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RICERCHE DI VERITÀ...

 
LA STRAGE DEGLI INNOCENTI E LA FUGA IN EGITTO

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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SUI VANGELI CANONICI "DELL'INFANZIA" DI GESÙ »

VESCOVI AFRICANI E LA PREDICAZIONE SUI SANTI INNOCENTI
Per intanto, a dimostrazione della presa nella comunità Cristiana di quei racconti dell'infanzia di Matteo, presento i commenti di due autorevoli Padri della Chiesa del IV e V secolo.

Sant'Agostino (395-430) vescovo d'Ippona (antica città del nord Africa settentrionale, oggi ad Annaba in Algeria, che sorgeva nei pressi della foce del fiume Ubi) sulla visita dei Magi e sulla strage degli innocenti, studioso autorevole che, ovviamente, come vescovo di Chiesa cristiana, non mette dubbio sulla veridicità di quei fatti:

«In questa lettura del Vangelo che abbiamo ascoltato dobbiamo dunque considerare, o fratelli, molte cose. I Magi vengono dall'Oriente, cercano un Re dei Giudei, che mai prima era stato ricercato fra tanti re dei Giudei. Cercano uno che non è in età virile o anziano o agli occhi umani cospicuo per una splendida dimora o potente di eserciti, tale che incuta terrore con le armi, o vestito di ricca porpora, con diadema che rifulge. [Egli sarà piuttosto esultante per la sua croce, in cui redimerà tutti i martiri che lo hanno testimoniato. Egli sarà colui che risorge dagli inferi e che ascende al cielo]. Ma intanto è uno nato da poco che giace nella cuna, che si attacca avidamente alla mammella, senza alcun ornamento sul corpo, senza alcuna forza nelle membra, senza patrimonio familiare, che non si segnala né per la sua età né per alcun potere dei genitori. I Magi domandano notizia del Re dei Giudei al re dei Giudei; di Cristo [Dio e uomo], all'uomo Erode; [del Re dei cieli che ha creato l'uomo, a un re terreno, uomo]; notizia di un piccolo a un grande; di un nascosto a un illustre; di un umile a un potente; di uno che non parla ancora, a uno che parla; di un povero a un ricco; di un debole a un forte; e tuttavia tale che doveva essere adorato da chi lo disprezzava perché [anche se Erode lo perseguitava, Cristo aveva dominio su di lui e sugli altri]. Certamente in lui non si scorgeva alcuna pompa regale, ma si adorava la vera maestà. Alla fine Erode lo teme perché i Magi sono in cerca di lui. Essi desiderano trovare un re ed egli teme di perdere il regno. In definitiva lo cercano entrambi: essi per trovare la vita, egli per volerlo uccidere; egli per commettere contro di lui un grande misfatto, essi perché perdoni loro ogni peccato. In effetti Erode uccide molti bambini nella operazione che mira alla morte di uno solo. E nel condurre a termine una crudelissima e sanguinosissima strage contro tanti innocenti, con tale iniquità uccise se stesso per prima cosa. Intanto il nostro Re [Cristo], il Verbo [di Dio], il Bambino [Dio], mentre i Magi lo adoravano, mentre i bambini per lui morivano, stava nella culla o succhiava il latte e, pur non essendo ancora arrivato a parlare, trovava chi credeva in lui; e pur non avendo ancora affrontato la passione, già faceva martiri. O bambini felici, appena nati, non ancora esposti alla tentazione, non ancora nella lotta e già incoronati di gloria! Potrebbe dubitare della corona di gloria da voi guadagnata nella passione subita per Cristo chi non pensa che anche il Battesimo di Cristo giova ai bambini. Non avevate ancora l'età per poter credere nella futura passione di Cristo, ma avevate la carne e con essa la possibilità di sostenere la sofferenza per la passione che Cristo avrebbe sopportato. Non è pensabile che questi bambini siano rimasti al di fuori della grazia del Salvatore bambino, che era venuto a cercare ciò che era perduto. Egli perseguì questo fine non solo col nascere assumendo la carne, ma anche col supplizio della croce [col discendere agli inferi, coll'ascendere al cielo, col sedere alla destra del Padre]. Chi alla sua nascita poté avere gli angeli che lo annunziavano, i cieli che lo proclamavano, i Magi che lo adoravano, avrebbe potuto certamente predisporre anche che questi bambini non morissero qui per lui; questo se sapeva che con quella morte perivano e non invece che avrebbero vissuto una maggiore felicità. Lungi da noi, lungi da noi il pensare che Colui che è venuto a liberare gli uomini, che sul legno della croce pregava per quelli che lo uccidevano, non abbia fatto nulla per il premio di coloro che erano uccisi per lui. Che dirò di quei disgraziati Giudei che ai Magi in cerca di Cristo presentarono addirittura la profezia che indicava il luogo, designarono la città di Betlemme [e poi essi non la trovarono]? Sono simili ai costruttori dell'arca di Noè che provvidero alla salvezza degli altri ed essi morirono nel diluvio; simili alle pietre miliari che mostrarono la strada ma non poterono camminare [perché essi stoltamente rimasero sulla strada]. A loro fu chiesto dove sarebbe nato il Cristo. Risposero: "In Betlemme di Giudea, perché così è scritto dal profeta: E tu Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero la più piccola tra le città di Giuda. Da te infatti uscirà un capo che governerà il mio popolo, Israele." Coloro che cercavano udirono e proseguirono il cammino. Rimasero fermi i dottori che avevano dato le indicazioni. Separati da sentimenti opposti, gli uni divennero adoratori, gli altri persecutori. Anche ora i Giudei non cessano di presentarci qualcosa di simile. Infatti alcuni dei pagani per conoscere il Cristo già da tempo profetato, quando noi presentiamo loro le chiare testimonianze della Scrittura, nel sospetto che queste cose siano state inventate dai Cristiani, preferiscono affidarsi ai libri dei Giudei e così, come fecero i Magi, lasciano lì quelli a leggere inutilmente, ed essi vanno fedelmente ad adorare.»
(Dal discorso 373 sulla Epifania del Signore)

San Quodvultdeus, letteralmente "quello che Dio vuole" (Cartagine, fine IV secolo - 454) ordinato diacono attorno al 421 dallo stesso Agostino d'Ippona, dal 434 al 454 vescovo di Cartagine al tempo dell'invasione dei Vandali di Genserico, poi profugo a Napoli, scrive sui Magi:

"Il grande Re nasce piccolo bambino. I magi vengono da lontano guidati dalla stella e giungono a Betlemme per adorare colui che giace nel presepio, ma regna in cielo e sulla terra. Quando i magi annunziano a Erode che è nato il Re, egli si turba e per non perdere il regno cerca di ucciderlo, mentre credendo in lui sarebbe stato sicuro in questa vita e avrebbe regnato eternamente nell'altra. Che cosa temi, o Erode, ora the hai sentito the è nato il Re? Cristo non è venuto per detronizzarti, ma per vincere il demonio. Tu questo non lo comprendi, perciò ti turbi e infierisci; anzi, per togliere di mezzo quel solo che cerchi, diventi crudele facendo morire tanti bambini. Le madri che piangono non ti fanno tornare sui tuoi passi, non ti commuove il lamento dei padri per l'uccisione dei loro figli, non ti arresta il gemito straziante dei bambini. La paura che ti serra il cuore ti spinge a uccidere i bambini e, mentre cerchi di uccidere la Vita stessa, pensi di poter vivere a lungo, se riuscirai a condurre a termine ciò the brami. Ma egli, fonte della grazia, piccolo e grande nello stesso tempo, pur giacendo nel presepio, fa tremare il tuo trono; si serve di te che non conosci i suoi disegni e libera le anime dalla schiavitù del demonio. Ha accolto i figli dei nemici e li ha fatti suoi figli adottivi. I bambini, senza saperlo, muoiono per Cristo, mentre i genitori piangono i martiri che muoiono. Cristo rende suoi testimoni quelli che non parlano ancora. Colui the era venuto per regnare, regna in questo modo. Il liberatore incomincia già a liberare e il salvatore concede già la sua salvezza. Ma tu, o Erode, the tutto questo non sai, ti turbi e incrudelisci e mentre macchini ai danni di questo bambino, senza saperlo, già gli rendi omaggio. O meraviglioso dono della grazia! Quali meriti hanno avuto questi bambini per vincere in questo modo? Non parlano ancora e già confessano Cristo! Non sono ancora capaci di affrontare la lotta perché non muovono ancora le membra, e tuttavia già portano trionfanti la palma della vittoria."
(Dai "Discorsi" di san Quodvultdeus, vescovo. Disc. 2 sul Simbolo; PL 40, 655)

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