di Israele come già cacciato dall'Egitto.
La notazione dei 400 anni di Genesi 15,13-16, peraltro parla di 4 generazioni da quando vi entrarono.
Ora i 400 anni e le 4 generazioni paiono dati collegati come se l'autore in quel momento del Genesi valutasse in 100 anni la durata di una generazione, ma, abbiamo visto che per via di madre le generazioni fino a Mosè furono soltanto 3, Levi - Iokebed - Mosè, allora, pare logico che non 400 bensì 300 siano gli anni da contare da quando Giuseppe entrò in Egitto ossia dal 1517 a.C. e si arriverebbe al 1217 a.C., data possibile tanto più che in tal caso Iokebed avrebbe partorito Mosè quando aveva 26 anni.
A questi 300 siamo arrivati anche col ragionamento delle generazioni dei figli di Giuseppe.
Da quei due riferimenti del libro dell'Esodo 12,40.42 e Genesi 15,13 si potrebbe anche ritenere che la protezione di Giuseppe come viceré d'Egitto sui fratelli insediati in Gosen poté durare solo per 30 anni dall'entrata dei fratelli circa nel 1522 a.C., poi questi cominciarono ad essere considerati schiavi e furono oppressi, ma non lo furono certo per 400 anni, infatti, ancora troppo tardiva sarebbe la data dell'uscita.
Non dobbiamo dimenticare che la dinastia XVIII combatté ed espulse i re pastori dal nord, dai loro insediamenti ossia proprio dalle zone del delta del Nilo ove c'erano anche quelli dei figli d'Israele e se Giuseppe non fosse stato più viceré o fosse morto certo essendo gli ebrei dei semiti e stranieri sarebbero stati associati gente da asservire.
Questo pensiero peraltro contrasta con l'informazione con cui termina il libro della Genesi: "Poi Giuseppe morì all'età di centodieci anni; lo imbalsamarono e fu posto in un sarcofago in Egitto." (Genesi 50,26)

Quindi lo trattarono con ogni onore per tutti i 110 e anche oltre!
Giuseppe quando in Egitto uscì di prigione aveva 30 anni e fu allora che interpretò i sogni del faraone, fu fatto viceré e iniziarono i 7 anni delle vacche grasse.
Soltanto dopo i 37 anni di vita iniziò il tempo delle vacche magre, quindi, della carestia e fu dopo di allora che vennero i fratelli a cercare grano in Egitto.
È perciò da presumere che l'entrata con tutte le famiglie e con il padre Israele ci fu quando Giuseppe aveva ormai 39-40 anni e dalla moglie Asenat gli erano nati i figli Manasse ed Efraim.
Dicono i commentatori ebrei che Giuseppe aveva trascorso in Egitto già 12 anni, a servizio di Putifar e poi in prigione, ed aveva 30 anni quando fu fatto viceré.
Giacobbe in quel tempo aveva 120 anni d'età e iniziarono i 7 anni delle vacche grasse, fu quello il tempo in cui morì Isacco, dopo 10 anni, passati i 7 delle vacche grasse, in piena carestia venne in Egitto e vi stette per 17 anni ove morì alla bell'età di 147 anni (Genesi 47,28).
Prima di morire chiese d'essere sepolto con i suoi padri a Macpela (Genesi 49,29) e, quando accadde, Giuseppe, avuto il permesso dal faraone, con un grande corteo funebre (Genesi 50,1-14) di un gran seguito di carri assieme ai fratelli e a tutta la famiglia, seguito da ministri e anziani di corte, l'accompagnò in Canaan e lo depose nel sepolcro di famiglia.
Quale sede per le sepolture dei re d'Egitto per oltre 450 anni, dalla XVIII alla XX dinastia, ossia dal 1530 al 1070 a.C. fu scelta una zona vicino alle attuali Karnak e Luxor dov'era l'antica Tebe, capitale della XVIII dinastia, salvo la parentesi di Amarna con Akhenaton, ossia con la nuova città Akhetaton "Lo splendore di Aton" a metà strada tra il delta e Tebe.
A Tebe viveva evidentemente il faraone del nostro Giuseppe e quel sito archeologico delle tombe, fu detta Valle dei Re che proprio a partire dalla XVIII dinastia furono detti "faraoni" in quanto la loro residenza era chiamata "Per-Aa", la "Grande Casa".
Tebe rimase la capitale per tutti i sovrani del Nuovo Regno, poi la XXI dinastia la spostò nel delta del Nilo.
Se si dovesse cercare una tomba per Giuseppe che morì in Egitto si dovrebbe cercare tra le tombe dei cortigiani e ministri della XVIII dinastia.
Lui, infatti, non fu portato a Canaan, ma chiese che ciò fosse fatto in futuro, quando si fosse compiuto il tempo, certo che Dio avrebbe continuato a intessere la storia per concretizzare la promessa che aveva fatto ad Abramo e che il Giacobbe in vita senza meno avrà ricordato più volte a tutti i suoi figli.
Essendo proposta per Giuseppe una durata di vita di 110 anni (Genesi 50,26), è da ritenere che tale informazione stia a significare perlomeno che a Tebe, dopo essere stato nominato a 30 anni viceré d'Egitto la sua influenza durò per altri 80, quindi la sua memoria o permanenza in vita sarebbe arrivata certamente fino al 1450 a.C., quindi fosse ancora viva nel regno di Ahhenaton, ma per l'uscita dall'Egitto dopo Ramses II sarebbero dovuti trascorrere ancora oltre 230 anni, di cui solo 80 coperti dall'età di Mosè.
Non si può escludere che qualche discendente di Giuseppe sia poi entrato a servizio della dinastia e fosse stato ritenuto prezioso per i suoi consigli fino dai tempi di Akhenaton.
Abbiamo visto (Giosuè 26,29) che anche Giosuè, discendente della famiglia di Giuseppe, mori a 110 anni e questo fatto fa pensare che questa non sia una semplice coincidenza, ma che l'età di 110 anni fosse un modo di pensare egizio per la durata della vita perfetta di un saggio, qualifica a lui attribuita al di là dell'età di vita effettiva, come ad avvicinarlo al mondo degli dei.
Si legge da un racconto nel papiro di Westcar (conservato nel Museo di Berlino) che Djedi, il sapiente mago di Meidum, infatti, convocato secondo leggenda dal faraone Cheope per conoscere il segreto numero delle stanze del santuario di Thoth viene descritto come "un uomo di 110 anni che mangia 500 pani, mezzo bue intero e beve cento brocche di birre".
Gli studiosi R. Bauval e Graham Hancock, poi, esaminando il rapporto tra la costellazione delle 3 stelle della cintura di Orione e la mutua posizione delle piramidi di Cheope... di Chefren e di Micerino, del 2500 a.C., hanno concluso che la "cintura" di quella costellazione e le tre piramidi si trovavano corrispondenti alla stessa situazione astronomica del 10.500 a.C..
Se volessimo ricollegare idealmente quella data al 2500 a.C. avremmo bisogno di 8000 anni, ossia di 72 anni che servono al sole attraversa un grado dell'eclittica nel moto di precessione degli equinozi per il numero chiave 111,111 approssimabile a 110, ossia 111,111 x 72 = 7999,99.
In definitiva l'analogia che c'era tra il 110 e la saggezza si collega al mito per cui in Egitto nell'XI millennio a.C. vi sarebbe stata una stirpe di sovrani "divini" che trasmisero la loro sapienza e le loro conoscenze a una potente casta sacerdotale che le avrebbe tramandate alle generazioni successive.
In effetti, la durata media di vita degli Egizi era molto bassa.
L'aspettativa media di vita era di 35 anni e 40 anni era considerata una buona età e 65 un successo.
Il massimo che possiamo documentare sono i 90 anni di Ramsete II.
Le maggiori durate si potevano rinvenire nei ceti abbienti e le massime al culmine della piramide sociale al cui vertice c'era il faraone, poi nobili e funzionari, sacerdoti, scribi, guerrieri, mercanti e artigiani, contadini e, infine, gli schiavi prigionieri di guerra o divenuti tali per debiti.

GLI EBREI E AKHENATON
L'eccezionale durata del regno del faraone durante la vita di Mosè, tanto che solo alla sua morte, dopo 40 anni d'esilio, il profeta scelto da Dio poté rientrare in Egitto, fa convergere l'epoca dell'uscita dei figli d'Israele con quella del successore di Ramsete II, il faraone Merneptah, attorno al 1224 a.C. o giù di li +/- 10 anni.
Da questo elemento andando in dietro per le 3 generazioni di cui parla il libro dell'Esodo - Mosè, Iokebed, Levi - l'epoca in si dovrebbe collocare Giuseppe, coetaneo di Levi, se si pensano generazioni di durata "umana", ossia di 70-80 anni, non ampliate fino ai famosi discussi 110 anni, sarebbe quella di Toutmosi IV (1397-1387 a.C.) e del successori Amenofi III precedente al regno del faraone "eretico" Amenofi IV o Amenhotep IV, detto Achenaton (1374-1347 a.C.).
Al riguardo sappiamo che la caduta di quella XVIII dinastia, come abbiamo considerato, fu mossa dai sacerdoti di Amon di Tebe che con un colpo di stato favorirono l'ascesa al potere di Horemheb.
Tale Horemheb, che affiancò come generale l'anziano Ay, consigliere della vecchia dinastia, rimasto a regnare dopo la morte di Toutankamon, alla morte del vecchio Ay gli subentrò.
Horemheb fu, quindi, il "nuovo re, che non aveva conosciuto Giuseppe" di cui dice Esodo 1,8, ossia il primo faraone dell'oppressione.
Sotto di lui allora ci fu il decreto contro i neonati ebrei e nacque Mosè.
Ci fu poi l'insediamento su tutto l'Egitto della XIX dinastia quella dei Ramseti che proseguirono a tener sottomessi gli ebrei con i lavori forzati.
Stando così ne consegue che fino ad Ay in qualche modo s'era sentito l'influsso di Giuseppe.
Ay, del resto, era un esperto della vita di corte essendo stato in posti di rilievo sotto Amenophi III, Amenophi IV - Akhenaton e Tutankhamon.
Già consigliere di Amenophis III, divenuto faraone Amenophis IV - Akhenaton, lo seguì ad Akhetaton ossia nella nuova capitale ad Amarna e molti anni dopo, ricoperta la carica di Gran Visir, convinse Tutankhamon a tornare a Tebe e a ripristinare gli antichi culti onde cercare di superare le pericolose divergenze con i sacerdoti di Amon.
Tutankhamon morì misteriosamente... e Ay, sposò la regina e fu faraone, ma per l'età il suo regno fu breve e dopo la sua morte subì la "damnatio memoriae", come del resto accade ad Akhenaton, ossia, provarono a scalpellare il suo nome da ogni dove e ci fu una repressione nei riguardi dei suoi seguaci, il che prova che cercò di barcamenarsi per salvare capra e cavoli con occhio anche ai propri interessi, ma comunque non fu ritenuto credibile dai nemici della dinastia.
Horemheb, invece, di umili origini, intraprese la carriera militare durante il regno di Akhenaton, ma rimase a Tebe, quindi sotto l'influsso della classe sacerdotale di Amon, e sotto il regno di Tutankhamon il generale condusse delle spedizioni militari in Siria e in Libano contro gli Hittiti.
È probabile che Ay e Horemheb avessero stipulato un accordo.
Dopo Akhenaton ci fu una repressione nei riguardi dei suoi seguaci.
Vari studiosi cristiani, ebrei e mussulmani collegano Akhenaton e il suo credo in un Dio Unico alla venuta di Giuseppe in Egitto con tutti i suoi fratelli.
(Vedi: "Storia e mito degli ebrei in Egitto")

Nella tomba di Horemheb a Saqqara vi sono scene che secondo Stephen Mehler (Dalla luce alle tenebre) descriverebbero anche l'oppressione di seguaci di Aton tra cui, ritiene, fossero annoverati anche gli ebrei prima dell'Esodo.
Aton è il dio unico proposto da Akehenaton ed è rappresentato dal disco solare che con i suoi raggi, da luce, calore ed energia benefica, come mani che carezzano ovunque toccano manifestando amore per la vita.
Il suo geroglifico ITN, infatti, ha come "determinativo" il disco solare, ma ha anche un giunco fiorito, ossia la I l'esistenza della forza di vita che si legge anche come la vocale "a", la lettera T, una pagnotta, e una lettera N di energia.


ITN = Aton

Dietro a quel disco solare c'è di più, c'è l'idea che Aton è il motore primo di tutto il creato, la causa di tutta l'energia che in definitiva nutre l'uomo.
Ne segue che svaniscono tutti gli dei zoomorfi dell'Egitto con gran rincrescimento di tutti i loro sacerdoti.
Aton è l'origine di tutte le energie, la forza vitale che sta dietro al sole.
In ebraico la lettera "'Alef" equivale a "origine", la "Taw" ultima di quell'alfabeto indica anche la "fine, il tutto" e la "Nun" = è senz'altro "energia" ed ecco che sarebbe "'Aton" o "l'origine di tutto che porta l'energia ".
In ebraico il primo modo di indicarlo = "'etan" indica "stabilità, duraturo e persistente", mentre il seconda "'aton" sta per "asina, somara", come in Genesi 12,16 e Numeri 22,22, termine usato nei libri della Torah 15 volte e complessivamente 31 volte nella Tenak o Bibbia ebraica.
Nelle profezie sul Messia si trova il pensiero che questi comanda il cosmo e quindi per traslato d'immagini, cavalca un'asina:
  • Genesi 49,10-11 - "Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l'obbedienza dei popoli. Egli lega alla vite il suo asinello e a scelta vite il figlio della sua asina, lava nel vino la veste e nel sangue dell'uva il manto."
  • Zaccaria 9,9 - "Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d'asina."
Tutti i Vangeli poi propongono l'entrata messianica di Gesù in Gerusalemme che cavalca un asinello: "Quando si avvicinarono a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, mandò due dei suoi discepoli e disse loro: "Andate nel villaggio che vi sta di fronte, e subito entrando in esso troverete un asinello legato, sul quale nessuno è mai salito. Scioglietelo e conducetelo. E se qualcuno vi dirà: Perché fate questo? rispondete: Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito". (Marco 11,1-3; Matteo 21,1-11; Luca 19,28-38; Giovanni 12,12-16)

Il Messia tornerà alla fine dei tempi, infatti: "Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi" (Marco 8,38)

Quel "verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi" spezza la parola "'Aton" infatti: "Verrà () portandosi con gli angeli ", e gli angeli sono inviati dal Creatore come l'energia che emette il sole.
Alcuni, per la somiglianza fonetica delle lettere dentali "d" e "t" avvicinano 'Aton ad 'Adon = Signore, quindi al termine "'Adonai" che gli ebrei usano per non pronunciare il Tetragramma Sacro di IHWH.
A questo punto è da ricordare che la divinità suprema degli antichi popoli della Siria, quindi di Canan, era il dio "'El", in ebraico letteralmente "il più alto".
È stato trovata a Saqqara la tomba di un visir di Akhenaton il cui nome fu tradotto Ib-Ra-El, "Il cuore di Ra, El" e alcuni lo ritengono un collegamento tra il clero di Akhenaton e i Leviti.

Ma entriamo più nel dettaglio della famiglia e delle origini di Akhenaton.
Suo nonno da parte materna fu un certo Yuya.
Yuya fu un funzionario della XVIII dinastia sotto Thutmose IV e Amenfi III, cancelliere delle province settentrionali, quindi anche del territorio di Gosen, dotato d'intelligenza e sapienza, marito della nobile Tuia e padre di Ty e di Ay e nonno di Akhenaton.


Geroglifico col nome Yuia

(i 2 fiori sono "ii" e/o "y", l'uccellino è "u", il falco "a" poi c'è il determinativo )
Ty, sua figlia, pur non nobile, fu regina e sposa reale di Amenofi III, madre di Akhenaton e sorella di Ay suo visir che poi divenne anche un successore.
Nel 1904 James Edward Quibell scoprì la tomba di Yuya e Tuia, nella Valle dei Re, con un tesoro favoloso.



Geroglifico col nome TY

A questo punto non posso non ricordare Ahmed Osman, giornalista egiziano nato al Cairo nel 1934 che s'interessa di archeologia e di tutte le scoperte più recenti in quel campo in un suo libro (Stranger In The Valley Of The Kings - 1987), ha avvicinato la figura di Yuya, visir sotto Thutmose IV e Amenfi III, a quella di Giuseppe della Bibbia con i seguenti argomenti.
Giuseppe e Yuya erano stranieri in Egitto.
Yuya è l'unico noto dall'epoca dei Re hyksos che ha avuto il titolo "it ntr n nb tawi" "il sacro padre del Signore delle Due Terre".
Pur non di sangue reale fu sepolto nella Valle dei Re, la sua tomba non era decorata o iscritta e il suo nome rinvenuto sul sarcofago e su altri pezzi d'arredo funerario non è egizio.
I lobi delle sue orecchie non erano forate, mentre lo sono quelle della maggioranza delle mummie reali egizie.
È l'unica mummia con posizione delle mani con i palmi rivolti al collo appena sotto il mento e non incrociate sul petto.
Grafton Ellioth Smith, l'anatomopatologo britannico, che esaminò la mummia di Yuya nel 1905 concluse che aveva più di 60 anni e scrisse: "Il suo volto è relativamente corto ed ellittico... il naso è prominente, aquilino e sollevato...le labbra sembrano piuttosto piene. La mandibola è moderatamente squadrata...quando siamo giunti a indagare sui caratteri razziali del corpo di Yuya, abbiamo trovato molto poco cui appigliarci quale chiara indicazione delle sue origini ed affinità... la forma del volto sono del genere che si trova più comunemente in Europa, piuttosto che in Egitto"; insomma il profilo aquilino del naso di Yuya lo annovererebbe tra i semiti.

Di solito i nomi contengono l'idea del dio protettore, ma Yuia ha solo colui che è l'Essere = i i = Y come riferimento e nessun dio.
Yuya era possessore del sigillo e dell'anello del re del Basso Egitto aveva una catena d'oro e nella tomba c'era un piccolo cocchio, elementi tutti ricordati nell'attribuzione del titolo dato dal faraone a Giuseppe.
Particolarmente significativo è quel cocchio, elemento non usuale in una tomba egizia, ma ricordato più volte per Giuseppe nel libro della Genesi, quando il faraone lo nominò viceré e donò a Giuseppe un carro, poi, Giuseppe usò un cocchio per uscire ad accogliere suo padre Giacobbe (Genesi 46,29) quando arrivò in Egitto e quando andarono a seppellire il padre a Canaan."
Se Yuia fosse Giuseppe, Ay sarebbe suo figlio!
Sono vari comunque gli elementi analoghi al testo biblico sull'investitura del personaggio Giuseppe concordanti con quelli di quel visir della XVIII dinastia vissuto nel XIV secolo a.C. che potrebbe forse essere stato un suo discendente.

DALL'USCITA DALL'EGITTO AL PRIMO TEMPIO
È l'ora di pesare l'informazione che si trova in 1Re 6,1: "L'anno quattrocento ottantesimo dopo l'uscita degli Israeliti dalla terra d'Egitto, l'anno quarto del regno di Salomone su Israele, nel mese di Ziv, cioè nel secondo mese, egli dette inizio alla costruzione del tempio del Signore".

In parallelo il libro 2Cronache 3,2 precisa: "Incominciò a costruire nel secondo mese dell'anno quarto del suo regno."
Il Tempio sotto il regno di Salomone è in discussione se fu costruito nel 966 o nel 956 a.C., il che implica un "esodo" d'Israele dall'Egitto di 480+966 (956) nel 1446-1436 a.C., vale a dire appena dopo il regnare del faraone Akhenaton.
In base alle deduzioni fatte sinora, invece, gli anni dall'uscita dall'Egitto al tempo di Merneptah fino all'inizio della costruzione del primo Tempio sarebbero solo 250-260, così ripartiti:

- pellegrinanti nel deserto con Mosè                         40 anni
- per la conquista della terra promessa                     10 anni
- per quello dei giudici                                     136-146 anni
- per la durata del regno di Saul                               20 anni
- per la durata del regno di Davide (1Re 2,11)            40 anni
- del regno di Salomone                                            4 anni
                                                                    ___________
                                                                    250-260 anni

L'insieme degli anni indicati per ognuno giudici nel libro omonimo supera i 400 anni (450 in Atti 13,21), ma quei giudici non avevano potere su tutte le tribù, onde gli anni delle loro storie non sono sommabili.
Per la durata del regno di Saul non c'è certezza, ma:
  • per San Paolo in Atti 13,21 Saul regnò 40 anni.
  • fu re per 20 anni per 1Samuele 13,1 secondo la traduzione C.E.I. del 1974 che recita, "Saul aveva 30 anni quando cominciò a regnare e regnò 20 anni su Israele...", ma quella del 2008 precisa: "Saul era nel pieno degli anni quando cominciò a regnare, e regnò 2 anni su Israele".

Il testo della Tenak conferma questi 2 anni, ma si ritiene che ciò è per dar adito a pensare che quello di Saul fu un cattivo regnare come quello di Is-Baal - Is-Boset in 2Samuele 2,10.

Se veramente l'uscita dall'Egitto fosse avvenuta 480 anni prima dell'inizio della costruzione del Tempio, ossia nel 1446-1436 a.C., poiché gli Israeliti avrebbero conquistato Canaan circa 50 dopo, nel 1395-1386 a.C., i libri dell'Antico Testamento avrebbero dovuto ricordare che il territorio ormai in mano degli Israeliti sarebbe stato invaso e attraversato dell'esercito egiziano sotto la guida di Ramses II per andava a combattere in Libano nel 1275 a.C. gli Hittiti nella grande battaglia di Qadesh di cui abbiamo detto.
Del resto quello non fu un episodio indifferente tanto da poterlo far cadere nel dimenticatoio, visto che l'esercito egiziano attraversò i territori della terra promessa, di Tiro e di Biblo fino a Qadesh e ritorno con una grande armata d'invasione di 4 divisioni - Seth, Ra, Amon e Ptah - con 1.900 soldati egizi e 2.100 mercenari ciascuna e un totale di 2.500 carri da guerra, cui sono da aggiungere carri e addetti al supporto logistico.
Ci sarebbe stata una reazione da parte degli Israeliti, eppure non v'è cenno nella Bibbia, prova indiretta di un'uscita dall'Egitto successiva a tale evento.
Si nota poi una reticenza di tutto l'Antico Testamento sull'episodio del faraone eretico Akhenaton e della sua svolta monoteistica.
E ora un pensiero conclusivo.
Sovente le età dei patriarchi e le cronologie dei vari libri dell'Antico Testamento sono influenzate da pensieri ispirati ai giorni della creazione come se ciascuno di essi potesse riguardare un periodo "diurno", il solo che interessi, di 1000 anni in base all'idea palesemente espressa che:
  • Salmo 90,8 - "Mille anni, ai tuoi occhi, sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte";
  • 2Pietro 3,8 - "davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo".

Del resto Dio disse ad Adamo nel Paradiso terrestre: "Il Signore Dio diede questo comando all'uomo: Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire." (Genesi 2,16s)

Adamo ne mangiò e come aveva detto il Signore, nello stesso giorno perì.
Visse, infatti, solo 930 anni, come denuncia Genesi 5,5, e non arrivò ai 1000 della durata di un giorno di Dio.
Ciò si riverbera su tutte le genealogie e i tempi, a cominciare nel libro della Genesi in cui le durate delle vite spesso hanno valore simbolico e secondo molti sono piegate per creare paralleli profetici nella storia d'Israele.
Di ciò si vede un riflesso, che fa intravedere un uso antico di manipolazione, nel capitolo 1 del Vangelo di Matteo con la genealogia di Gesù, quando, in modo forzato, sono presentati tre cicli di 14 generazioni per sottolineare la discendenza da David le cui lettere ebraiche, come numerali, forniscono il numero (4+6+4) = 14.

Ora, la durata del soggiorno in Egitto secondo Esodo 12,40-41 è indicata di 430 anni (di 400 anni in Genesi 15,13) e 50 anni è la durata del percorso di 40 anni nel deserto più i 10 per la conquista della terra promessa.
Ecco che allora quel 480 di 1Re 6,1, coincide come entità con quel 430+50, onde comporta le problematiche che abbiamo discusso per quel 430.

L'autore del testo sacro è mia opinione che voglia sottolineare che il regno di 40 anni di Salomone, figura del regno messianico atteso, ma imperfetto, è al centro di un periodo doppio di 430+50 anni; Salomone, insomma, secondo 1Re 6,1, inizia a costruire il tempio 480 anni, equivalente a quei 430+50 anni, dopo l'esodo.
Abbiamo così i 430+50 prima dell'Esodo i 40 di regno dei Salomone (970-960 - 930-920 a.C.) e poi si dovrebbero avere altri 480 anni per pervenire a 1000 anni, un giorno di Dio come somma di 2x480+40 = 1000.
In tale ipotesi la costruzione del Tempio corrisponderebbe a mezzogiorno di quel simbolico millennio.
A questo punto, come la vita di Adamo a causa del peccato fu di soli 930 anni e non arrivò al tempo di un giorno di Dio di 1000 anni, così per i peccati d'Israele l'esilio babilonese non fece pervenire alla pienezza dei 1000 anni del "giorno".
Data certa, infatti, grazie a fonti coeve babilonesi ed egizie è quella della distruzione di quel Tempio avvenuta nel 586 a.C., quindi 370-380 anni dopo la sua costruzione, 410 secondo il Seder Olam Rabbah e non 480, quindi secondo tale notazione mancavano proprio 70 anni come alla vita di Adamo per arrivare ai 1000 anni.
Come a 930 fu ridotta la durata dell'esistenza terrena del primo uomo che fu creato e vide Dio faccia a faccia nel paradiso terrestre, così fu la durata del popolo di Dio nato con l'uscita dall'Egitto che divenuto un popolo fu portato in esilio dalla terra promessa senza più il Tempio ove incontrava Dio.
Poi, la storia, opera di Dio, volle si verificasse la scissione del Regno del Sud e del Nord e inizierà un nuovo ciclo di 1000 fino 70 d.C..
La durata complessiva del primo Tempio di Salomone e del secondo Tempio, poi distrutto dalle legioni romane di Tito nel 70 d.C., la storia vorrà che coincida proprio a quasi ulteriori 1000 anni.
A questi, secondo l'Apocalisse, seguirà un altro regno dei 1000 anni.

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