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ATTESA DEL MESSIA...

 
IL PERDONO DI CAINO

di Alessandro Conti Puorger
 
 

LE PREMESSE DI GENESI 1,1-2
La sintesi di quanto compreso nel primo secolo d.C. sull'Autore della creazione di tutto ciò che esiste, dedotto dalle Sacre Scritture ebraico-aramaiche che servivano per i rituali del Tempio e delle sinagoghe, si trova nel prologo del Vangelo di Giovanni 1,1-5.

Tale brano recita: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta."

Per una scelta certamente intenzionale, quel Vangelo, pur se scritto in lingua greca, inizia col dire "In principio" per evocare la prima parola con cui esordisce il libro della Genesi, il primo dei cinque del Pentateuco o Torah: "In principio Dio creò il cielo e la terra". (Genesi 1,1)

Quel Dio creatore era il Logos , ossia il Verbo!
Stante i circa XX secoli ormai passati dal tempo degli apostoli della prima ora, tutti ebrei, che ebbero fede in Gesù di Nazaret, purtroppo è accaduto che oltre la Chiesa di Gerusalemme e solo in minima parte le altre Chiese che pur hanno continuato nel mondo pagano ad introdurre il battesimo e la fede nel Nome del Signore, di fatto si sono potute servire del bagaglio di pensieri e di idee antiche sedimentate per secoli nell'ebraismo pratico e dei rituali del Tempio e delle Sinagoghe a cui la Chiesa primitiva ha necessariamente attinto, ma mettendo al centro l'evento pasquale del Cristo.
Per l'uso della lingua, prima greco e latino e poi di tutte le altre lingue, è avvenuto che nella nuova teologia cristocentrica si sono potuti dimenticare gli apporti strettamente connessi a quelle Sacre Scritture che potevano venire dall'uso della lingua ebraica in quanto sin dall'origine fu data preferenze alla traduzione in greco a partire da quella detta dei Settanta che però ha fatto perdere i vantaggi che avevano i testi originali grazie alle lettere dell'alfabeto ebraico.
Questi si possono ancora cercare di attingere dai testi in lingua originale ebraico e aramaico dei libri della Bibbia ebraica o Tenak, peraltro, tutti inseriti in quella cristiana.

Ecco che, prima di proseguire è necessario ricordare nelle seguenti 22 lettere


dell'alfabeto ebraico-aramaico non vi sono vocali, ma sono tutte e solo consonanti ed hanno anche il valore numerico che sotto ciascuna ho riportato.
Quei 22 segni non sono però solo fonemi o numeri, ma hanno in sé anche un'identità di icone, cioè di segni che alla guisa di mini geroglifici trasmettono ciascuna una ristretta rosa di messaggi grafici.
Al riguardo, si vedano le sintetiche schede di quelle singole lettere cliccando sui vari simboli a destra delle pagine di questo mio Sito.
È mio uso utilizzare tali significati per aprire parole e ottenere significati di secondo livello versetti delle sacre scritture decriptandoli con le regole di "Parlano le lettere" e al proposito si vedano:
Ora, quello che il testo del Vangelo definisce il "Verbo", in ebraico è esprimibile graficamente con la 17a lettera ebraica il cui valore numerico è 80, la "pe" .
Questo segno, come si può intuire dalla sua forma, è il profilo di una bocca, di un volto, di una faccia, quindi di una parola che viene pronunciata e quando questa è riferibile a Dio, viene personificata in modo tale da rendersi percepibile all'uomo proprio come il Verbo o Parola.
Con ciò si chiarisce quel dire degli inizi del Vangelo di Giovanni: "In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio".

Dio in ebraico ha un nome ineffabile, definito dal Tetragramma Sacro IHWH, ma la "Halakhah" o Legge ebraica prescrive che quel nome durante le preghiere per rispetto sia da pronunciato "Adonai" vale a dire "Signore", mentre nel parlare quella legge chiede idi usare la forma impersonale "Hashem" ossia "il nome " (a fine parola = ).
Dire "il Nome" "Hashem" per un ebreo è, quindi, menzionare il Nome più alto che esiste!

Nel Vangelo di Matteo in 22,32 si trova che Gesù nel rispondere sul tema della risurrezione propone che il Dio d'Israele presentato dalle Scritture "non è il Dio morti, ma dei viventi!"
Tale dire equivale a quel "In lui era la vita" che si trova nei versetti prima citati del prologo del Vangelo di Giovanni.
Ora, la lettera numero 21 "sin" o "shin" (a seconda della puntatura se si appone sopra alla prima o alla terza fiamma di quel segno), è la lettera di "fuoco" "'esh".

Ora, il fuoco purifica, scalda e illumina per cui si può concludere che in quel dire "In lui era la vita e la vita era la luce" l'evangelista Giovanni, certamente di estrazione ebraica, sta leggendo le lettere di "Hashem" , infatti da Lui, da "il Nome", "esce la luce della vita ".
Questi pensieri aprono a una lettura non usuale anche il termine "'Elohim" con cui ai primi versetti del libro della Genesi è definito il Dio creatore: "Dio da cui esce l'esistenza della vita ".

Il cristianesimo riconosce che Gesù Cristo:
  • è "vostra vita" (Colossesi 3,4);
  • è "diventato tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato" (Ebrei 1,4);
  • che ha il Nome che è "al disopra di ogni nome" (Filippesi 2,9) "il Signore dei morti e dei vivi", il Nome più alto che esista "Adonai", IHWH.
Sul perché dei primi due versetti del Genesi le conclusioni sono state le più svariate, ma in genere sono considerati un preambolo alla creazione vera e propria, una dichiarazione della sovranità assoluta di Dio sulla terra e nei cieli e della necessità che la terra fosse lavorata per rendere, ciò che era deserto e desolato, tutto come un paradiso.
Per cui Dio ne fece un esempio il Gan Eden, perché in terra si verificasse un'ombra del Regno dei Cieli, e in questo luogo pose la prima coppia.
Quei primi due versetti, insomma, preparano in modo enigmatico l'evento, in quanto, la creazione vera e propria del cielo e della terra si sviluppa poi, in modo ordinato, nei versetti che li seguono.
Il sacro testo della Torah Genesi 1,1 inizia con ciò che usualmente è tradotto in italiano come:

"In principio Dio creò il cielo e la terra"

"Ber'eshit bar'a 'Elohim 'et hasshamaim v'et ha'aroets"



Non basterà mai meditare e commentare questo versetto, perché sempre nuovi sono gli spunti che quelle lettere ebraiche possono dare alla mente.
È da tenere presente che Dio disse e tutto fu.
Dio pronunciava delle parole, certamente in ebraico perché per la tradizione biblica questa è la lingua sacra venuta da Lui che parlava faccia a faccia con Adamo, e quanto pronunciava diveniva esistente.
Proviamo a seguire proprio questo pensiero ed ecco che le lettere di Genesi 1,1 si aprono nel seguente discorso:

"In principio da dentro la testa - mente dell'Unico , da quel Dio da cui esce l'esistenza della vita le lettere (da a ) uscirono dai cieli e le lettere aprirono la terra ."

Dobbiamo ora interpretare cosa sono lì quei cieli e quella terra:
  • la parola cieli "shamaim" in quel momento iniziale si può leggere come "là - sham - vi sono i viventi ", infatti, in ebraico l'avverbio di luogo "là" "sham" ove ( = ) indica un posto.
  • le lettere aprirono la terra , insomma, "iniziarono come corpi a scendere ".
Quel "Ber'eshit" , infine, potrebbe celare qualcosa d'inatteso del tipo: "Dentro per i corpi per originare dei fuochi 10 confinò ".

Questi paiono proprio essere come 10 contenitori del Suo fuoco creatore, delle ampolle creatrici.
Tutto ciò può spiegare come sia nato il pensiero qabbalistico delle 10 "sefirot" emanate in principio da Dio, emesse per creare il mondo e tutto ciò che esiste; infatti, la lettera "iod" = che si trova in "Ber'eshit" corrispondere anche al numero 10.
(Vedi: "Tensione dell'ebraismo ad una Bibbia segreta")

Con questa visione il creato apre come due scenari o situazione o mondi :
  • i cieli dove c'è la vera vita;
  • la terra ove la vita è in formazione e non è ancora perfetta.
Ecco l'intervento insito potenzialmente nelle lettere IHWH del Tetragramma Sacro: "Egli è l'Essere assoluto che dal mondo del di qua , la terra, la scuola ove la vita è in formazione e non è ancora perfetta, ci condurrà nel mondo del di là, i cieli, dove c'è la vera vita.

A questo punto diviene chiaro quanto ha scritto San Paolo in 1Corinzi 15,44-50: "Se c'è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale. Sta scritto, infatti che il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita. Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale. Il primo uomo, tratto dalla terra, è fatto di terra; il secondo uomo viene dal cielo. Come è l'uomo terreno, così sono quelli di terra; e come è l'uomo celeste, così anche i celesti. E come eravamo simili all'uomo terreno, così saremo simili all'uomo celeste. Vi dico questo, o fratelli: carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che si corrompe può ereditare l'incorruttibilità."

Il passaggio avverrà con la risurrezione di cui subito dopo parla lo stesso Paolo.
Non ci dobbiamo scandalizzare perciò se l'uomo ancora nel mondo vive nel peccato, da intendere come il non essere perfetto.
In vero il primo uomo non nacque, ma provenne da Dio che lo formò ed era potenzialmente perfetto, ma per sua scelta deviò e il sacro testo sottolinea che il primo uomo "nato" sulla terra di fatto fu Caino, un assassino.
Il disegno di Dio era di creare, grazie alla loro imprescindibile volontà, uomini nuovi tutti dotati di spirito vivente capaci di dare vita e non di essere contenitori limitati con scadenza determinata destinati a perire.
Ecco l'irruzione del Messia nella storia alla "pienezza dei tempi", vale a dire del Dio Unico e vero, venuto in forma di servo nella carne in Gesù di Nazaret.
Questi, grazie all'apporto dello Spirito Santo effuso dopo la sua morte e la sua risurrezione sta preparando l'umanità a una trasformazione.
L'uomo vecchio, nato in terra dal primo Adamo è invitato a prendere l'olio per l'illuminazione e per l'elezione necessarie per attendere con la lampada accesa lo Sposo Risorto che verrà nella gloria per il matrimonio, ossia per l'attuazione piena della nuova alleanza nel Suo sangue, cioè per la trasformazione finale con la risurrezione necessaria occorrente per il passaggio ai cieli nel Regno del Padre comune.

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