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LA STRAGE DEGLI INNOCENTI E LA FUGA IN EGITTO
di Alessandro Conti Puorger

SUI VANGELI CANONICI "DELL'INFANZIA" DI GESÙ
Mi riferisco ai Vangeli di Matteo e di Luca, gli unici due dei quattro canonici che riportano episodi della vita di Gesù tra la nascita e il suo ministero pubblico, con inizio dal battesimo nel Giordano.
Il presente articolo prende spunto e costituisce appendice del mio precedente "Gesù il virgulto, il germoglio, di Davide", alla cui lettura ovviamente rimando.
Al proposito, però, subito ricordo che quel titolo di "virgulto" riferito a Gesù prende spunto dalla nota profezia messianica del profeta Isaia che nel testo della Tenak, recita: "Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici". (Isaia 11,1)

Dall'ebraismo è detta TeNaK, acronimo TNK di, "Torah" o Legge, "Nevi'aim" o profeti e "Ketuvim" altri scritti, l'insieme delle tre parti delle Sacre Scritture canoniche ebraiche scritte in ebraico con alcune parti in aramaico, testi tutti integralmente inseriti nella Bibbia canonica cristiana nella parte detta Antico Testamento assieme ad altri scritti detti deuterocanonici prodotti a suo tempo in greco.

Nel testo ebraico di Isaia 11,1 quel "virgulto" è scritto come "netzoer" , termine che inequivocabilmente ricorda il nome della città di Nazaret.
Ecco che "virgulti" erano detti i discendenti di Davide, tra cui potenzialmente, prima o poi, si sarebbe trovato il "Virgulto" promesso, ossia il Messia, l'Unto, il Cristo, il Re atteso da Israele che Dio promise a Davide stesso per bocca del profeta Natan, per questo detto "il figlio di Davide".

La profezia si trova in 2Samuele 7,12-16 e recita: "Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu giacerai con i tuoi padri, io assicurerò dopo di te la discendenza uscita dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno... Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio... La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me e il tuo trono sarà reso stabile per sempre."

Questa promessa di un trono stabile per sempre non si verificò e alla morte del diretto successore al trono di Davide, ossia del figlio Salomone, il regno di questi si divise in quello del Nord e in quello del Sud.
Tali regni poi, in tempi diversi, trovarono il loro termine ad opera degli Assiri, quello del Nord, e dei Babilonesi, quello del Sud, per cui gli ebrei osservanti, certi che le promesse da Dio sono mantenute, attendono ancora il compiersi della profezia con la venuta del Messia che instaurerà il nuovo eterno regno di Davide.

Quel termine "netzoer" in definitiva spiega l'aggettivo di "Nazareno" dato a Gesù e scritto anche sul "titulus" fatto apporre da Pilato sulla croce - sintetizzato in INRI - ossia - Gesù Nazareno Re dei Giudei - attribuitogli non perché fosse un nazireo, cioè avesse fatto voto di nazireato di cui in Numeri 6,1-21, né per riferimento a Nazaret, il villaggio della Galilea delle genti ove abitò da fanciullo, ma perché era un discendente davidico, quindi sospetto di essere antiromano e di rivendicare un regno, quindi di voler essere Re come dice il titolo stesso, motivo di per sé già sufficiente per giustificarne agli occhi dei filo-romani l'uccisione per crocifissione, se qualche maggiorente avesse voluto inquisire il procuratore Ponzio Pilato per renderlo inviso all'imperatore.
Ne consegue anche che quel villaggio di Nazaret, ricordato nei Vangeli, come residenza dell'abitazione di Gesù fanciullo, potrebbe essere stato chiamato con quel nome proprio perché sede di "virgulti" davidici lì insediatisi al ritorno dall'esilio di Babilonia a nord della Galilea e in altre città vicine come Gamala nel Golan, ove nacque il movimento zelota per l'indipendenza del regno giudaico dai Romani e favorire l'insediamento di un nuovo regno davidico.
(A Gamala, peraltro, sono state trovate monete ivi coniate con l'iscrizione "Per la salvezza... di Gerusalemme la Santa").

Nel I secolo a.C. la città di Gamala, infatti, sotto un certo Ezechia, già di parte asmonea ossia dei Maccabei (da Asmon bisnonno di Mattatia, padre dei Maccabei), aveva assunto l'egemonia sulla zona, ma Erode il Grande volendo essere lui il governatore, come vedremo, catturò e poi uccise quell'Ezechia nell'anno 47 a.C. come riporta nella propria opera Antichità Giudaiche, 2 libro XIV 159 lo scrittore di origine ebraica Giuseppe Flavio. già capo di ribelli ebrei, antiromano preso prigioniero e fatto schiavo dagli stessi romani e divenuto "ammiratore" di chi aveva combattuto. (Il nome completo di Giuseppe Flavio era "Titus Flavius Iosephus" che assunse al momento che fu affrancato e ricevette cittadinanza romana da parte dell'imperatore Tito Flavio Vespasiano, mentre il proprio nome d'origine ebraico era "Yosef ben Matityahu" - "Giuseppe figlio di Mattia".)
Nel 22 a.C. l'imperatore Augusto ampliò il potere di Erode annettendogli le regioni di Traconitide, Auranitide e Batanea e due anni dopo vi aggiunse pure la Gaulanitide ove c'era appunto anche Gamala.
Ciò premesso, dei quattro Vangeli canonici soltanto quello di Matteo racconta i seguenti fatti avvenuti in occasione della nascita di Gesù:
  • in Matteo 2,1-12 - la venuta dei Magi a Gerusalemme;
  • in Matteo 2,16-18 - la successiva strage degli innocenti a Betlemme, città dove doveva nascere l'atteso "virgulto" di Iesse, strage ordinata da Erode il Grande;
  • in Matteo 2,13-15; 2,19-23 - la fuga in Egitto della Sacra Famiglia e il suo ritorno.
Entrambi i Vangeli di Matteo e di Luca certificano che Gesù nacque a Betlemme, ma quello di Matteo non riporta l'episodio dell'Annunciazione a Nazaret dell'angelo a Maria, per contro racconta di un sogno di Giuseppe in cui un angelo gli disse di prendere in moglie la fidanzata Maria, custodita in attesa di sposarla e che in un primo momento intendeva ripudiare.
L'angelo, di fatto, asserì che la fidanzata era pura e incolpevole di tradimento, perché il figlio che attendeva era frutto dello Spirito Santo.

È il Vangelo di Luca, invece, che precisa che i due sposi prima della nascita di Gesù abitavano già a Nazaret e che s'erano portati a Betlemme per soddisfare alla richiesta di presentarsi per un censimento, essendo Betlemme la città d'origine dello sposo che era un 'virgulto" discendente dalla famiglia di Davide, originaria, appunto, di quella città.
La strage degli innocenti bambini di Betlemme, di cui quindi presumibilmente molti davidici, ordinata dal re Erode il Grande, sarebbe avvenuta per il timore da parte di questi che s'avverasse la profezia sul re Messia della casa di Davide con la conseguente intronizzazione di questi a danno dello stesso Erode.

Il racconto sui Magi nel Vangelo di Matteo 2,1-12 è il seguente: "Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo. All'udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l'ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele. Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo. Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese."



Giotto - La strage degli innocenti

(Vedi: "I re Magi: un parallelo con la storia d'Abramo" e "Personaggi enigmatici. I Magi incontrano il Messia")

Questo episodio dell'adorazione del bambino Gesù da parte dei Magi è il motore della festa della "Epifania" o "manifestazione" del Signore al mondo, dal greco "epiphàneia", dal verbo "epiphànein", composto di "epì" dall'alto e "phànein" apparire.

Dal III secolo le comunità cristiane del Vicino Oriente associarono il termine Epifania ai primi tre segni rivelatori di Gesù Cristo, vale a dire:
  • l'adorazione dei Magi riportata dal solo Vangelo di Matteo,
  • il battesimo di Gesù al Giordano riferito da tutti e quattro i Vangeli canonici,
  • il miracolo di Gesù alle nozze di Cana narrato dal solo Vangelo di Giovanni.
La Chiesa Cattolica il 28 dicembre di ogni anno celebra la festa dei Santi Innocenti martiri, ossia dei bambini che a Betlemme di Giuda furono uccisi dall'empio re Erode, perché insieme a loro morisse il bambino Gesù che i Magi avevano adorato.
Questi bambini sono onorati come martiri fin dai primi secoli, primizia di tutti coloro che avrebbero versato il loro sangue per Dio e per l'Agnello.

Ora i Magi a Gerusalemme avevano detto: "Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo."

Certamente furono ben indelicati quei Magi nel presentarsi a Erode parlando di un Re dei Giudei da adorare e per conseguenza minimizzarono lui, Erode il Grande, re dei Giudei, ma, invero, vassallo dei Romani.

Le parole "adorare" e "stella" ben tre volte, come ho evidenziato in grassetto, sono presenti nel racconto, perché quel Re dei Giudei che cercavano i Magi era il Cristo che attendevano e ancora attendono i fedeli alla religione ebraica, ossia il Messia preannunciato da una nota profezia che si trova nella Torah, e che per i cristiani è il figlio del Dio Unico, il salvatore di ogni uomo a qualsiasi popolo appartenga.
Del resto "...ogni uomo saprà che io sono il Signore, il tuo salvatore e il tuo redentore, il Potente di Giacobbe." (Isaia 49,26)

Il brano dei Magi di Matteo peraltro fa comprendere che tutta una frangia dell'ebraismo dell'epoca, contrariamente a quello odierno, riteneva che il Messia fosse proprio "Figlio di Dio" e "Figlio dell'uomo".
Per un ebreo, infatti, la parola adorare può essere accettata solo nei confronti di Dio, quel Dio Unico, anche se ignorato da tutti i popoli, gli ebrei dicevano che s'era loro rivelato e, Erode il Grande, che si professava ebreo, non poteva parlare di adorazione come chiaramente il testo di Matteo dice avrebbe fatto con i Magi, senza cadere in grave eresia, se quegli, il Messia non fosse stato ritenuto proprio anche Dio stesso dall'idea comune dei praticanti l'ebraismo in quel tempo.
Del resto che solo il Signore IHWH sarebbe stato il "Salvatore" l'aveva detto ben chiaramente il profeta Osea.
Si trova scritto, infatti, in Osea 13,4: "Eppure io sono il Signore, tuo Dio, fin dal paese d'Egitto, non devi conoscere altro Dio fuori di me, non c'è salvatore fuori di me."

Il Messia, quindi, col suo Regno eterno non poteva che essere Figlio di Dio.
I Magi, peraltro, ricordano i re venuti a cercare la Terra Promessa in Genesi 14 e i profeti pagani, come Balaam in Numeri 22-24 cui è attribuita la profezia della "stella", "Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele" (Numeri 24,17b), stella ricordata come guida dai Magi stessi, quella che è la cometa della tradizione.

Il termine "stella", che in ebraico si dice "kokab" , che appunto ricorda quella profezia di del libro dei Numeri, in seguito fu fatto proprio da Simon Bar Kokeba, "Simone Figlio della Stella", che nel 132 si proclamò Messia, quindi pretendente al trono davidico, e si pose a capo di una rivolta contro i Romani provocando la III guerra giudaica che si concluse con la sconfitta definitiva dei rivoltosi.
I "Magi" venuti dall'Oriente seguendo la stella, che ricorda quella profezia, per rendere omaggio al "re dei Giudei" appena nato, raggiungono Gesù e gli donano mirra, oro e incenso.
Tali doni profetici dai Padri è stato riconosciuto che stanno a significare con:
  • la mirra la natura umana, l'uomo che come tale dovrà morire,
  • l'oro che sarà re,
  • l'incenso incarnazione, la natura divina da adorare appunto con l'incenso.
Il bambino che trovarono in braccio a sua madre in definitiva era proprio il re giusto profetizzato dalla figura di Melkitzedeq in Genesi 14,17-20 cui tramite Abramo fu pagata la decime anche del bottino conseguito con la sconfitta dei re stranieri.

Il re Erode era rimasto molto turbato da quel loro dire, ma conoscendo poco le Sacre Scritture s'informò da sacerdoti e scribi sul luogo in cui doveva nascere il Messia, vale a dire il Cristo, e prese atto della profezia che si trova nel libro del profeta Michea in 5,1-3: "E tu, Betlemme di Efrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall'antichità, dai giorni più remoti. Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando partorirà colei che deve partorire; e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d'Israele. Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore, suo Dio. Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra."

Betlemme, infatti, era la città della Giudea dove era nato Davide, l'ottavo dei figli maschi di Iesse, e dove il profeta Samuele l'aveva consacrato re con l'unzione. (1Samuele 16,1-13)

In quei tempi l'avvento del Messia, il re Figlio di Davide, peraltro, era intensamente atteso del popolo d'Israele che si trovava senza un regno indipendente, da anni sotto dominazione straniera, vassalli dei Romani dal primo ingresso nel 63 a.C. di truppe romane in Gerusalemme sotto il comando di Pompeo.

Il racconto di Matteo dice che i Magi, cui Erode aveva chiesto di riferirgli dove avessero trovato il bambino, dopo l'incontro tornarono a casa loro per un'altra via, ma Erode quando "...si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, s'infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi." (Matteo 2,16)

Questo dire "da due anni in giù" fa trapelare un'incertezza di Erode sulla precisa data di nascita del bambino annunciato, quindi, anche un certo indeterminato periodo di tempo trascorso tra l'incontro con i Magi e la decisione dell'eccidio.
Il sanguinario Erode, comunque, si comportò proprio come il Faraone d'Egitto nei riguardi dei fanciulli ebrei al tempo dell'Esodo.
In definitiva le questioni dei Magi e della strage degli innocenti erano strettamente connesse alla conoscenza della Torah e all'ebraismo, quindi ricordate ai lettori da Matteo che come vedremo, in una prima sua edizione scrisse in aramaico soprattutto per gli ebrei del suo tempo.

I Vangeli di Marco e di Giovanni non parlano dell'infanzia di Gesù, ma il primo scrive essenzialmente per i provenienti dai pagani e il secondo, che ebbe una redazione più tardiva rispetto agli altri, non nega i fatti narrati dai Vangeli precedenti, ma in genere fornisce ulteriori precisazioni con una visione teologica ampliata da anni di meditazione da parte delle comunità cristiane.
Secondo vari studiosi gli sviluppi della produzione dei quattro Vangeli canonici sarebbero i seguenti:
  • vi fu, evidentemente, una prima raccolta di appunti immediati presi dai primi ascoltatori dei detti di Gesù o brogliacci di prime catechesi che gli studiosi hanno chiamato raccolta Q, dal tedesco "Quelle", ossia "fonte";
  • la seconda tappa fu il Vangelo di Marco datato attorno al 70 d.C.;
  • la terza, verso gli anni 80-90, fu la composizione indipendente dei Vangeli di Matteo e di Luca aventi, per molti studiosi, come supporto proprio quello di Marco con aggiunte e varianti proprie colte da testimoni allora ancora viventi;
  • l'ultima tappa fu la redazione del quarto vangelo, databile alla fine del I secolo che si sarebbe avvalso di una tradizione originale diversa da quella dei sinottici, forse attribuibile a un testimone oculare, identificato dalla tradizione con l'apostolo Giovanni.
Matteo, secondo la tradizione scrisse la prima edizione del suo Vangelo in aramaico destinata essenzialmente alle comunità d'origine ebraica.
L'esistenza di un Vangelo in aramaico dell'apostolo Matteo è sostenuta da:
  • Papia in Esegesi dei detti del Signore, citato da Eusebio, Hist. Eccl. 3,39,19;
  • Ireneo in Adv. Haer. 1,26; 3,1;
  • Clemente Alessandrino in Stromata 1,21;
  • Tertulliano Adv. Marc. 4,2;
  • Origene, citato da Eusebio, Hist. Eccl. 6,25,3-4;
  • Panteno, citato da Eusebio, Hist. Eccl. 5,10,3;
  • Eusebio in Hist. Eccl. 3,24,5-6;
  • Epifanio in Panarion 29,9,4;
  • Girolamo in De viris ill. 3.
Ora, la questione di quella strage degli innocenti e poi come vedremo dell'esilio in Egitto della Sacra Famiglia con i sogni di Giuseppe per Matteo erano importanti per evidenziare la veridicità della profezia in Osea 11,1 "Dall'Egitto ho chiamato mio figlio" che legava Gesù, il Cristo, alla storia precedente degli ebrei, con i sogni di Giuseppe vice-faraone, con l'uscita dall'Egitto e la morte di tanti bambini innocenti nel Nilo per ordine del faraone.
In definitiva l'episodio pone in evidenza che Erode il Grande, come il faraone d'Egitto dei racconti della Torah, era un nemico di Dio.
Del resto serviva per porre in evidenza che la vita di Mosè adombrava quella salvifica del Cristo.
Il prospetto seguente ne sintetizza il confronto.


Per Marco e Luca, assistenti di apostoli, rispettivamente di Pietro e di Paolo, che scrivevano essenzialmente per riferire ai provenienti dei pagani gli eventi della vita di Gesù, invece, era meno importante addentrarsi in spiegazioni che avrebbero comportato addentrarsi nella tradizione ebraica in quanto li avrebbero allontanati dal filo principale dell'annuncio della Buona Notizia e non avrebbero avuto pronta presa sui lettori.

La differente impostazione dei Vangeli dell'infanzia in Matteo e Luca e una mancanza di riscontro di quella strage nei libri "Antichità Giudaiche" e "Guerra Giudaica" dello storico Giuseppe Flavio (37-100 d.C.), libri da molti ritenuti una base principale di notizie valutate come certificate sulle vicende giudaiche di quei tempi, ha sollevato in vari studiosi dubbi sulla veridicità di quei racconti dell'infanzia del Vangelo di Matteo.
Questo mio articolo intende esaminare aspetti e questioni su questo tema per portare elementi che aiutino a chiarire le idee al riguardo.

VESCOVI AFRICANI E LA PREDICAZIONE SUI SANTI INNOCENTI
Per intanto, a dimostrazione della presa nella comunità Cristiana di quei racconti dell'infanzia di Matteo, presento i commenti di due autorevoli Padri della Chiesa del IV e V secolo.

Sant'Agostino (395-430) vescovo d'Ippona (antica città del nord Africa settentrionale, oggi ad Annaba in Algeria, che sorgeva nei pressi della foce del fiume Ubi) sulla visita dei Magi e sulla strage degli innocenti, studioso autorevole che, ovviamente, come vescovo di Chiesa cristiana, non mette dubbio sulla veridicità di quei fatti:

«In questa lettura del Vangelo che abbiamo ascoltato dobbiamo dunque considerare, o fratelli, molte cose. I Magi vengono dall'Oriente, cercano un Re dei Giudei, che mai prima era stato ricercato fra tanti re dei Giudei. Cercano uno che non è in età virile o anziano o agli occhi umani cospicuo per una splendida dimora o potente di eserciti, tale che incuta terrore con le armi, o vestito di ricca porpora, con diadema che rifulge. [Egli sarà piuttosto esultante per la sua croce, in cui redimerà tutti i martiri che lo hanno testimoniato. Egli sarà colui che risorge dagli inferi e che ascende al cielo]. Ma intanto è uno nato da poco che giace nella cuna, che si attacca avidamente alla mammella, senza alcun ornamento sul corpo, senza alcuna forza nelle membra, senza patrimonio familiare, che non si segnala né per la sua età né per alcun potere dei genitori. I Magi domandano notizia del Re dei Giudei al re dei Giudei; di Cristo [Dio e uomo], all'uomo Erode; [del Re dei cieli che ha creato l'uomo, a un re terreno, uomo]; notizia di un piccolo a un grande; di un nascosto a un illustre; di un umile a un potente; di uno che non parla ancora, a uno che parla; di un povero a un ricco; di un debole a un forte; e tuttavia tale che doveva essere adorato da chi lo disprezzava perché [anche se Erode lo perseguitava, Cristo aveva dominio su di lui e sugli altri]. Certamente in lui non si scorgeva alcuna pompa regale, ma si adorava la vera maestà. Alla fine Erode lo teme perché i Magi sono in cerca di lui. Essi desiderano trovare un re ed egli teme di perdere il regno. In definitiva lo cercano entrambi: essi per trovare la vita, egli per volerlo uccidere; egli per commettere contro di lui un grande misfatto, essi perché perdoni loro ogni peccato. In effetti Erode uccide molti bambini nella operazione che mira alla morte di uno solo. E nel condurre a termine una crudelissima e sanguinosissima strage contro tanti innocenti, con tale iniquità uccise se stesso per prima cosa. Intanto il nostro Re [Cristo], il Verbo [di Dio], il Bambino [Dio], mentre i Magi lo adoravano, mentre i bambini per lui morivano, stava nella culla o succhiava il latte e, pur non essendo ancora arrivato a parlare, trovava chi credeva in lui; e pur non avendo ancora affrontato la passione, già faceva martiri. O bambini felici, appena nati, non ancora esposti alla tentazione, non ancora nella lotta e già incoronati di gloria! Potrebbe dubitare della corona di gloria da voi guadagnata nella passione subita per Cristo chi non pensa che anche il Battesimo di Cristo giova ai bambini. Non avevate ancora l'età per poter credere nella futura passione di Cristo, ma avevate la carne e con essa la possibilità di sostenere la sofferenza per la passione che Cristo avrebbe sopportato. Non è pensabile che questi bambini siano rimasti al di fuori della grazia del Salvatore bambino, che era venuto a cercare ciò che era perduto. Egli perseguì questo fine non solo col nascere assumendo la carne, ma anche col supplizio della croce [col discendere agli inferi, coll'ascendere al cielo, col sedere alla destra del Padre]. Chi alla sua nascita poté avere gli angeli che lo annunziavano, i cieli che lo proclamavano, i Magi che lo adoravano, avrebbe potuto certamente predisporre anche che questi bambini non morissero qui per lui; questo se sapeva che con quella morte perivano e non invece che avrebbero vissuto una maggiore felicità. Lungi da noi, lungi da noi il pensare che Colui che è venuto a liberare gli uomini, che sul legno della croce pregava per quelli che lo uccidevano, non abbia fatto nulla per il premio di coloro che erano uccisi per lui. Che dirò di quei disgraziati Giudei che ai Magi in cerca di Cristo presentarono addirittura la profezia che indicava il luogo, designarono la città di Betlemme [e poi essi non la trovarono]? Sono simili ai costruttori dell'arca di Noè che provvidero alla salvezza degli altri ed essi morirono nel diluvio; simili alle pietre miliari che mostrarono la strada ma non poterono camminare [perché essi stoltamente rimasero sulla strada]. A loro fu chiesto dove sarebbe nato il Cristo. Risposero: "In Betlemme di Giudea, perché così è scritto dal profeta: E tu Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero la più piccola tra le città di Giuda. Da te infatti uscirà un capo che governerà il mio popolo, Israele." Coloro che cercavano udirono e proseguirono il cammino. Rimasero fermi i dottori che avevano dato le indicazioni. Separati da sentimenti opposti, gli uni divennero adoratori, gli altri persecutori. Anche ora i Giudei non cessano di presentarci qualcosa di simile. Infatti alcuni dei pagani per conoscere il Cristo già da tempo profetato, quando noi presentiamo loro le chiare testimonianze della Scrittura, nel sospetto che queste cose siano state inventate dai Cristiani, preferiscono affidarsi ai libri dei Giudei e così, come fecero i Magi, lasciano lì quelli a leggere inutilmente, ed essi vanno fedelmente ad adorare.»
(Dal discorso 373 sulla Epifania del Signore)

San Quodvultdeus, letteralmente "quello che Dio vuole" (Cartagine, fine IV secolo - 454) ordinato diacono attorno al 421 dallo stesso Agostino d'Ippona, dal 434 al 454 vescovo di Cartagine al tempo dell'invasione dei Vandali di Genserico, poi profugo a Napoli, scrive sui Magi:

"Il grande Re nasce piccolo bambino. I magi vengono da lontano guidati dalla stella e giungono a Betlemme per adorare colui che giace nel presepio, ma regna in cielo e sulla terra. Quando i magi annunziano a Erode che è nato il Re, egli si turba e per non perdere il regno cerca di ucciderlo, mentre credendo in lui sarebbe stato sicuro in questa vita e avrebbe regnato eternamente nell'altra. Che cosa temi, o Erode, ora the hai sentito the è nato il Re? Cristo non è venuto per detronizzarti, ma per vincere il demonio. Tu questo non lo comprendi, perciò ti turbi e infierisci; anzi, per togliere di mezzo quel solo che cerchi, diventi crudele facendo morire tanti bambini. Le madri che piangono non ti fanno tornare sui tuoi passi, non ti commuove il lamento dei padri per l'uccisione dei loro figli, non ti arresta il gemito straziante dei bambini. La paura che ti serra il cuore ti spinge a uccidere i bambini e, mentre cerchi di uccidere la Vita stessa, pensi di poter vivere a lungo, se riuscirai a condurre a termine ciò the brami. Ma egli, fonte della grazia, piccolo e grande nello stesso tempo, pur giacendo nel presepio, fa tremare il tuo trono; si serve di te che non conosci i suoi disegni e libera le anime dalla schiavitù del demonio. Ha accolto i figli dei nemici e li ha fatti suoi figli adottivi. I bambini, senza saperlo, muoiono per Cristo, mentre i genitori piangono i martiri che muoiono. Cristo rende suoi testimoni quelli che non parlano ancora. Colui the era venuto per regnare, regna in questo modo. Il liberatore incomincia già a liberare e il salvatore concede già la sua salvezza. Ma tu, o Erode, the tutto questo non sai, ti turbi e incrudelisci e mentre macchini ai danni di questo bambino, senza saperlo, già gli rendi omaggio. O meraviglioso dono della grazia! Quali meriti hanno avuto questi bambini per vincere in questo modo? Non parlano ancora e già confessano Cristo! Non sono ancora capaci di affrontare la lotta perché non muovono ancora le membra, e tuttavia già portano trionfanti la palma della vittoria."
(Dai "Discorsi" di san Quodvultdeus, vescovo. Disc. 2 sul Simbolo; PL 40, 655)

LA FUGA IN EGITTO DELLA SACRA FAMIGLIA
Il racconto che si trova solo in Matteo della fuga da Betlemme in Egitto della Sacra Famiglia, secondo la traduzione C.E.I. del 2008 è il seguente:

"Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo. Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Dall'Egitto ho chiamato mio figlio... Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va' nella terra d'Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino. Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d'Israele. Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: Sarà chiamato Nazareno." (Matteo 2,13-15; 19-23)

In definitiva Giuseppe in questo racconto riceve rivelazioni da parte di un angelo in tre sogni:
  • uno per fuggire da Betlemme,
  • uno che l'avverte della morte di Erode,
  • un altro sogno premonitore per cui con la famiglia si portò a Nazaret in Galilea evitando Betlemme e la Giudea che era sotto il dominio diretto di discendenti di Erode.
Giuseppe per fuggire certamente scelse la strada verso sud, per allontanarsi il più possibile da Gerusalemme e da Erode e, una volta arrivato a Ebron, avrà deviato a ovest per immettersi nella "Via del Mare".
Alcune inesattezze nel conto degli anni bisestili da parte del calendario "Giuliano" portano a ritenere che Gesù, in effetti, non nacque nell'anno 1 d.C., ma nel 7-6 a.C..
Erode il Grande invece per una grave e particolare malattia infettiva al basso ventre morì a Gerico a 77 anni d'età nell'anno 750 di Roma, vale a dire nel 4 a.C.; la Sacra Famiglia, quindi, sarebbe stata in esilio in Egitto per 2-3 anni.

Il Vangelo di Luca in 2,21-24 narra però della nascita di Gesù in una stalla di Betlemme, in quanto, cita una mangiatoia, e precisa che la Sacra Famiglia rimase per almeno 33 giorni ancora a Betlemme, infatti: "Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima che fosse concepito nel grembo. Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale (della madre, pari a 30 giorni se ha partorito un figlio maschio), secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore - come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore - e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore."

I giorni della purificazione rituale della madre, secondo Levitico 12,3-5, sono pari a 33 giorni se ha partorito un figlio maschio.
Il Vangelo di Luca, poi, non parla della fuga in Egitto raccontata da Matteo, ma dice: "Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret." (Luca 2,39)

Dal combinato dei due Vangeli è da concludere che l'evento della strage fu compiuto almeno dopo 33 giorni dalla nascita di Gesù, quando Erode si rese conto che i Magi l'avevano ingannato e per questa incertezza dilatò fino a 2 anni l'età dei bambini da uccidere.
Si conclude anche che a Betlemme la Sacra Famiglia fu certamente accolta in casa di qualche parente e i primi giorni trovarono alloggio solo nella loro stalla, perché non c'era posto visto i tanti parenti che venivano per il censimento.

Ora, vari critici, preso atto che il racconto dei Magi e della fuga in Egitto è solo in Matteo, hanno ritenuto che nella fattispecie l'intento di quel Vangelo non sia storico o di riportare la cronaca di eventi reali, ma soltanto teologico, cioè l'evangelista avrebbe composto un "midrash" cristiano.
Pur se chiaro è l'intento in Matteo di associare Gesù alla profezia di Osea 11,1 "Quando Israele era fanciullo, io l'ho amato e dall'Egitto ho chiamato mio figlio" e all'esodo degli Ebrei dall'Egitto, in cui il popolo Israele è chiamato da Dio "mio figlio", quando dice "Israele è mio figlio... lascia andare mio figlio" (Esodo 4,22s) e di attestare un parallelo tra l'antico Mosè e Gesù stesso come il nuovo Mosè da quello annunciato, non è motivo sufficiente per asseverare che racconti di quei fatti non siano relativi a eventi realmente veri avvenuti.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica al riguardo, nel confermare quei fatti, dice:

530 - La "fuga in Egitto" e la strage degli innocenti manifestano l'opposizione delle tenebre alla luce: "Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto" (Giovanni 1,11). L'intera vita di Cristo sarà sotto il segno della persecuzione. I suoi condividono con lui questa sorte. Il suo ritorno dall'Egitto ricorda l'Esodo e presenta Gesù come il liberatore definitivo.

L'Egitto di fatto fu per Gesù un rifugio, come lo fu per i patriarchi:
  • Abramo per una carestia scese in Egitto a soggiornarvi (Genesi 12,10).
  • Giuseppe venduto dai fratelli fu portato in Egitto (Genesi 37,12-36).
  • Giacobbe - Israele andò in Egitto convocato dal figlio Giuseppe (Genesi 46,1-7).
  • Tutta la famiglia di Israele entrò in Egitto e vi si stabilì (Genesi 46-50; Esodo 1,1-6).
In effetti, il racconto della fuga in Egitto della Santa famiglia è riportato anche nei racconti di vari vangeli apocrifi:
  • Pseudo Matteo,
  • il Vangelo arabo dell'infanzia,
  • il Vangelo Armeno dell'Infanzia.
Questi "apocrifi" allargano la narrazione di Matteo col fatti miracolosi come asini e buoi che trasportano le masserizie, l'incontro con draghi, leoni e leopardi che s'inchinano ad adorare il bambino, le statue delle divinità egiziane che vanno in frantumi all'entrata di Gesù in Egitto, le palme che si abbassano per dare ristoro e cibo a Maria...
Il Vangelo arabo dell'infanzia del Salvatore, vangelo gnostico, indica per la residenza della Sacra Famiglia in Egitto fosse a Matarea, ove vi si venera la "fontana della Vergine" e "l'albero di Maria".
Matarea, oggi "El Matariya", era un quartiere dell'antica città di Eliopoli, situata a 20 km a nord-nord-est delle tre piramidi di Giza terra ospitale per gli ebrei perseguitati e all'epoca di Gesù vi dimorava una nutrita colonia giudea.

Dice quell'apocrifo in 24,1: A Matarea. Si diressero poi a quel sicomoro che oggi è detto Matarea. Il signore Gesù fece scaturire una sorgente a Matarea nella quale la padrona Maria lavò la sua camicetta. Il balsamo di quella regione deriva dal sudore del signore Gesù che essa vi sparse.



La fuga in Egitto - Manoscritto d'arte etiopica

Quei Vangeli sono certamente anche frutto dell'apporto della tradizione delle chiese Egiziane, ossia quella dei copti, oggi ortodossi e cattolici, chiese di antica origine e della prima ora (I secolo) per la predicazione di San Marco evangelista che vi annunciò il Vangelo al tempo dell'imperatore Nerone.
Alessandria fu un importante centro di cultura e di fede cristiani e vi operarono i patriarchi Clemente Alessandrino (150-215) e Origene (185-250).
Nel deserto della Tebaide i monaci Paolo, Antonio e Pacomio dettero origine alla prima diffusione del monachesimo e molti dei primi monaci copti vi morirono come martiri.
Il capo della Chiesa copta è il Patriarca di Alessandria.
Il distacco dalla Chiesa latina e greca ci fu solo dopo il Concilio di Calcedonia (quartiere asiatico della odierna Istanbul) che nel 451 stabilì che Cristo era al tempo stesso Dio e uomo, mentre i copti ortodossi che si definiscono "miafisiti" gli riconoscono una sola natura, pur se speciale.
Una presenza cattolica in Egitto si manifestò solo nel 1700 con la conversione al cattolicesimo di Atanasio, vescovo copto di Gerusalemme, ma rimase sempre minoritaria, ma dopo il Concilio Vaticano II è iniziato un cammino ecumenico che portò nel 1973 al primo incontro dopo 15 secoli tra Paolo Vi e il Papa dei Copti Shenuda III.
Per tutto l'Egitto vi sono diverse chiese e santuari che sarebbero stati eretti in luoghi abitati dalla famiglia; il più importante di questi è la chiesa di San Sergio ad Abu Serghis in corrispondenza della casa di Gesù in Egitto.
Un patriarca di Alessandria, Teofilo (384-412), precisamente il ventitreesimo, contemporaneo di Sant'Agostino, riporta la rivelazione della Vergine ricevuta in sogno sulla via percorsa dalla Famiglia in Egitto per sfuggire alla ''strage degli innocenti''; da Betlemme verso il Sinai, passando per Gaza sulla via carovaniera e giungendo all'antica città di Farma, "Porta d'Egitto' indi a Bastah, nei pressi dell'attuale città di Zagazig, a Samanud e Sakha quindi nei sobborghi del Cairo, e a Haret Zuwaila, per poi cercare rifugio nella fortezza di Babilonia nell'antica Cairo.
La tradizione copta ha poi segnato il cammino che avrebbe percorso la Santa Famiglia facendo sorgere dei monasteri nelle varie tappe: Al-Arish, Famra, Bastah, Belbeis, Samanud, Sakha, Wadi al-Natrun, Matariyah, Haret Zuwaila, Babylon, poi ancora anche verso l'alto Egitto, Ma'adi, Gebel al-Tair, Al-Ashmunain, Dair Al-Muharraq, Assiut (l'antica Lycopolis) e l'Isola di Elefantina.

La Chiesa Copta d'Egitto celebra il 1° Giugno di ogni anno la festa "Entrata del Cristo Signore nella terra d'Egitto" o della "Venuta di Nostro Signore in Egitto, con Maria, Giuseppe e Salome".
Salome secondo gli apocrifi era la levatrice che ha aiutato Maria durante il parto e che sarebbe rimasta in seguito al suo servizio.

Il Sinassario, che la Chiesa Copta legge durante la Messa della festa recita:

«In questo giorno benedetto, il Messia nostro Signore venne nella terra d'Egitto. Egli aveva due anni, come è menzionato nel Vangelo. Un Angelo del Signore era apparso in sogno a Giuseppe e gli aveva detto: "Alzati, prendi il bambino e la sua madre, fuggi nella terra d'Egitto e rimani lì fino a quando non te lo dirò" (Matteo 2,13). La presenza del Signore in Egitto avvenne per due motivi. Il primo era per scongiurare la sua uccisione per le mani di Erode. Il secondo era di non privare gli abitanti dell'Egitto della grazia della sua venuta fra di loro, destinata a distruggere gli idoli che si trovavano in quel Paese, e ad adempiere la profezia che diceva: "Oracolo sull'Egitto. Ecco, il Signore cavalca una nube leggera ed entra in Egitto. Crollano gli idoli dell'Egitto davanti a lui e agli Egiziani viene meno il cuore nel petto." (Isaia 19,1)»

IL PROTOVANGELO DI GIACOMO
Il Protovangelo o Vangelo di Giacomo è un testo molto antico, scritto in greco tra il 140 - 170 d.C., ma definito "apocrifo" dalla Chiesa.
Origene (185-254), infatti, nel suo "Commentario al Vangelo di Matteo" del 247 accenna a un "Libro di Giacomo".
Questo documento apocrifo in XXV,1 intende suggerire d'essere stato scritto da un certo Giacomo e si pensa all'apostolo identificato come Giacomo il Minore per distinguerlo dal suo omonimo, Giacomo il fratello di Giovanni.
Giacomo il Minore sarebbe Giacomo il Giusto, "fratello del Signore", morto nel 62 e nato attorno al 5 d.C., quindi, non testimone dei fatti che racconta nel testo che è posteriore di 80-110 anni alla sua morte.
L'attribuzione non è accettata e molti ritengono quella di Giacomo una pseudo epigrafia per valorizzare il testo.
È comunque il più antico testo che sostenga la verginità di Maria prima, durante e dopo la nascita di Gesù.

Questo Protovangelo che si sviluppa in 25 capitoletti riporta e rielabora i racconti dell'infanzia di Gesù dei Vangeli canonici secondo Matteo e Luca e li allarga con l'infanzia e l'educazione di Maria.
Il testo in origine era chiamato, infatti, "La Natività di Maria", ma l'umanista Guillaume che lo trovò a metà del cinquecento lo definì "protovangelo", cioè "primo vangelo", ma parla poco di Gesù ed è soprattutto un vangelo essenzialmente "mariano".
La tradizione cristiana pur se l'ha ritenuto apocrifo da questo ha comunque acquisito alcune delle informazioni in esso contenute, in particolare relativamente alla vita di Maria e dei suoi genitori, Anna e Gioacchino, al fatto che Maria e Giuseppe furono sottoposti alla prova delle acque amare; inoltre asserisce che Giuseppe aveva altri figli, vi si parla della grotta di Betlemme, ma non vi sono ancora il bue e l'asinello che appaiono nel vangelo apocrifo del pseudo Matteo detto anche "Vangelo dell'infanzia di Matteo" o con la dicitura medievale "Libro sulla nascita della Beata Vergine e sull'infanzia del Salvatore" anche esso databile come scritto nel II secolo.

Per quanto riguarda la questione della strage degli innocenti riporto il testo del Protovangelo di Giacomo dal capitolo XXI alla conclusione capitolo XXV.

XXI - Poi Giuseppe si preparò a partire per la Giudea. In Betlemme della Giudea ci fu un grande trambusto, perché erano venuti dei magi che dicevano: Dov'è il nato re dei Giudei? Abbiamo visto la sua stella nell'Oriente e siamo venuti ad adorarlo. Udendo questo, Erode fu turbato e inviò dei ministri ai magi; mandò anche a chiamare i sommi sacerdoti e li interrogò, dicendo: Come sta scritto a proposito del Cristo, dove deve nascere? Gli risposero: In Betlemme della Giudea, perché così sta scritto. E poi li rimandò. Interrogò anche i magi, dicendo: Quale segno avete visto a proposito del re che è nato? I magi gli risposero: Abbiamo visto una stella grandissima che splendeva tra queste stelle e le oscurava, tanto che le stelle non apparivano più. È così che noi abbiamo conosciuto che era nato un re a Israele, e siamo venuti per adorarlo. Andate e cercate, disse Erode e se troverete fatemelo sapere affinché anch'io venga a adorarlo. I magi poi se ne andarono. Ed ecco che la stella che avevano visto nell'oriente li precedeva fino a che giunsero alla grotta, e si arrestò in cima alla grotta. I magi, visto il bambino con Maria sua madre, trassero fuori dei doni dalla loro bisaccia: oro, incenso e mirra. Essendo stati avvertiti da un angelo di non entrare nella Giudea, se ne tornarono al loro paese per un'altra via.

XXII - Accortosi di essere stato giocato dai magi, Erode si adirò e mandò dei sicari, dicendo loro: Ammazzate i bambini dai due anni in giù. Maria, avendo sentito che si massacravano i bambini, prese il bambino, lo fasciò e lo pose in una mangiatoia di buoi. Anche Elisabetta, sentito che si cercava Giovanni, lo prese e salì sulla montagna guardandosi attorno, ove nasconderlo; ma non c'era alcun posto come nascondiglio. Elisabetta, allora, gemendo, disse a gran voce: Monte di Dio, accogli una madre con il suo figlio. Subito il monte si spaccò e l'accolse. E apparve per loro una luce, perché un angelo del Signore era con loro per custodirli.

XXIII - Erode, nel mentre, cercava Giovanni, e mandò dei ministri da Zaccaria, dicendo: Dove hai nascosto tuo figlio? Rispose loro: Io sono un pubblico ufficiale di Dio e dimoro costantemente nel tempio del Signore, non so dove sia mio figlio. I ministri se ne ritornarono per riferire tutto ciò a Erode. Adiratosi, Erode disse loro: È suo figlio colui che regnerà su Israele! Mandò, perciò, di nuovo da lui per dirgli: Dì proprio la verità: dov'è tuo figlio? Sai bene che il tuo sangue sta sotto la mia mano. Zaccaria rispose: Se tu spargerai il mio sangue, io sarò un testimone di Dio. Il mio spirito sarà accolto dal Padrone, poiché tu spargerai sangue innocente nel vestibolo del tempio del Signore. Allo spuntare del giorno, Zaccaria fu ucciso. I figli di Israele non sapevano che era stato ucciso.

XXIV - All'ora del saluto, i sacerdoti uscirono, ma Zaccaria non venne loro incontro, come di solito, con la benedizione. I sacerdoti stettero a aspettare Zaccaria per salutarlo nella preghiera e glorificare l'Altissimo. Ma, dato che tardava, tutti si intimorirono. Uno di loro si fece coraggio: entrò e vide presso l'altare del sangue coagulato e udì una voce che diceva: Zaccaria è stato ucciso! Il suo sangue non sarà cancellato fino a quando non giungerà il suo vendicatore. All'udire tali parole ebbe paura, e uscì per riferire ai sacerdoti. Questi si fecero coraggio, entrarono e videro quanto era accaduto: gemette la travatura del tempio, ed essi si strapparono le vesti dall'alto in basso. Non trovarono il suo corpo, trovarono invece il suo sangue pietrificato. Pieni di timore, uscirono e annunziarono a tutto il popolo che Zaccaria era stato ucciso. Lo vennero a sapere tutte le tribù del popolo, che lo piansero e fecero cordoglio per tre giorni e tre notti. Dopo i tre giorni, i sacerdoti deliberarono chi mettere al suo posto, e la sorte cadde su Simeone. Questo, infatti, era colui che era stato avvisato dallo Spirito santo che non avrebbe visto la morte fino a quando non avesse visto il Cristo nella carne.

XXV - Alla morte di Erode, essendo sorto a Gerusalemme un trambusto, io Giacomo, che ho scritto questa storia, mi ritirai nel deserto, fino a quando cessò il trambusto a Gerusalemme, glorificando il Padrone Dio che mi ha concesso il dono e la saggezza per scrivere questa storia. La grazia sarà in coloro che temono il Signore nostro Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Il capitolo XXI indubbiamente rispecchia il racconto di Matteo sui Magi.
Nel capitolo XXII Erode manda i sicari a uccidere i bambini di due anni in giù, non si parla della fuga in Egitto, ma inopinatamente vi si racconta di Elisabetta e Giovanni che secondo questo protovangelo Erode voleva anche uccidere.
Nel capitolo XXIII Erode addirittura fa uccidere Zaccaria padre di Giovanni.
Nel capitolo XXIV viene fatta una grande confusione tra il Zaccaria di cui parlano i Vangeli Matteo 23,35 e Luca 11,51 "Zaccaria, figlio di Barachia, ucciso tra il santuario e l'altare" e Zaccaria il padre di Giovanni e viene asserito che il sacerdote Simeone che appare al momento della presentazione di Gesù al Tempio era stato eletto per sostituire Zaccaria che era stato ucciso.
Nel capitolo XXV Giacomo, che scrive il protovangelo, dice di sé che si nascose nel deserto certamente quello vicino al Mar Morto probabilmente facendo capo alla residenza a Qumran degli Esseni, territorio non lontano da Gerico e dai guadi del Giordano dove operava il Battista e dove Gesù fu tentato dal demonio per 40 giorni e 40 notti.

ERODE IL GRANDE 37-4 a.C.
La dinastia degli Asmonei, fondata da Simone Maccabeo a far tempo dal 140 a.C. dette luogo al regno di Giudea che mantenne il pieno potere civile e religioso fino alla conquista romana.
A premessa del presente paragrafo propongo la lettura del paragrafo "I sacerdoti Asmonei" dell'articolo "La luce del servo".
È però da premettere che nel pensiero di molti in Israele, soprattutto delle sette dei Farisei ossia dei "i separati" e degli 'Esseni", i re d'Israele dovevano discendere dalla casa di Davide, l'ultimo unto dal Signore che aveva promesso che la sua discendenza regnasse per sempre, mentre i Maccabei, che erano una famiglia di sacerdoti che avevano soppiantato la vecchia classe sacerdotale e non erano davidici, non avevano un effettivo diritto al potere regale nel Regno di IHWH.
Ricordo, infatti, che profeta Natan, per bocca del Signore aveva detto a Davide: "La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me e il tuo trono sarà reso stabile per sempre." (2Samuele 7,16)

I Farisei e poi di conseguenza il Talmud cercarono di minimizzare il periodo degli "asmonei" e i libri che ne parlano - I e II Maccabei - scritti in greco, non furono inseriti nel canone delle Sacre Scritture ebraiche, ma poi solo in quelle cristiane.
I Romani dopo l'occupazione di Gerusalemme da parte di Pompeo nel 63 a.C. posero Erode Antipatro, figlio di Antipa, già "strategos" dell'Idumea sotto Giovanni Ircano I, come amministratore "curator" della Giudea.
Erode Antipatro che fu il capostipite della dinastia erodiana non era giudeo, ma idumeo, non ben visto dalla popolazione di Gerusalemme.
Gli edomiti, discendenti di Esaù, da sempre avversari degli Israeliti, erano stati convertiti a forza da Ircano I nel 110 a.C. alla religione ebraica, ma erano considerati inferiori e non pienamente integrati.
Antipatro, poi, con il favore di Giulio Cesare, fu nominato viceré usurpando il trono del suo re che era stato imprigionato dai Parti.
I romani, gran parte dell'aristocrazia ebraica e la classe sacerdotale avevano in comune l'interesse a mantenere la situazione sotto controllo e non erano propensi a mutare lo "status quo", mentre il popolo, in special modo le classi più povere, sognava l'avvento del nuovo Regno di Davide.

A quei tempi peraltro la popolazione di Palestina era molto variegata e solo una parte aveva attese religiose, in quanto composta da:
  • devoti ebrei, concentrati nella zona poco fertile di Gerusalemme;
  • idumei, nella zona fertile tra Hebron e la costa;
  • galilei, ebrei osservanti abitanti della zona settentrionale, in genere agricoltori;
  • Samaritani della fertile Samaria in divergenza con i devoti giudei e galilei;
  • Greci e Ellenizzati in molte città non tutti praticanti.
Antipatro aveva tre figli maschi cui dette rispettivamente gli incarichi:
  • a Fasael di stratega di Gerusalemme,
  • a Giuseppe prefetto di Masada,
  • a Erode di stratega di Galilea.
Quest'ultimo, figlio di una nabatea, nato nel 73 a.C. e morto nel 4. a.C., poi detto il "Grande", per 33 anni fu re della Giudea sotto il protettorato romano dal 37 a.C. alla morte.
Pur se circonciso, aveva il nome esotico di Erode, che non è certamente di origine ebraica, bensì greca, e significa "discendente da eroi", il che è una prova in più che dimostra come per le sue origini fosse mal visto dagli israeliti più ortodossi.
L'appellativo di "Grande" è dovuto allo splendore e al lustro che portò al regno con la sua attività di costruttore; infatti, per ricordare solo l'essenziale fece edificare le città di Sebaste e di Cesarea marittima con il suo grande porto, le possenti fortezze di Masada, Macheronte e l'Herodion e ingrandì e abbellì Gerusalemme costruendo il Tempio che poi fu detto di Erode.
Quando il padre Antipatro fu assassinato, Erode nel 42 a.C. fu eletto dai romani tetrarca dì Galilea, ma solo nel 37 a.C. riuscì a farsi eleggere re su tutta la Palestina.
Erode era particolarmente ambizioso e cercava in tutti i modi d'essere ben visto dai Romani e quando poteva faceva in modo di essere apprezzato da loro, infatti con i suoi comportamenti filoromani Erode riuscì a divenne governatore della Galilea a soli 25 anni d'età.
Gamala, città situata in cima a una rupe nei pressi del la riva orientale del lago di Genezaret o mare di Tiberiade o di Galilea, non in Giudea, ma nel vicino Golan, regione ai confini della Siria ma non lontana da Nazaret, era sotto un certo Ezechia già di parte asmonea, che vantava una certa egemonia sulla zona, ma Erode il Grande volendo essere lui il governatore guidò una spedizione e catturò e poi uccise quell'Ezechia nell'anno 47 a.C.. (Giuseppe Flavio Antichità Giudaiche 2 libro XIV 159)

Ezechia di Gamala, pur se aveva servito gli asmonei, in effetti, era diventato il capo della resistenza antiromana e certamente vantava per la sua famiglia discendenza regale dal re Davide di cui con la forza intendeva rivendicare il trono, checché ne dica Giuseppe Flavio che tende a coprirne i veri motivi che in definitiva erano gli stessi dei farisei a cui lui apparteneva ancora.
Nel 22 a.C. Augusto per i servigi resi ai romani ampliò il potere di Erode annettendogli le regioni di Traconitide, Auranitide e Batanea, e due anni dopo vi aggiunse la Gaulanitide ove c'era Gamala.
Ciò causò l'ira di molti israeliti tanto che il sommo sacerdote decise di processarlo, ma il procuratore romano della Siria ordinò ai membri del Sinedrio di assolverlo e questi obbedirono.
Crebbe in tal modo il suo apprezzamento tra i romani e dopo la morte del padre per incarico di Marco Antonio addirittura dal 41 a.C. e poi dal 37 a.C. di Ottaviano Augusto, dalla cui parte Erode abilmente era passato, governò tutta la Giudea avendo anche sposato Marianne, una discendente degli Asmonei.
Da parte dei familiari di Ezechia che vantavano un diritto di sovranità, in quanto sedicenti "figli di Davide" però nacque un profondo odio verso Erode e i suoi discendenti che stavano di fatto usurpando il trono.
Erode ebbe varie mogli e concubine tra cui si ricordano Doride, Mariamne I, Mariamne II, Maltace, Cleopatra di Gerusalemme, Pallade, Fedra e Elpide ed ebbe numerosi figli e figlie tra cui da Doride Antipatro, da Mariame I Alessandro, Aristobulo, Salampsio e Cipro - da Mariamne II, Filippo I, da Maltace Archelao, Antipa e Olimpiade, da Cleopatra Filippo II e Erode, da Pallade Fasaele, da Fedra Rossane e da Elpide Salomè.
Erode era diffidente spietato e crudele, sempre sospettoso di poter venire spodestato.
Sono note le esecuzioni di una delle mogli, di alcuni dei suoi figli e di centinaia di oppositori che ordinò, temendo che complottassero contro di lui.
Alla sua morte il regno fu diviso fra i tre figli rimasti: Archelao governò la Giudea, Erode Antipa la Galilea, Erode Filippo la Batanea, l'Iturea e l'Abilene.
La strage degli innocenti, quindi, pur se non riportata da Giuseppe Flavio nei suoi scritti, che sono di parte in favore dei romani, ben s'inquadra nelle attitudini di Erode che del resto era un loro pupillo che in effetti fu un crudele sovrano.
Fu, peraltro, un episodio non eclatante in quanto essendo non più di 1000-1200 gli abitanti della piccola Betlemme il numero dei bambini maschi di età minori di 2 anni sarà stato al massimo di una dozzina, certamente tutti davidici.
Si pensi che notizia della morte dei figli di Erode, Alessandro e Aristobulo, il grande Augusto, ebbe a dire: "È meglio essere il maiale di Erode piuttosto che uno dei suoi figli"; infatti Erode, essendo stato giudaizzato, non mangiava carne di maiale, ma uccise i suoi stessi figli come riporta il Ricciotti nella sua "Vita di Gesù Cristo".
Per rafforzativo di tale sua crudele attitudine, ricordo che come racconta Giuseppe Flavio ormai certo della sua prossima morte, conscio che i sudditi ne avrebbero gioito, ordinò alla sorella Salome di riunire a Gerico dov'era ammalato potenti del regno, per riunirli incarcerarli nell'ippodromo e poi farli ucciderli, appena lui fosse morto, così almeno il popolo in quella occasione avrebbe pianto.
Alla morte la sorella però non obbedì e liberò tutti quei notabili.
In definitiva le seguenti sono le atrocità più note compiute da Erode il Grande:
  • fece uccidere Malico, l'uomo che pare avesse avvelenato suo padre Antipatro;
  • imprigionò il fratello Fasael che per la disperazione pare che si sia suicidato;
  • nel 29 a.C.;fece uccidere la prima la moglie Mariamne I;
  • fece uccidere i due figli avuti da lei: Alessandro e Aristobulo, nel 7 a.C.;
  • prima della sua morte, fece giustiziare un altro suo figlio, Antipatro.
TEUDA E GIUDA IL GALILEO
In altro paragrafo ho accennato al personaggio Ezechia di Gamala, che molti considerano vantare una discendenza asmonea, ma pur se aveva operato e parteggiato nel regno degli asmonei quel che cercava di conseguire e affermare era un regno davidico, quindi una qualche discendenza da quella radice la doveva pur vantare, se riuscì, come riuscì a formare un movimento tenace ostinato, irriducibile e accanito.
Il movimento che nacque da lui aveva. infatti, mire messianiche con l'intento del ripristino dell'antica sovranità davidica su Israele, quindi, si dovrebbe trovare che Ezechia vantava una lontana discendenza davidica altrimenti il regno che voleva formare e per il quale trovò tanti seguaci - zeloti, sicari... e farisei - non avrebbe avuto i necessari presupposti assicurati dai profeti.
Come abbiamo visto quando Erode il Grande ancora sgomitava per farsi un nome tra i romani si fece promotore di una lotta contro gli intransigenti fondamentalisti d'Israele, capeggiati da Ezechia e riuscì a uccidere quel loro capo.
Più tardi, alla morte di Erode, il figlio di Ezechia, un Giuda, anch'egli di Gamala, erede della causa patriottico-religiosa per cui era morto il padre, animato da un odio personale nei confronti della dinastia erodiana, uscì allo scoperto con azioni antiromane, che riscossero significativi successi militari.
Egli, come ci dice il solito Giuseppe Flavio, inventò appunto, assieme al padre, la setta degli zeloti, in cui operavano anche i sicari, setta che aveva senz'altro una grossa affinità con quella degli esseni del Mar Morto.
L'ispirazione del movimento, peraltro, forse è più antica, infatti, Mattatia, padre dei Maccabei raccomandava ai figli di essere "gli zelanti della Torah".
Giuda, detto "il galileo", sollevò un'altra importante rivolta che ebbe inizio durante il censimento della Palestina supervisionato da Quirino che durò vari anni.

Sui censimenti occorre fare un chiarimento.
Luca parla di un censimento di Quirino alla nascita di Gesù 6-7 a.C. al tempo di Erode il Grande e Giuseppe Flavio di un censimento pure di Quirino, ma questi lo colloca 12 anni dopo nel 6 d.C. al tempo di Erode Antipa.

Per lo scrittore cristiano Tertulliano (155-230 d.C.) Gesù nacque in Giudea, sì durante un censimento, fatto da Senzio Saturnino che era stato console e governò l'"Africa preconsularis" nel 13 a.C., la Siria tra il 9 e il 7 a.C. e in Giudea effettuò il censimento con inizio nel 7 a.C., sotto Erode il Grande, censimento quello che Luca chiama di Quirino.

In definitiva la conclusione sarebbe: vi sarebbe stato un "primo censimento" locale indetto sotto Saturnino, in concomitanza col censimento universale proposto da Augusto dell'8 a.C. per l'amministrazione romana, mentre per Luca e per gli Ebrei quel censimento era ricordato come quello di Quirinio, il funzionario che lo completò.
Questo Quirino poi, divenuto governatore della Siria, circa 12 anni dopo, nel 6-7 d.C., indisse e portò a compimento un secondo censimento, quello ricordato da Giuseppe Flavio.
Quel censimento scatenò la ribellione finale.
Con molti suoi seguaci Giuda ci lasciò la pelle assieme a una gran quantità di zeloti, che furono crocifissi.

Gesù aveva dodici anni quando Luca racconta del viaggio della Santa Famiglia a Gerusalemme e, più o meno in concomitanza, la Giudea fu infiammata dalla rivolta guidata da Giuda e a Gamala in definitiva a pochi chilometri da Nazaret ci fu l'irruzione delle truppe romane.
Quel viaggio della Santa Famiglia, di fatto, alla luce del poi risulta anche essere stato opportuno per allontanarsi dalla zona ed evitare d'essere confusi con i davidici rivoltosi.
Giuda il Galileo di Gamala è riconosciuto essere il fondatore della setta degli zelanti o zeloti o cananiti (Giuseppe Flavio Antich. 18,1; 20,5; Guerre Giudaiche11.8,17)

Il Nuovo Testamento, peraltro, attesta che almeno uno dei 12 apostoli del Signore era uno zelota, Simone il Cananita (Matteo 10,4; Marco 3,18; Luca 6,15 e Atti 1,3).

Questo Giuda di Gamala nel 6 e 7 d.C. guidò due rivolte che i romani sedarono nel sangue; si parla di 2000 crocefissi, ma nel popolo crebbe smisuratamente l'odio per i romani e preparò il terreno alle le guerre giudaiche.
I suoi figli Simone e Giacobbe furono crocifissi dai romani sotto Tiberio, il suo discendente Menahem si impadronì di Masada all'inizio della rivolta del 66, restando a capo della rivolta in Gerusalemme fino a quando fu assassinato dai seguaci di Eleazar b. Simon.
Eleazar B. Jair, nipote di Menahem, guiderà l'ultima resistenza dei combattenti per la libertà a Masada caduta nel 74 dopo 4 anni dalla caduta di Gerusalemme.


La notazione di Luca 2,41-50 del primo viaggio a Gerusalemme della Sacra Famiglia, unica nota dei Vangeli sulla vita di Gesù prima del ministero terreno, coincide, infatti, proprio come tempistica con quella situazione che si era verificata in Galilea quando nella città di Sefforis, a meno di 5 Km da Nazaret, Giuda di Gamala raccolse il suo esercito per la prima rivolta.

Giuseppe Flavio, forse per coprire la setta dei Farisei oltre le tre "religioni" dei Farisei, dei Sadducei e degli Esseni, presenta una quarta, fondata da Giuda di Gamala figlio di Ezechia e Saddok il Fariseo, descrivendola come non avere niente in comune e che si discosta dai Farisei stessi, per una passione per la libertà che è quasi invincibile, essendo convinti che Dio solo è loro guida e signore. Giuda e Saddok proclamarono la loro filosofia al tempo del censimento di Quirino, incitando i Giudei alla rivolta contro i Romani e sostenendo che il censimento mirava a ridurre il popolo in schiavitù, una condizione intollerabile per una nazione il cui signore era Dio soltanto.
Giuseppe definisce appunto Giuda fondatore di una quarta filosofia che influenzò tutti coloro che impugnarono le armi contro i Romani e li portarono alla guerra del 66 e per non incolpare i farisei che in effetti n'erano nascosti partigiani i quali poi se la cavarono e superarono praticamente incolumi le ritorsioni romane.
È da tener conto che Giuseppe fu un voltagabbana, infatti, nella 1a guerra giudaica iniziata proprio nel 66 d.C. fu governatore militare della Galilea per i ribelli e si pensi che quelli con cui aveva guerreggiato vengono poi da lui chiamati oltre che ribelli anche briganti e rivoluzionari.
Essendo ormai i romani prossimi a espugnare Iotapata in cui con i compagni ribelli asserragliatisi era asserragliato li convinse al suicidio e, restato l'unico vivo, si consegnò ai Romani con lusinghe entrò nelle grazie di Vespasiano e divenne un loro storico, per cui quanto scrive Giuseppe Flavio, sempre è da sottoporre a severo vaglio critico.

Quanto scritto nel Talmud circa i due Messia di cui ho detto prima riporta evidentemente questioni dibattute proprio ai tempo di Gesù in cui l'attesa del Messia, era intensa com'è provato dai numerosi falsi Messia presentatisi di cui parla Gamaliele in Atti 5,34-39 nel seguente modo quando furono incarcerati gli apostoli che annunciavano che Gesù, morto e risorto, era il Cristo: "Si alzò allora nel sinedrio un fariseo, di nome Gamaliele, dottore della Legge, stimato da tutto il popolo. Diede ordine di farli uscire per un momento e disse: Uomini d'Israele, badate bene a ciò che state per fare a questi uomini. Tempo fa sorse Teuda, infatti, che pretendeva di essere qualcuno, e a lui si aggregarono circa quattrocento uomini. Ma fu ucciso, e quelli che si erano lasciati persuadere da lui furono dissolti e finirono nel nulla. Dopo di lui sorse Giuda il Galileo, al tempo del censimento, e indusse gente a seguirlo, ma anche lui finì male, e quelli che si erano lasciati persuadere da lui si dispersero. Ora perciò io vi dico: non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare. Se infatti questo piano o quest'opera fosse di origine umana, verrebbe distrutta; ma, se viene da Dio, non riuscirete a distruggerli."

Gamaliele era un membro del Sinedrio, apparteneva al partito farisaico, era un dottore della legge, ossia un maestro della legge e il Talmud parla di Gamaliele come di uno dei dottori più illustri del secolo, onorato presso tutto il popolo.

Sappiamo anche che fu maestro di Saulo di Tarso (Atti 22,3), ossia di San Paolo.
Gamaliele giustamente dice che i seguaci di quei due facinorosi ossia gli zelanti furono dispersi, quindi non tutti eliminati, infatti, poi si riordinarono e formarono l'estrema sinistra del partito farisaico e riapparvero più d'una volta, con le armi alla mano, nel corso del secolo; specialmente durante la guerra contro Vespasiano e Tito.
In quel passo Gamaliele riferisce anche di un certo Teuda, che però non è lo stesso falso profeta di cui parla Giuseppe Flavio in Antich. 20,8, capo di una insurrezione dopo la morte del re Agrippa e che, assalito dalla cavalleria del procuratore romano, di Giudea nel 44-46 Cuspio Fado, poi fu decapitato.

Il Teuda di cui dice Gamaliele precede quello di Giuseppe Flavio di una decina d'anni il che è facilmente ammissibile quando si pensi, che in quei tempi insurrezioni simili erano frequenti; infatti risulta che tre capi d'insorti ebbero per nome Giuda, quattro per nome Simone ed ecco che ci furono almeno due Teuda.
Del resto Teuda era un nome assai comune Teo-das ossia Teodato, allusivo alla funzione profetica che svolgeva, di quasi Messia dato da Dio.

EUSEBIO SUI "DAVIDICI"
I Vangeli parlano di parenti stretti di Gesù e di "fratelli" "adelfoi", termine corretto in cugini dai Padri della Chiesa, Eusebio compreso, considerato che in ebraico fratello o cugino sono chiamati nello stesso modo.
Questi "adelfoi" erano quattro maschi e i Vangeli Marco 6,3 e Matteo 13,55s ne riportano i nomi - Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda - e un numero non precisato di "sorelle" restate anonime.
Eusebio di Cesarea (265-340), vescovo, padre della Chiesa consigliere e biografo addirittura dell'imperatore Costantino, nella sua Storia ecclesiastica (libro III,12 e 20-1) parla in questi termini della famiglia del Signore, citando notizie che estrasse da dei Commentari sugli Atti della Chiesa di Egesippo, opera non pervenuta.
Egesippo (110-180) fu uno scrittore cristiano del II secolo e l'estratto che riporto si riferisce al periodo dal regno di Domiziano 81-96 e a quello di Traiano 98-117:

- III 12 - "Inoltre Vespasiano, dopo la presa di Gerusalemme, ordinò di perseguitare tutti coloro che discendevano dalla stirpe di Davide affinché tra i Giudei non restasse nessuno di discendenza regale; per questo motivo una grandissima persecuzione colpì nuovamente i Giudei."
- III 20-1 - "Dei congiunti del Signore, sopravvivevano ancora i due nipoti di Giuda, che era considerato suo parente carnale. Essi furono denunciati come appartenenti alla famiglia di Davide, ed Evocato (forse avvocato ufficiale giuridico amministrativo) li condusse davanti a Domiziano Cesare: perché quell'imperatore temeva l'avvento di Cristo, come era capitato a Erode. Egli chiese dunque loro se erano parte della famiglia di Davide; ed essi confessarono di esserlo. Quindi egli chiese loro che proprietà avessero o quanto denaro possedessero. Entrambi risposero che possedevano solo 9000 denari tra tutti e due, ciascuno di essi possedendo metà della somma; ma dissero anche che non li possedevano in liquidi, ma come stima di un terreno che essi possedevano, consistente in 100 'plethra' (pari a circa 9 ettari), dalla quale dovevano pagare le tasse e che mantenevano con il loro lavoro. A questo punto essi sporsero in fuori le loro mani mostrando, come prova del loro lavoro manuale, la ruvidezza della loro pelle e i calli cresciuti sulle loro mani a causa del loro costante lavoro. Richiesti quindi di parlare di Cristo e del Suo regno, quale fosse la sua natura, e quando e dove sarebbe apparso, essi dissero che esso non era di questo mondo, né della terra, ma appartenente alla sfera del cielo e degli angeli, e che avrebbe fatto la sua comparsa alla fine dei tempi, quando Egli sarebbe tornato in gloria, a giudicare i vivi e i morti, e a rendere a ciascuno secondo il corso della propria vita. A questo punto Domiziano non li condannò, ma li trattò con disprezzo, perché troppo poco degni di considerazione, e li mandò liberi. Contestualmente emise un ordine, e mise fine alle persecuzioni contro la Chiesa. Quando essi furono rilasciati essi divennero capi delle chiese, come era naturale nel caso di coloro che erano al contempo martiri e congiunti del Signore. E, dopo la restituzione della pace alla Chiesa, le loro vite si prolungarono fino al regno di Traiano."

I DUE MESSIA DELLA TRADIZIONE EBRAICA
Per gli ebrei ortodossi il Messia è soltanto il re trionfatore in quanto la loro più antica tradizione messianica prevede solo un Re-Messia discendente di David, trionfatore politico e militare, e respingono la lettura messianica del servo sofferente di Isaia 52, e 53 in quanto quel "servo sofferente" dell'Altissimo sarebbe metafora del popolo ebraico stesso e della sua storia.

La tradizione ebraica e gli studi e le discussioni degli antichi maestri sui vari passi della Torah, ossia, in definitiva, quanto è chiamato "Torah orale" o "Torah she-be-`al peh", com'è noto dopo la diaspora del popolo ebraico conseguente alle guerre giudaiche furono riportate per iscritto perché non andassero persi e formarono i testi della "Misnah","Talmud" e "Midrash".

Considerate le sconfitte dei vari "falsi Messia", da molti ebrei dell'epoca momentaneamente ritenuti 'veri", nel periodo delle due grandi rivolte giudaiche 70 e 132 d.C. con la conclusione tragica della diaspora a seguito della sconfitta di Bar-Kochba, nel II secolo alcuni sapienti, i cui studi midrashici furono riportati poi per iscritto, iniziarono a parlare di due Messia, quello sofferente detto di Giuseppe o di Efraim e quello trionfante, il Re Messia di David.

Il riferimento a Efraim figlio di Giuseppe vice faraone d'Egitto, figlio riconosciuto da Giacobbe come proprio e come primogenito rispetto all'altro figlio Manasse fa presumere un'antica reminiscenza di un anticipato fuga-esodo di gruppi di ebrei delle tribù discendenti di quel Giuseppe che erano vicine al potere ai tempi del faraone monoteistico definito "eretico", Achenaton, in gran parte restati uccisi quando fu fatta finire la sua dinastia come sobillato dai sacerdoti di Amon.

Questa fu una prima strage di primogeniti e dell'idea di un tentativo non ben conclusosi d'indipendenza e quindi di un Messia fallito.
C'è poi un'altra idea che apre la via a considerare i due Messia, quella del regno del Nord nel territorio di Efraim distrutto e delle tribù disperse dagli Assiri e di un regno del sud di Giuda che ritorna in patria e ricostruisce Gerusalemme la città del gran Re.
C'è poi una pagina nel libro del profeta Ezechiele al capitolo 37 che apre uno spiraglio per capire di più sul perché dei due Messia di cui uno vittorioso, quello da Davide he unificherà i due regni; ecco il testo C.E.I 2008:

"Mi fu rivolta questa parola del Signore: Figlio dell'uomo, prendi un legno e scrivici sopra: Giuda e i figli d'Israele uniti a lui; poi prendi un altro legno e scrivici sopra: Giuseppe, legno di Èfraim, e tutta la casa d'Israele unita a lui. Accostali l'uno all'altro in modo da fare un legno solo, che formino una cosa sola nella tua mano. Quando i figli del tuo popolo ti diranno: Ci vuoi spiegare che cosa significa questo per te?, tu dirai loro: Così dice il Signore Dio: Ecco, io prendo il legno di Giuseppe, che è in mano a Èfraim, e le tribù d'Israele unite a lui, e lo metto sul legno di Giuda per farne un legno solo; diventeranno una cosa sola in mano mia. Tieni in mano sotto i loro occhi i legni sui quali hai scritto e dì loro: Così dice il Signore Dio: Ecco, io prenderò i figli d'Israele dalle nazioni fra le quali sono andati e li radunerò da ogni parte e li ricondurrò nella loro terra: farò di loro un solo popolo nella mia terra, sui monti d'Israele; un solo re regnerà su tutti loro e non saranno più due popoli, né saranno più divisi in due regni. Non si contamineranno più con i loro idoli, con i loro abomini e con tutte le loro iniquità; li libererò da tutte le ribellioni con cui hanno peccato, li purificherò e saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio. Il mio servo Davide regnerà su di loro e vi sarà un unico pastore per tutti; seguiranno le mie norme, osserveranno le mie leggi e le metteranno in pratica. Abiteranno nella terra che ho dato al mio servo Giacobbe. In quella terra su cui abitarono i loro padri, abiteranno essi, i loro figli e i figli dei loro figli, per sempre; il mio servo Davide sarà loro re per sempre. Farò con loro un'alleanza di pace; sarà un'alleanza eterna con loro. Li stabilirò e li moltiplicherò e porrò il mio santuario in mezzo a loro per sempre. In mezzo a loro sarà la mia dimora: io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Le nazioni sapranno che io sono il Signore che santifico Israele, quando il mio santuario sarà in mezzo a loro per sempre." (Ezechiele 37,15-28)

Il Figlio dell'uomo Gesù Cristo prenderà due legni e li unirà, figura della croce, e sarà Lui che in un'unica persona assolverà l'attesa di tutto Israele, di Efraim e Giuda, (i primogeniti da Giacobbe, il primo proveniente dagli Egizi tramite Giuseppe, e il secondo dalle altri suoi figli) e il Messia sofferente si troverà vittorioso alla fine per sempre, il che assevera che quel Figlio dell'uomo è anche Figlio di Dio perché solo un regno divino può essere per sempre, ossia eterno.

Il Talmud Babilonese in Sukka 52 in particolare riferisce di due distinte figure messianiche, "Mashiach ben Yosef" e "Mashiach ben David", il Messia figlio di Giuseppe e il Messia figlio di Davide.
In Sukka 52 del primo Messia, il "ben Yosef" che verrebbe ucciso, nelle parti principali dice: «Così hanno insegnato i nostri maestri: Così dice il Santo, benedetto Egli sia, al Messia figlio di Davide, che si rivelerà in futuro, possa ciò avvenire speditamente e nei nostri giorni: "Chiedimi una cosa e te la darò, così com'è scritto (Salmo 2, 7-8): ...Oggi ti ho fatto nascere. Chiedimi una cosa e ti darò i popoli in eredità. E dato che (il Messia figlio di Davide) aveva visto che il Messia figlio di Yosef era stato ucciso, così gli risponde: "Signore del mondo, da Te desidero soltanto la vita. Gli replica (Dio): "Vita. Prima ancora che tu lo dicessi già aveva così profetizzato Davide tuo padre, com'è scritto (Salmo 21,5): "Ti ha chiesto la vita e gliela hai data".»

Quanto li scritto riporta evidentemente questioni dibattute nel tempo di Gesù in cui l'attesa del Messia, com'è riprovato dai numerosi falsi Messia presentatisi di cui parla Gamaliele in Atti 5,34-39 ove sono da lui citati due personaggi di cui parleremo, Teuda e Giuda il Galileo, capi di moti rivoltosi a sfondo nazionalistico messianico, espressione di estremi radicalismi religiosi da parte di sette ebraiche.
L'attesa, infatti, era spasmodica e il ricordare da parte dei Vangeli che il padre putativo di Gesù era un Giuseppe e che Gesù viene ucciso sulla croce, ma che tornerà alla fine dei tempi nella gloria come figlio di Davide, quindi come il Messia ancora atteso dagli Ebrei, che con la guerra contro Gog e MAgor dall'Apocalisse vincerà il male, pare proprio indicare indirettamente che i Vangeli intendevano comunque asserire che si stava avverando quanto dicevano gli antichi maestri dell'ebraismo che solo più tardi fu riportato in Sukka 52, ma che in effetti quei due Messia era uno solo in due tempi.

C'è poi nel Talmud una citazione relativa al doppio Messia: vittima e Re in Pesiqta Rabbati, pisqa 36, contiene un commento che pare riferirsi proprio al Salmo 22 che Gesù recita sulla croce quando dice "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato" (Vedi: "I Salmi, conforto del crocifisso") e che quindi almeno da qualche ebreo quel Salmo fu riferito al Messia sofferente e il commento prevede che il Santo, benedetto Egli sia, conversa col suo Messia, circa la futura missione nel seguente modo:

"Il Santo, benedetto Egli sia, cominciò a discutere con il Messia, dicendo: Coloro i cui peccati saranno perdonati per te, ti imporranno un giogo di ferro e ti tratteranno come un vitello che viene accecato; essi soffocheranno il tuo respiro sotto il giogo e, a causa dei loro peccati, la tua lingua si incollerà al palato. Accetti ciò? Il Messia rispose innanzi al Santo, benedetto Egli sia: Questo supplizio durerà parecchi anni? Il Santo, benedetto Egli sia, gli rispose: Sulla tua vita e sulla mia stessa vita, una settimana! Così io ho dichiarato a tuo riguardo. Ma se la tua anima è turbata, io la conforto fin d'ora. Il Messia gli disse: Signore del mondo, con la gioia dell'anima e con la gioia del mio cuore, io prendo ciò su di me a condizione, però, che nessuno dei figli di Israele perisca; e che non solamente i viventi siano salvati nei miei giorni, ma anche coloro che sono nascosti nella polvere; e che non solo i morti siano salvati nei miei giorni, ma anche coloro che sono morti dai giorni del primo uomo, fino ad ora; e che non solamente quelli siano salvati nei miei giorni, ma anche coloro che non sono ancora nati; e non solo quelli, ma anche coloro la cui creazione non esiste, se non nella tua prescienza, e che non sono stati ancora creati. Così io voglio. A questa condizione, io prendo su di me tutto ciò."

Che il commento riguardi il Salmo 22 si evince da la tua lingua si incollerà al palato che richiama Salmo 22,16 e quel siano salvati nei miei giorni, ma anche coloro che sono nascosti nella polvere che richiama 22,30.
La settimana di sofferenze porta a pensare alla settimana di passione, la settimana santa e ancora, quel Ma se la tua anima è turbata, io la conforto fin d'ora, porta al pensiero a Dio Padre che nell'orto del Getzemani manda un angelo (Luca 22,43) a consolare il Figlio.

C'è anche intero il concetto di Isaia 53,5 per cui quel servo sofferente porta con il suo sacrificio il perdono dei peccati per tutti di ogni tempo come in Daniele 12,2: "Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti."

Insomma questo servo sofferente è il Risorto che verrà nella gloria alla Parusia alla fine dei tempi nella gloria come il Messia trionfante come ci annuncia gli Atti al momento dell'Ascenzione e poi il libro dell'Apocalisse.
Al riguardo si veda "Il combattimento finale: Gog e Magog" di cui riporto il paragrafo specifico su Gog e Magog, nomi che evocano un mistero, stretto tra mito e realtà, tra leggenda e storia.

Gli accenni biblici, che poi vedremo, hanno acceso la fantasia delle genti.
Nel mito e nella leggenda sono popolazioni "barbariche" particolarmente cruenti che cercheranno di devastare tutto il mondo.
La fantasia sul nemico potenziale si è accesa e per la leggenda questi popoli sono giganti mostruosi, si cibano di esseri umani e di serpenti, insomma hanno tratti diabolici.
Siccome per l'impero romano il pericolo era venuto sempre dal nord e dall'Asia, come nel caso degli Unni, popoli che in tempi passati avevano già provato a invadere l'Europa, meditando la storia, era nata evidentemente l'idea che, temibili popoli che avrebbero potuto ripetere quelle imprese e compierle di peggiori, erano stati fermati da Alessandro Magno.
Questi, nell'immaginario, avrebbe costruito una grande muraglia per arginarli, ma i popoli di Gog e Magog le travalicheranno con un trionfo momentaneo.
Ciò è quanto è scritto nell'Apocalisse dello pseudo-Metodio (VII secolo) ove si legge come, con l'aiuto di Dio, Alessandro Magno rinchiuse i discendenti di Jafet tra due montagne chiamate "i seni del Nord", sigillate da possenti porte fatte di "absinthium", metallo indistruttibile, ma nell'ultimo giorno, avverte Metodio, Gog e Magog usciranno a capo delle loro terribili genti, dilagando nella terra d'Israele.

"Il Bicorne" che identifica, probabilmente, la figura di Alessandro Magno per la fama di conquistatore di territori poco noti dell'Asia, travalicò i secoli e i confini, dando origine a un vero e proprio mito letterario attestato sia nella letteratura di lingua araba che in quella persiana e ottomana.
In definitiva Alessandro senza saperlo fu un illuminato, uno strumento del Dio della storia onde consentirne un ordinato sviluppo e quindi è rappresentato con le due corna come del resto Mosè, illuminato da Dio.
Tali idee però, in effetti, trovano la radice nel Corano ove la XVIII Sura Al-Kahf, La Caverna, parla anche di Zul Karmein il Bicorne, nome con cui designa Alessandro Magno, identificato nel mito greco nel figlio di Olimpia e di Ammone, raffigurato con corna d'ariete che ferma Gog e Magog.
Si legge, infatti, nei versetti dal 93 al 102:
  • 93 - Quando (il Bicorne) giunse alle due barriere, trovò tra di loro un popolo che quasi non comprendeva alcun linguaggio.
  • 94 - Dissero: O Bicorne, invero Gog e Magog portano grande disordine sulla terra! Ti pagheremo un tributo se erigerai una barriera tra noi e loro.
  • 95 - Disse: Ciò che il mio Signore mi ha concesso è assai migliore. Voi aiutatemi con energia e porrò una diga tra voi e loro.
  • 96 - Portatemi masse di ferro. Quando poi ne ebbe colmato il valico [tra le due montagne] disse: Soffiate! Quando fu incandescente, disse: Portatemi rame, affinché io lo versi sopra.
  • 97 - Così non poterono scalarlo e neppure aprirvi un varco.
  • 98 - Disse: Ecco una misericordia che proviene dal mio Signore. Quando verrà la promessa del mio Signore, sarà ridotta in polvere; e la promessa del mio Signore è veridica.
  • 99 - In quel Giorno lasceremo che calino in ondate gli uni sugli altri. Sarà soffiato nel Corno e li riuniremo tutti insieme.
  • 100 - In quel Giorno mostreremo l'Inferno ai miscredenti
  • 101 - che hanno avuto gli occhi velati di fronte al Mio Monito e che non potevano udire.
  • 102 - I miscredenti credono di potersi scegliere per patroni i Miei servi all'infuori di Me? In verità abbiamo preparato l'Inferno come dimora dei miscredenti.
In definitiva secondo il Corano, la porta che blocca quei popoli sarà scardinata per volere di Dio solo alla fine dei tempi.
"Iskandr-nâma" o Libro di Alessandro di Nizâmî, la saga persiana che ha origine evidentemente dal Corano, racconta l'epica di Sayîdnâ Dhû Al-Qarnaîn, ove particolare attenzione viene data all'episodio della costruzione della Grande Muraglia, al fine di contenere le orde bibliche di Gog e Magog.

Nel Medioevo la leggenda si arricchì appunto grazie a poeti islamici.
Nel secolo XII l'irruzione dei Mongoli atterrì il mondo e si pensò che fossero i profetizzati Gog e Magog anche perché il nome di Magog era abbastanza simile a quello di Mongoli.
Nel libro del Milione, redatto da Rustichello da Pisa sotto dettatura di Marco Polo dopo il 1295, Gog e Magog sono regioni del Tenduk, abitata da una tribù chiamata Gog e dai Tartari.
Nel Talmud nell'Aggadah ove appunto si dice di due Messia, un primo Messia della stirpe di Giuseppe, raduna gli israeliti dispersi e ripristina il Tempio, ma muore sconfiggendo, in una guerra che pone fine a tutte le guerre, il re Gog di Magog, il cui primo re Armilo sarebbe nato da un rapporto sessuale tra Satana e la statua di pietra di una ragazza romana.
Dopo compare il Messia finale, della stirpe di Davide, redentore di Israele e dell'umanità, che sottomette le potenze ostili a Dio e guida da ogni parte del mondo il Raduno degli Esiliati - "Kibbutz Galuyyot", rintracciando anche le dieci tribù perdute con l'aiuto del profeta Elia. (Alan Unterman, "Dizionario di usi e leggende ebraiche", Laterza, Roma-Bari 1991, p. 129)

Nel prosieguo mi riferirò però essenzialmente a quanto riferisce la Bibbia.
La prima volta che si trova il nome di Magog è in Genesi al Capitolo 10 quando espone "La tavola delle nazioni".
Là, tra l'altro, parlando della discendenza dei figli di Noè Genesi 10,2 dice de "I figli di Iafet: Gomer, Magog, Madai, Iavan, Tubal, Mesech e Tiras", versetto praticamente ripetuto in 1Cronache 1,5 "Figli di Iafet: Gomer, Magog, Media, Grecia, Tubal, Mesech e Tiras."
Magog è il capostipite di un popolo o di una nazione, ma può anche essere il nome della nazione, ovvero Ma-Gog la terra di Gog; infatti Dio ripete varie volte nella Bibbia ai personaggi "sarai una nazione".
I popoli Gog e Magog sono citati in modo diffuso dal libro del profeta Ezechiele ai capitoli 38 e 39 e tale profezia è ripresa nelle visioni del libro dell'Apocalisse di San Giovanni apostolo al Capitolo 20.

In ebraico Magog, infatti, è scritto e può pensarsi come + in cui appare anche il nome Gog, quindi "popolo di Gog" come se Gog fosse il nome di un suo capo."
In ebraico "gevah" è simile a che significa "esaltazione, orgoglio, superbia", quindi i sono "viventi che con esaltazione, orgoglio, superbia () camminano " e quelle sono tutte qualità demoniache causa della prima ribellione verso Dio.
In ebraico "gag" significa "tetto", quindi il massimo della elevazione!
Nella "Citta di Dio" di Sant'Agostino al capitolo 20 è scritto circa Gog e Magog e l'ultima persecuzione:

11 - «L'Apocalisse continua: "E quando i mille anni saranno compiuti Satana sarà liberato dal suo carcere e uscirà per trarre in errore i popoli che sono ai quattro punti cardinali della terra, Gog e Magog, e li condurrà in guerra; il loro numero è come l'arena del mare." Dunque alla fine li trarrà in errore allo scopo di condurli alla guerra. Anche prima traeva in errore, nei modi in cui poteva, attraverso numerosi e svariati atti di malvagità. "Uscirà" significa che balzerà dai nascondigli dell'odio in aperta persecuzione. Sarà, nell'imminenza dell'ultimo giudizio, l'ultima persecuzione che in tutto il mondo subirà la Chiesa, cioè tutta la città di Cristo da tutta la città del diavolo, qualunque sia l'estensione dell'una e dell'altra sulla terra. Questi popoli, che denomina Gog e Magog, non si devono intendere come popoli non civili, stanziati in una parte della terra, ovvero i Geti e Massageti, come alcuni suppongono, a causa della lettera iniziale del loro nome, ovvero altri stranieri non associati al diritto romano. Con la frase: 'Popoli esistenti ai quattro punti cardinali della terra' è stato indicato che essi sono in tutto il mondo ed ha soggiunto che essi sono "Gog e Magog". Apprendiamo che come significato dei nomi Gog corrisponde a "tetto", e Magog "dal tetto", cioè come casa e chi esce di casa. Dunque sono i popoli nei quali precedentemente abbiamo inteso che era rinchiuso il diavolo come in un abisso ed è lui che in certo senso da essi si svincola ed esce, in modo che essi sono il tetto ed egli dal tetto. Se poi applichiamo l'uno e l'altro ai popoli, non uno a loro e l'altro al diavolo, essi sono il tetto perché nel tempo egli è rinchiuso in essi e in certo senso vi è occultato il nemico antico; ed essi saranno dal tetto, allorché dal coperto balzeranno fuori in un odio aperto. Con la frase: "E marciarono su tutta la superficie della terra e assediarono l'accampamento dei santi e la città diletta", non si afferma che sono venuti o verranno a un solo luogo, come se in un solo determinato luogo vi siano l'accampamento dei santi e la città diletta. Questa, infatti, non è altro che la Chiesa di Cristo diffusa in tutto il mondo. Perciò dovunque essa sarà alla fine, poiché sarà estesa a tutti i popoli, concetto che è stato indicato con il termine "superficie della terra", ivi sarà l'accampamento dei santi, ivi sarà la diletta città di Dio, ivi con la mostruosità di quella persecuzione sarà assediata da tutti i suoi nemici poiché anche essi saranno con lei fra tutti quei popoli. Sarà cioè avvinghiata, stretta, compressa nell'angustia della sofferenza e non abbandonerà la sua difesa armata che è stata espressa con il concetto di accampamento.»

Questi popoli dal nascosto usciranno all'aperto con massimo dell'orgoglio.
dice Onkelos; Targum Yonatan Divrè Hayamim 1.5 e Pessikta' Zutrata' fanno corrispondere Magog alla Germania.
(Un nipote di Gioele in 1Cronache 5,4 ha il nome Gog)

DECRIPTAZIONE EZECHIELE 37,15-28
Prima di riportare tutto di seguito il testo che s'ottiene dalla decriptazione col metodo di "Parlano le lettere" dei 14 versetti di Ezechiele 37,15-28 citato nel precedente paragrafo a proposito dei due Messia, fornisco la decriptazione giustificata di un versetto, precisamente quello di Ezechiele 37,19: "tu dirai loro: Così dice il Signore Dio: Ecco, io prendo il legno di Giuseppe, che è in mano a Efraim, e le tribù d'Israele unite a lui, e lo metto sul legno di Giuda per farne un legno solo; diventeranno una cosa sola in mano mia."





Ezechiele 37,19 L'aiuto ricreerà la potenza che uscirà dalla piaga dell'Unigenito . I viventi vedranno che l'aiuto Inviato sarà stato dal Signore . Entrerà l'energia nel mondo da "Io sono" . La potenza verserà (quando) stringeranno l'Unigenito in croce sul legno ove sarà un'asta a forarlo . Dal Verbo la donna () che nel corpo gli abitava (la sposa, la nuova Eva, la Chiesa) sarà l'aiuto originato . Il frutto ai viventi recherà alla luce da dentro il cuore . Sarà la forza che risorgerà i corpi . La divinità nel ventre () ai corpi sarà a recare e l'energia del Crocifisso in tutti sarà . Dell'origine riporterà l'integrità . L'innalzato () sarà a recare dal legno la forza che la perversità () sbarrerà . Nel mondo porterà in azione un dono il Crocifisso ai viventi . La potenza si vedrà scendere per i fratelli . L'essere impuro che fu portandosi nei fratelli a insinuarsi () per esistere sbarrato sarà .

Ed ecco di seguito tutto il brano decriptato.

Ezechiele 37,15 - A portarsi fu nel mondo a stare per aiutare dentro un corpo. Il Signore in un primogenito di notte iniziò a vivere nel corpo.

Ezechiele 37,16 - E venne il Figlio dell'Uomo per rovesciare il nascosto serpente con la rettitudine. In azione scese dai fratelli per aiutarli e la rettitudine per tutti dentro dall'alto fu a recare e del Potente sarà lo splendore a riuscire. Nei cuori l'energia ci risarà; sarà a riaccendere i corpi. La maledizione al nascosto dentro i corpi sarà a recare e il serpente rovescerà. Nascosto nel legno alle origini (questi) racchiuse l'essere impuro che la rettitudine finì e dentro in azione il serpente fu a recare la potenza. Sarà a riportare la pienezza il Verbo dal legno. Dell'Unico il frutto della vita sarà a recare. La rettitudine dal cuore sarà dal Crocifisso e sorgerà dal corpo la divinità che chiudeva; da cibo la recherà.

Ezechiele 37,17 - E verserà alle moltitudini l'Unigenito dalla croce con l'acqua - madre ai fratelli per aiutarli la divinità. L'Unigenito dal (proprio) chiuso spillerà la rettitudine. La potenza (venuta) dal legno (della croce) dai fratelli all'essere impuro sarà a recare il rifiuto. Il nascosto l'aiuto sarà nei viventi dentro che sarà a schiacciarlo.

Ezechiele 37,18 - Recherà la rettitudine dell'Unico il fuoco nei corpi. Sarà all'origine dell'essere ribelle recato da maledizione. Sarà a spengere, l'angelo (ribelle) lo spazzerà via. Dai viventi tutti l'origine dell'essere ribelle uscirà. Il serpente portatosi all'origine finirà a fuggire sarà. L'aiuto potente l'angelo porterà dai viventi a uscire per la maledizione entrata del Potente con la rettitudine.

Ezechiele 37,19 - L'aiuto ricreerà la potenza che uscirà dalla piaga dell'Unigenito. I viventi vedranno che l'aiuto inviato sarà stato dal Signore. Entrerà l'energia nel mondo da "Io sono". La potenza verserà (quando) stringeranno l'Unigenito in croce sul legno ove sarà un'asta a forarlo. Dal Verbo la donna che nel corpo gli abitava (la sposa, la nuova Eva, la Chiesa) sarà l'aiuto originato. Il frutto ai viventi recherà alla luce da dentro il cuore. Sarà la forza che risorgerà i corpi. La divinità nel ventre ai corpi sarà a recare e l'energia del Crocifisso in tutti sarà. Dell'origine riporterà l'integrità. L'innalzato sarà a recare dal legno la forza che la perversità sbarrerà. Nel mondo porterà in azione un dono il Crocifisso ai viventi. La potenza si vedrà scendere per i fratelli. L'essere impuro che fu portandosi nei fratelli a insinuarsi per esistere sbarrato sarà.

Ezechiele 37,20 - E aperto che sarà, porterà fuori dal legno, con la forza dell'acqua per la donna, un corpo per il Crocifisso di retti. In quell'arca l'Altissimo entrerà a vivere.

Ezechiele 37,21 - Porterà la Parola di Dio che sarà entrando nei viventi a spegnere l'origine dell'essere ribelle che dall'Unico giudicato sarà Del Signore nel mondo l'energia entrerà. Inizierà a ri-inviare nell'esistenza la sua potenza che riverserà nelle assemblee. Verranno figli all'esistenza retti per la divinità che nei viventi riabiterà. Sarà l'energia a entrare tra i pagani che per la donna nel corpo entreranno in cammino e l'illuminazione sulla loro vita porterà. Radunati tutti saranno a venire alle acque della vita, convertiti saranno. Dentro si porterà a rientrare ad abitare l'Unico in tutti coloro che saranno a desiderare l'integrità. Dio negli uomini tutti rivivrà.

Ezechiele 37,22 - A recare in azione la risurrezione sarà alla fine. Sarà a rivenire dai viventi in potenza. Nel cammino a riportarsi sarà dai fratelli in aiuto dentro la terra. Chi vi abita a rigenerare sarà. sara' a risorgere i corpi. Dio porterà nel Regno i fratelli che aiutati saranno. All'esistenza del Potente tutti i viventi, potenti, nel Regno condurrà, ma non sarà ad entrarvi colui che sarà stato a recare il peccare. Dall'aiuto del Potente rinnovati saranno i popoli e rifiutato sarà chi fu nascondendosi giù a recare il peccare. L'aiuto del Potente risorgerà tutti. Saranno i viventi nel Regno condotti avendo il peccare sbarrato.

Ezechiele 37,23 - Porterà al Potente l'Unigenito standogli nel cuore i viventi che desidereranno al vederlo di portarsi a insinuare. In cammino li accompagnerà dal Potente. Saranno a riuscire vivi e da dentro i risorti a rovesciare porterà su ove saranno ad entrare a vivere. Porterà dentro tutti il Verbo i risorti che saranno entrati. Vivi li porterà dal mondo Gesù che crocifisso fu. Riverrà tra i viventi con la piaga che i potenti in vita gli recarono. Un sabato risarà nel mondo dei viventi. L'Unigenito risorgerà i corpi, dal peccato portato dal bestiale che si portò nei cuori. Rigenererà tutti, sarà dell'origine riportata l'integrità e dal mondo sarà a condurre di notte i popoli li porterà ad incontrare l'Unico che tra gli angeli sta che sarà il loro Dio.

Ezechiele 37,24 - A portarsi da servo sarà l'amante dei viventi che in cammino dall'alto sarà ad entrare in un vivente portandosi nel corpo per agire nel mondo per i fratelli aiutare onde fosse a rientrare la forza che uscì per il serpente, la rettitudine, perché riportandola dentro li salverà. Il Verbo per amore sarà a stare in cammino e portandosi recherà le tombe a rovesciare. Crocifisso sarà stato, sarà a risorgere, con il corpo si riporterà, porterà in azione la risurrezione e dell'origine riporterà l'integrità.

Ezechiele 37,25 - E sarà i risorti a casa a portare in alto. Entreranno nell'Unigenito nel corpo. All'Unico il Risorto col corpo li invierà tutti. Tutti saranno dal Potente. Per il Servo sarà il serpente spazzato via dal seno. Felici saranno i risorti a casa portati. A casa entreranno del Padre portati dal Crocifisso essendo (ormai) retti i viventi e saranno ad abitare portati all'Altissimo dal mondo. Uscirà dai viventi la perversità. Da figli saranno a entrare i viventi portati dal Figlio; saranno ad abitare con gli angeli, vi staranno a vivere per l'eternità, per sempre condotti dall'amato. Vedranno dentro il giudizio che nel fuoco sarà il maledetto a vivere per sempre.

Ezechiele 37,26 - E l'agnello crocefisso era il Potente che nel mondo dei viventi per l'alleanza per la sicurezza della loro vita dentro al corpo fu per finire il peccare del serpente, onde dai viventi fosse ad uscire. Sarà nel mondo l'Unigenito portato in croce dai viventi. Da un'asta dall'angelo (ribelle) i Crocifisso segnato sarà la vita a portare nel mondo alle moltitudini. Sarà dalla croce che ci sarà la desiderata integrità e l'energia in tutti del Crocifisso sarà a venire. I viventi santi saranno dentro tutti. Per la portata rettitudine vivranno per sempre.

Ezechiele 37,27 - E dal mondo saranno ad entrare i viventi nella dimora che è dell'Altissimo. Saranno a entrarvi a vivere i portati dal mondo. Per l'esistenza staranno col Crocifisso che è il loro Dio da cui esce l'esistenza per i viventi.

Ezechiele 37,28 - E saranno alla Sua conoscenza portati dal mondo i popoli che retti saranno. A incontrare saranno IHWH i viventi dalla putredine aiutati a risorgere essendo stata dentro dal Crocifisso recata la rettitudine. Vivranno col Potente per sempre.

Come mi aspettavo, si può verificare che rispettando regole e significati della mia procedura, da quella pagina di Ezechiele ne discende una densa profezia messianica che da parte della stessa persona, Gesù di Nazaret, profila le due venute del Messia, la prima, nella sofferenza della croce e l'altra, la seconda, nella gloria, per condurre i tutti popoli alla fine nel Regno dei cieli.
Del resto Lui stesso avvisò del suo ritorno nella gloria quando disse a Nicodemo: "In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell'uomo." (Giovanni 1,51)

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